lunedì 28 dicembre 2009

CICLONE VENDOLA




In Puglia il Pd rischia di farsi molto male. Il presidente Vendola, nonostante tutto quello che ha combinato, non accetta di farsi da parte e sta sobillando una rivolta che ha del clamoroso. Insomma, di fronte ai movimenti d’apparato favorevoli a cacciarlo per insediare al suo posto il sindaco di Bari, Emiliano, ha scatenato in queste ore una mobilitazione diretta contro quello che dovrebbe farlo votare: Pierluigi Bersani. E’ uno spettacolo, quello che si vede nella rete. I sostenitori di Vendola hanno letteralmente invaso la pagina face book del segretario del Partito democratico e gliene dicono di tutti i colori.
Tra i commenti piu’ coloriti quelli che ricordano una recente frase di Emiliano: “Se mi candido, mi devono sputare in un occhio”. Pare di capire che la saliva rossa sia pronta.
Eccone solo alcuni…
Scrive Lia Caldarola: “bersani, ma che stai combinando in puglia? per pietà, per favore, per quello che vuoi tu, non ci potete buttare via così. sono anni e anni che lavoriamo per il centro sinistra e per il partito, usi a obbedir tacendo e tacendo morir. abbiamo ingoiato rospi schifosi "per la causa", abbiamo sopportato gente impresentabile... “
Armando Liso: “Segretario: se devo credere a quel democratico presente nel nome del tuo partito avvalla le primarie per le elezioni in puglia. Oppure accetta nichi come candidato.
Ogni tanto diciamo e facciamo qualcosa di sinistra”
Rolando Rosa: “caro Pierluigi con la tua nomina a segretario pensavamo che miglioravano le cose a sinistra..invece la rincorsa a Lombardo Cuffaro e casini vi porta inesorabilmente al CENTRO quasi destra..state facendo fuori addirittura vendola..una scelta scellerata di D'Alema che vuole mantenere il suo potere di Puglia!!!!!!!!!!!!!!”
Adriana: “ma com'è? Siete Democratici solo quando "conviene" a voi (che poi non capisco la convenienza in questo caso!)?
In Puglia chiediamo le Primarie a gran voce! Chiediamo che sia candidato Nichi Vendola, con o senza Primarie! CHIEDIAMO, CHIEDIAMO, CHIEDIAMO, ma nessuno ci ascolta!!! IL PD NON CI ASCOLTA!
E allora....in Puglia: O NICHI O NIENTE!
*vergogna!!!*
Si’, vergogna. Soprattutto – aggiungiamo noi – perche’ per far fuori Vendola rimandate a votare gli elettori per le comunali di Bari. Sta diventando una costante il disprezzo del voto popolare: Rutelli non completo’ il secondo mandato a Roma per candidarsi contro Berlusconi, lo stesso fece Veltroni, ora lo fara’ il primo cittadino di Bari. Davvero poca roba, questa sinistra….

Francesco Storace

venerdì 18 dicembre 2009

Rai, da Santoro "buon Natale" al boss Spatuzza




Il conduttore di «Annozero» celebra il pentito che accusa Berlusconi e Travaglio si accanisce contro il Giornale e Feltri. Da Di Pietro altro veleno contro il premier: a lui non stringo la mano.
Marco Travaglio santo subito. Martire. Vittima del fuoco mediatico che, dopo l’aggressione in piazza Duomo a Milano subita da Berlusconi, ha dovuto subire e subisce. Ma un santo francamente imbarazzante, subito pronto, quando gli tocca di fare il suo sermone a colpire alle spalle l’assente Vittorio Feltri, a metterlo sulla graticola. È il mondo di Annozero. Che va alla rovescia e prende una piega sconcertante fin dall’anteprima. Quanto la Rai per bocca di Santoro fa gli auguri di Buon Natale alla mafia, al pentito Spatuzza che sta tentando di infangare Berlusconi ma che, secondo il padrone di casa, Michele l’intenditore, «merita di essere ascoltato con attenzione. So benissimo chi è Spatuzza. So che ha ucciso decine di persone, ha sciolto un bambino nell’acido, ha fatto delle cose veramente orribili. Ma adesso Spatuzza racconta dei fatti e noi stiamo ad ascoltarlo».
Resta il fatto che adesso Travaglio gioca lui il ruolo della vittima e del capro espiatorio contro cui tutti se la stanno prendendo. Così gli auguri di buon Natale, dispensati da Santoro, con l’affetto di un amico fraterno realmente addolorato, dipingono sulla tela, che arrederà la tribuna del programma di Raidue fino al termine, un Marco Travaglio trafitto dalle frecce della polemica come un novello San Sebastiano. La teoria annozeresca della serata è quella di far passare la vera vittima, Berlusconi, per il carnefice.
In effetti Travaglio sfodera un’insolita, disarmante faccia di circostanza. Punta, soprattutto, ad arte, nei primi piani su un faccia contrita. Persino quando dice e ribadisce con la sua solita, disarmante aria innocente «che non si può impedire a nessuno di odiare, di augurarsi che il Creatore chiami a sé una persona che si detesta (ogni riferimento al Cavaliere naturalmente è escluso, ndr) e che l’eccessiva personalizzazione che il premier ha messo e mette in ogni sua mossa di capo di governo e di partito, sì, insomma, è la molla che può scatenare l’odio di parte di quegli italiani che non lo sopportano». Ma i suoi sorrisetti tornano, e meno male, quando nel suo pistolotto il Travaglio Immarcescibile dedica tutta la sua scoppiettante ironia ai titoli del Giornale e tratteggia a modo suo il «partito dell’amore» mettendo alla berlina chi non può replicare. Da sbellicarsi davvero per le perline. Che l’emulo di San Sebastiano infila nella sua collanina da villaggio vacanze. Ci pensa anche Tonino Di Pietro a sostenerlo. Quel pacato Di Pietro che aveva già offerto nel pomeriggio di ieri, alla presentazione del libro Il caso Genchi, naturalmente in compagnia dell’amicone Travaglio, uno scampolo significativo della sua disponibilità ad abbassare i toni della polemica. Alla seguente, innocua, domanda di una giornalista: «Quando tornerà in Parlamento e incontrerà Silvio Berlusconi gli stringerà la mano?», lui ha risposto secco e seccato: «Siamo qui per parlare di politica e di politica dobbiamo parlare» Un vero signore. Che infatti subito dopo si è affrettato a precisare che lui e la sua Idv «non accettano né accetteranno mai di dialogare senza se e senza ma con questa maggioranza perché quando al governo ci sta Berlusconi ti chiedi sempre dov’è la fregatura».
Per la verità il Gran Condottiero dell’Italia dei suoi Valori ieri è riuscito a superarsi nello studio di Annozero così come anche in Parlamento dove, nel dibattito sulla Finanziaria, ha tuonato: «Voi criminalizzate come terroristi coloro che come Travaglio cercano di aprire gli occhi ai cittadini prima che sia tardi. Mettete a rischio la vita di queste persone perché voi armate la mano assassina. Voi dite che c’è disagio sociale e protesta. Certo che c’è. C’è il rischio di una rivolta ma accusate noi dell’opposizione che denunciamo questo. Di chi è la colpa: nostra che denunciamo o voi che commettete questa ingiustizia? Guardatevi allo specchio perché siete voi che col vostro menefreghismo portate avanti leggi che interessano solo il premier e che create allarme e protesta civile». Questa è davvero bella, fantastico, no? Una straordinaria difesa d’ufficio di un vero duro da fumetto horror come Travaglio che, per scienza rivelata, ha il dono e il diritto di insultare impunemente Berlusconi ogni giorno del calendario. Per fortuna che poi Di Pietro ha aggiustato il tiro (si fa per dire, naturalmente, non essendo ancora armato) definendo la Finanziaria approvata dalla Camera «iniqua e criminogena» e lo scudo fiscale una «tangente di Stato che fa percepire al governo soldi da evasori, corruttori, mercanti di droga». Si vede, come ha ammesso lui stesso ieri orgogliosamente, che sta utilizzando come sussidiari di verità i libri di Travaglio.

giovedì 17 dicembre 2009

REGIONALI VENETO - GALAN TAGLIATO FUORI



E' PEGGIO DI UN TRADIMENTO, DECISO TUTTO A ROMA



17 dic. - Il governatore Giancarlo Galan fa sapere che la decisione sulla candidatura alla presidenza del Veneto "e' avvenuta, a Roma naturalmente". "Considero quanto avvenuto peggio di un tradimento - afferma Galan, facendo capire che non sara' lui il candidato del centrodestra - e cioe' un errore. Come piu' volte ripetuto ora mi prendero' il tempo necessario per riflettere tentando di capire regole e modalita' di un modo di fare politica che non condivido ma che posso tentare di comprendere".

LA RUSSA, CAPISCO GALAN MA SCELTE NON SONO TRADIMENTI - "Comprendo l'amarezza di Galan ma dico anche che in una coalizione non ci sono tradimenti ma scelte". E' Ignazio La Russa, al termine dell'ufficio di presidenza del Pdl, a replicare cosi' alle parole con le quali l'attuale presidente della Regione Veneto, Giancarlo Galan, ha commentato il via libera del suo partito a candidare, alle prossime regionali, un esponente della Lega anziche' confermarlo.

Ed e' proprio ai rapporti con il Carroccio che La Russa fa riferimento per spiegare che "la Lega e' un alleato molto disponibile e che ha anzi facilitato le nostre scelte".

LEGA IN VENETO DOVREBBE CANDIDARE TOSI - Servira' un passaggio ufficiale del direttivo Veneto della Lega ma dovrebbe essere comunque Flavio Tosi il candidato del carroccio alla presidenza della regione al posto di Giancarlo Galan. E' quanto riferiscono fonti della Lega.

da "il Clandestino"

martedì 15 dicembre 2009

Superare la sindrome di Piazza Duomo




Più che uno spartiacque, rischia di diventare un muro divisorio: una barriera di odio che può accentuare, invece di ridurre la distanza fra ciò che è percepito come berlusconiano e tutto quello che gli si oppone. L’aggressione di domenica in Piazza Duomo al presidente del Consiglio non ha calmato gli animi. Per questo ieri Giorgio Napolitano ha deciso di ritornare sul ferimento di Berlusconi; e di restituirlo alle sue dimensioni gravi e allarmanti.

Il centrodestra sembra di colpo placato dopo le tensioni delle ultime settimane fra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini. Ma la rabbia e la voglia di puntare il dito contro gli avversari è prepotente. E l’opposizione deve fare i conti con se stessa.

Il segretario del Pd, Pierluigi Bersani, di­ce parole nette e coraggiose contro la vio­lenza e va a trovare il premier in ospedale. Ma deve guardare in faccia la realtà di un pezzo del partito, che condanna il ferimen­to del premier fra mille distinguo; e di un’Idv, l’alleato-concorrente, che rivendica il proprio diritto ad un antiberlusconismo senza solidarietà né pentimenti. È come se la «sindrome di Piazza Duomo» continuas­se a gravare su un Paese dominato dall’ipo­teca delle minoranze; e rallentasse la capa­cità di reazione contro un episodio «folle» che si sta rivelando il sintomo di una nor­malità avvelenata. Sembra si faccia fatica a comprendere fino in fondo quanto è acca­duto.

Le logiche conflittuali minacciano di raf­freddare l’emozione e l’allarme per qualco­sa che invece deve preoccupare. «È stato colpito e ferito il presidente del Consi­glio », avverte Napolitano in un’intervista al Tg2. «E anche se verrà verificato che si è trattato del gesto di uno sconsiderato, dob­biamo essere tutti egualmente allarmati. E quando dico tutti, intendo tutti gli italiani che credono nella democrazia e hanno a cuore che venga garantita la pacifica convi­venza civile». Sono parole che chiedono chiarezza e coerenza di comportamenti; ed invitano ad assumere un atteggiamento di­verso dall’esasperazione pericolosa delle polemiche. È un’insistenza figlia di una grande preoccupazione.

Motivata, verrebbe da dire dopo la reazio­ne di Antonio Di Pietro, che finge di non essere uno dei principali destinatari dell’ap­pello; ed invita la maggioranza a seguire i consigli di Napolitano. In realtà, il capo del­lo Stato sembra indovinare le potenzialità ed insieme i pericoli che si presentano do­po l’aggressione a Berlusconi. Quando insi­ste sull’esigenza di non vedere «complot­ti », parla al governo. E quando avverte che c’è una maggioranza votata per guidare il Paese per cinque anni, e dunque non biso­gna inseguire «scorciatoie», si rivolge al­l’opposizione. L’impressione è che sia un’esortazione simmetrica a non accarezza­re l’idea di elezioni anticipate.

Segno che il pericolo di rotture è tutt’al­tro che scongiurato; e che per il momento è difficile calcolare i contraccolpi che l’ag­gressione in Piazza Duomo produrrà. L’idea di una manifestazione di solidarietà a Berlu­sconi organizzata dal Pdl a febbraio fa pen­sare ad un’onda lunga ed emotiva. E l’insi­stenza dell’Idv nell’attaccare il presidente del Consiglio evoca un progetto di esaspera­zione dei contrasti: un «tanto peggio, tanto meglio» che si salda con la voglia di vendet­ta di qualche minoranza esagitata del cen­trodestra. Napolitano addita dunque una ri­composizione difficile, eppure obbligata: l’unica in grado di esorcizzare il fantasma di violenze vecchie e nuove.

Massimo Franco
15 dicembre 2009

REGIONALI VENETO - I DATI SHOCK: SECONDO GPG LA LEGA PRIMO PARTITO CON IL 32% E RUBA VOTI AL PDL






09 dic. - Clamorosi. Non ci sono altre parole per definire gli ultimissimi risultati dei sondaggi GPG in vista delle elezioni regionali della prossima primavera. Le rilevazioni del 3 dicembre segnano un balzo notevole della Lega Nord, sia in Padania sia nelle zone rosse d'Italia, che sottrae consensi al Popolo della Libertà. Colpo di scena in Veneto. Dove il movimento guidato da Umberto Bossi è nettamente il primo partito con il 32%, un incremento dell'1,5% rispetto al dato di fine ottobre (alle Europee dello scorso giugno aveva ottenuto il 28,4%).
Ed è il Pdl a subire il calo maggiore, crollando al 23% (meno 3 in un mese) paragonato al 29,3% delle consultazioni per l'Europarlamento.
Il Carroccio mette le ali anche in Lombardia e si avvicina al Popolo della Libertà con il 26,5 contro il 28.
Alle Europee la Lega si era fermata al 22,7% e il partito del premier aveva raggiunto addirittura il 33,9. Anche in Piemonte crescono i padani. La percentuale stimata è pari al 18,5% contro il 15,7 delle elezioni di giugno. Tracollo del Popolo della Libertà dal 32,4 al 26%.
Più contenuto l'aumento leghista in Liguria, dove il sondaggio di GPG assegna al movimento del Senatùr l'11,5% rispetto al 9,9 dell'ultima tornata elettorale. Anche qui Pdl è in discesa (27,5% contro il 34,4). Notevole l'ascesa del Carroccio soprattutto al di fuori delle sue aree tradizionali.
In Emilia Romagna la Lega mette a segno un vero e proprio balzo e raggiunge il 14,5% rispetto all'11,1 ottenuto alle Europee. Pdl in caduta libera dal 27,4 al 23%.
Ma è clamoroso il dato della Toscana, dove i padani vengono accreditati addirittura del 7,5% rispetto al 4,3. Perde più di cinque punti il Popolo della Libertà. Lega in crescita anche in Umbria: 6% contro il 3,6, quasi il doppio. Ma sono le Marche a registrare il dato più sorprendente.
Il Carroccio raggiunge nei sondaggi il 9% rispetto al 5,5 delle elezioni europee. Un incremento notevole messo a segno ai danni dell'alleato ex Forza Italia-An (29% contro il 35,2).

lunedì 14 dicembre 2009

Le reazioni dopo l'aggressione a Berlusconi


Napolitano: fermare la spirale di violenza
Bindi: il premier non faccia la vittima
Il Pdl insorge: «Ciarpame politico»
Polemica per un'intervista della presidente del Pd. E Di Pietro: «Berlusconi istigatore». Scoppia la bufera politica

MILANO - «Esprimo la più ferma condanna del grave e inconsulto gesto di aggressione nei confronti del presidente del Consiglio al quale va la mia personale solidarietà». Il capo dello Stato Giorgio Napolitano ha commentato così l'atto di violenza contro il presidente del Consiglio in piazza Duomo a Milano. Il presidente della Repubblica, che domenica sera ha anche telefonato al premier al termine degli accertamenti medici all'ospedale San Raffaele, ha anche espresso «il più netto, rinnovato appello perché ogni contrasto politico e istituzionale sia ricondotto entro limiti di responsabile autocontrollo e di civile confronto, prevenendo e stroncando ogni impulso e spirale di violenza». Il messaggio del Colle non ha però spento le polemiche politiche scatenate dal primo commento a caldo di Antonio Di Pietro sull'aggressione al premier. Una vera e propria bufera, rafforzata dalle parole di Rosy Bindi. «Io non voglio che ci sia mai violenza, ma Berlusconi con i suoi comportamenti e il suo menefreghismo istiga alla violenza» ha detto il leader Idv. «Il premier non faccia la vittima» ha rincarato la dose la presidente del Pd, che ha accusato il premier di essere «uno degli artifici del clima violento» che si respira nel Paese. Dura, in entrambi casi, la reazione del Pdl. «Le affermazioni di Rosy Bindi, per il sottosegretario paolo Bonaiuti - sono un lascito del passato: nelle sue parole si percepisce quel terribile concetto di superiorità morale che è tipico della sinistra». «Finchè la sinistra - ammonisce il sottosegretario - si tirerà dietro questo ciarpame non arriverà a nulla. Il moralismo li anima li rende convinti di essere solo loro depositari della verità. È un'arretratezza che va superata».

Berlusconi sanguinante lascia piazza Duomo




MILANO - Silvio Berlusconi è stato colpito al viso da un uomo che teneva tra le mani una statuetta subito dopo il suo comizio in piazza Duomo, a Milano, in occasione della cerimonia di avvio del tesseramento al Pdl. Il premier è stato raggiunto al volto da una statuetta usata come oggetto contundente attorno alle 18,20, mentre si attardava nel salutare i fan che lo avevano raggiunto alla base del palco. Tra questi si era però infiltrato anche un individuo che, arrivato fino a ridosso del luogo in cui era parcheggiata l'auto del presidente del consiglio, è riuscito ad eludere la sorveglianza e a mettere in atto il suo proposito. Già durante il comizio Berlusconi era stato contestato da un gruppo di persone che si trovavano sul lato destro del palco (GUARDA). L'autore dell'aggressione non faceva tuttavia parte di quel gruppo e da quanto è stato possibile accertare ha agito da solo.


L'ARRESTO - Berlusconi ha subito accusato il colpo, si è accasciato con il labbro sanguinante ed è stato fatto sedere all'interno dell'automobile dagli uomini della sua scorta, mentre altri agenti di polizia riuscivano a fermare l'autore dell'aggressione e a sottrarlo alla folla che avrebbe voluto linciarlo. L'oggetto sferrato contro il premier sarebbe una riproduzione in miniatura del Duomo, di quelle vendute in tutti i negozietti di souvenir presenti in diversi punti della piazza. Una prima ricostruzione dell'accaduto l'ha fatta Doriano Riparbelli, responsabile organizzativo del coordinamento regionale del Pdl: «Un simpatizzante ha chiesto a Berlusconi di poterlo fotografare, poi ha tirato fuori il portafogli per dargli il biglietto da visita - ha riferito Riparbelli -. Berlusconi si è spostato per stringere la mano di altri simpatizzanti e a quel punto il contestatore lo ha colpito con una statuetta». Secondo il coordinatore regionale del partito, il premier «ha fatto come se stesse per svenire, poi si è tirato su, lo ha guardato negli occhi, è risalito in macchina, ha cercato di uscire dall'auto per parlare al contestatore e chiedergli la ragione del gesto. A quel punto la scorta ha trattenuto Berlusconi dall'uscire, è stato soccorso subito dal suo medico personale ed è stato portato al San Raffaele».

domenica 13 dicembre 2009

Brunetta all’attacco: «I Comuni piangono? Vedo troppe cicale»


Politica, Pubblica Amministrazione
10 dicembre 2009
di Staff
Tags: comuni, corriere veneto, finanziaria, regioni, stato



Pubblichiamo un’intervista di Marco Bonet, fatta per il Corriere del Veneto al Ministro della Pubblica Amministrazione e Innovazione, Renato Brunetta.

«I sindaci si la­mentano, lo so, ma sa come si dice: spesso in Italia il convento è povero e i frati sono ric­chi». Il ministro Brunetta, ha ormai abituato l’italica platea alle sue stoccate, ed alle ovazio­ni e i fischi che ne seguono a seconda dei pet­ti che vengono trafitti. Non fa eccezione la metafora in questione, visto che nelle parole del ministro il convento disadorno è lo Stato, la «Roma ladrona» di padana memoria, men­tre i frati crapuloni sono gli enti locali, «sì, insomma, i Comuni, le Province e le Regio­ni».

Ministro, in qualche municipio si griderà allo scandalo. «Nessuno scandalo, sto ai fatti: in questo momento di difficoltà lo Stato si è dato da fa­re ed ha tagliato le spese praticamente ovun­que era possibile, mentre gli enti locali non sempre sono riusciti a fare altrettanto. Ci so­no i virtuosi, per carità, ma quante cicale…».

Siamo alle accuse incrociate: gli enti loca­li invitano voi ad essere più morigerati. «La spesa pubblica è divisa esattamente a metà. Ciascuno dovrebbe fare la sua parte, a cominciare dalle Regioni e dalla spesa sanitaria».

Il federalismo migliorerà le cose? «E’ uno dei pilastri su cui poggia la nostra opera di moralizzazione. Una volta realizzato, la situazione cambierà radicalmente». In piazza Montecitorio, ci sarà anche il Comune di Venezia. Il suo resta tra i nomi più ricorrenti per la corsa a Ca’ Far­setti. «Un impegno forte nella mia città è tra i so­gni che non svaniscono mai».

Dunque, se il partito glielo chiedesse, sa­rebbe pronto alla tenzone elettorale? «Ho preso un impegno con 60 milioni di italiani ed intendo onorarlo. Ciò detto, la poli­tica è l’arte del possibile ed il mio amore per Venezia è profondissimo». Si candida? «Ne parleremo all’interno del Pdl e con gli alleati. Decideremo presto». Deciderete presto anche il vostro alfiere per le Regionali? «Entro Natale la partita sarà chiusa. E’ il punto all’ordine del giorno subito dopo la Fi­nanziaria».

Galan confida ancora in una ricandidatu­ra. Con quali speranze? «Squadra che vince non si cambia. Di soli­to. Il Veneto, però, non fa storia a sé: rientra in un quadro più ampio che conta anche la Liguria, il Piemonte…» …la Lombardia… «No, no, la Lombardia è storia chiusa. Il grande Formigoni non si tocca neanche per scherzo». Quindi per Galan è finita. «Aspettiamo Natale».

La Finanziaria, diceva, è la vostra priori­tà. E’ ancora deluso da Tremonti? «Il problema non è Tremonti, ma come si vogliono spendere gli otto miliardi di euro a disposizione per accompagnare la ripresa: dobbiamo passare dal governo della crisi a quello della rinascita». Le imprese, soprattutto a Nord Est, vi aspettano al varco. «Infatti, dobbiamo staccare la flebo e co­minciare con le vitamine. Se si resta attaccati all’ago, io rimango scettico».

Alle imprese guarda anche l’idea della Carta dei doveri della pubblica amministra­zione. «Dobbiamo spezzare il patto leonino tra gli uffici pubblici e gli italiani. Se un ufficio ha già le carte che gli servono non deve chieder­le una seconda volta. E se lo fa dev’essere san­zionato. Voglio abbattere la giungla burocrati­ca che ormai ci sta soffocando. E poi ‘Genti­lezza e cortesia’, una nuova campagna: i citta­dini sono i nostri clienti e vanno trattati con i guanti».

Rassegna stampadi Alessandro D'Amato (Gregorj) Affinità e differenze tra il compagno Minzolini e noi


E’ la dimostrazione che c’è chi manifesta per la libertà di stampa ma è intollerante verso chi ha un’opinione diversa“. Con la protervia e la presunzione che ormai sembrano appartenergli come segno distintivo, Augusto Minzolini replica così al comunicato del comitato di redazione del Tg1, che in effetti era stato davvero pesante. “Il Tg1 - avevano detto nel comunicato – non è mai stato schierato, nella sua storia, contro alcuna manifestazione. Ieri il direttore lo ha allineato contro la manifestazione del sindacato unitario dei giornalisti per la libertà d’informazione, cui ha aderito una moltitudine di cittadini. Il Tg1 va in tutte le case. E’ servizio pubblico e rispetta ogni opinione e sensibilità per non mettere in gioco il suo patrimonio di credibilità. Ai telespettatori che in queste ore fanno giungere le loro proteste, l’impegno del Comitato di Redazione perché siano recuperati rispetto ed equilibrio. Ai vertici aziendali chiediamo una convocazione urgente per esprimere le nostre preoccupazioni“.

A una accusa ben precisa, Minzolini ha provato a buttarla con Voltaire, ovvero in caciara. Come fanno quelli che non sanno più che dire, l’Augusto Pinocchiet di tanti retroscena totalmente inventati con tanto di virgolettati smentiti dopo poche ore se n’è uscito buttandola in politica: “E’ forse reato avere un’opinione diversa?“, butta là il Minzo, ben sapendo che ci saranno un sacco di illuministi da Bignami pronti a difenderle la libertà di dire fregnacce. Perché, è bene ricordarlo, ci saranno anche tante affinità tra il dire fregnacce e l’esprimere la propria opinione, ma ci sono anche tante differenze. Quando il direttore del Tg1 afferma che “nel 2004, Tony Blair dopo un lungo braccio di ferro che arrivò quasi in tribunale costrinse alle dimissioni i vertici della Bbc, che lo accusavano di aver falsificato i dossier sulla guerra in Iraq“, non è che stia dicendo la propria opinione. Sta semplicemente raccontando una fregnaccia. La vicenda di cui parla il Minzo in realtà non arrivò mai in tribunale e Tony Blair non querelò mai la Bbc: “la commissione d’inchiesta indipendente di Lord Hutton fu creata per investigare sulla morte di un consulente del governo, David Kelly, che nel 2002 aveva scritto un rapporto sulle armi di distruzione di massa in Iraq. Dopo il servizio della Bbc in cui Kelly veniva individuato come la fonte in grado di sostenere che il rapporto era stato manipolato per agevolare l’intervento britannico in Iraq, Kelly si suicidò. In seguito all’inchiesta, che individuò l’errore della Bbc sulle accuse di manipolazione e scagionò il premier, il presidente e il direttore generale della rete pubblica si dimisero, ammettendo l’errore“. Come capita di fare a quelli a corto di argomenti, Minzolini ha “piegato” una storia ai suoi voleri per portarla a sostegno di una tesi. Ora, far passare l’evidente mistificazione di Minzolini per una libera opinione non è solo sbagliato, è anche intellettualmente disonesto.

Allo stesso modo, sparare la stupidaggine del fatto che i politici di sinistra querelano di più di quelli di destra, è allo stesso modo inutile. Non c’è nulla di male nel querelare chi scrive una bugia, a prescindere dal fatto che la si scriva contro uno di destra o uno di sinistra. Nella fattispecie, una gestione “allegra” della realtà da parte di un quotidiano come il Giornale, ha portato il suo stesso direttore Vittorio Feltri a scusarsi in prima persona con i diffamati. Le scuse, nero su bianco, le firmò proprio Feltri. Non uno che passava lì per caso. Anche qui, c’è differenza con chi, come l’avvocato Ghedini in nome e per conto del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, sceglie la via del risarcimento in sede civile invece della querela penale, come invece ha fatto il presidente della Camera Gianfrando Fini sempre con Feltri: è indice di coscienza pulita, quella di voler vedere esprimersi un giudice anche nel merito dei fatti, per sapere se i fatti di cui si accusa sono anche veri o falsi, anche se lesivi della reputazione del premier. Due stupidaggini, o forzature, tra le tante che si possono trovare nelle strampalate tesi di Minzolini. Il quale, però, dopo aver detto la sua opinione sulla manifestazione per la libertà di stampa ieri, non ha fatto quanto avrebbe fatto un liberale: ovvero accogliere un’opinione contraria alla sua a cui dare lo stesso spazio della propria. No, dico: l’abc del liberale for dummies arriva sempre alla prima pagina di Voltaire, raramente alla seconda. Non si tratta di opinioni, ma di fregnacce. Si sa, la differenza è difficile da cogliere per uno sul quale è stato ritagliato un neologismo, il “minzolinismo“, dal significato assai chiaro: “Forma di giornalismo che si basa sulla raccolta di dichiarazioni anche informali di uomini politici, senza alcuna verifica delle informazioni raccolte“. Parola dell’Annale del lessico contemporaneo italiano nell’edizione del 1996. Tredici anni fa, e sembra ieri. Anzi, no. Sembra oggi, durante il Tg1. Il che è anche peggio, se possibile.

venerdì 11 dicembre 2009

FRANCIA: PER 4 FRANCESI SU 10 LA RELIGIONE MUSULMANA INCOMPATIBILE CON VITA IN SOCIETA'






11 dic. - "L'islam non piace a una larga fetta della societa' francese - scrive REPUBBLICA -: il 40 per cento dei cittadini continua a pensare che la religione musulmana sia incompatibile con la vita nella societa' transalpina. Il 54 per cento pensa il contrario, ma e' una maggioranza ben risicata: l´82 e il 72 per cento considerano il cattolicesimo e l´ebraismo ben integrati. Secondo alcuni esperti, e' solo una questione di tempo. E' possibile, anche perche' gran parte della gente ignora i cardini della religione musulmana e tende a identificarla con la sua interpretazione fondamentalista.

Un dato e' tuttavia innegabile: la diffidenza contro i musulmani e' palpabile, soprattutto quando entrano in gioco i segni visibili dell´appartenenza religiosa, come il velo islamico. La "questione islamica" e' tornata d´attualita'. Il voto degli svizzeri contro la costruzione dei minareti ha rianimato le paure in vaste fasce della popolazione e il dibattito sull´identita' nazionale, incautamente voluto da Sarkozy a fini elettorali, si sta focalizzando su immigrazione e religione musulmana.
Il sondaggio pubblicato ieri dal Parisien indica tuttavia un malessere che non puo' essere sottovalutato, soprattutto se si considera che i musulmani di Francia, cinque milioni di persone secondo le stime piu' accreditate, non dimostrano un grande fervore religioso: solo il 17 per cento e' considerato praticante. Quando si parla di religione, insomma, i francesi tendono a parlare di immigrazione.
E le divisioni sono un po´ le stesse di altre occasioni, come il referendum sulla costituzione europea: i giovani e le classi medio-alte sono i piu' aperti, gli anziani e i ceti medio-bassi i piu' diffidenti.
Il dibattito sull´identita' nazionale non contribuisce certo a calmare gli animi. Secondo alcune fonti, il 20 per cento dei messaggi ricevuti dai siti ufficiali 'non sono pubblicabili'.
E anche quelli diffusi sul sito del ministero dell´Immigrazione sono centrati, piu' che altro, sul rifiuto degli extracomunitari. La Francia ha integrato piuttosto bene i suoi immigrati nel corso dei secoli, ma ancora oggi alcune frange della popolazione, soprattutto quelle di origine nordafricana, sono tenute ai margini della societa'.
Il sindaco di un paesino lorenese, durante un dibattito, si e' scatenato: 'Ci mangiano nella minestra. Ce ne sono dieci milioni che paghiamo per non far niente'. A quanto pare, le sue idee non sono poi cosi' isolate".

ROSS LECCE: Soldi al boss per avere voti



Ruggeri (Udc): è falso
di GIANFRANCO LATTANTE
C’è anche un capitolo che riguarda i rapporti con i politici nelle indagini dei Ros di Lecce sull'attività del boss Salvatore Padovano, ucciso il 6 settembre dello scorso anno in un agguato ordinato dal fratello. I rapporti con i politici risalgono alla campagna elettorale dell’aprile 2008 quando si votava per le Politiche e, a Gallipoli, anche per le amministrat ive. Dalle intercettazioni vengono tirati in ballo l’onorevole Salvatore Ruggeri, già senatore, eletto alla Camera dei Deputati nelle liste dell'Udc e il candidato sindaco dell'Udc, l'imprenditore Giovanni De Marini. Ruggeri però smentisce

TRATTO DALLA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO-GLI INDAGATI






BARI – L'ex consigliere laico di centrosinistra del Csm, Gianni Di Cagno, e l’ex vicepresidente presidente della Provincia di Bari, Onofrio Sisto (Pd), entrambi avvocati, sono tra i professionisti baresi ai quali la magistratura ha notificato oggi provvedimenti interdittivi dall’attività professionale della durata di due mesi al termine delle indagini su clan malavitosi baresi. I due sono accusati di concorso nel reimpiego di danaro sporco per non aver rispettato gli obblighi di segnalare le attività sospette alle autorità competenti.

A Di Cagno e Sisto viene in particolare contestato di aver avuto rapporti professionali, per i quali avevano ricevuto regolare mandato, a rappresentare l’imprenditore Michele Labellarte (morto a settembre) nei rapporti con enti pubblici per curare la realizzazione di un campus universitario che avrebbe dovuto ospitare 3.500 studenti nei pressi di Bari. Labellarte – secondo la Guardia di Finanza – era colui che, avvalendosi di prestanome, riciclava i proventi illeciti del clan Parisi e quelli derivanti da una bancarotta che egli stesso aveva compiuto in passato. Il terzo professionista colpito dal provvedimento interdittivo della durata di due mesi è il notaio barese Francesco Mazza, indagato per un falso compiuto in relazione a un’asta giudiziaria.

Tra i nomi di assoluto primo piano l'on. Elvira Savino che risulta indagata per aver fatto da prestanome ad un boss per la realizzazione del campus universitario a Valenzano. L'on Savino (nata a Castellana Grotte nel '77) è stata eletta alla Camera dei deputati in forza al Pdl ed è salita all'onore delle cronache per il suo matrimonio celebrato nel settembre 2008 con Berlusconi come testimone di nozze.
La parlamentare è indagata per aver agevolato l’attività di riciclaggio del denaro proveniente dalla bancarotta della società 'New Memotech srl' per la quale l’imprenditore barese Michele Labellarte (ritenuto il riciclatore della mala, poi deceduto) era stato condannato per bancarotta fraudolenta.

Secondo l’accusa, la Savino ha agevolato l'attività illecita consentendo la fittizia intestazione di un conto corrente bancario. In cambio avrebbe ottenuto – sempre secondo l’accusa - «numerosi favori e regalie»: la concessione di una carta di credito collegata alla promozione di un vettore aereo con addebito sul conto di Labellarte (giugno 2007); il cambio di un assegno di 3.000 euro datole dal fratello Gianni (ottobre 2007); tre aiuti finanziari per complessivi 3.500 euro (nel 2008); il pagamento di un biglietto aereo Roma-Bari nel 2008; due ricariche telefoniche (nel 2008).

Gianni Di Cagno, invece, 58 anni, iscritto all'albodegli avvocati di Bari, è stato componente laico del Csm dal luglio 1998 al luglio 2002, designato da Democratici di sinistra (Ds). Dal dicembre 2002 è componente della Commissione di Garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Dal 1990 al 1994 è stato consigliere comunale Pci-Pds a Bari. Dal 1995 al 1998 consigliere alla Provincia di Bari e per un periodo anche vicepresidente. Tra le sue pubblicazioni, due volumi pubblicati tra il 1990 e il 1992 che raccolgono atti giudiziari riguardanti la criminalità di stampo mafioso a Bari. Nel 2004 ha pubblicato insieme con Gioacchino Natoli, che fu componente del Csm nello stesso periodo di Di Cagno, il libro 'Cosa nostra ieri, oggi, domani', un quadro dell’evoluzione di Cosa nostra dagli anni Cinquanta.

Onofrio Sisto, 51 anni, avvocato, è stato vicepresidente Ds-Pd alla Provincia di Bari dal 2004 al giugno scorso.

COINVOLTI ANCHE 6 DIRETTORI DI BANCA
Sono sei i direttori di filiali di banca indagati nell’inchiesta della procura antimafia di Bari per aver consentito l’accensione di conti correnti intestati a prestanome per agevolare l’attività di riciclaggio cui sarebbe stato dedito Michele Labellarte, presunto riciclatore di beni della mala barese e del clan mafioso di Savinuccio Parisi. I funzionari sono accusati di non aver segnalato all’Uif (Unità di informazione finanziaria) della Banca d’Italia la gestione dei conti correnti da parte di persone diverse dai titolari e di aver consentito che Labellarte tenesse “condotte espressamente tipizzate” e “sintomatiche di attività di riciclaggio".
I sei sono indagati perchè l’accusa ritiene di aver raccolto nei loro confronti prove dalle quali si evincerebbe che i funzionari sapevano della bancarotta di cui era stato protagonista Labellarte e di una ingente evasione Iva. Gli indagati sono Salvatore Biscozzi, Gaetano Barone, Grazia De Carne, Domenico Perrone, Beniamino Piombarolo e Francesco Lovecchio.

mercoledì 9 dicembre 2009

L'ARENA.IT- La prima centrale nucleare nel Veneto?


Verona. Il decreto arriverà in primavera, ma si fa strada l'ipotesi che la prima centrale nucleare italiana possa sorgere in Veneto, nell'area del Polesine, vicino a Chioggia, mentre il deposito delle scorie dovrebbe essere allestito in una località del Sud. Lo rivela oggi il Corriere della Sera secondo il quale l'orientamento dell'esecutivo guidato da Silvio Berlusconi sarebbe di realizzare al Nord la prima delle quattro centrali previste dal piano nucleare italiano. A favore della localizzazione in Veneto si era già espresso il governatore Giancarlo Galan. L'Agenzia per la sicurezza nucleare, che avrà potere decisionale sulla scelta dei siti, non è ancora nata. Da settimane si attende la nomina dei suoi vertici.

giovedì 3 dicembre 2009

SVIZZERA NO AI MINARETI



il referendum passa con il 57,5%
"Sorpresa e delusione" dell'Organizzazione della conferenza islamica e dei vescovi
Castelli (Lega): "E ora la croce nel tricolore. Potremmo presentare una proposta"

GINEVRA - Gli svizzeri si sono pronunciati a grande maggioranza per il divieto di costruzione di nuovi minareti nel loro Paese. Il referendum sulla proposta di modifica costituzionale promosso dalla destra nazional-conservatrice ha visto prevalere i sì con il 57,5%. Solo in quattro cantoni su 26 la proposta è stata respinta. Verrà pertanto modificato l'art.72 della Costituzione, che regola le relazioni tra lo Stato e le confessioni religiose.

Molte le reazioni di preoccupazione e di forte critica nei confronti del risultato referendario. I Verdi svizzeri esamineranno la possibilità di inoltrare ricorso alla Corte europea dei diritti umani di Strasburgo: "I musulmani non hanno ricevuto solo una sberla, ma addirittura un pugno in faccia", ha detto il presidente del partito, Ueli Leuenberger. A suo avviso l'iniziativa è incostituzionale e l'esito del referendum è il risultato di "una propaganda estremamente ben fatta, che ha fatto leva sui pregiudizi".

Ma dall'Italia arriva il plauso della Lega Nord. L'ex ministro Roberto Castelli non usa mezze misure: "Ancora una volta dagli svizzeri ci viene una lezione di civiltà. Occorre un segnale forte per battere l'ideologia massonica e filoislamica che purtroppo attraversa anche le forze alleate della Lega". Ed ecco la proposta: "Credo che la Lega Nord possa e debba nel prossimo disegno di legge di riforma costituzionale chiedere l'inserimento della croce nella bandiera italiana". Gli risponde il verde Angelo Bonelli: "La croce sul tricolore? A quando le crociate?".

"Sorpresa e delusione" da parte dell'Organizzazione della conferenza islamica (Oci): "Ci aspettavano un rifiuto massiccio", ha detto l'ambasciatore dell'Oci a Ginevra, Babacar Ba, secondo il quale il risultato del voto in Svizzera è una porta aperta per chi vuole mettere in dubbio le libertà fondamentali. "Bisogna ritrovare un ambito di dialogo per evitare pregiudizi", ha detto Babacar Ba.

Ma nemmeno la Chiesa svizzera sembra contenta della decisione. Anzi, la Conferenza dei vescovi svizzeri è decisamente preoccupata: la vittoria del sì al referendum, si legge in un comunicato, è "un ostacolo sulla via dell'integrazione e del dialogo interreligioso nel mutuo rispetto". "Non abbiamo saputo rispondere ad alcune paure legate all'integrazione di diverse religioni e culture in Svizzera", ha ammesso il portavoce Walter Mueller, secondo il quale sul risultato ha influito anche la situazione dei cristiani, vittime di discriminazione e oppressione in alcuni Paesi musulmani.

A dichiararsi costernata per i risultati del referendum è anche Amnesty International: si tratta, si legge in un comunicato dell'organizzazione, di "un divieto totale che rappresenta una violazione della libertà di religione ed è incompatibile con le convenzioni internazionali firmate dalla Confederazione". Il risultato è "scioccante", afferma il segretario generale della sezione svizzera dell'organizzazione, Daniel Bolomey, secondo cui Consiglio federale e Parlamento si sono assunti un rischio enorme rifiutandosi di dichiarare nulla l'iniziativa.

Il no ai minareti non è un no al diritto di preghiera per i musulmani, ha affermato il parlamentare svizzero Oskar Freysinger dell'Unione democratica di centro (Udc), tra i principali promotori del referendum. E ancora: "Il divieto dei minareti non cambierà niente per i musulmani che potranno continuare a praticare la loro religione, a pregare e a riunirsi. Si tratta di un messaggio, la società civile vuole mettere un freno agli aspetti politico-giuridici dell'Islam".

Nei giorni scorsi il Consiglio federale svizzero, organo esecutivo del governo della Confederazione, si è più volte espresso contro l'iniziativa, giudicata discriminatoria, pericolosa e rischiosa per i rapporti della Svizzera con il mondo arabo. In Svizzera i musulmani sono 400mila, il 5% della popolazione, e dispongono di circa 200 luoghi di preghiera, ma solo quattro minareti, che non sono usati per richiamare i fedeli.

Il Partito popolare svizzero (Svp) ha raccolto 100mila firme in un anno e mezzo per ottenere che la questione fosse sottoposta a referendum sulla base dell'assunto che l'erezione di torri o torrette collegate alle moschee è il simbolo di una "rivendicazione di potere politico-religiosa". La campagna che ha preceduto il referendum è stata animata e a tratti violenta: una moschea di Ginevra è stata danneggiata tre volte e il presidente Hans-Rudolf Merz si è rivolto alla nazione con un messaggio tv per sottolineare che "ai musulmani dovrebbe essere garantito il diritto di praticare la propria religione anche in Svizzera", ma anche per avvertire che nelle valli elvetiche "non echeggerà mai il canto del muezzin".

domenica 29 novembre 2009



In occasione della prossimità del S. Natale e Capodanno, avremmo l'intenzione di cogliere l’occasione per ritrovarsi con i propri cari in una cena conviviale.
Venerdi 11 dicembre alle ore 19:30
Presso il ristorante pizzeria Porto2
Via Fratelli Stevani N° 76 Zevio

sabato 28 novembre 2009

LA FORZA DELLE COSE

La nascita di un pur piccolo Movimento Politico, porta con se la forza delle cose.La necessità di uscire dagli angusti confini, dalle proprie particolaristiche trincee territoriali, conseguentemente all’uscita dal nostro partito storico, ha portato noi militanti pur avendo origine da realtà territoriali differenti a metterci insieme per poter armonizzare gli interessi individuali con quelli della cittadinanza.Con la consapevolezza di aver intrapreso una via anfrattuosa di gravoso percorso, non ci impedisce di intravedere l’obiettivo prefissato.La forza congiunta alla determinazione che ci sostiene ci porta a soverchiare quegli impedimenti che si contrappongono fra noi e il realizzare un sostanziale collegamento fra il cittadino e i governi locali.La sconfitta rende tutto più difficoltoso, ce ne rendiamo benissimo conto di trovarci in un contesto di inquietudine diffuso, ma non vorrei che i sorteggiati non si rendessero conto di aver vinto la guerra e persa la pace.La generale inquietudine ha creato quel simbionismo che porta ad una necessaria compattezza.La palpabile tensione sfuggente è riscontrabile da chiunque viva in questo spirito.Dovremmo tutti sgombrarci dai rancori mal controllati, cercando di essere più noi stessi che lasciarci guidare dalla grande ipocrisia diplomatica.

venerdì 27 novembre 2009

LA POLONIA METTE FUORILEGGE IDEOLOGIA E SIMBOLI COMUNISTI

la nuova norma, se approvata, dovrebbe entrare in vigore a partire dal prossimo anno
Polonia: presentata una legge per mettere al bando tutti i simboli del comunismo
Chiunque li utilizza o ne è in possesso potrebbe rischiare fino a 2 anni di carcere

Le bandiere rosse potrebbero essere vietate in Polonia a partire dal prossimo anno (Ap)
MILANO - Vent'anni fa, dopo la caduta del Muro di Berlino, decisero di buttare giù le statue di Lenin e di Marx e di seguire le democrazie occidentali. Adesso i politici polacchi hanno presentato un breve emendamento che mette al bando qualsiasi simbolo comunista dal paese dell'Est europeo. Il Senato ha infatti approvato una modifica all'articolo 256 del codice penale che dichiara illegali tutti i simboli comunisti. Chiunque li utilizza o ne è in possesso rischia fino a due anni di carcere per aver commesso il reato di «glorificazione del comunismo». Il Presidente della Repubblica Leck Kaczynski lunedì prossimo dovrebbe firmare la legge che probabilmente entrerà in vigore dal prossimo anno. A questo punto anche indossare t-shirt con l'immagine di Che Guevara o solamente canticchiare l'Internazionale nelle strade di Varsavia sarà considerato un crimine in Polonia.

EMENDAMENTO – La nuova legge infatti proibisce espressamente tutte le immagini che inneggiano a sistemi antidemocratici: l'articolo afferma che è vietata «la produzione, la distribuzione, la vendita o il solo possesso di oggetti che richiamano al fascismo, al comunismo o ad altri simboli di totalitarismi». Uno dei principali promotori della norma è Jaroslaw Kaczynski, fratello gemello del Presidente della Repubblica e capo del partito di opposizione «Legge e Giustizia». Secondo Kaczynski questa legge è sacrosanta perché il comunismo è uno dei simboli negativi del '900: «Nessuna immagine del comunismo ha diritto di esistere in Polonia - ha spiegato ai media locali il leader dell'opposizione - Il comunismo e il suo sistema genocida deve essere comparato al nazismo». Molti storici polacchi condividono la tesi di Kaczynski: «Quello comunista era un sistema terribile e omicida che ha causato la morte di milioni di vite» ha dichiarato lo storico Wojciech Roszkowski. «Non è sbagliata la comparazione con il nazismo - sottolinea lo studioso polacco - e per questo i due sistemi e i loro simboli devono essere trattati allo stesso modo».

PASSATO CHE NON PASSA - Sebbene i comunisti non abbiano più alcuna influenza politica, in Polonia sembra che il passato non voglia proprio passare. Nelle scorse settimane la Polonia infatti è stato il Paese che più si è battuto contro la candidatura di Massimo D'Alema a Ministro degli Esteri dell'Ue. L'ambasciatore della Polonia presso la Ue Tombinski definì D'Alema «un problema» per il suo passato comunista e precisò che era più adatto a quest'incarico «una persona la cui autorità non può essere contestata a causa delle sue appartenenze politiche passate». Recentemente l'uscita dell'ultimo film del famoso regista Andrzej Wajda che racconta il massacro di Katyn durante la Seconda Guerra Mondiale ( i sovietici uccisero oltre 20.000 tra civili e soldati polacchi) ha suscitato un rinnovato odio contro gli oppressori russi.

LIBERTA' D'ESPRESSIONE - Come sottolinea il Times di Londra lo scopo dei politici polacchi è chiaro: «rendere invisibile il comunismo». Il ministro degli Esteri Radoslaw Sikorski ha ribadito che il Palazzo della Cultura e della Scienza, il più alto grattacielo in Polonia, deve essere abbattuto solo perché è un regalo fatto da Stalin ai cittadini di Varsavia. Non importa che, nel corso degli anni, sia diventato una delle strutture simbolo della città: «Se lo abbattessimo, anche la Polonia avrebbe il simbolo della fine del comunismo come la Germania ha i resti del muro di Berlino. Poi in termini ecologici è anche una costruzione molto inquinante». La battaglia contro il comunismo ha comunque il sostegno della popolazione e della stampa: «Il punto centrale è dimostrare che non vi è nulla di romantico o di divertente nel comunismo» dichiara un cronista polacco al Times. «Il comunismo - prosegue il giornalista - non è stato un gioco. E neppure un’ideologia che riscaldava il cuore. Il comunismo invece fermava i cuori, li faceva appassire e li rendeva freddi».

Francesco Tortora
27 novembre 2009

sabato 21 novembre 2009



COMUNICATO STAMPA PER LA NASCITA DELL’ASSOCIAZIONE
“DESTRA IN MOVIMENTO – POLITICA E CULTURA”

Il giorno 13 novembre 2009 presso la sede sociale in Verona – VICOLO CIECO PARIGINO 13 (già sede dell’associazione “L’Officina” si è costituita con il voto unanime del direttivo l’Associazione“DESTRA IN MOVIMENTO – CULTURA E POLITICA”.
Nata dall’iniziativa del suo Presidente Angelo “detto Lino” ADAMO. L’associazione ha nei suoi scopi primari, come recita un passo importante del suo Statuto :“ La Discussione delle tematiche politiche e culturali che riguardano il cittadino finalizzate ad un impulso della partecipazione dei cittadini alla vita politica attiva, favorendo l’aggregazione e il confronto per l’ampliamento degli spazi democratici. Approfondire le tematiche della cultura politica, il tutto attraverso l’affermazione dei principi di democrazia, libertà, eguaglianza, rispetto delle leggi, identità nazionale e cristianità dello Stato. Rinnovare la Destra italiana attraverso convegni, dibattiti, aperti a tutti i cittadini nonché attraverso il confronto con associazioni, movimenti, centri studi, partiti politici, nonché tutti quei soggetti sia di rilievo locale che nazionale ed internazionale, interessati ad approfondire questi aspetti culturali. L’associazione riconosce altresì l’esigenza di mettere al centro la persona, i suoi diritti, la difesa delle libertà individuali e collettive nel rispetto delle leggi e delle normative in vigore.
Altresì Tutte le attività non conformi agli scopi meramente culturali sono espressamente vietate.
Le attività dell'associazione e le sue finalità sono ispirate a principi di pari opportunità tra uomini e donne e rispettose dei diritti inviolabili della persona.”
I membri del Direttivo, nonché soci fondatori dell’Associazione, sono:
• Lino Adamo – Presidente
• Massimo Musarella – Vicepresidente
• Daniele Tacchini; - Vicepresidente
• Davide Rossignoli – Segretario e addetto stampa
• Ivan Gioffrè - Politiche Giovanili
• Michele Cannavò - Politiche Giovanili
• Elena Ferlini - Politiche Giovanili
• Gianpaolo Rossignoli; - Consigliere
• Margherita Fiore…… - Tesoriere
• Giuseppe cottone - Tesoriere
La campagna di tesseramento 2010 per “ Destra in movimento – Cultura e Politica” è già iniziata.
Chi fosse interessato al progetto, chi volesse iscriversi e dare il suo contributo umano all’Associazione può contattare il referente di zona :
al num. o all’indirizzo mail:

lunedì 16 novembre 2009

CONVEGNO DI FONDAZIONE- BOLOGNA 29 NOVEMBRE 2009

VISITATE IL SITO: www.areadestra.it e le nostre Pagine Regionali su Facebook.

tra le ultime notizie....... La Liguria abbandona in massa il partito di storace; Comunicato di Tomaso Staiti di Cuddia a storace; apertura di nuovi circoli in liguria.





AREA DESTRA




Si comunica a tutti gli interessati che il Convegno di Fondazione del Movimento Politico AREA DESTRA si terrà – come annunciato – a Bologna (per la precisione nel limitrofo comune di Bentivoglio, appena usciti dal casello Bologna Interporto), il prossimo 29 novembre, dalle ore 9 alle ore 18, presso l’hotel CENTERGROSS.


Chiunque desiderasse pernottare a Bologna nell’antecedente giornata di sabato 28 o nella stessa serata di domenica 29 può farlo comodamente nello stesso Hotel CENTERGROSS, col quale è stata stipulata apposita convenzione, con le seguenti modalità:

- camera doppia uso singola euro 99
- camera doppia euro 119


Per agevolare i lavori, per il pranzo di domenica mattina, è stato organizzato un buffet in piedi, al costo di euro 20, sempre all’interno dell’area congressuale.


Per le serate di sabato e domenica, invece, sono state organizzate due differenti cene, in ristoranti tipici bolognesi, però, con un numero necessariamente limitato di posti.


Per la prenotazione dell’albergo, gli interessati sono pregati di mettersi direttamente in contatto con l’albergo, di cui si forniscono, qui di seguito, gli indirizzi di contatto:


ZANHOTEL & MEETING CENTERGROSS
Via Saliceto, 8
40010 - Bentivoglio (Bologna)
Tel.: +39-051-86 58 911
Fax: +39-051-99 14 203
e-mail: meeting1hotelcentergross@zanhotel.it
web: http://www.facebook.com/l/5e450;www.zanhotel.it



La prenotazione del pranzo di Domenica 29 Novembre, dovrà essere effettuata al banco ricevimento del Convegno il giorno stesso dell’evento.

Per partecipare alle cene tipiche bolognesi, contattare:

Massimiliano Mazzanti ai seguenti indirizzi:
obiettivosubologna@libero.it

Cell.339 2552783




AVVISO: per qualsiasi richiesta o informazione sul Convegno, rivolgersi a:

ferretti@areadestra.it mazzanti@areadestra.it pucci@areadestra.it urso@areadestra.it

martedì 10 novembre 2009

LA FAVOLA DI PIERFREGO E GIANFREGO

C’era una volta un Re che si cresceva due delfini, Pierfrego e Gianfrego. Crebbero allo stesso modo, con la stessa statura, emiliani entrambi, anche la loro specialità era comune: la politica, e nemmeno il governo o l’amministrazione, ma proprio la politica parlante, tutta video e partito. Non avevano mai fatto altro nella vita che quello, la politica. Ma per il Re erano i suoi pupi e le sue pupille politiche, erano come per Cornelia i suoi Gracchi e lo affiancavano come due colonnine altoparlanti che sovrastavano lo stereo.
Trovatelli ambedue, Pierfrego aveva perduto la sua famiglia Diccì nel terremoto del ’92, denominato Mani Pulite; Gianfrego, orfano della famiglia Missì, aveva dato alle fiamme la casa paterna, ormai fatiscente. Furono adottati dal Re e portati alla reggia dove in un primo tempo concorsero ad accrescerla e in un secondo si fecero accidiosi, fino a remare contro. Dopo aver fatto le scuole materne insieme a un privatista irrequieto di nome Umberto, Pier e Gian in età scolare furono mandati a presiedere i parlamenti. Poi Pier decise di far fortuna lasciando la Casa e Gian decise di mettersi in proprio ma senza perdere le comodità della Casa.
Fu la prima volta che si separarono, e bisticciarono pure, ma come siamesi vissero la separazione come un trauma contronatura. Da tempo si mormora che marciano divisi ma colpiscono uniti, che hanno trescato con altri, Paolo il Mieloso, Luca il Montezuma e perfino Ciccio il Rutello, per far le scarpe al sovrano o più cautamente per succedere a lui. Sarà ma il problema è che le aspirazioni di entrambi si intralciano a vicenda. Però temono ambedue il Terzo Incomodo, dal Gran Ciambellano del Re al Gran Tesoriere di corte, ai gran governatori del Reame.
È comprensibile, più che comprensibile, il loro ammutinamento al Re che li ha cresciuti e adottati. I due ragazzi sono stanchi di fare i ragazzi, vogliono le chiavi di casa e magari sfrattare il padrone di casa; sono stanchi di dire grazie a chi li ha portati alla reggia, vogliono fare per conto loro e sentirsi Capi e non solo Capetti, sovrani e non principi azzurri o promessi sposi. E sono molto pressati e blanditi da amichetti volpini e istruttori potenti, che li portano in cielo ad ogni sberleffo che fanno nei confronti del Re e li riempiono di complimenti.
Tra i due, a dir la verità, c’è qualche differenza di metodo. In fondo Pier non è stato carino con il Sovrano ma è stato leale ad andarsene, perlomeno, mettendosi in proprio. E poi è stato leale con la sua famiglia di origine, non si è mai scordato di essere uno di loro, anzi. Gian, invece, spernacchia il Sovrano ma vive largamente a suo carico, e non è stato leale nemmeno con la sua famiglia d’origine; sarà perché viveva in una casa più povera e malandata, ma ha scontentato sia il sovrano che i suoi stessi parenti.
E ancora: Pier in fondo non ha cambiato le sue opinioni (dai, non chiamiamole idee) e la sua mentalità cristiana (su, non parliamo di valori). Gian, invece, ha cambiato radicalmente anche quelle e querela il se stesso di venti, di dieci ma anche di due anni fa. Dico le opinioni e le posizioni, mica le idee e i valori (dai non scherziamo). Ma è la politica, ragazzi, ed è inutile star lì a menarsela. È inutile invocare la gratitudine, che non è una categoria umana, figuriamoci se può essere una categoria della politica; ma se è inutile invocare la riconoscenza, superfluo è pure pretendere il riconoscimento, cioè la considerazione dei fatti e dei meriti.
La politica non è abituata a questo, non si correla con la giustizia e nemmeno con la solidarietà o, per essere più ridicoli, con gli interessi supremi del paese. L’unica cosa che si può chiedere alla politica è un po’ di intelligenza applicata all’efficacia, quel che in versione plebea è la furbizia o l’opportunismo.
Beh, in nome di quella cosa lì, vorrei dire ai due ragazzi: giocate almeno la partita doppia, ovvero fate pure i vostri conti per il dopo, attrezzatevi per il nuovo giro. Ma in questi tre anni e mezzo che ci separano dalle votazioni politiche, lasciatelo governare, il vostro Re o il vostro Ex, se preferite. E sapendo che governa con un largo consenso popolare, cercate di non soffiare sulla fronda, di non trescare con i suoi nemici; cercate di capire, nel vostro interesse, e non nel suo, che per ereditare un domani il suo consenso dovete cercare più i motivi di continuità che di frattura e ora stargli più vicini.
Poi vi farete il vostro centro senza più il bipolarismo, o la vostra destra senza più la destra, insomma farete il vostro gioco. Ma nell’interesse vostro, non giocate questa partita contro di lui perché si ritorcerebbe contro di voi. Dispiace dirvelo, cari Pierfrego e Gianfrego, ma l’interesse vostro coincide con quello dell’Italia.

sabato 7 novembre 2009

SE LO POTETE, SBUGIARDATEMI

Se il comunismo è morto (dicono), i comunisti sono sempre vivi
di Filippo Giannini
Da il Corriere della Sera del 31 ottobre scorso: “Il Garko dei record: diventò un violento con la camicia nera”; è un articolo che anticipa una nuova fiction dal titolo: “Il peccato e la vergogna”. Anche se lo ritengo superfluo, riporto alcune frasi ricavate dal pezzo: <(…). Gli ingredienti del romanzo popolare ci sono tutti. Osserva Giancarlo Scheri, responsabile fiction Mediaset: “In questo momento in cui esiste qualcuno che nega l’Olocausto (!?), è un modo per contribuire a non dimenticare”. Ma rappresentando la storia di un criminale, che nella divisa nera corona la sua natura perversa (e te pareva…,nda), non si rischia di creare il binomio fascisti tutti delinquenti? Assicura il produttore Alberto Tarallo: “Ci siamo affidati alla consulenza di storici (e mò sò tranquillo, nda). Non raccontiamo solo il fascino oscuro del fascismo (quanto erano imbecilli i nostri padri e nonni e quanto sono acuti sia Tarallo che i suoi storici, nda), ma anche la generosità di alcuni italiani che, pur essendo inseriti nel regime, contrastarono le leggi razziali, nascondendo ebrei in casa, salvandoli dai campi di concentramento>. Anche se questo (la persecuzione degli ebrei) non è l’argomento che desidero trattare, chiedo al Signor Tarallo – e ai suoi storici – spiegatemi come mai gli ebrei, a migliaia e migliaia, in quel periodo, invece di fuggire in Usa, in Svizzera, in Gran Bretagna, in Russia, si rifugiavano in Italia; eppure in Italia vigevano le famigerate leggi razziali.
Attendo risposta (che non arriverà mai, perché vige la regola del vermetto furbetto).
IL FASCISMO NACQUE VIOLENTO E I ROSSI LO SUBIRONO?
Ma quando mai! E vediamo da quale parte fosse la violenza, almeno chi la originò. E come è nel mio modo di fare, citerò Autori non fascisti.
Partiamo da una data fondamentale: 23 marzo 1919: quella della fondazione dei Fasci di Combattimento e i motivi che ne determinarono l’origine.
Ha scritto il giornalista inglese William Phillips (e siamo solo nel 1923): (Domenico Settembrini, Fascismo, controrivoluzione imperfetta, pag. 91). Ciò premesso, vediamo quali erano le direttive di Antonio Gramsci, il più accreditato pensatore comunista. Il programma del nascente Partito Comunista d’Italia, dettato proprio da Gramsci è sintetizzato su Il Comunista, che in data 20 gennaio 1920 titolava: . Antonio Gramsci era tutt’altro che un democratico e un pacifista, egli spingeva le masse verso una rivolta . Caratterizzante è una massima demoniaca: .
In questa campagna al massacro, Antonio Gramsci non era solo; il cattolico filocomunista (oggi diremmo cattocomunista) Giovanni Miglioli (Attilio Tamaro, Vent’anni di storia, pag. 174n.): . Riconosce Settembrini, pag. 70: . Ancora Settembrini (pag. 150): . Allora trova conferma quanto ho ripetutamente scritto:le prime azioni squadristiche portavano il vessillo rosso! Ma non è davvero finito (Zumino Pier Giorgio, La questione cattolica nella sinistra italiana, pagg. 31-33): .
Gli episodi di violenza si esauriscono in questi pochi casi? No davvero. Ad esempio ecco quanto ricorda lo scienziato Ardito Desio che, ad una domanda di un giornalista, così rispose: . Un altro giornalista inglese, Percival Phillips, corrispondente del Daily Mail, ha scritto: .
Sarebbe opportuno ricordare le violenze perpetrate a danno di militari che avevano già tanto sofferto nelle trincee, violenze che si verificarono principalmente nelle grandi città. Sarebbe bene ricordare anche quel che si verificò tra il 10 e il 15 aprile 1919 a Roma e a Milano, quando socialisti e anarchici scesero in piazza con l’intento di dimostrare che le forze bolsceviche dominavano ormai la piazza. Anche se in quei giorni di aprile il fascismo come forza organizzata non esisteva ancora, tuttavia la manifestazione rossa fece esplodere il fenomeno fascista. A luglio del 1919 i socialisti scatenarono una serie di violenze che provocarono ventisei morti, oltre trecento feriti e il saccheggio di 1200 negozi. Sempre in quell’anno vennero costituiti i Soviet. In Val Bisenzio addirittura venne proclamata una Repubblica sovietica. A giustificazione del saccheggio dei negozi, sull’Avanti! del 5 luglio si poteva leggere: . Il movimento insurrezionale, appunto sulla falsariga di quella di Mosca, si sviluppò a Forlì dove venne emesso il primo decreto del Soviet, Milano, Genova, Torino hanno fatto seguito. Il Corriere della Sera del 7 luglio riporta: . A questi atti, che ormai erano di prassi quotidiana, il 20 e 21 luglio fu organizzato uno sciopero generale in segno di solidarietà verso i compagni rivoluzionari russi e ungheresi che si concluse con disordini e pestaggi. Questi avvenimenti dettero vita al movimento fascista, che fu così giustificato da Alcide De Gasperi (Il Nuovo Trentino del 7 aprile 1921): .
Allora qualcuno mi potrebbe chiedere: "I fascisti tutti angioletti?". Certamente no! Primo: quando la violenza viene scatenata la colpa di questa ricade su coloro che la scatenano, e una volta che ciò accade, la violenza è difficile controllarla. Secondo: c’è violenza e violenza; questa distinzione viene spiegata oltre che dal già citato giornalista inglese Percival Phillips, anche dallo storico Antonio Falcone, il quale su Storia Verità ha scritto: "In un certo senso si può dire che i fascisti la violenza non tanto la imposero quanto la subirono. Lo dimostra il numero dei loro caduti, che fu di gran lunga superiore a quello degli avversari. Secondo Roberto Forges-Davanzati (nazionalista siciliano, nda), le vittime fasciste, tra morti e feriti, si contano a centinaia, mentre quelle avversarie si contano a decine. Nel 1924, uno degli anni più “caldi”, specialmente nei mesi che precedettero e seguirono le elezioni legislative, caddero una ventina di fascisti e ne furono feriti almeno 140, mentre nella parte avversa si ebbe un solo morto (…). La sproporzione si spiega col fatto che, mentre gli squadristi cercavano lo scontro frontale e aperto, i rossi conducevano la loro lotta a forza di imboscate e di attentati. Se poi opponendo violenza a violenza, furono i fascisti ad avere il sopravvento, ciò non fu perché fossero più violenti, o numericamente più forti ( anzi era tutto il contrario), ma solo perché erano meglio organizzati e quindi più efficienti". E questo è tanto vero che in moltissimi casi il fascista rispondeva all’agguato con il manganello o con l’olio di ricino. Per coloro che volessero provare, accerteranno che fa meno male l’olio di ricino che un colpo di pistola alla nuca. Quanto sopra scritto si ripeterà in forma più violenta e vile al termine del secondo conflitto mondiale.
Quindi se il comunismo ateo fu “intrinsecamente perverso”, come fu definito dal Pontefice Pio XI nella Enciclica Divini Redeptoris, la sua sconfitta va attribuita all’”Uomo della Provvidenza”. Dello stesso parere è Winston Churchill, il quale nel 1947 ha scritto: .

mercoledì 4 novembre 2009

I PERCHE' DI ADRIANO

I PERCHÉ DI ADRIANO
Troppe volte nell’arco della giornata, nel vedere il costante bombardamento mediatico, mi sorgono spontanei dei perché. Le risposte il più delle volte sono drammatiche e nascondono delle verità inconfessabili, difficili da credere, perché ancora mi illudo che in questa società bacata non si giochi con la vita delle persone e ci siano dei punti fermi oltre i quali nessuno osa andare per quanti soldi ci siano in ballo.

Da giorni la stampa, le televisioni, quasi facessero un bollettino di guerra ci annunciano che a Canicattì di Sotto o a Bassano di Sopra c’è stato un morto per influenza, e ci parlano in continuazione dello stesso morto fino al morto successivo, quasi a convincerci che ogni giorno ce ne è uno o più di uno. Questo crea allarme e paura ed a niente vale che i vari medici ci dicano che la mortalità è più bassa degli altri anni, che è causata da cause altre già presenti nei pazienti e via di questo passo.

Allora tutti corriamo a farci il vaccino con esborsi miliardari a favore delle casse delle multinazionali dei farmaci.

Perché ci parlano dei pochi morti per presunta influenza e non ci parlano delle tante quotidiane morti bianche sui posti di lavoro? Perché non fanno l’elenco quotidiano dei morti per incidenti stradali, questi sì dei veri e propri bollettini di guerra? Perché non ci danno le statistiche vere dei morti per tumore, dei colpiti da infarto? Forse perché tutte queste cose potrebbero incentivare la ricerca che uno stato civile dovrebbe mettere al primo posto nelle sue finanziarie? Eviteremmo in tal modo di regalare agli stati stranieri le nostre migliori intelligenze che, anche fuori dal territorio nazionale e nonostante le varie difficoltà per essere stranieri, riescono a farsi valere, anche se il più delle volte si devono accontentare di vivere nell’ombra di chi sfrutta la loro capacità di ricerca.

Invece per l’influenza A, B o C che sia c’è già il vaccino pronto, magari comprato a due lire in Cina e tutti, per paura, devono correre a farlo non sapendo a cosa si va incontro; mentre i soliti noti lo sanno.

Le società farmaceutiche lucrano tanto ed un po’ di questo benessere va ai politici di turno, agli spacciatori di notizie e ai vari intermediari. Sono i mezzi di oggi.

Le notizie pilotate, la paura indotta, l’informazione prezzolata e tanti, tanti miliardi.

L’unico augurio che ci facciamo è che il vaccino sia acqua fresca almeno, insieme alla paura, non ci regalano altro.

Una consolazione però ce l’abbiamo: non siamo soli. Infatti anche le altre nazioni europee sono sotto il ricatto della paura; visto che il tutto è gestito dagli organismi internazionali.

Tutto questo mi fa disperare e mi impegna ancora di più nella lotta politica: ci dobbiamo liberare di questi immorali malfattori o per lo meno dobbiamo riacquistare la fiducia in qualcuno. Questo qualcuno possiamo essere solo noi stessi.

Rimbocchiamoci le maniche e … avanti.

Adriano Tilgher

venerdì 30 ottobre 2009

COMUNICATO STAMPA

Oggi è terminata la nostra esperienza nel partito di Storace.

Oggi lasciamo un progetto ambizioso imploso sotto i colpi dell’interesse personale di una oligarchia auto referenziale e cha ha mostrato la sua incapacità di aggregare e di essere vicina alla sua gente.

Oggi ci incamminiamo verso la realizzazione di un progetto politico che dia finalmente una casa alla composita galassia della destra italiana, una casa costruita sulla roccia delle idee, dei valori, della dignità, del senso di appartenenza.

Area Destra dovrà solamente agevolare ciò che tutti chiediamo da troppo tempo: l’unificazione di un mondo che ha pagato tanto a lungo la polverizzazione determinata molte volte da grandi ambizioni di piccoli uomini.

Dunque rivolgiamo a tutti, giovani, donne e uomini di destra, un appello, una chiamata alla mobilitazione.

Lanciamo con tutta la voce che abbiamo lo stesso appello alla Fiamma Tricolore e a Forza Nuova affinchè si possa continuare con coraggio e determinazione nel percorso delineato, senza cadere nelle tentazioni elettoralistiche di oggi, ma puntando ad obiettivi ambiziosi di più lungo termine.

Chiediamo a tutti coloro che ancora dimorano stancamente nel partito di Storace di affiancarci in questa stimolante avventura.

Oggi cominciano a nascere i circoli di Area Destra e presto lanceremo la sfida alla decadente politica italiana dimostrando che NOI non siamo un decadente retaggio del ‘900 ma l’unico futuro per la civiltà italiana ed europea.

La strada è in salita e piena di ostacoli ma, tutto sommato, se così non fosse, non sorrideremo nel percorrerla.

Alberto Ferretti

Cristiano Lancianese

Laura Luciani

Massimiliano Mammi

Alessandro Pucci

Andrea Urso

VIADOS E POLITICI, CACCIA IN PARLAMENTO GASPARRI: "SONO VOCI PER INFANGARMI".

venerdì 30 ottobre 2009 Roma - Malignità, pettegolezzi, cicalecci. Gossip allo stato puro. In una ridda di voci incontrollate, e incontrollabili, nei palazzi del potere e nelle redazioni di giornali gira ormai qualunque diceria hard. Fra i politici più bersagliati dalle maldicenze c’è Maurizio Gasparri, presidente del gruppo Pdl al Senato. E se le chiacchiere relative a un suo presunto coinvolgimento in una retata antitrans a Roma girano sul suo conto è anche un po’ colpa sua (si fa per dire) visto che proprio l’ex esponente di An da anni, e in più occasioni, a cene o incontri di partito, ha scherzato su un banale episodio che di striscio riguardò i trans e che col passaparola romano s’è ingigantito assumendo le forme di un segreto da bisbigliare e maneggiare con cura.

Le voci su Gasparri e i viados sono tornate a circolare all’impazzata perché qualche quotidiano ha parlato del coinvolgimento di due ex ministri (e Gasparri è stato ministro) all’inchiesta su Marrazzo. Poi qualcun altro ha aggiunto un altro tratto sospetto all’identikit del politico «chiappe d’oro», ricordando che Gasparri ha abitato in via Gradoli, la stessa strada del palazzo frequentato dall’ex presidente della Regione Lazio, omettendo però di precisare che in quella via (e non in quel palazzo) Gasparri vi abitò con la famiglia oltre quindici anni fa. Insomma, nessun riferimento diretto alla persona, ma uno stillicidio indiretto, fatto di sussurri e indiscrezioni, che dài e dài alla fine hanno raggiunto l’incredulo parlamentare.

I fatti che riguardano il presunto incidente di percorso di Gasparri, per come li ha ricostruiti il Giornale, sono questi: nella primavera del 1996 (secondo il sito Dagospia il 29 aprile 1996) l’ormai ex sottosegretario agli Interni viene invitato a una cena al prestigioso Circolo del Polo, ai piedi dei Parioli, nella zona sportiva dell’Acqua Acetosa che a quei tempi (e anche in questi) la sera pullulava di donne e/o uomini in vendita con perizoma e calze a rete. La moglie di Gasparri arriva all’appuntamento in auto, in compagnia di Italo Bocchino poiché il marito, attardatosi per questioni di partito, le ha detto che la raggiungerà di lì a poco. Gasparri arriva però con molto ritardo perché, qualche minuto prima, una pattuglia di carabinieri s’era incuriosita dall’indugiare a singhiozzo di una Fiat Punto fra i viali dell’Acqua Acetosa. Lampeggiante, paletta. Gasparri, al volante della Punto, mette la freccia e accosta diligentemente al marciapiede. Si qualifica, fornisce documenti e patente ai carabinieri della gazzella del 112, spiega che stava facendo su e giù lungo quei viali pieni di circoli sportivi (c’è quello parlamentare, quello dei carabinieri, il Coni, ecc. ) perché non conosceva l’esatta ubicazione del Circolo del Polo e a causa della scarsa illuminazione, non riusciva a trovare l’entrata. Chiarito quello che poi lo stesso Gasparri ha definito un equivoco insignificante, non sappiamo se con l’aiuto degli stessi carabinieri o per conto suo, ha trovato la strada giusta ed è giunto a destinazione. Una volta al tavolo Gasparri ha sbandierato ai quattro venti l’episodio, fors’anche per giustificarsi dell’inqualificabile ritardo: «Ahò, ma lo sapete? M’hanno fermato i carabinieri qua vicino. Pensa se passava qualcuno e me vedeva, poteva pensa’ che annavo coi trans!». L’episodio per come lo abbiamo raccontato è stato confermato al Giornale dallo stesso Gasparri che sul punto non ha voluto aggiungere una parola di più, se non che «questo vociare è uno squallore vergognoso. Ma vi giuro che il primo che scrive una riga fuori posto, o che solo lascia intendere qualcos’altro, lo trascino in tribunale».

martedì 20 ottobre 2009

SOLO PER FAR RIFLETTERE

Bizzarro popolo gli italiani. Un giorno 45 milioni di fascisti. Il giorno successivo 45 milioni divisi fra antifascisti e partigiani. Eppure questi 90 milioni di italiani non risultavano dai censimenti.
[Winston Leonard Spencer Churchill (1874 - 1965) Statista inglese, Primo Ministro e premio Nobel per la letteratura 1953]

venerdì 16 ottobre 2009

SOLO PER FAR RIFLETTERE

Friedrich Nietzsche
No. La vita non mi ha disilluso. Di anno in anno la trovo invece più ricca, più desiderabile e più misteriosa - da quel giorno in cui venne a me il grande liberatore, quel pensiero cioè che la vita potrebbe essere un esperimento di chi è volto alla conoscenza - e non un dovere, non una fatalità, non una frode. E la conoscenza stessa: può anche essere per altri qualcosa di diverso, per esempio un giaciglio di riposo o la via ad un giaciglio di riposo; oppure uno svago o un ozio; ma per me essa è un mondo di pericoli e di vittorie, in cui anche i sentimenti eroici hanno le loro arene per la danza e per la lotta. "La vita come mezzo della conoscenza" - con questo principio nel cuore si può non soltanto valorosamente, ma perfino gioiosamente vivere e gioiosamente ridere.

giovedì 15 ottobre 2009

COMUNICATO DI FORZA NUOVA

Finalmente un segnale importante,
Il passo di Area Destra è chiaro e punta all' unità di un' area in questo momento rappresentata dalla stessa Area Destra, dalla Fiamma tricolore e da Forza Nuova.
Si avvicinano le elezioni regionali ed amministrative di Marzo ed una eventuale aggregazione di area nazional popolare potrebbe costituire un polo di attrazione per i tanti che si riconoscono nell' identita politica rappresentata da queste formazioni.
Colgo l' occasione per invitare formalmente i rappresentanti di Area Destra alla manifestazione che terrà Forza Nuova questo sabato a Roma all' Hotel Cicerone.

Roberto Fiore

COMUNICATO STAMPA DI LUCA ROMAGNOLI

“Plaudo all´iniziativa dei Areadestra che oggi comunica la costituzione dei “circoli di AREA” con il proposito di favorire l´aggregazione locale dei militanti e simpatizzanti e sopratutto come primo passo per favorire
“l´unita´d´area”. Anzi approfitto per anticipare che la mia mozione congressuale si apre proprio con l´auspicio- per altro piu´volte da me dichiarato pubblicamente-, che si realizzi al piu´presto un´unita´ di progetto e di proposta politica che restituisca alla destra italiana il ruolo che le compete come unica forza che si batte,senza ipocrisie,infingimenti e incoerenze, in difesa della nostra continuita´ideale,valoriale e tradizionale.
LUCA ROMAGNOLI- segretario nazionale M.S. Fiamma Tricolore

NASCONO I CIRCOLI DI AREA DESTRA

www.areadestra.
verso l’unità dell’Area



Prosegue lo sforzo di Area Destra che, coerentemente allo spirito che ha animato la sua nascita, ha individuato nella costituzione dei Circoli, lo strumento concreto a disposizione di tutti coloro che intendono impegnarsi sul territorio per realizzare quella UNITA’ D’AREA che rappresenta il punto di partenza di un cammino che porti la Destra Italiana ad essere protagonista della vita politica, sociale, culturale e civile della Nazione.

Una comunità intera di militanti richiede ciò a gran voce e lo vuole fortemente. Area Destra ha deciso dunque di rompere ogni indugio e di dare il buon esempio. I lunghi viaggi iniziano con il primo passo.

I Circoli di Area Destra vogliono essere centri di aggregazione, di confronto e di crescita sociale-politico-culturale, di scambio di idee e di promozione di iniziative per il perseguimento di quel cambiamento radicale che in tanti auspicano.

Con i Circoli disseminati sul territorio, uniti in un progetto comune, ma liberi di interpretare le diverse esigenze locali, Area Destra propone a tutti uno strumento nuovo e dinamico per tornare ad una politica vicino alla gente.


I membri del Comitato Promotore

Alberto Ferretti
Cristiano Lancianese
Laura Luciani
Massimiliano Mammi
Alessandro Pucci
Andrea Urso

domenica 4 ottobre 2009

SOLO PER FAR RIFLETTERE

Friedrich Nietzsche -La vita è fatta di rarissimi momenti di grande intensità e di innumerevoli intervalli. La maggior parte degli uomini però, non conoscendo i momenti magici, finisce col vivere solo gli intervalli.

giovedì 1 ottobre 2009

L'UNICO - Quotidiano Indipendente di Roma

Area Destra: voto contrario all'approvazione di bilancio di partito
mercoledì 30 settembre 2009
Al Comitato Centrale del 26 settembre, i membri del CC che si riconoscono in Area Destra, hanno VOTATO CONTRO l’approvazione del bilancio del partito e CONTRO la relazione del segretario amministrativo che evidenzia una forte situazione debitoria e l’assenza totale di mezzi finanziari fino all´estate 2012, per garantire l’ordinaria attività politica, nei prossimi giorni, sulle basi della relazione del segretario amministrativo e sulle considerazioni del Segretario Nazionale, AREA DESTRA pubblicherà la replica e le motivazione tecniche e politiche che hanno portato al VOTO CONTRARIO all’approvazione del bilancio.
Vari membri del CC che si riconoscono in AREA DESTRA, hanno effettuato interventi al CC dove hanno espresso, in maniera chiarissima, netta ed articolata, il dissenso verso le linee politico/organizzative adottate dal partito fino ad ora; a seguito di ciò tutta AREA DESTRA ha VOTATO CONTRO la relazione programmatica del Segretario Nazionale e CONTRO l’organigramma proposto.
Altri membri del CC hanno pure VOTATO CONTRO la relazione del Segretario.
Il Comitato Centrale ha visto una scarsa partecipazione.

AREA DESTRA nei prossimi giorni, sulla base degli interventi del segretario, fra cui quello finale, pubblicherà la contro replica e le motivazioni che hanno portato a VOTARE CONTRO sia la relazione proposta dal segretario nazionale che l’organigramma.

AREA DESTRA infatti ritiene che la mancanza di regole precise, rispettate e condivise sia uno dei problemi maggiori nel partito e che questo sia uno dei primi punti cui il partito deve mettere mano per darsi un riordino. Prende inoltre atto favorevolmente dell’avvenuto riconoscimento della stessa.

lunedì 28 settembre 2009

DI PIETRO INDAGATO PER TRUFFA ALLO STATO

di Gian Marco Chiocci (il Giornale.it)

Roma - Il ministro Antonio Di Pietro è indagato per appropriazione indebita, falso in atto pubblico e soprattutto per truffa aggravata ai danni dello Stato finalizzata al conseguimento dell’erogazione di fondi pubblici. L’inchiesta della procura di Roma verte su presunte irregolarità commesse dall’ex pm nella gestione delle finanze nell’Italia dei Valori. Sotto osservazione le spese elettorali, le movimentazioni dei conti del suo partito, l’utilizzazione dei finanziamenti pubblici incassati e delle somme ricevute dai simpatizzanti: in tutto, oltre 20 milioni di euro. Nelle carte c’è anche la storiella di un assegno «non trasferibile» da 50mila euro destinato al partito ma ugualmente incassato da Di Pietro, oggi alleato di Veltroni. Nel mirino dell’autorità giudiziaria, dunque, finisce la presunta gestione «privatistica» e «familiare» del partito da parte del suo presidente, di cui hanno parlato pubblicamente parecchi ex compagni di viaggio (vedi Giulietto Chiesa, Elio Veltri e Beniamino Donnici) e su cui si dilunga, nel 2006, l’esposto-bomba presentato all’autorità giudiziaria romana dall’avvocato Mario Di Domenico, uno che dell’Italia dei Valori conosce ogni dettaglio essendo stato tra i soci fondatori ed avendo ricoperto l’incarico di segretario. È lui, l’uomo-ombra del Tonino nazionale, la gola profonda dell’inchiesta che preoccupa Di Pietro e i suoi alleati.
Il diretto interessato, Antonio Di Pietro, ribatte ad alcune anticipazioni del settimanale Panorama: «Accolgo con un sorriso i tentativi di Panorama di sporcare la campagna elettorale con allusioni che non hanno alcun riscontro con la realtà. I fatti penali in questione sono già stati valutati, sia in sede civile con il rigetto di tutta la domanda del denunciante, sia in sede penale con la richiesta di archiviazione formulata dal pm già dall’anno scorso. Ora c’è solo l’udienza di opposizione all’archiviazione fissata dal Gip, a seguito del reclamo del denunciante». Il prossimo 27 febbraio, infatti, il gip Carla Santese deciderà che cosa fare del fascicolo 4620/07 che ha portato all’iscrizione sul registro degli indagati del ministro delle Infrastrutture. Tre gli esiti possibili nell’udienza in camera di consiglio fissata per quella data. Il primo: il gip accoglie la richiesta di archiviazione presentata il 10 gennaio 2007 dal pm Giancarlo Amato, motivata sull’obiettiva inesistenza di una legge specifica che regolamenti la vita dei partiti (tra le righe si fa comunque riferimento ad una eventuale «negativa ricaduta di immagine personale e politica - per Di Pietro, ndr - che la notorietà del fatto potrebbe determinare nell’opinione pubblica»). Il secondo: il gip opta per un supplemento di indagine invitando, così, il pm a svolgere nuovi e più approfonditi accertamenti alla luce anche delle ulteriori memorie presentate dalla parte offesa. Il terzo: il gip, alla luce del contraddittorio in udienza e delle risultanze investigative depositate, decide di rinviare a giudizio Antonio Di Pietro e in subordine la deputata-tesoriera dell’Idv, Silvana Mura, indagata anch’essa. Capitolo delicato quello del conto in banca nel quale sarebbero passati i circa due milioni di euro che sarebbero stati stornati dal bilancio dell’IdV per essere poi utilizzati in personali campagne elettorali senza il nulla osta previsto nello statuto del partito. Buona parte della documentazione esaminata dalla Gdf è dedicata al complicato intreccio politico finanziario dell’Italia dei Valori diviso tra «partito-movimento» e «associazione». In entrambi i casi presiede Di Pietro, la tesoriera è sempre la Mura, la poltrona di segretario dal 2006 è ricoperta da Susanna Mazzoleni, già signora Di Pietro. Chi fa da sé, all’Idv, fa per tre.

sabato 26 settembre 2009

FINI: TROVA CASA LA STESSA DEL PD

Fa impressione incontrare uno che gli somiglia tanto, persino con lo stesso cognome, che ora ti scavalca a sinistra e dice cose opposte a quelle che diceva, non da ragazzo, non da missino, ma da leader della destra moderna italiana del terzo millennio. Era vice di Berlusconi all’epoca in cui parlammo insieme al pubblico di Genova; ora ha fatto carriera e fa il vice di Napolitano o il fratello maggiore di Franceschini che è la sua versione parrocchiale, un Fini minore che ha studiato dalle monache.
Sono contento che la sinistra abbia finalmente trovato un leader su cui non si divide ma che elogia compatta. È un buon auspicio per le primarie. Fino a ieri ero convinto che Pdl volesse dire semplicemente Partito del Leader, inteso come Berlusconi; e Pd volesse invece dire Partito del, ma non si sapeva di che cosa. Ora finalmente viaggia in Pdf, come Partito di Fini. Sono contento per loro, anche se le posizioni di Fini non sono nemmeno di sinistra, sono neutre come il sapone dei bambini; forse terziste, cerchiobottiste, e approdano nella terra di nessuno. Ma sono contento per la sinistra che ha trovato finalmente un leader con cui condivide l’assenza di idee. Meno contento sono per la destra, lo dico ormai da turista curioso e disinteressato. Ecco, vorrei chiedervi: chi è il leader della destra oggi in Italia? Non riesco a trovare una risposta. Mi arrampico e deliro: Ratzinger? Calderoli? Arisa? Non so, non mi sovviene nessun leader della destra, nuova, vecchia, surgelata. Intanto, auguri a Fini l’astronauta per il suo lungo viaggio verso Marte. Come i fascisti di una celebre satira di Corrado Guzzanti...

di Marcello Veneziani