mercoledì 29 dicembre 2010

Cara sinistra, non offendere la nostra intelligenza


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Si rompe il fronte: dalle fabbriche una lettera ai leader dell'opposizione. "Se salta l'accordo con Marchionne noi perdiamo il lavoro, voi no".

Cari Pier Luigi Bersani, Nichi Vendola e Antonio Di Pietro, ormai sono sei mesi che quotidianamente assistiamo e subiamo in modo perpetuo e scientifico al nostro stillicidio da parte vostra e dei dirigenti dei vostri partiti. La questione Fiat, ieri Pomigliano, oggi Mirafiori e domani chi sa cosa, non può comportare sempre e comunque l’offesa dell’intelligenza altrui.

Noi che abbiamo votato «sì» a quell’accordo ci siamo stancati di continue dichiarazioni tese a sostenere chi non aveva valide alternative da proporci. Noi che ogni giorno andiamo in fabbrica e che per 1.200 euro mensili lavoriamo sulla catena di montaggio, con una pinza a saldare, non accettiamo più questa ipocrisia da parte vostra.

Noi vorremo porvi alcune domande in modo che una volta per tutte ci capiamo fino in fondo:
1) Secondo voi, noi siamo contenti di lavorare in fabbrica?
2) Secondo voi, noi che guadagniamo 1.200 euro mensili non vorremmo guadagnare di più lavorando anche meno?
3) Secondo voi, oltre la proposta di Marchionne avevamo altro?
4) Secondo voi, se la Fiom avesse proposto una valida alternativa al piano Marchionne, invece di limitarsi alla legittimità del referendum ed esortare solo per un «no», l’avremmo fatto?
5) Secondo voi, se avessimo avuto una legge che tutelasse i lavoratori sulla malattia (cioè anche i primi tre giorni) non sarebbe stato meglio? Perché non avete riformato la Legge 2110 del Codice civile quando eravate al governo?
6) Secondo voi, se avessimo avuto una legge che prevedeva più pause durante il lavoro non era meglio? Perché non avete riformato i DLgs 66/2003 quando stavate al governo?
7) Secondo voi, è giusto che ai sindacati di base in Fiat non viene riconosciuto il monte ore e i permessi per il direttivo (perché non sono firmatari di contratto) e alla Fiom che non firma nulla viene riconosciuto tutto? Perché fate 2 pesi e 2 misure?
8) Secondo voi, continuando a dire che Cisl e Uil sono i sindacati servi dei padroni (lo dite anche in maniera indiretta) aiutate la classe operaia?
9) Secondo voi, gli operai si sono dimenticati di quando avete votato in Parlamento l’inizio del precariato attraverso il pacchetto Treu?
10) Secondo voi, difendendo le sole ragioni della Fiom state portando il giusto rispetto a quegli operai non iscritti alla Fiom?

Ecco, semplicemente quanto sopra scritto, senza fronzoli, senza tatticismo e senza parlare in politichese, parlando di chi vive una condizione di sopravvivenza, una condizione dove tutti urlano contro tutti, ma nessuno indica un cammino diverso e che soprattutto sia realizzabile.

Credeteci: quando diciamo che il Ccnl non è morto a Pomigliano e neanche a Mirafiori, credeteci quando diciamo che i diritti non sono caduti a Pomigliano o a Mirafiori, credeteci quando diciamo che bisogna cambiare il sistema, ascoltate anche noi che non siamo della Fiom. E se non ci credete domandate al ragazzo del bar che ogni mattina vi serve il caffè se ha un contratto, se ha le ferie, se ha il Tfr; oppure chiedete ai tanti lavoratori in nero qui a Napoli e sparsi per l’Italia se hanno mai avuto un contratto e se sanno cosa significa aver pagata la malattia. Uscite dall’ipocrisia elettoralistica e venite a parlare con noi. E dopo averci ascoltato fate vostre le nostre richieste per una vera alternativa di governo e non per battere solamente Silvio Berlusconi. Se volete, a fine gennaio faremo un’iniziativa sul lavoro. Siete tutti e tre invitati... se volete.

martedì 28 dicembre 2010

"Ecco il patto tra Fli e magistrati" Una toga è pronta a testimoniare




C'è un’alleanza per rovesciare Berlusconi. Clemenza sulla vicenda Montecarlo in cambio del no in Aula alla riforma della giustizia Strumenti utili Carattere
Solo una «simpatia» in chiave anti-Cav o addirittura un patto? L’ultimo gossip del Palazzo sul presidente della Camera riguarda un possibile retroscena del rinnovato feeling tra Gianfranco Fini (e i finiani) e la magistratura, «rivelato» in anteprima, la scorsa settimana, da Silvio Berlusconi.
Un abbraccio, quello tra Fli e le toghe, che si è fatto più stretto man mano che l’ex leader di An si allontanava dal Pdl, e che si è manifestato in dichiarazioni pubbliche, sia in contrasto con i periodici attacchi del premier alla magistratura che indipendentemente da queste.
Come è avvenuto nel caso, esemplare, dell’inchiesta romana sull’affaire monegasco: Fini da subito ha ribadito la propria fiducia nel lavoro dei pm capitolini e ha professato serenità. Poi è andata come si sa: richiesta di archiviazione da parte della procura, e protezione assoluta, una quasi inedita blindatura, della notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati per il presidente della Camera. Le toghe romane, che tra l’altro non hanno mai convocato Fini in una vicenda nel quale il suo ruolo era centrale, lo hanno indagato per truffa aggravata soltanto l’ultimo giorno utile, contestualmente alla richiesta al Gip di chiudere la partita, quando insomma non potevano farne a meno.
Finora, con un pizzico di malizia, si era attribuito il trattamento riservato all’ex presidente di Alleanza nazionale proprio alla sua nuova apertura nei confronti del potere giudiziario. Ma negli ultimi tempo una voce tutta da verificare circola con insistenza in alcuni ambienti politici. Ci sarebbe persino un testimone, pronto a giurare sull’esistenza di uno scenario diverso, un vero e proprio patto di non belligeranza tra il capo di Futuro e libertà e la magistratura. A far emergere quella voce sui giornali sono state le indiscrezioni del pranzo tra Berlusconi e gli eurodeputati del Pdl, lo scorso 20 dicembre. Lì Berlusconi ha attaccato duramente l’ex alleato, parlando appunto di un «patto» siglato tra Fini e l’Anm, l’associazione nazionale magistrati, secondo il quale le toghe avrebbero garantito protezione al presidente della Camera e ai suoi, e in cambio la terza carica dello Stato avrebbe assicurato lo stop a Montecitorio di qualsiasi legge «contro» i magistrati. Tanto che lo stesso numero uno dell’Anm, Luca Palamara, avrebbe passato alla finiana Giulia Bongiorno, presidente della commissione giustizia, il testo di quattro emendamenti al testo della legge sulle intercettazioni, prima «vittima» dell’accordo. Berlusconi, poi, ha smentito quelle dichiarazioni, Fini le ha definite «barzellette». Ma è esattamente questa la voce che gira sempre con maggiore insistenza nei corridoi del Palazzo, attribuita a un testimone attendibile, vicinissimo all’Anm, forse addirittura un magistrato, che avrebbe confermato l’intera storia, e rivelato l’ultima alleanza strategica di Fini: l’abbraccio col «partito delle procure», per sgambettare l’ex alleato.

martedì 21 dicembre 2010

MI SEMBRA DOVEROSO PUBBLICARLA, A VOI IL GIUDIZIO



.pubblicata da Mimmo Paternoster il giorno domenica 19 dicembre 2010 alle ore 15.47.

IO SONO UN POLIZIOTTO...

Io sono un poliziotto del Reparto mobile. Io c’ero martedì scorso. Ero a piazza del Popolo. A piazzale Flaminio. Ero sui mezzi a correre dove c’era bisogno. Ero ad ascoltare la radio, le richieste di aiuto dei colleghi in difficoltà. Ho letto i giornali. I gruppi di Facebook e i commenti su internet. La lettera di Saviano e gli editoriali di prestigiose firme e i commenti di gente normale. Vorrei poter dire che cosa si prova quando si è in piazza. Vorrei non dover leggere (tutte le volte) che i poliziotti scendono con l’animosità di chi si trova un nemico davanti. Noi non abbiamo nemici precostituiti. Noi non abbiamo nessuna voglia di menare le mani nè tantomeno di regolare dei conti. E quando leggo certe cose mi domando sempre: ma davvero c’è qualcuno che pensa che chi esce per lavorare lo faccia con la speranza di dover fare a botte? Noi lo sappiamo che oltre all’incolumità fisica rischiamo un avviso di garanzia o un’indagine interna nel caso si sbagli. La maggior parte di noi è sposata ed ha figli. Vi immaginate cosa prova quando gli dicono "è un atto dovuto. Nomina un avvocato". Io non dico che noi non sbagliamo mai. Sbagliamo. Io sbaglio. Ma vorrei con tutto il cuore che chi è chiamato, giustamente, a giudicare i nostri errori vivesse una giornata insieme a noi. Perchè quando senti urlare per radio "ci stanno massacrando" e riconosci la voce di uno dei tuoi amici ti vengono i brividi. Perchè nel cuore di tutti noi c’è il pensiero di poter essere quel finanziere solo a cui tolgono il casco. E perchè è un attimo che qualcuno ti salga sulla testa e ti spenga per sempre. Alla violenza non ci si abitua mai. Ricordatevi di Filippo Raciti. E’ morto per un colpo, che gli ha distrutto il fegato. Non per un colpo di pistola. Un sampietrino, un colpo di spranga, una molotov... possono uccidere. O lasciare segni che non passeranno mai. Sono un uomo come tanti. E faccio il poliziotto. Non sono il poliziotto migliore che ci sia. Forse ho colpito gente che non lo meritva. Ma io mi sono voltato a guardare piazza del Popolo dopo averla liberata dai manifestanti. E ho visto le carcasse delle auto bruciate, le vetrine infrante, la strada devastata, i monumenti imbrattati. E già sapevo che qualcuno avrebbe detto... "ma la polizia perchè ha permesso tutto questo?" O anche "è successo perchè i poliziotti hanno provocato". E sentivo il numero dei poliziotti feriti che saliva. Per me dietro ad ogni ferito c’è un nome e un volto. 57 feriti è statistica. 57 uomini sono 57 storie. Voi avete tutto il diritto di guardare al nostro lavoro con spirito e senso critico. Non mi voglio sottrarre alle valutazioni sulle mie azioni. Ma vorrei non venisse consentito a nessuno di giudicare il mio animo. Internet è pieno dei volti di manifestanti che raccontano di aver subito violenze da parte nostra. Alcuni hanno del sangue. Su internet non trovate i nostri volti. Le nostre ferite non le ostentiamo. Noi. Che non siamo diversi da "voi". Che non odiamo ma possiamo avere paura. Che non vorremmo dover colpire ma a volte dobbiamo farlo. Che mercoledì 22 saremo ancora in piazza. E sui mezzi che ci portano ore prima sui luoghi più caldi ci diremo che mancano tre giorni a Natale. E che... al ritorno... speriamo di essere tutti e di non dover pensare che c’è un collega a cui far visita in ospedale. Ora dovrei mettere un nome. Ma vi ho scritto cosa faccio, non chi sono. Per questo mi firmo..

Un poliziotto



lettera pubblicata sul corriere della sera di oggi

mercoledì 8 dicembre 2010

Il contrastatore



Il clima politico, sociale, ideologico ed economico che caratterizza la vita europea e italiana, e per molti aspetti opprimente oscurantista e cupo, ma dal torpore delle iniziative e di idealità, nasce, per reazione l’ideale romantico, Cultura e Politica.
D’altronde questo procedere di interventi contraddittori nell’interno del Governo nazionale fra le più alte cariche dello Stato condiziona fortemente l’evoluzione dello stato.
Poiché il problema nazionale é quello più acceso e sentito dal popolo, i politici devono rendersi coevi al nostro secolo, vi è la necessità di realizzare di creare un più stretto legame fra politica e cittadini.
Il tribuno contrastatore alla realizzazione al connubio fra finanza, giustizia e ideali patriottici non può nascondersi dietro il compiacente paravento dell’illegalità, dove si tratta meramente di contrattazione di potere politico.
Il tribuno, durante il periodo trascorso sullo scranno della terza carica dello Stato, dimentico dei doveri derivanti dalla sua carica di Presidente della Camera dei Deputati, incapace di contrastare la sua smisurata ambizione, incominciò ad accendere i tizzoni dei carbonari nelle due camere del potere.
Il crescente disagio della sua gente che rifiuta ormai apertamente la sua logica di potere, incapace di contrastare “la forza delle cose” attua fino in fondo il suo tradimento nel tentativo di attenuare gli effetti negativi della sua concezione di far politica.
Ma “la forza delle cose” diventa dirompente anche quando cerca di fronteggiare le situazioni.
Quando si rende conto che tanto il suo popolo, quanto i suoi colonnelli chiedono le sue dimissioni lascia il partito di cui era cofondatore per fondarne uno degno delle sue ambizioni, esiliandosi volontariamente, dove i partiti di rifiuto al governo legittimamente costituito lo accolgono con tutti gli onori, scordando l’errore che fece l’antica Troia quando trascinò il cavallo di legno nelle mura della sua città come simbolo della loro vittoria.
Lino ADAMO

domenica 5 dicembre 2010

Gli utili idioti



di Alessandro Sallusti

Pur di abbattere Berlusconi, Fini e Casini si fanno strumenti nelle mani di Bersani e Vendola E così rischiano di portare al potere un’ideologia bocciata dalla storia e dagli elettori.


Il presidente della Repubblica Gior­gio Napolitano s i è irritato perché il coordinatore del Pdl Denis Verdini avrebbe messo in dubbio l e sue prero­gative di arbitro del­la crisi. A parte che Verdini non ha detto esattamente così, va­l e l a pena d i ricorda­r e che s e Napolitano fosse coerente non dovrebbe considera­r e sacra e inviolabile l a figura del capo del­l o Stato. Nel 1991 in­fatti il suo partito, il Pci (fresco del nuo­v o nome Pds) e lui in prima persona furo­no protagonisti di un feroce attacco all'allora presidente Cossiga che sfociò nella clamorosa ri­chiesta di messa sot­to accusa per tradi­mento della Costitu­zione. Per Napolita­no l'inviolabilità del Colle non era un pro­blema anche anni prima, quando una falsa campagna stampa della sini­stra guidata da Euge­nio Scalfari costrin­se alle dimissioni il presidente Leone, poi risultato comple­tamente innocente. In realtà chi sta ti­rando per la giac­chetta Napolitano sono Fini e Casini. Non c'è infatti gior­no che i due non dia­n o per fatto e appro­vato u n dopo Berlu­sconi che esiste solo nella loro testa. E cioè: la maggioran­za non c'è più ma non si andrà a votare perché ne abbiamo pronta un'altra, i f a­mosi 317. Le cose stanno diversamen­te. Fini, Casini e i l o­ro uomini stanno semplicemente fa­cendo la parte degli utili idioti di chi, a si­nistra, d a sedici anni cerca inutilmente di disarcionare il cen­trodestra e vendicar­si dello scippo subi­to da Berlusconi nel 1994 di un potere che sembrava loro a portata di mano. Ci hanno provato con le Procure, poi col gossip, hanno oc­cupato la Rai: niente da fare. Si sono detti: vuoi vedere che due nostri nemici stori­ci, un fascista e un cattolico, possono portarci diritti sull' obiettivo? Detto fat­to: i due hanno ab­boccato, accecati dall'invidia per il Ca­valiere. Tanto d a an­nunciare già vitto­ria: siamo maggio­ranza, siamo in 317. I n realtà i due hanno 70 deputati, gli altri 247 sono comunisti, ex comunisti, man­giapreti, dipietristi, tutta gente che il giorno dopo una eventuale vittoria del Fli e dell'Udc fa­rebbe polpette. A ben vedere, i 317 non c i sono neppure sulla carta, tra defe­zioni certe e annun­ciate. E poi nessun governo, vecchio o nuovo, può governa­re con 317 deputati (solo 5 in più dell'op­posizione). Fini e Ca­sini stanno quindi parlando di un non senso numerico e po­litico. Stanno parlan­do di un grande im­broglio fondato sul tradimento degli elettori e aggravato da un patto col nemi­co. Per capirlo non c'è neppure bisogno d i scomodare Napo­litano.