sabato 28 dicembre 2013

Avvocatessa denuncia Monti+Napolitano per capi d'imputazione da ergastolo

La notizia è di quelle che fanno saltare sulla sedia. Un avvocato di Cagliari, PAOLA MUSU, ha sporto formale denuncia nei confronti del Presidente della Repubblica, Presidente del Consiglio, tutti i ministri e tutti i membri del parlamento. I reati ravvisabili, come si legge nel documento protocollato e presentato presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Cagliari, sono: - attentato contro l’integrità, l’indipendenza e l’unità dello Stato; - associazioni sovversive; - attentato contro la Costituzione dello Stato; - usurpazione di potere politico; - attentato contro gli organi costituzionali; - attentato contro i diritti politici del cittadino; - cospirazione politica mediante accordo; - cospirazione politica mediante associazione; La denuncia è scattata a seguito delle vicende degli ultimi mesi, conseguenza della crisi economica e del diktat della Bce che hanno “suggerito” al Presidente della Repubblica la formazione di un nuovo governo, cosidetto “tecnico”, a guida di Mario Monti. Un governo non legittimato dal voto popolare. Di ciò si è molto discusso, ma nessuno finora si era spinto così in là da sporgere una denuncia for-male impugnando la Costituzione e il Codice Penale. La prima violazione, secondo l’avvocato PAOLA MUSU, sarebbe all’articolo 1 della Costituzione: “L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. La denuncia continua: “Contenuto essenziale della sovranità di un popolo è dato dalla propria so-vranità in materia di politica monetaria, economica e fiscale: è con essa, ed attraverso i suoi stru-menti, che un popolo determina le sue sorti. Svuotare un popolo e la sua sovranità di quello specifico contenuto significa, e comporta, privarlo della sovranità stessa, in quanto lo si priva dalla facoltà e dal potere di determinare il proprio destino ed il proprio stesso “essere”, compromettendone la sua stessa esistenza”. La sovranità monetaria oggi non appartiene più al popolo italiano, ma effettivamente alla Banca Centrale Europea che ha dettato, negli ultimi mesi, le politiche economiche del Governo Monti.< Paola Musu, ha trovato il sostegno del giornalista Paolo Barnard, tra i principali divulgatori della Modern Money Teory e impegnato contro quello che non esita a definire un Golpe Finanziario. ONORE ETERNO !!!!! SE TUTTI GLI AVVOCATI FOSSERO LIBERI COME PAOLA MASU, L'ITALIA SAREBBE UN PAESE MIGLIORE. INVECE GLI AVVOCATI DIFENDONO I DELINQUENTI E POI SI CANDIDANO IN PARLAMENTO. ADESSO IL REGIME, LA MAGISTRATURA, GLI SBIRRI DI MERDA SERVI DEI SERVI, CERCHERANNO DI COLPIRLA CON OGNI MEZZO: NON LA LASCEREMO MAI SOLA IN QUESTA BATTAGLIA.

Crocifisso nelle scuole, l'Italia vince la battaglia Non vìola i diritti umani

La Corte europea dei diritti dell'uomo mette la parola fine alle polemiche sui crocifissi nelle scuole. Una battaglia durata cinque anni Strasburgo - Storica vittoria dell'Italia a Strasburgo: dopo 5 anni di dibattito la Corte europea per i diritti dell'uomo di Strasburgo ha infatti assolto il Paese di violare i diritti umani con la presenza del crocifisso nelle aule scolastiche non vìola i diritti umani. La decisione della è stata approvata con 15 voti favorevoli e due contrari. I giudici hanno accettato la tesi in base alla quale non sussistono elementi che provino l’eventuale influenza sugli alunni del simbolo della religione cattolica. Dibattito rinviato ai giudici nazionali La Corte di Strasburgo ha però osservato che non è sua competenza prendere posizione in un dibattito, quale quello sul valore del simbolo rappresentato dal crocefisso, ancora aperto all’interno del Paese tra le principali istituzioni giuridiche nazionali, il Consiglio di Stato e la Corte di Cassazione. Quello che è certo, comunque è che l’obbligo di presenza del crocefisso nelle aule scolastiche "non può essere ritenuto indottrinamento da parte dello Stato". Secondo la Corte, infatti, il crocifisso "è un simbolo essenzialmente passivo" e la sua influenza sugli alunni non può essere paragonata all’attività didattica degli insegnanti. La soddisfazione di Frattini e Vaticano "Oggi ha vinto il sentimento popolare dell'Europa - ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, protagonista in prima linea della battaglia - La decisione interpreta soprattutto la voce dei cittadini in difesa dei propri valori e della propria identità. Mi auguro che dopo questo verdetto l'Europa torni ad affrontare con lo stesso coraggio il tema della tolleranza e della libertà religiosa". Soddisfatto anche il Vaticano, che, attraverso la sua emittente Radio Vaticana, ha commentato: "La vittoria oggi non è solo dell’Italia ma anche degli altri Paesi e di tutti coloro che ritenevano assurdo imporre la rimozione del Crocifisso dalle aule scolastiche. Resta da ricordare che parliamo della Corte che fa capo al Consiglio d’Europa, cioè l’organismo a 47 Paesi distinto dall’Unione Europea". Cinque anni di dibattito Una battaglia approdata alla Corte di Strasburgo il 27 luglio 2006. Allora l’avvocato Nicolò Paoletti presentò il ricorso con cui Sonia Lautsi, cittadina italiana nata finlandese, lamentò la presenza del crocifisso nelle aule della scuola pubblica frequentata dai figli, ritenendo tale presenza un’ingerenza incompatibile con la libertà di pensiero e il diritto ad un’educazione e ad un insegnamento conformi alle convinzioni religiose e filosofiche dei genitori. La prima sentenza della Corte (9 novembre 2009) diede sostanzialmente ragione alla signora Lautsi, affermando la violazione da parte dell’Italia di norme fondamentali sulla libertà di pensiero, convinzione e religione e scatenando un’ondata d’indignazione. Il Governo italiano, a quel punto, ha domandato il rinvio alla Grande Chambre della Corte, ritenendo la sentenza 2009 lesiva della libertà religiosa individuale e collettiva come riconosciuta dallo Stato italiano. La Grande Camera, accettata la domanda di rinvio, ha ascoltato le parti in causa, Stato italiano e legale ricorrente, rinviando ad oggi la sua decisione definitiva. Nel merito dei contenuti giuridici, la questione è stata affrontata dal ministro degli Esteri, Franco Frattini in una serie di riunioni dedicate alla riflessione sulle argomentazioni da utilizzare nel ricorso sulla sentenza Lautsi. Il titolare della Farnesina ha personalmente presieduto due riunioni interministeriali (17 dicembre 2009 e 21 gennaio 2010) che hanno consentito rispettivamente di migliorare e formalizzare la memoria difensiva con il consenso di tutti gli attori coinvolti. Frattini ha contestualmente inviato ai suoi omologhi dei 47 Stati membri del Consiglio d’Europa una lettera esplicativa della posizione italiana in merito alla questione come rappresentata nella memoria difensiva, presentata alla Corte, al fine di poter ricevere un sostegno non solo politico ma fattivo sul piano processuale, cioè un intervento degli Stati come ’terzì a favore dell’Italia. Hanno risposto positivamente intervenendo a favore nostro nel giudizio davanti alla Corte San Marino, Malta, Lituania, Romania, Bulgaria, Principato di Monaco, Federazione Russa, Cipro, Grecia e Armenia

giovedì 26 dicembre 2013

Golpe di stato: la lista nera dei traditori della Patria

Di Alessandro De Angelis - per nocensura.com Se ci troviamo, come dimostrato nei precedenti articoli, sotto un regime di dittatura da parte dell'oligarchia bancaria, dove la BCE e la Commissione Europea decideranno le politiche sociali degli stati, imponendo loro tasse e licenziamenti, lo dobbiamo a una strategia che parte da lontano nel tempo e che si è potuta estrinsecare grazie all'aiuto di politici con loro collusi. Vediamo quindi chi sono gli artefici principali di questa strategia in Italia e se possono essere imputabili di alto tradimento nei confronti dello stato, della sua sovranità e della sua costutizione. Nel 1981 il ministro del Tesoro Andreatta e il Governatore della Banca d'Italia Azelio Ciampi decretano il divorzio tra il ministero del tesoro e Banca d'Italia. Cessa quindi l'obbligo di Banca d'Italia di acquistare tutti i titoli di stato che venivano emessi dal ministero del tesoro per finanziare il deficit dello stato stesso. Questo porterà all'acquisto di titoli di stato da parte delle grandi banche commerciali che, comprando i titoli, costringerà lo stato a pagare loro interessi, generando così un debito vero che passerà dai 142 miliardi dell'81 (falso debito, in quanto alla Banca d'Italia bastava stampare il denaro per ripianarlo) a ben 850 miliardi nel 1992 (debito vero, in quanto contratto con banche commerciali private, che lo stato e quindi il popolo dovrà ripagare sotto forma di tassazione forzata). 29 gennaio 1992, legge 35/92 Amato-Carli: viene emanata la legge per la privatizzazione di istituti di credito e di enti pubblici. Banca d'Italia viene privatizzata in palese violazione con l'art. 3 del suo statuto che recita: “In ogni caso dovra essere assicurata la permanenza della partecipazione maggioritaria al capitale della banca da parte di enti pubblici o di società la cui maggioranza delle azioni con diritto di voto sia posseduta da enti pubblici”. Si è quindi ceduta la sovranità monetaria, violando due articolo fondamentali della costituzione: l'art. 1 (“La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della costituzione”) e l'art. 11 (“L'Italia […] consente in condizioni di parità con gli altri stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le nazioni”). Non bastasse, il 7 febbraio 1992 viene varata la legge 82 con cui il ministro del Tesoro Guido Carli (ex governatore di Banca d'Italia) attribuisce alla Banca d'Italia la “facoltà di variare il tasso ufficiale di sconto senza doverlo più concordare con il Tesoro”, cosicché, da questo momento, è Banca d'Italia a decidere per il nostro stato il costo del denaro, ovvero gli interessi con cui ripagare la stampa del denaro. Successivamente, il presidente del Consiglio Giulio Andreotti, il ministro degli Esteri Gianni De Michelis e il ministro del Tesoro Guido Carli firmano il trattato di Maastrich, con cui viene istituito il sistema europeo di banche centrare (SEBC) e europea (BCE), che ha il compito di emettere la moneta unica (Euro) e di gestire la politica monetaria. Il 4 gennaio 2004 si scoprono le quote di partecipazione di Banca d'Italia che è in mano, per il 95%, a banche private, mentre solo il 5% è ancora in mano allo stato attraverso l'INPS. Nel 2006 il governo Prodi modifica lo statuto 3 di Banca d'Italia che la voleva un ente di diritto pubblico. In questi passaggi si sono violati i due articoli sopraccitati della costituzione, in quanto oltre alla perdita di sovranità appartenente al popolo, l'art. 11 della costituzione consente limitazioni – ma non cessioni! – della sovranità nazionale, che inoltre, per quanto riguarda la sovranità monetaria, non è stata ceduta neanche in condizioni di parità, poiché le quote di partecipazione non sono sono paritarie e vi fanno inoltre parte stati, come l'Inghilterra, che non fanno parte dell'euro, ma che partecipano alle decisioni di politica monetaria del nostro stato. Tutti i signori sopraccitati, nonché i senatori e i deputati dei vari governi che hanno firmato questi accordi, hanno violato il codice penale 241 che recita: “Chiunque commette un fatto diretto a sottoporre il territorio dello Stato, o una parte di esso, alla sovranità di uno stato straniero, ovvero a menomare l'indipendenza dello Stato, è punito con l'ergastolo.” Viene violato inoltre l'art. 283 del codice penale che recita: “Chiunque commette un fatto diretto a mutare la costituzione dello stato o la forma del governo con mezzi non consentito dall'ordinamento costituzionale dello stato, è punito con la reclusione non inferiore ai 12 anni.” Infatti i nostri cari politici hanno ceduto un potere indipendente e sovrano del nostro stato ad un organismo privato ed anche esterno allo Stato stesso. Rendendosi conto della gravità di questi reati, il 24 febbraio 2006 con la legge n. 85 vengono introdotte “modifiche al codice penale in materia di reati d'opinione” e verranno modificati proprio gli art. 241, riguardanti gli attentati contro l'indipendenza, l'integrità e l'unità dello stato, 283, relativo all'attentato contro lo stato, 289, che riguarda l'attentato contro organi costituzionali e contro le assemblee regionali, ovvero attentati alle istituzioni democratiche del nostro stato. Cittadini! Iniziamo a far tremare i politici, traditori dello stato, creando una lista nera di tutti coloro che invece di essere puniti con l'ergastolo, o con la reclusione fino a 12 anni, si sono salvati modificando le leggi stesse che li condannavano. Facciamo sapere loro che il giorno in cui il popolo verrà a conoscenza di questo alto tradimento e si libererà dalla dittatura cui è stato sottoposto verranno ricancellate le leggi che si sono modificate e sconteranno la condanna che gli è dovuta ed il sequestro di tutti i loro beni. Facciamoli tremare. Alessandro De Angelis scrittore e ricercatore antropologo

lunedì 23 dicembre 2013

Prodi Condannato

Romano Prodi Romano Prodi è stato condannato dalla Corte di Giustizia Europea per azioni compiute quando era Presidente della Commissione e nessuno dei media importanti nazionali, sia della carta stampata che soprattutto della TV, sempre pronti a guardare nel letto dei politici, ne ha fatto cenno? Queste le motivazioni di condanna espresse dalla Corte a carico del Prof. Prodi: 1 – aver fornito al Parlamento Europeo notizie false e non documentate; 2 – aver emesso comunicati che mettevano in dubbio l’onorabilità di alti dirigenti che non si erano sottomessi alle sue imposizioni; 3 – aver tentato di ostacolare la giustizia. I fatti che hanno portato alla condanna risalgono al 2002-2003 e si riferiscono a una contorta vicenda relativa all’Eurostat, innescata dalla lettera di una funzionaria che si riteneva discriminata. L’inchiesta è iniziata per capire se tali irregolarità fossero state effettuate su iniziativa di dirigenti o addirittura dallo stesso responsabile della Commissione, Prodi. È cominciato così il rimbalzo delle responsabilità, nonché la “fughe di notizie” – questo afferma la sentenza – depistate verso giornali amici. Proprio per la paura di rivangare anche questioni irrisolte del passato (gli scheletri nell’armadio: Iri, Nomisma), Prodi ha pensato bene, da far suo, di chiudere con un colpo di mano gli Istituti, ma, non avendo elementi per mandare a spasso un migliaio di persone li ha destituiti tutti dai loro incarichi, tenendoli a non fare nulla fino alla pensione! In Italia questi si sarebbero trovati un secondo lavoro, e comunque tutti a ringraziare il benefattore che paga senza far fare niente; ma all’estero, qualcuno dal senso civico sviluppato e con un sano amor proprio, si sente discriminato e sottostimato… e si lamenta. Col suo modo di fare credeva di passarla franca, padroncino anche all’estero, ma, fortunatamente, da quelle parti sanno bacchettare le mani come agli studentelli presi con le mani nella marmellata, anche se si tratta di Professoroni. Siccome anche questa volta i giornalisti e le TV non ne parlano, v’invitiamo a condividere Grazie. Fonte: dietrolequinte.wordpress.com telegraph.co.uk Prodi

martedì 17 dicembre 2013

Quando la politica è svuotata delle idee il loro posto lo prendono gli interessi.

di Paolo Danieli Questa è la regola che spiega senza tante chiacchiere quello che sta succedendo in Italia. La caduta delle ideologie, salutata dal tripudio degli idioti, ha fatalmente trascinato con sé anche le idee. Il messaggio che è passato è stato: la politica è prassi, amministrazione, soluzione dei problemi, gestione. In contrapposizione alla politica concepita come realizzazione di un sogno, come volontà di affermare una visione del mondo. A queste due concezioni della politica corrispondono due diversi tipi umani. Chi fa politica per un ideale è di norma motivato dalla volontà di realizzarlo e tutto il resto passa in secondo piano.Chi invece, non avendo ideali da perseguire, concepisce la politica come un mestiere, è interessato a trarne il maggior beneficio possibile. Inutile sottolineare che è questa seconda categoria quella più esposta ad approfittare della politica per arricchirsi, rubando, facendo affari più o meno leciti, succhiando tutto quello che c’è da succhiare. E’ questa la categoria che oggi popola i Palazzi. Si possono riconoscere dalle facce (quella di Fiorito è la più rappresentativa!), dai curricula ( non hanno mai lavorato! ), da come si atteggiano. L’altra categoria, quella di coloro che facevano/fanno politica per un’idea, è stata pian piano scalzata attraverso tutta una serie di meccanismi interni ai partiti e al palazzo. Sinteticamente si può affermare che la politica-politicante del magna-magna enuclea coloro che non partecipano alla mensa in quanto non ricattabili e quindi non funzionali al sistema. Del tutto particolare il genocidio politico di questo tipo antropologico avvenuto nella Destra italiana, che aveva potuto vantare mani pulite e coscienza integra fino alla fine del ‘900. All’interno di Alleanza Nazionale, che negli ultimi vent’anni della destra è stato il contenitore più importante, per volontà di Fini e dei suoi accoliti, è stato posto in essere questo genocidio politico. E’ così stata eliminata quasi totalmente la classe dirigente che era stata selezionata attraverso prove quali la militanza disinteressata, i rischi e le discriminazioni, superati solo grazie ad una forte idealità, per sostituirla con quella dei parvenu alla caccia di un posto in un c.d.a. o in una lista elettorale. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: la distruzione e in alcuni casi la vergogna. Oggi, da più parti, si leva l’indignazione per il malaffare e s’invocano rimedi. Ma non sarà certo introducendo le preferenze o dimezzando i parlamentari o sciogliendo le regioni che si uscirà da questa situazione. Sarebbe come curare il cancro con l’aspirina! E non sarà nemmeno il voto di protesta in favore di qualche saltimbanco.Un vero cambiamento lo si potrà realizzare solo con una rivoluzione culturale che riporti al centro della politica uomini con idee ed ideali. Perché se nel Palazzo arrivano i ladri è colpa anche di quelli che li votano. Allora bisogna cominciare dal basso, dalla gente, che deve capire che il voto non va dato a chi ti promette il favore, il posto, il finanziamento, ma a chi dà garanzie di integrità morale e di avere un progetto politico. Troppe volte la gente si lamenta, ma poi, gratta-gratta, i Fiorito & company i voti da qualcuno li avranno pur presi!E attenzione! Non si faccia di ogni erba un fascio condannando tutta la politica. La Politica è necessaria. E sono necessari anche i politici. Ed ha anche un costo. Perché chi fa politica onestamente è giusto che venga retribuito. Altrimenti la politica potranno farla solo i banchieri ed i ricchi. E allora addio democrazia! Paolo Danieli

domenica 20 ottobre 2013

Non chiamateli eroi. L’elenco delle ausiliarie uccise dai partigiani dopo che si erano arrese

Lino Adamo Di Redazione, il 25 aprile 2012 partigianiAmodio Rosa: 23 anni, assassinata nel luglio del 1947, mentre in bicicletta andava da Savona a Vado. Antonucci Velia: due volte prelevata, due volte rilasciata a Vercelli, poi fucilata. Audisio Margherita: Fucilata a Nichelino il 26 aprile 1945. Baldi Irma: Assassinata a Schio il 7 luglio 1945. Batacchi Marcella e Spitz Jolanda: 17 anni, di Firenze. Assegnate al Distretto militare di Cuneo altre 7 ausiliarie, il 30 aprile 1945, con tutto il Distretto di Cuneo, pochi ufficiali, 20 soldati e 9 ausiliarie, si mettono in movimento per raggiungere il Nord, secondo gli ordini ricevuti. La colonna è però costretta ad arrendersi nel Biellese ai partigiani del comunista Moranino. Interrogate, sette ausiliarie, ascoltando il suggerimento dei propri ufficiali, dichiarano di essere prostitute che hanno lasciato la casa di tolleranza di Cuneo per seguire i soldati. Ma Marcella e Jolanda non accettano e si dichiarano con fierezza ausiliarie della RSI. I partigiani tentano allora di violentarle, ma le due ragazze resistono con le unghie e con i denti. Costrette con la forza più brutale, vengono violentate numerose volte. In fin di vita chiedono un prete. Il prete viene chiamato ma gli è impedito di avvicinare le ragazze. Prima di cadere sotto il plotone di esecuzione, sfigurate dalle botte di quelle belve indegne di chiamarsi partigiani, mormorano: “Mamma” e “Gesù”. Quando furono esumate, presentavano il volto tumefatto e sfigurato, ma il corpo bianco e intatto. Erano state sepolte nella stessa fossa, l’una sopra l’altra. Era il 3 maggio 1945. Bergonzi Irene: Assassinata a Milano il 29 aprile 1945. Biamonti Angela: Assassinata il 15 maggio 1945 a Zinola (SV) assieme ai genitori e alla domestica. Bianchi Annamaria: Assassinata a Pizzo di Cernobbio (CO) il 4 luglio 1945. Bonatti Silvana: Assassinata a Genova il 29 aprile 1945. Brazzoli Vincenza: Assassinata a Milano il 28 aprile 1945. Bressanini Orsola: Madre di una giovane fascista caduta durante la guerra civile, assassinata a Milano il 10 maggio 1945. Buzzoni Adele, Buzzoni Maria, Mutti Luigia, Nassari Dosolina, Ottarana Rosetta: Facevano parte di un gruppo di otto ausiliarie, (di cui una sconosciuta), catturate all’interno dell’ospedale di Piacenza assieme a sei soldati di sanità. I prigionieri, trasportati a Casalpusterlengo, furono messi contro il muro dell’ospedale per essere fucilati. Adele Buzzoni supplicò che salvassero la sorella Maria, unico sostegno per la madre cieca. Un partigiano afferrò per un braccio la ragazza e la spostò dal gruppo. Ma, partita la scarica, Maria Buzzoni, vedendo cadere la sorella, lanciò un urlo terribile, in seguito al quale venne falciata dal mitra di un partigiano. Si salvarono, grazie all’intervento di un sacerdote, le ausiliarie Anita Romano (che sanguinante si levò come un fantasma dal mucchio di cadaveri) nonché le sorelle Ida e Bianca Poggioli, che le raffiche non erano riuscite ad uccidere. Carlino Antonietta: Assassinata il 7 maggio 1945 all’ospedale di Cuneo, dove assisteva la sua caposquadra Raffaella Chiodi. Castaldi Natalina:Assassinata a Cuneo il 9 maggio 1945. Chandrè Rina, Giraldi Itala, Rocchetti Lucia: Aggregate al secondo RAU (Raggruppamento Allievi Ufficiali) furono catturate il 27 aprile 1945 a Cigliano, sull’autostrada Torino – Milano, dopo un combattimento durato 14 ore. Il reparto si era arreso dopo aver avuto la garanzia del rispetto delle regole sulla prigionia di guerra e dell’onore delle armi. Trasportate con i loro camerati al Santuario di Graglia, furono trucidate il 2 maggio 1945 assieme ad oltre 30 allievi ufficiali con il loro comandante, maggiore Galamini, e le mogli di due di essi. La madre di Itala ne disseppellì i corpi. Chiettini (si ignora il nome): Una delle tre ausiliarie trucidate nel massacro delle carceri di Schio il 6/7 luglio 1945. Collaini Bruna, Forlani Barbara: Assassinate a Rosacco (Pavia) il 5 maggio 1945. Conti – Magnaldi Adelina: Madre di tre bambini, assassinata a Cuneo il 4 maggio 1945. Crivelli Jolanda: Vedova ventenne di un ufficiale del Battaglione “M” costretta a denudarsi e fucilata a Cesena, sulla piazza principale, dopo essere stata legata ad un albero, ove il cadavere rimase esposto per due giorni e due notti. De Simone Antonietta: Romana, studentessa del quarto anni di Medicina, fucilata a Vittorio Veneto in data imprecisata dopo il 25 aprile 1945. Degani Gina: Assassinata a Milano in data imprecisata dopo il 25 aprile 1945. Ferrari Flavia: 19 anni, assassinata l’ 1 maggio 1945 a Milano. Fragiacomo Lidia, Giolo Laura: Fucilate a Nichelino (TO) il 30 aprile 1945 assieme ad altre cinque ausiliarie non identificate, dopo una gara di emulazione nel tentativo di salvare la loro comandante. Gastaldi Natalia: Assassinata a Cuneo il 3 maggio 1945. Genesi Jole, Rovilda Lidia: Torturate all’hotel San Carlo di Arona (Novara) e assassinate il 4 maggio 1945. In servizio presso la GNR di Novara. Catturate alla Stazione Centrale di Milano, ai primi di maggio, le due ausiliarie si erano rifiutate di rivelare dove si fosse nascosta la loro comandante provinciale. Greco Eva: Assassinata a Modena assieme a suo padre nel maggio del 1945. Grill Marilena: 16 anni, assassinata a Torino la notte del 2 maggio 1945. Landini Lina: Assassinata a Genova l’1 maggio 1945. Lavise Blandina: Una delle tre ausiliarie trucidate nel massacro delle carceri di Schio il 6/7 luglio 1945. Locarno Giulia: Assassinata a Porina (Vicenza) il 27 aprile 1945. Luppi – Romano Lea: Catturata a Trieste dai partigiani comunisti, consegnata ai titini, portata a a Lubiana, morta in carcere dopo lunghe sofferenze il 30 ottobre 1947. Minardi Luciana: 16 anni di Imola. Assegnata al battaglione “Colleoni” della Divisione “San Marco” attestati sul Senio, come addetta al telefono da campo e al cifrario, riceve l’ordine di indossare vestiti borghesi e di mettersi in salvo, tornando dai genitori. Fermata dagli inglesi, si disfa, non vista, del gagliardetto gettandolo nel Po. La rilasciano dopo un breve interrogatorio. Raggiunge così i genitori, sfollati a Cologna Veneta (VR). A metà maggio, arriva un gruppo di partigiani comunisti. Informati, non si sa da chi, che quella ragazzina era stata una ausiliaria della RSI, la prelevano, la portano sull’argine del torrente Guà e, dopo una serie di violenze sessuali, la massacrano. “Adesso chiama la mamma, porca fascista!” le grida un partigiano mentre la uccide con una raffica. Monteverde Licia: Assassinata a Torino il 6 maggio 1945. Morara Marta: Assassinata a Bologna il 25 maggio 1945. Morichetti Anna Paola: Assassinata a Milano il 27 aprile 1945. Olivieri Luciana: Assassinata a Cuneo il 9 maggio 1945. Ramella Maria: Assassinata a Cuneo il 5 maggio 1945. Ravioli Ernesta: 19 anni, assassinata a Torino in data imprecisata dopo il 25 aprile 1945. Recalcati Giuseppina, Recalcati Mariuccia, Recalcati Rina: Madre e figlie assassinate a Milano il 27 aprile 1945. Rigo Felicita: Assassinata a Riva di Vercelli il 4 maggio 1945. Sesso Triestina: Gettata viva nella foiba di Tonezza, presso Vicenza. Silvestri Ida: Assassinata a Torino l’1 maggio 1945, poi gettata nel Po. Speranzon Armida: Massacrata, assieme a centinaia di fascisti nella Cartiera Burgo di Mignagola dai partigiani di “Falco”. I resti delle vittime furono gettati nel fiume Sile. Tam Angela Maria: Terziaria francescana, assassinata il 6 maggio 1945 a Buglio in Monte (Sondrio) dopo aver subito violenza carnale. Tescari -Ladini Letizia: Gettata viva nella foiba di Tonezza, presso Vicenza. Ugazio Cornelia, Ugazio Mirella: Assassinate a Galliate (Novara) il 28 aprile 1945 assieme al padre. Tra le vittime del massacro compiuto dai partigiani comunisti nelle carceri di Schio (54 assassinati nella notte tra il 6 ed il 7 luglio 1945) c’erano anche 19 donne, tra cui le 3 ausiliarie (Irma Baldi, Chiettini e Blandina Lavise) richiamate nell’elenco precedente. In via Giason del Maino, a Milano, tre franche tiratrici furono catturate e uccise il 26 aprile 1945. Sui tre cadaveri fu messo un cartello con la scritta “AUSIGLIARIE”. I corpi furono poi sepolti in una fossa comune a Musocco. Impossibile sapere se si trattasse veramente di tre ausiliarie. Nell’archivio dell’obitorio di Torino, il giornalista e storico Giorgio Pisanò ha ritrovato i verbali d’autopsia di sei ausiliarie sepolte come “sconosciute”, ma indossanti la divisa del SAF. Cinque ausiliarie non identificate furono assassinate a Nichelino (TO) il 30 aprile 1945 assieme a Lidia Fragiacomo e Laura Giolo. Al cimitero di Musocco (Milano) sono sepolte 13 ausiliarie sconosciute nella fossa comune al Campo X. Un numero imprecisato di ausiliarie della “Decima Mas” in servizio presso i Comandi di Pola, Fiume e Zara, riuscite a fuggire verso Trieste prima della caduta dei rispettivi presidi, furono catturate durante la fuga dai comunisti titini e massacrate. Fonte: http://ausiliarie.blogspot.it/

domenica 3 febbraio 2013

Il crocifisso nelle scuole.

Il Tribunale de L'Aquila, aderendo alla richiesta di Adel Smith, presidente dell'Unione Musulmani d'Italia, aveva accordato la rimozione del crocifisso dalle classi della scuola di Ofena. Un'insegnante di scuola media di La Spezia ha fatto strappare dal muro della sua aula il crocifisso, dichiarando che così facilitava l'integrazione in classe di un'alunna musulmana. Altri sos
tengono che uno stato laico non deve favorire alcuna religione e che nessuno dovrebbe mostrare in pubblico i simboli della propria religione. Altri vorrebbero che nelle scuole siano educatori, genitori e allievi a prendere provvedimenti per ciò che ha attinenza con la religione. Fa riflettere il fatto che, mentre in Italia ci si mobilita contro il crocifisso, simbolo della fede cristiana per eccellenza, negli Stati Uniti il presidente della nazione nell'assumere l'incarico giura sulla Bibbia e invoca la benedizione di Dio sulla nazione, e questo appare normale a tutti. La maggior parte degli italiani sono contrari alla rimozione del crocifisso dalle scuole. Molti ricordano con nostalgia quando alle elementari pubbliche la maestra prima di iniziare la lezione faceva dire una preghiera. Si guardava il crocifisso sulla parete, e a nessuno veniva in mente che l'immagine del crocifisso potesse provocare traumi o far del male a qualcuno. Si potrebbe sottolineare che in una Società in cui a Dio si pensa troppo poco, un'immagine sacra aiuta a ricordarsi che esiste Dio. Sul problema del crocifisso si è cominciato a discutere a causa della presenza di alunni musulmani e di altre religioni nelle scuole italiane. Per alcuni sarebbe conveniente che ai ragazzi non cattolici presenti nelle scuole in Italia, come segno di rispetto per gli italiani, si dovrebbe dare la possibilità di conoscere la religione cattolica, non per imporre una religione diversa dalla loro, ma per far loro capire che vivono in un paese dove c'è una religione diversa dalla loro. In questo modo sarebbero educati a conoscere e rispettare la civiltà e la cultura del popolo che li ha accolti. Anche gli alunni cattolici dovrebbero essere educati a prendere coscienza che esistono amici e compagni che seguono altre religioni per evitare che ci siano discriminazioni basate sulla religione. Il cristiano dovrebbe portare sempre impresso nella propria mente e nel proprio cuore il ricordo di Gesù che è morto in croce per la salvezza di tutti. Nei tempi in cui a pochi era data la possibilità di avere dei libri, sulle pareti delle chiese venivano dipinti episodi e scene della Bibbia, in modo che tutti potevano ammirare e conoscere il contenuto del testo sacro. Si potrebbe dire che se dalle città italiane si togliessero tutti i monumenti artistici che direttamente o indirettamente fanno riferimento al cristianesimo, rimarrebbe solo l'asfalto delle strade. Quelli che con pretesti vari propongono di togliere i simboli religiosi cari al popolo italiano, è come se volessero togliere agli italiani la loro identità culturale, storica e religiosa. Coloro che sostengono che bisogna togliere il crocifisso dalle scuole per facilitare l'integrazione dei musulmani immigrati in Italia, dovrebbero provare a chiedere se i musulmani sono disposti a fare altrettanto nei loro paesi. Se in un paese musulmano agli stranieri non è consentito di professare pubblicamente la propria religione e tutti sono costretti a rispettare le loro leggi, basate sul Corano, appare poco chiaro il motivo per cui agli italiani, col pretesto di un'equivoca tolleranza, si chiede di togliere dai luoghi pubblici il crocifisso. Viene da pensare che, se a qualcuno da fastidio incontrare sul suo cammino una chiesa, perchè fa riferimento a Cristo, allora tutte le chiese dovrebbero essere abbattute!Che direbbero i musulmani, che tenacemente difendono i propri simboli e i propri riti, se si chiedesse loro di togliere il fondamento islamico da tutte le loro leggi? Il crocifisso non è un oggetto qualunque appeso alla parete, ma è un'immagine che vuole rendere visibile una delle principali verità della religione cristiana. Ogni civiltà e cultura comprende elementi ereditati dal passato. La civiltà europea è permeata di elementi provenienti dalle antiche civiltà della Grecia e di Roma. Non ci si può indignare constatando che l'antico diritto romano fu modificato per l'influsso del cristianesimo! Neanche gli italiani si rendono conto fino in fondo di quanto la loro vita sia impregnata di cristianesimo. Quando i musulmani con arroganza reclamano che sia tolto il crocifisso dalle scuole arrecano un grave insulto non solo alla religione cristiana, ma a tutto il popolo italiano.

sabato 5 gennaio 2013

Il contrastatore FINI Il clima politico, sociale, ideologico ed economico che caratterizza la vita europea e italiana, e per molti aspetti opprimente oscurantista e cupo, ma dal torpore delle iniziative e di idealità, nasce, per reazione l’ideale romantico, Destra in Movimento Cultura e Politica. D’altronde questo procedere di interventi contraddittori nell’interno del Governo nazionale fra le più alte cariche dello Stato condiziona fortemente l’evoluzione dello stato. Poiché il problema nazionale é quello più acceso e sentito dal popolo, i politici devono rendersi coevi al nostro secolo, vi è la necessità di realizzare di creare un più stretto legame fra politica e cittadini. Il tribuno contrastatore alla realizzazione al connubio fra finanza, giustizia e ideali patriottici non può nascondersi dietro il compiacente paravento dell’illegalità, dove si tratta meramente di contrattazione di potere politico. Il tribuno, durante il periodo trascorso sullo scranno della terza carica dello Stato, dimentico dei doveri derivanti dalla sua carica di Presidente della Camera dei Deputati, incapace di contrastare la sua smisurata ambizione, incominciò ad accendere i tizzoni dei carbonari nelle due camere del potere. Il crescente disagio della sua gente che rifiuta ormai apertamente la sua logica di potere, incapace di contrastare “la forza delle cose” attua fino in fondo il suo tradimento nel tentativo di attenuare gli effetti negativi della sua concezione di far politica. Ma “la forza delle cose” diventa dirompente anche quando cerca di fronteggiare le situazioni. Quando si rende conto che tanto il suo popolo, quanto i suoi colonnelli chiedono le sue dimissioni lascia il partito di cui era cofondatore per fondarne uno degno delle sue ambizioni, esiliandosi volontariamente, dove i partiti di rifiuto al governo legittimamente costituito lo accolgono con tutti gli onori, scordando l’errore che fece l’antica Troia quando trascinò il cavallo di legno nelle mura della sua città come simbolo della loro vittoria. Lino ADAMO