mercoledì 28 dicembre 2011

I referendum sulla legge elettorale? Una fregatura targata Idv e Sel. Non firmate!

Inserito da Riccardo Ghezzi

Ci riprovano coi referendum. E questa volta tentano di parlare alla pancia della gente ponendo la questione del “Porcellum”, l’attuale legge elettorale che sembra proprio non piacere alla maggioranza degli italiani. Il problema è che, dietro agli appelli della raccolta firme da ultimare entro fine settembre, si nascondono i soliti noti. E i quesiti referendari proposti non cambierebbero proprio nulla. Si vuole e si deve cambiare legge elettorale? Bene, tutti i partiti attualmente presenti in parlamento sono concordi, spetterà a loro trovare una legge migliore, possibilmente con una larga intesa.
Inutile correre a firmare per quesiti referendari che probabilmente saranno bocciati dalla Corte Costituzionale.
La tentazione è quella di ignorare l’argomento del tutto, per evitare di far pubblicità ai comitati promotori, ma è bene spiegare perché dietro questa petizione si nasconde l’ennesima truffa.
Andando a curiosare sul sito firmovotoscelgo.it, si nota che il presidente del comitato è il docente universitario Andrea Morrone, il coordinatore politico il redivivo Arturo Parisi, ex ministro della difesa del governo Prodi.
E le liste che sostengono i quesiti referendari? Presto detto: I Democratici (l’asinello di Segni), Idv, Sel, Pli, Unione Popolare e una fantomatica “Rete dei referendum”. Insomma, una mossa politica per raccogliere consensi.
Una questione che riguarda solo la sinistra, anche in termini di liti interne. La Federazione della Sinistra, ad esempio, è contraria alla raccolta firme. Il Pd, inutile dirlo, è spaccato. Alcuni esponenti, tra cui i “grandi ritorni” Romano Prodi e Walter Veltroni, hanno già annunciato di aver firmato. Il segretario Pier Luigi Bersani ha invece richiamato tutti all’ordine specificando che i referendum riguardano la società civile e non il Pd, e che nello specifico una legge elettorale è meglio sia modificata dal parlamento.
Una “cosa di sinistra”, insomma. Inutile e dannoso cadere nel tranello di chi cerca consenso politico attraverso mosse demagogiche.
Inoltre, nessuno dice che i quesiti referendari proposti hanno lo scopo di far rivivere la precedente legge elettorale: il “Mattarellum”. E a questo proposito ci sono forti dubbi di ammissibilità. Spetterà alla Consulta decidere.
Come molti ricorderanno, anche con il “Mattarellum” la scheda per la Camera che riguardava l’elezione della quota proporzionale era bloccata e non consentiva il voto di preferenza. E questo meccanismo di decisioni imposte dall’alto era subìto, in modo maggiore, con la scheda per l’elezione del candidato uninominale. L’elettore convintamente di centrosinistra o di centrodestra non aveva altre possibilità che votare il candidato che si ritrovava davanti, chiunque fosse, pena la vittoria della coalizione opposta.
Sembra un paradosso, ma con l’attuale “Porcellum” l’elettore ha più possibilità di scelta: nel caso, infatti, si dovessero formare coalizioni, chi vota ha perlomeno la possibilità di dare più o meno forza ad un singolo partito. In effetti succede così.
Come al solito, i più scatenati a proporre con forza i quesiti referendari sono militanti e simpatizzanti di Italia dei Valori. Il populismo di Di Pietro ormai non stupisce più. Era già successo nel 2008, quando proprio l’Idv ha raccolto le firme per il referendum elettorale che abrogava la coalizione e conferiva il premio di maggioranza (55% dei seggi) al partito con più voti. Solo a referendum indetto Di Pietro ha cambiato idea, arrivando a imporre il boicottaggio di ciò che egli stesso aveva promosso. L’affluenza si è poi rivelata un fallimento.
Alchimie tipiche di Di Pietro e di buona parte della sinistra. Non caschiamoci anche questa volta.

lunedì 12 dicembre 2011

Basta soldi ai partiti!




Le misure anticrisi adottate da Monti colpiscono tutti gli italiani e soprattutto, confermando una tendenza che si è manifestata da alcuni anni, il ceto medio.

Solo i partiti escono indenni dalla stangata. Hanno colpito i lavoratori, i pensionati, la casa, la benzina, i consumi, ma i partiti no! Eppure ci sarebbero stati tutti i presupposti per fare un bel risparmio anche da lì, visto che incassano svariati milioni di euro: dal 1993 ad oggi ne hanno intascati ben 2.254 milioni. E devono ancora arrivare i "rimborsi" per le europee del 2009 e le regionali del 2010.

E pensare che nel '93 c'era stato un referendum, promosso dai radicali, che aveva abrogato il finanziamento pubblico dei partiti con una massiccia partecipazione (il 77%) e una maggioranza enorme: il 90,3%, pari a 31,2 milioni di italiani, che avevano espresso senza equivoci la loro volontà: basta soldi ai partiti!

Il finanziamento pubblico era stato adottato per moralizzare la politica. Così, dicevano, non ci sarebbero più state le tangenti, che erano uno strumento di finanziamento finalizzato al sostentamento dei partiti. La storia invece dimostrò il contrario. Tangentopoli fiorì in pieno regime di finanziamento pubblico perché, se un politico è ladro, lo è a prescindere dal fatto che il suo partito sia foraggiato o meno dallo stato.

Gli italiani, ammaestrati da tangentopoli, abolirono il finanziamento pubblico nel '93. Ma, abrogata la legge, trovato l'inganno, esso venne reintrodotto subito sottoforma di "rimborso" per le spese elettorali. Rimborsare vuol dire ripianare le spese. Ma se i partiti hanno speso 559 milioni, di cui il 30% non da documentare, e hanno ricevuto più del quadruplo, è lecito parlare di rimborso?

Non secondo la Corte dei Conti che a pag.179 del referto sui finanziamenti alle formazioni politiche afferma che "quello che viene nominativamente definito contributo delle spese elettorali è in realtà un vero e proprio finanziamento". Alla faccia della volontà popolare! E anche questo va messo nel conto della diminuzione dei margini di democrazia in Italia.

Ma se in tempi di vacche grasse tutto questo potrebbe anche passare, una tale situazione di patente illegalità e di distrazione di risorse dalle necessità del popolo diventa intollerabile. Come si possono chiedere sacrifici agli italiani che hanno già dovuto ridurre di non poco il loro tenore di vita e continuare a finanziare i partiti! Ci vuole un po' di rispetto, non solo per la volontà popolare, formalmente ancora sovrana, ma anche per tutti quelli che oggi versano in gravi difficoltà economiche per responsabilità di altri.

Paolo Danieli

domenica 4 dicembre 2011

Un milione di anziani ha il frigo vuoto



Rischiano malnutrizione, mancano loro in media 400 calorie


ROMA, 4 DIC -Un milione di anziani si nutre poco e male, ha il frigo sempre vuoto e rischia una vera e propria malnutrizione. In media mancano loro almeno 400 calorie al giorno specie dalle proteine. Anche un solo mese di dieta povera aumenta del 25% la probabilità di ricovero e accresce la mortalità.Cio’secondo dati presentati al Congresso Nazionale della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (Sigg) appena finito a Firenze che ha osservato come tra gli anziani un milione ha carenze nutrizionali gravi
Se i Comuni italiani, e i governatori bizzarri come Rossi in Toscana, non sperperassero i soldi delle nostre tasse per costruire casette o pagare bollette a Zingari ladri e delinquenti, forse, potrebbero aiutare i nostri anziani. E non solo loro.

venerdì 2 dicembre 2011

EQUITÀ



Senato, fuga dal ristorante
I prezzi sono triplicati e i pasti calano del 70%
Gestori verso l’addio, venti richieste di cassa integrazione

ROMA—Ah, i bei tempi d’oro... Al ristorante del Senato, fino a tre mesi fa, il filetto di orata in crosta di patate si gustava per 5,23 euro e per il carpaccio di filetto con salsa al limone ne bastavano 2,76. Ma dalla fine di agosto i prezzi sul menu di Palazzo Madama sono triplicati e i senatori hanno rivoluzionato le loro abitudini. Adesso, nelle pause dei lavori d’Aula, o si fermano alla buvette per un riso all’inglese (rapido ed economico), o escono a mangiare nelle trattorie a due passi dal Pantheon. D’altronde, spiegano senza troppi imbarazzi, i prezzi a Palazzo Madama sono ormai «così alti» che pranzare fuori è diventato quasi conveniente. Da «Fortunato al Pantheon», un classico per le buone forchette della politica, all’una c’è la fila.
Con 45 euro ci scappano primo e secondo, prelibatezze romanesche come i bucatini all’amatriciana e carni italiane di prima scelta. Avvistati negli ultimi tempi Anna Finocchiaro, Maurizio Gasparri, Francesco Rutelli e il presidente Renato Schifani. Il ristorante del Senato invece, che prima era preso d’assalto anche da deputati e giornalisti parlamentari, adesso è mezzo vuoto. Potere dell’antipolitica o della parsimonia? Forse di tutte e due le cose. Fatto sta che la Gemeaz Cusin, la società che lo gestisce, ha deciso di gettare la spugna e chiede all’amministrazione di Palazzo Madama «una soluzione amichevole» per rescindere consensualmente il contratto, sottoscritto il 12 febbraio 2010. La società appaltatrice ha messo la questione in mano agli avvocati, che hanno redatto un parere con cui sperano di convincere Palazzo Madama a rivolgersi altrove per sfamare i senatori. La relazione è lunga quattro pagine ed è un ritratto dell’Italia, tra antichi privilegi e cauti colpi di forbice. Vi si legge che, prima della decisione dei questori di tagliare i costi, i senatori pagavano per un pranzo «il 13% del prezzo effettivo, anche per i pasti di tipo superiore o pregiato, il cui costo ricadeva, quasi per intero, sull’Amministrazione». Dunque, detto più prosaicamente, i senatori assaporavano e i cittadini pagavano. Ora però— che le quote percentuali a carico degli utenti «sono state sensibilmente incrementate» e che i senatori pagano la spigola o il filetto quanto i comuni mortali—è comprensibile che alla Gemeaz Cusin i conti non tornino più. E che la società chieda lo scioglimento consensuale del contratto con decorrenza 31 dicembre 2011. Da quando i costi sono quelli di un comune ristorante del centro di Roma, lamenta la società, «si è verificata una eccezionale diminuzione dell’attività», con una riduzione dell’affluenza «di oltre il 50 per cento».
E se prima i senatori sceglievano quasi esclusivamente piatti «della tipologia superiore e pregiata», ora prediligono le pietanze più cheap. Gli spaghetti all’astice, sul menu a 18 euro, non li vuole più nessuno, mentre quelli al pomodoro (6 abbordabili euro) sono tornati di gran moda. La Gemeaz Cusin stima «un calo del 70 per cento dei pasti prodotti», con conseguente perdita economica ed esuberi del personale. Il primo effetto concreto è la richiesta di cassa integrazione per 20 dipendenti del ristorante. Intanto, però, sembra che il Senato si appresti ad assumere (altri) sette dirigenti, vincitori di vecchi concorsi.

Monica Guerzoni

mercoledì 30 novembre 2011

IL “MERLO” DI REPUBBLICA, VERGOGNA D’ITALIA


Sconcerto!
Ecco il sentimento che mi ha provocato il video editoriale del signor Merlo, pubblicato (e, ahimè, ancora presente) sul sito del quotidiano la Repubblica.
Ma che Paese è questo? Che Paese è quello in cui uomini che dovrebbero detenere il primato della cultura, e quindi dell’onestà intellettuale (le due cose non sono scindibili!), si permettono di ”scattare due fotografie” su altrettante tragedie immani, quella di Genova e quella di Messina, per “incorniciarle” dentro obbrobriose differenziazioni? Come se morire a Messina fosse un destino e morire a Genova una tragedia.
Ma che cosa sta diventando questo Paese?
Lo scenario di stupidi steccati divisori?
Un enorme stadio con due curve contrapposte, pronte a darsele di santa ragione prima e dopo la partita?
O forse solo una piazza grande, in cui il vociare di certe firme eminenti,che azzardano teorie e parole in libertà, si mescola e sovrasta la sobrietà dell’onestà, della civiltà, della decenza?
Ma questa volta è proprio necessario che la decenza abbandoni la sobrietà e si scateni contro quel vociare indistinto, che oggi ha il nome e il viso di Merlo.
Questa volta siamo noi ad urlare in faccia a Merlo tutto lo sconcerto di un popolo, quello siciliano, che non può e non deve sottostare a certe logiche d’indecenza, specie quando già si trova a dover piangere morti e sfollati.
Con la speranza non che il signor Merlo ritratti (perchè questo è anche un Paese in cui è troppo difficile chiedere scusa), ma che Repubblica dia prova di civiltà rimuovendo quel video assurdo, che è sì una fotografia, ma una fotografia, nitida e in bianco e nero, di un Paese diviso.
Da una parte i bianchi, dall’altra i neri, proprio come in una partita a scacchi, dove non ci sono, non possono esserci vincitori e vinti, dove a perdere è solo la nostra credibilità.
Ad ogni modo, Merlo e simili lo sappiano: il Sud è stanco di fare la parte del pedone!

venerdì 25 novembre 2011

Sottopolitica da incappucciati




Il disastro è in corso. Rendimenti a breve che raddoppiano, Lady Spread fa la passerella, e l’asse tripartita fa vertici di cui si vergogna, passando per la porta di dietro. Era meglio il compromesso storico


“Ai mercati non interessa un governo tecnico, con la democrazia sospesa e la politica impiccata. La crisi di fiducia riguarda l’Europa e il governo dell’euro, cosa che questo giornale in corsa solitaria contro il luogo comune fazioso antiberlusconiano ha ripetuto per mesi […] La situazione è surreale e drammatica […] Eccoci dunque con i rendimenti raddoppiati dei titoli a breve, una piccola catastrofe ingigantita dalla mortifera situazione borsistica, e con Lady Spread che scorrazza per ore oltre quota cinquecento, tranquilla, elegante e molto eloquente. Invece siamo nel fondo di un pozzo politico dal quale risalire sarà arduo.

Una maggioranza tripartita che si vergogna di esserlo (nata com’è all’insegna della rinuncia alla sovranità politica democratica), che combina vertici segreti a Palazzo Giustiniani (il luogo giusto, il palazzo della Massoneria) con il Preside del consiglio di facoltà, un tris di segretari impotenti (Bersani, Alfano, Casini) che passa da dietro, dalle porte laterali, per non farsi sorprendere. […] Negli anni Settanta con l’emergenza economica e l’emergenza terrorismo fu praticato il compromesso storico. Una cosa grande, a confronto con questo tripartitismo di sottogoverno che si presenta in scena e si annuncia nel peggiore dei modi […] Il dramma continua, e lo si recita come fosse una farsa. Un Monti impacciato fa il bravo scolaretto davanti ai due già ilari direttori didattici dell’Europa virtuosa, il ritmo della danza è pachidermico, e tutti stanno zitti, tutti giocano ai finti tonti, ai sobri, ai lodenvestiti che tra una Trilateral e l’altra stanno facendo strame di un paese imbocconito".

sabato 19 novembre 2011

Quei maglioni in pelle di sciacallo



Provo schifo per i maglioni della Benetton e per tutta la roba con quel marchio. Uno schifo antico che risale ai tempi in cui una tragica scena di morte per Aids diventò la scusa per vendere maglioni

di Marcello Veneziani -

Provo schifo per i maglioni della Benetton e per tutta la roba con quel marchio. Uno schifo antico che risale ai tempi in cui una tragica scena di morte per Aids diventò la scusa per vendere maglioni.
E gesùcristi, madonne, suore, poveri e anoressiche, mercificati dalla speculazione Benetton. Il bacio in bocca del Papa con l’imam, srotolato davanti a San Pietro, è solo l'ultima schifosa provocazione pubblicitaria di questo marchio (d'infamia). Per non dire del retrobottega della multinazionale: dove produce, come, con chi e come si allarga. Meglio non parlarne, dicono, si fa loro pubblicità, è quel che vogliono.
Ma il disprezzo etico e merceologico supera ogni calcolo. Non invito al boicottaggio, non credo a queste militanze, esprimo solo un’avversione a pelle per tutti i suoi prodotti, che spero largamente condivisa. Dopo queste campagne, il ribrezzo che suscita il loro marchio è naturale, spontaneo. Sento che quei maglioni puzzano di sciacallo, non sono lana di pecore tosate ma peli di iene e piume di avvoltoi.
Li trovo perciò repellenti, urticanti sul corpo,ripugnanti per l’anima. Qual è la ragione di tanto disprezzo? L’uso del dolore, della morte, della malattia, della fede, della speranza e della disperazione per vendere un volgarissimo maglione. L’umanità diventa strumentale alla merce. Ci sono nel commercio tanti abusi in questo senso; ma Benetton li rende espliciti e brutali anche se li traveste di messaggi ideologici finto- amorevoli. Questa è barbarie in pieno centro. Che se li porti il diavolo, pubblicitari inclusi.

venerdì 18 novembre 2011

Il pizzino di Enrico Letta a Monti “Mario, sono a tua disposizione”


Il numero 2 del PD dà un foglio al Premier. “Come posso esserti utile”. La replica: non è una candidatura.

ieri è spuntato il primo pizzino del governo Monti. E i fotografi hanno immortalato la scritta. E' una lettera indirizzata al premier: "Mario, quando vuoi dimmi forme e modi con cui posso esserti utile dall'esterno. Sia ufficialmente (Bersani mi chiede per es. di interagire sulla questione dei vice) sia riservatamente. Per ora mi sembra tutto un miracolo! E allora i miracoli esistono!". Fimato, appunto: "Enrico". E' giallo sull'autore del pizzino. Il sospettato numero uno è Enrico Letta. Che infattipiù tardi conferma: "Certo che il biglietto è mio. E mi pare la dimostrazione che in privato diciamo le stesse cose che in pubblico: sostegno pieno, soddisfazione per il miracolo e suggerimenti per la composizione di una squadra di tecnici che funzioni bene con il Parlamento, visto che - ha concluso Letta - la convivenza durerà per un buon anno e mezzo».
Il sospetto è che invece il politico del Pd si sia candidato a una poltrona di viceministro.

mercoledì 16 novembre 2011




Inserito da Riccardo Ghezzi

L’operato del governo Berlusconi, contro chi sostiene che non abbia fatto nulla in questi anni
Non c’è modo migliore per rispondere alla disinformazione che dire la verità. Ecco perché, sperando di fare cosa gradita a tutti i lettori di Qelsi, abbiamo pensato di pubblicare un elenco di tutte le riforme dei governi Berlusconi, dal 2001 al 2006 e dal 2008 al 2011. A chi dice che si è chiuso un periodo buio, un ciclo negativo per la storia d’Italia, possiamo solo rispondere dimostrando che questi sono stati anni di riforme. Non tutto quello che si doveva fare è stato fatto, anche per oggettivi ostacoli, impedimenti e ostruzionismi, ma è giusto ricordare l’esperienza dei governi di centro-destra come globalmente riformista e propositiva. Governi del Fare, a differenza dell’immobilismo degli esecutivi del centro-sinistra.
Continueranno a dire che nulla è stato fatto, che sono state promulgate soltanto leggi ad personam ed inutili per il Paese. Non è vero, e tramite questo elenco intendiamo fornire a tutti uno strumento adeguato per rispondere a menzogne e falsità diffuse dalla sinistra.

Ecco l’elenco dei principali provvedimenti del IV Governo Berlusconi (8 maggio 2008-12 novembre 2011).

RIFORMA DELLA SCUOLA E DELL’UNIVERSITA’ (legge 169/2008 e legge 240/2010)

RIFORMA DEL PROCESSO CIVILE (legge 69/2009)

LEGGE SULLA RISTRUTTURAZIONE DELLE GRANDI IMPRESE IN CRISI (legge 166/2008)

PACCHETTO SICUREZZA (legge 94/2009)

FEDERALISMO FISCALE (legge 42/2009 e gli otto decreti attuativi: dlgs 85/2010 sul federalismo demaniale; dlgs 156/2010 su Roma Capitale; dlgs 216/2010 sui fabbisogni standard; dlgs 23/2011 sul federalismo municipale; dlgs 68/2011 su autonomia tributaria di Regioni e Province; dlgs 88/2011 su perequazione e rimozione squilibri; dlgs 149/2011 su premi e sanzioni per Regioni, Province e Comuni; dlgs 118/2011 su armonizzazione sistemi contabili)

RIFORMA DELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE (dlgs 150/2009)

CODICE DELL’AMMINISTRAZIONE DIGITALE (dlgs 235/2010)

CODICE ANTIMAFIA (dlgs 159/2011)

ABOLIZIONE ICI: Da giugno 2008 non deve più essere pagata l’imposta comunale sulla prima casa, ossia l’immobile adibito ad abitazione principale; l’esclusione non riguarda invece quegli immobili di lusso adibiti ad abitazione principale ma compresi nella categoria (categoria catastale A1, A8 e A9). Per le abitazioni di lusso si continuano comunque ad applicare le detrazioni vigenti. L’«abitazione principale», sulla quale non si deve più pagare l’Ici, è la casa dove il contribuente ha la residenza anagrafica. Si può comunque dimostrare di avere come dimora abituale un immobile diverso da quello in cui si ha la residenza anagrafica ed ottenere il beneficio su quell’abitazione.I proprietari non dovranno più pagare l’imposta anche sulle pertinenze (come box, garage, cantine) dell’abitazione principale. Le pertinenze sono però esenti nei limiti stabiliti nei regolamenti.

SOSTEGNO AL REDDITO: Per sostenere il reddito dei lavoratori dipendenti, dal primo luglio 2008 è partita la detassazione degli straordinari e dei premi di produttività. Un altro provvedimento concreto, il cui fine è quello di rendere meno leggera la busta paga di operai ed impiegati, per ridare potere d’acquisto a milioni di lavoratori dipendenti. Il primo vantaggio per il lavoratore è costituito dalla differenza fra l’aliquota Irpef – che va dal 23% in su – e questo nuovo prelievo del 10%. Il secondo vantaggio è costituito dal minor prelievo fiscale legato appunto alle addizionali; poiché le detrazioni per i familiari a carico diminuiscono a mano a mano che il reddito complessivo sale, tenere sganciato l’ammontare di premi e straordinari – ed è il terzo vantaggio – renderà più consistenti le detrazioni stesse.

LOTTA ALL’EVASIONE FISCALE: Da lunedì 9 febbraio 2009 i Comuni, attraverso un canale telematico, hanno accesso – in modalità protetta e tracciata – ai dati dell’anagrafe tributaria che riguardano i contratti di somministrazione di luce, gas e acqua, quelli di locazione, i bonifici bancari e postali per ristrutturazioni edilizie e le informazioni sulle denunce di successione di immobili. L’attività anti evasione fiscale dei comuni è incentivata e premiata con il riconoscimento di una congrua percentuale sui tributi recuperati. A queste misure, va aggiunta la realizzazione del federalismo fiscale che, con il coinvolgimento sempre più stretto degli enti locali, renderà ancora più complicato evadere

LOTTA ALL’IMIGRAZIONE CLANDESTINA. Le nuove norme contenute nel “Pacchetto sicurezza” (legge 94/2009) ampliano i casi di espulsione degli immigrati clandestini e prevedono l’espulsione anche per i cittadini comunitari, attraverso la misura dell’allontanamento di chi non ha reddito o di chi delinque. Il limite della pena per applicare l’espulsione è stato ridotto a due anni (prima era di dieci). Il giudice, in tutti i casi di condanna dello straniero o del cittadino comunitario a più di due anni di carcere, ne ordina il rimpatrio. Previsto il carcere da sei mesi a tre anni per chi lucra sullo straniero senza permesso di soggiorno, affittandogli casa o altro immobile. Con la condanna scatta anche la confisca del bene.

EMERGENZA RIFIUTI: Il 21 maggio 2008, nella prima riunione operativa del Consiglio dei Ministri (tenutasi a Napoli come da impegno preso in campagna elettorale), attraverso il decreto legge 90/2008 il governo ha stabilito una serie di interventi che in soli 58 giorni hanno messo fine all’emergenza rifiuti in Campania. Erano ben 551 i Comuni della Campania interessati dall’emergenza. Questi centri producono circa 7.200 tonnellate di rifiuti al giorno: l’uscita dall’emergenza ha permesso di raccogliere e avviare a smaltimento la produzione quotidiana di immondizia insieme con le migliaia di tonnellate accumulatesi nei mesi precedenti. Oggi in quelle zone si riescono a smaltire 7.700 tonnellate di rifiuti al giorno. Sono state attivate tutte le discariche che era possibile mettere in funzione immediatamente; parte dell’immondizia è stata avviata in Germania (520 tonnellate al giorno); parte è stata pretrattata e avviata agli impianti di termovalorizzazione di altre Regioni. L’invio dei rifiuti in Germania è terminato a fine marzo 2009.

RINEGOZIAZIONE MUTUI: Chi può accedere alla rinegoziazione? Tutti coloro che hanno acceso un mutuo a tasso variabile per acquisto, costruzione e ristrutturazione dell’abitazione principale. Da quando si potrà rinegoziare?Sostanzialmente nell’ultimo quadrimestre dell’anno dopo che le banche avranno formulato ai clienti le proposte di rinegoziazione. La Convenzione interesserà le rate in scadenza dopo il primo gennaio 2009. La rata viene bloccata al 2006, calcolata come media aritmetica delle rate pagate in quell’anno dal cliente. Se i tassi salgono, crescerà la differenza tra la rata originaria e quella della rata rinegoziata, e la differenza sarà addebitata su un conto di finanziamento accessorio. Se i tassi scendono, il risparmio sarà portato a decremento del conto di finanziamento accessorio che potrebbe anche azzerarsi. Le banche sono libere di aderire o meno alla Convenzione ma, se aderiscono, sono obbligate a rinegoziare qualora il cliente lo chieda. Nell’accordo tra Abi ed esecutivo rientra anche la istituzione di un Osservatorio sulla trasparenza dei mutui cui parteciperanno rappresentanti del Ministero dell’Economia, delle banche e dei consumatori. Costi portabilità azzerati.

STALKING: Introdotto nel codice penale il reato di «atti persecutori», il cosiddetto stalking che riguarda le molestie insistenti, che scatta quando c’è una ripetitività di azioni contro una persona. Ora è un reato «provocare un perdurante stato di ansia o paura nella vittima ovvero ingenerare un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di una persona alla medesima legata da relazione affettiva ovvero tale da alterare le proprie abitudini di vita». La pena è la reclusione da 6 mesi a 4 anni. Si agisce su querela della persona offesa che ha 6 mesi di tempo per presentarla e il magistrato può procedere d’ufficio nel caso in cui la vittima sia un minore o una persona disabile. Giro di vite per chi compie violenza sessuale (si rischia fino all’ergastolo) e per chi compie molestie insistenti, con l’inserimento del reato di stalking nel codice penale e il patrocinio gratuito per le vittime di stupri. L’ergastolo è la pena prevista per chi uccide durante una violenza sessuale, o atti sessuali con minorenne, violenza sessuale di gruppo o stalking. Giro di vite anche sui benefici penitenziari per chi è condannato per delitti a sfondo sessuale: maggiori difficoltà di accedere al lavoro esterno, permessi premio e misure alternative alla detenzione.

ALITALIA. Il 13 gennaio 2009, CAI, la nuova compagnia di bandiera, ha ufficialmente aperto i battenti, completando un lungo e faticoso percorso di molti mesi, nei quali la “cordata italiana” ha saputo superare molti ostacoli e raggiungere l’obiettivo di mantenere all’Italia una compagnia di bandiera. I possessori di azioni Alitalia sono stati indennizzati con le risorse provenienti dai “conti dormienti”. La legge sul salvataggio Alitalia (legge 111/2008) è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale il 23 giugno 2008.

Questi invece i principali provvedimenti del quinquennio 2001-2006 (II e III Governo Berlusconi):

LEGGE OBIETTIVO PER LE GRANDI OPERE (legge 443/2001)

RIFORMA DELLA DISCIPLINA DEL LAVORO (dlgs 276/2003)

RIFORMA DELLA DISCIPLINA SULL’IMMIGRAZIONE (legge 189/2002)

RIFORMA DELLE PENSIONI E AUMENTO DELLE PENSIONI SOCIALI (legge 243/2004)

RIFORMA DEL DIRITTO FALLIMENTARE (dlgs 5/2006)

RIFORMA DEL DIRITTO SOCIETARIO (legge 366/2001)

RIFORMA DEL SISTEMA RADIOTELEVISIVO (legge 112/2004)

ABOLIZIONE DEL SERVIZIO MILITARE OBBLIGATORIO DOPO 143 ANNI con formazione del nuovo esercito di professionisti (legge 226/2004)

LEGGE SULL’IMPRESA SOCIALE (legge 118/2005)

LEGGE SULLA TUTELA DEL RISPARMIO (legge 262/2005)

DISCIPLINA DEL CONFLITTO DI INTERESSI (legge 215/2004)

NUOVA LEGGE ELETTORALE (legge 270/2005)

SOPPRESSIONE DELL’IMPOSTA SULLE SUCCESSIONI E DONAZIONI (legge 383/2001)

NUOVE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI PUBBLICHE AMMINISTRAZIONI (legge 3/2003, l’articolo 51 dispone la tutela della salute dei non fumatori e il divieto di fumare nei locali pubblici)

REVISIONE DEL TESTO UNICO DELLE LEGGI SULLA DROGA (legge 49/2006)

CODICE DELLE COMUNICAZIONI ELETTRONICHE (dlgs 259/2003)

CODICE DELLA NAUTICA DA DIPORTO (dlgs 171/2005)

CODICE DELLA NAVIGAZIONE AEREA (dlgs 96/2005 e 151/2006)

CODICE PER LA TUTELA DEI BENI CULTURALI (dlgs 42/2004)

CODICE DEL CONSUMATORE (dlgs 206/2005)

CODICE DELLA STRADA E PATENTE A PUNTI (dlgs 151/2003)

CODICE DELLA PROPRIETA’ INDUSTRIALE (legge 273/2002)

CODICE DELLE ASSICURAZIONI (dlgs 209/2005)

CODICE DELL’AMBIENTE (dlgs 152/2006)

CODICE DEGLI APPALTI (dlgs 163/2006)

CODICE PER LA PROTEZIONE DEI DATI PERSONALI (dlgs 196/2003)

Un vero italiano: il generale Leonardo Tricarico restituisce alla Francia la “Legion d’Honneur”




Inserito da Qelsi

Il generale Leonardo Tricarico, ex capo di Stato maggiore dell’Aeronautica, non ci sta. E per manifestare tutto il suo sdegno compie uno dei gesti più significativi che un ex generale può fare. Tricarico ha restituito oggi alla Francia la “Legion d’Honneur”, la Legion d’Onore, ordine cavalleresco istituito da Napoleone Bonaparte nel 1802, nonché una delle più prestigiose onorificenze francesi. L’alto riconoscimento gli era stato assegnato per il ruolo svolto durante il conflitto in Kosovo. E così il generale italiano per onorare il nostro Paese, disconosce gli onori che lui stesso si è guadagnato sul campo di guerra. E’ il suo atto di protesta contro “l’irriguardoso comportamento” del presidente francese Nicolas Sarkozy durante il siparietto ridanciano con la collega tedesca Angela Merkel a Bruxelles.
Comportamento irriguardoso - Oggi Tricarico, come riferiscono le agenzie di stampa, ha restituito la Legion d’Onore all’ambasciatore francese in Italia, insieme ad una lettera nella quale ricorda di aver ricevuto dal presidente Jacques Chirac una onorificenza “della quale – scrive – sono oggi costretto a privarmi con rammarico e dispiacere di fronte al comportamento irriguardoso dell’attuale Presidente francese nei confronti dell’Italia”.
La lettera - La lettera si chiude con un post scriptum in cui Tricarico ricorda un aneddoto legato proprio al cognome di monsieur le Président.

“Il 25 novembre 1916 il nostro leggendario aviatore, il capitano Francesco Baracca​, abbatté il ricognitore austro-ungarico del tenente Kalman Sarkozy, che fu preso prigioniero. Pur essendo incerto il legame di parentela di quell’aviatore ungherese con l’attuale Presidente, l’episodio indica che gli Italiani – affrancati dalle peculiarità di un sistema che tarpa loro le ali – sanno vincere le loro battaglie. Anche quando di fronte abbiamo un Sarkozy”.

sabato 12 novembre 2011

Votare non è più un diritto ma una concessione



Marcello de Angelis

Ci sono cose inevitabili, ma non per questo auspicabili. Se uno ti mette un coltello alla gola e ti chiede il portafogli è forse inevitabile concederglielo, ma è difficile gioirne. Il senso stesso di un “governo d’emergenza” è nella parola finale. Uno lo accetta perché non si può fare altrimenti. Ma se non fosse così? Da Alemanno a D’Alema si tiene a precisare che un governo tecnico deve annoverare al proprio interno solo “tecnici” e che deve durare poco e con un agenda precisa. E vale anche la pena chiarire che chi lo guida poi non deve restare in politica. Quindi non deve trattarsi di un’ammucchiata. Bersani dice invece che le responsabilità dell’operato di un tale esecutivo devono essere condivise tra tutti. Ma perché? Se le condizioni perché un governo legittimo cadesse le ha poste lui si prendesse anche la responsabilità di ciò che accade dopo. Gli italiani sono stati terrorizzati per un anno da profezie apocalittiche e convinti che l’incarnazione di tutti i mali fosse un uomo solo: se gli si dà l’opportunità di decidere con le urne del proprio destino sicuramente imporranno un cambiamento. E allora perché preferire che a scegliere il timoniere sia il Presidente della Repubblica, la Francia e la Germania oppure le agenzie di rating? Se non c’è più la democrazia troviamo un altro sistema. Non si può dare la colpa alle leggi elettorali, è come dare degli imbecilli agli elettori. O è proprio questo che stanno facendo?

venerdì 11 novembre 2011

Il giullare Sarkò





Il presidente Nicolas Sarkozy si affanna sempre più a rilasciare dichiarazioni sullo stato di salute dell’Italia. Sulla presunta follia e depressione di George Papandreu. Poi toccherà all’economia spagnola. E così via. Tutti diversivi per tenere lontana l’attenzione dei mercati dallo spread francese. Tecniche di comunicazione che di giorno in giorno perdono efficacia. Già ieri il differenziale tra i titoli di Stato di Parigi e il bund tedesco ha toccato lo storico livello di 170 punti base. Pensare che meno di un anno fa la quota non superava i 50 punti. D’altronde nel periodo compreso tra la fine di giugno e l’11 ottobre scorso gli istituti francesi hanno aumentato i finanziamenti ricevuti dalla Bce di 67 miliardi portando il totale a quota 86,7 miliardi. Un incremento superiore ai 30 miliardi chiesti dagli sportelli spagnoli e all’aumento di 63 miliardi fatto registrare dalle banche italiane. Per non parlare della folle esposizione dei francesi verso il debito greco.

Lo stesso principio che ha di fatto imposto la nazionalizzazione di Dexia potrebbe riservare pessime sorprese alle tre principali banche d’oltralpe. Ma la paura folle di Sarkozy si chiama downgrade e se una mattina Parigi si svegliasse anche solo con una A in meno, rischierebbe un effetto a spirale. La liquidità del mercato si sposterebbe quasi automaticamente verso i bond olandesi o di altri Paesi a tripla A. Con il risultato che le banche francesi dovrebbero mettersi a comprare bond della patria. Ma non sarebbero in grado. Si troverebbero nella condizione di non poter sostenere le emissioni e al tempo stesso di dire addio alle ricapitalizzazioni. «Il mercato sa bene che le banche francesi sono appese a un filo e che a differenza dell’Italia (+2,6%) sui conti parigini pesa un disavanzo primario di - 2,1%», spiega a «Libero» Massimo Siano head office per l’Italia di Etf Securities, «Senza contare che il principale istituto, SocGen, di fatto si sta trasformando in un hedge fund con grossi problemi di capitalizzazione». La crescita esponenziale dei Credit Default Swap (assicurazione sul rischio di fallimento) dei tre principali istituti è infatti illuminante. E più di un analista comincia a parlare di possibili fallimenti. «Situazioni estreme che avrebbero un impatto drammatico su tutta la Francia», conclude Siano, «basti pensare che se saltasse il banco di SocGen, gli attivi gestiti dall’istituto sono più o meno la metà del Pil d’oltralpe.

Il che significa che da ora il problema dell’Unione europea è il Gallo e non i Piigs». Scenari a parte, ci sono anche i diktat di Bruxelles a destare più di un sospetto, tanto che in molti pensano che ieri l’errore di S&P relativo al falso downgrade di Parigi fosse praticamente un lapsus freudiano. Non a caso «per ridurre il deficit nel 2013 in Francia saranno necessarie nuove misure», ha detto il commissario Ue agli affari economici e monetari Olli Rehn. La Commissione stima infatti il rapporto deficit/Pil della Francia al 5,8% nel 2011, al 5,3% nel 2012 e ancora al 5,1% nel 2013. C’è poco da fare gli arroganti. Vale soprattutto per Valerie Pecresse, il portavoce di Sarkozy che ieri invece di pensare al proprio Pil ha dichiarato a Canal+ «L’Italia deve adottare misure credibili per ridurre il suo deficit rapidamente, e ciò penso che significhi un nuovo governo». Vedremo a dicembre chi e come commenterà la crescita degli spread.

di Claudio Antonelli

Fini disse: "Mi dimetto quando Silvio lascia" Perché ora non lo fa?



Il 24 febbraio 2011, intervistato da Santoro, il leader Fli disse: Mi dimetto da presidente della Camera quando Berlusconi si dimette da premier". Cosa farà?
di Andrea Indini - 11 novembre 2011, 16:20
"Il berlusconismo è finito? Mah... E' finito il governo Berlusconi, accontentiamoci intanto di questo...". In piena campagna elettorale, il presidente della Camera (nonché leader di Futuro e Libertà) Gianfranco Fini si fa intervistare da Michele Santoro per tornare ad attaccare l'ex alleato.

Parole al veleno contro Silvio Berlusconi, totale apertura al governo tecnico guidato dal neo senatore Mario Monti e qualche sassolino da togliersi dopo aver tradito il patto con gli elettori e aver lasciato il Pdl per fondare il Fli. Ai microfoni di Servizio pubblico l'ex An ha brindato alla fine dell'esecutivo guidato dal Cavaliere: "Mi auguro che lunedì, alla riapertura dei mercati, avremo un nuovo presidente del Consiglio incaricato".
Quando Fini disse: se Silvio lascia, mi dimetto anch'io
Eppure Fini sembra non ricordare la promessa fatta proprio a Santoro, nell'allora salotto di Annozero: "Io sono pronto a dimettermi da presidente della Camera nello stesso momento in cui Berlusconi si dimette da presidente del Consiglio".
Non ci era riuscito nemmeno Fini con la sua fuoriuscita dal Pdl. Non ci erano riusciti nemmeno i falchi e le colombe che per mesi hanno tramato col centrosinistra per di fare mancare la maggioranza a Berlusconi alla Camera. Non gli era riuscito nemmeno in quel 14 dicembre dell'anno scorso quando il neo leader del Fli aveva tentato la strada della sfiducia per dare la spallata a Berlusconi. Il risultato è stato che i finiani, dopo la vampata iniziale, sono diventati una specie in via di estinzione. Anche nelle ultime ondate migratorie il solo partito che non è stato toccato da nuovi arrivi è stato proprio il Fli. Dopo mesi a scaldare lo scranno più alto di Montecitorio in attesa che i mercati e i poteri forti facessero quanto Fini non era stato in grado, la maggioranza è venuta meno martedì scorso alla votazione sul Rendiconto dello Stato. Deve essersi fregato le mani, Gianfranco, per la disfatta del governo. "Non avrebbe senso - ha spiegato ieri sera da Santoro - uscire dalla crisi di questa maggioranza che finora ha retto con tre o quattro voti ed entrare in un altro governo che sta in piedi per tre o quattro voti". Da qui la proposta di "affidare il governo a una personalità affidabile, e Monti ha questa caratteristica, che si presenta in parlamento con una lista scarna di ministri, dodici, di professionalità indiscussa, fuori dalla logica della spartizione partitica, e con un programma che non sia il libro dei sogni".

Terminata la seconda puntata di Servizio pubblico, non si è fatta certo mancare la replica di Berlusconi. Chi, ieri sera, ha parlato con il premier parla di una vera e propria sfida a colpi di dimissioni. "Siccome il presidente della Camera aveva detto che si sarebbe dimesso solo dopo di lui - avrebbe detto il Cavaliere ai senatori del Pdl - allora qualcuno dovrebbe ricordarglielo". Un promessa che Fini aveva fatto proprio alle telecamere di RaiDue. "Io sono pronto a dimettermi da presidente della Camera - aveva detto il leader del Fli - nello stesso momento in cui Berlusconi si dimette da presidente del Consiglio".

Dunque? Cosa dobbiamo aspettarci? Un passo indietro? Appare difficile. Non è, infatti, la prima volta che Gianfranco promette e non mantiene. Eh già!
Non è, infatti, un mistero che il presidente della Camera sia uscito indenne dalla bagarre legata all'appartamento di Montecarlo che dal patrimonio dell'allora Alleanza nazionale a una società off shore che è risultata essere di Giancarlo Tulliani, nonostante avesse promesso (sempre davanti alle telecamere) che si sarebbe dimesso qualora fosse emerso un legame tra la dismissione della casa monegasca e il fratello di Elisabetta. Il passo indietro non è mai arrivato. Per questo è più che probabile che Fini non lascerà nemmeno la poltrona a Montecitorio quando il Cavaliere lascerà Palazzo Chigi.

giovedì 10 novembre 2011

L'uomo dei poteri forti



Le banche hanno deciso, Napolitano ha ordinato, il “senatore” Mario Monti diventerà presidente del Consiglio al posto di Silvio Berlusconi che ha avuto il difetto di chiedere e ricevere i voti dal popolo e non dai mercati. Sono disgustato.
E voglio sperare che non sia vero che nascerà un esecutivo con Pdl, Pd e Udc tutti assieme appassionatamente, uccidendo ogni principio bipolare.
Ma siete sicuri di quello che state facendo? Davvero siete pronti a far male a questo nostro popolo con la mannaia che vi stanno mettendo in mano i poteri forti europei?
Non ci sono parole. Berlusconi, che voleva il voto – e giustamente – fregato da alcuni dei suoi che anziché baciare per terra dove cammina, lo mollano costringendolo a imbarcarsi in un’avventura bruttissima. Poverini, che senza vitalizio non possono campare; poveracci, che senza medaglietta parlamentare non possono guardare in faccia mogli, amici e fidanzate; senz’anima, che avevano promesso lealtà agli elettori e ora li tradiscono passando a Monti da Tremonti.
Pure senatore a vita lo fanno, come se non bastassero quelli che già ci sono. Un altro stipendio sulla pelle degli italiani. Senza voti ci sanno stare, ma senza quattrini no.
Francesco Storace

mercoledì 9 novembre 2011

Ecco chi sono i giuda che hanno pugnalato il governo alla Camera



Il Rendiconto dello Stato viene approvato con solo 308 voti. In 321 non votano tra cui 8 "traditori". Le ultime mosse del Cav prima del voto
di Fabrizio De Feo -

Roma - Il voto si è appena concluso. Silvio Berlusconi guarda il tabellone elettronico e tratteggia su un foglio la sua personale, affilata sintesi della giornata. «308 - 8 traditori». Una sentenza che contiene l’amarezza per lo spettacolo al quale ha appena assistito: il voltafaccia di sette parlamentari eletti con il Pdl a cui va aggiunto l’errore di Gennaro Malgieri che tenta con uno scatto da centometrista di recuperare la posizione in aula ma non fa in tempo a registrare il suo suffragio.
«Mi hanno tradito, ma questi dove vogliono andare?». È questa la domanda che il premier rivolge ai parlamentari che gli si avvicinano durante la «spunta» dei tabulati.
Il computo dei «sette più uno», ovvero coloro che fanno scendere la maggioranza di 8 unità rispetto ai 316 voti dell’ultima fiducia (in realtà bisognerebbe calcolare anche Francesco Nucara ricoverato da domenica la cui assenza viene compensata dall’ingresso del neoparlamentare Luca D’Alessandro), è particolarmente doloroso.
L’elenco è composto interamente da deputati eletti nelle liste del Pdl, un simbolo accompagnato dalla inequivocabile dicitura «Per Berlusconi presidente». Ci sono Gabriella Carlucci - che entra in aula senza degnare di uno sguardo i deputati Pdl e prende posto alla destra di Lorenzo Cesa - Ida D’Ippolito e Alessio Bonciani che hanno ceduto al corteggiamento dell’Udc. C’è Roberto Antonione, già sottosegretario agli Esteri ed ex coordinatore di Forza Italia. C’è Giancarlo Pittelli. E poi ancora Franco Stradella, parlamentare da quando Berlusconi è sceso in politica. E Francesco Stagno d’Alcontres, barone di Scuderi, eletto alla Camera nel ’96 per la prima volta e passato al Misto nell’agosto scorso. Proprio ieri aveva fatto sapere di aver detto no alle ripetute telefonate di Pier Ferdinando Casini e di aver resistito a ogni offerta. Poi aveva corretto la rotta annunciando che non avrebbe votato se non fossero arrivati fondi per l’alluvione di Messina. Si astengono, poi, altri deputati eletti nelle liste berlusconiane come Fabio Gava e Giustina Destro (che però già avevano fatto mancare il voto nell’ultima fiducia). Assenti gli esponenti del Misto, Calogero Mannino, Luciano Sardelli, Antonio Buonfiglio e Santo Versace (questi ultimi due entrambi eletti nelle liste del Pdl) oltre ad Alfonso Papa agli arresti domiciliari.
Manca, come detto, Gennaro Malgieri che spiega: «Ero al bagno, non sono riuscito a votare. Stavo rientrando in aula dopo aver preso una medicina, in 15 anni di vita parlamentare non era mai accaduto». Purtroppo è successo oggi». Un commento che non stempera la rabbia del premier che si fa sfuggire, al momento del suo precipitoso rientro, un labiale non esattamente affettuoso.
Successivamente, in privato, Berlusconi riflette sui voltafaccia a cui ha assistito in aula. E lo fa non nascondendo amarezza, stupore, sorpresa soprattutto per tre di loro. «E’ incredibile il comportamento di Gabriella Carlucci. Le ho dato lavoro per dieci anni in televisione. L’ho creata io politicamente. Sono esterrefatto». Sentimenti simili per Roberto Antonione. «Sono costernato, l’ho voluto come governatore del Friuli, l’ho sempre considerato un amico, sono stato il padrino di suo figlio, ho sempre avuto con lui un rapporto al di là della politica. Mi sento tradito personalmente». Infine su Giustina Destro: «Mi implorava di fare campagna elettorale e ho sempre trovato il tempo perché avevo a cuore lei e la sua città. Senza di me non sarebbe diventata sindaco di Padova».
Alla fine, quando Gianfranco Fini dichiara conclusa la seduta nessuno, nell’opposizione, si produce in sguaiate manifestazioni di esultanza.
Fuori molti omaggiano Cirino Pomicino, vero regista delle acquisizioni centriste. I parlamentari del Pdl escono scuri in volto. Paolo Russo guarda avanti: «Ho la testa già alla campagna elettorale». Amedeo Laboccetta commenta: «Alla fine la politica vince sempre e l’accattonaggio perde». C’è spazio, però, anche per un sorriso. Denis Verdini abbraccia il neodeputato D’Alessandro: «Luca, forse una settimana te la fai». E lui: «Non arrivo neanche al primo stipendio».

domenica 6 novembre 2011

Sviluppo, secondo l'Onu è la Norvegia il paese più equo al mondo: l'Italia si piazza soltanto al 24mo posto



Le diseguaglianze nell'accesso a reddito, sanità e istruzione cambiano la geografia dell'Indice di Sviluppo Umano (Isu), costituendo spesso una cartina al tornasole per i Paesi più ricchi. E' quanto emerge dalla classifica - guidata dalla Norvegia - dei Paesi più equi in base al valore dell'Isu, contenuta nel rapporto annuale stilato dal Programma dell'Onu per lo Sviluppo (Undp). Come nel 2010, è la Norvegia il Paese con il più alto valore di Sviluppo umano (con un indice pari a 0,943), seguita da Australia, Olanda, Usa e Nuova Zelanda. La Repubblica Democratica del Congo è invece il fanalino di coda (valore 0,286) e, più in generale il fondo della classifica è occupato da Paesi dell'Africa sub-sahariana come Niger, Burundi e Mozambico.
L'Undp ha esaminato l'Isu - determinato dal livello di scolarizzazione, reddito pro-capite e aspettativa di vita - in 187 nazioni e territori, tracciando anche una classifica parallela, che tiene conto del livello di disuguaglianza nell'accesso a reddito, istruzione e sanità. E in base all'Isu 'corretto', gli Usa scivolano dal quarto al 23mo posto, la Corea del Sud dal 15mo al 32mo, Israele dal 17mo al 25mo. Le disuguaglianze nei redditi sono all'origine del crollo di Israele e Usa mentre ampi divari nell'istruzione peggiorano la performance della Corea.

L'Italia, in entrambe le classifiche è al 24mo posto e la Norvegia si presenta come il Paese più equo. La distribuzione del reddito, evidenzia l'Undp, è peggiorata in gran parte del mondo con l'America Latina come continente più "diseguale" in termini di reddito. In generale poi, il valore medio dell'Isu è cresciuto del 42% dal 1970. Negli ultimi 5 anni Cuba, Venezuela e Tanzania sono i Paesi che hanno maggiormente migliorato il proprio piazzamento.
02 novembre 2011

sabato 5 novembre 2011

Tangenti: sindaco e consiglieri indagati si sospendono da PD



Indagini a Modugno per concussione per 4 consiglieri PD su sette

(ANSA) - MODUGNO (BARI), 5 NOV - Piu' della meta' dei consiglieri comunali del Partito Democratico a Modugno, compresi il sindaco, Domenico Gatti, e il presidente del consiglio, Antonio Scippa, sono indagati per concussione: per questo si sono autosospesi dal PD. Il partito rinnova loro la 'fiducia', e ''apprezza e condivide la loro decisione''. A Modugno, sono indagati amministratori Pd, Udc e Api della vecchia e nuova amministrazione comunale per concessioni edilizie date dal 2003 a oggi in cambio - secondo l'accusa - di tangenti.

Altro che Renzi, ci penserà Consorte a rottamare il Pd



di Fabrizio Rondolino

L’ex Unipol condannato per Bnl è in rotta con il partito Le rivelazioni annunciate sarebbero fatali per Bersani


«L’opinione pubblica deve sapere. Troverò le strade e i modi affinché si sappia come sono andate le cose». Parlerà dei Ds? «Dirò tutto». Qualcuno deve tremare? «Chi sa di aver fatto scorrettezze». È l’ex presidente e amministratore delegato di Unipol Giovanni Consorte a parlare così, all’indomani della condanna in primo grado a 3 anni e 10 mesi, più 1,3 milioni di multa, per la scalata di Unipol a Bnl.
Come molti condannati, Consorte si proclama innocente: «Mi sento un perseguitato dalla magistratura», dichiara al Corriere. E per suffragare la sua tesi rievoca una conversazione con Cossiga: «Mi disse che l’operazione Bnl aveva implicazioni politiche tali che per evitare che una banca andasse ai comunisti c’era chi avrebbe fatto qualunque cosa. Mi disse che ero stato fortunato a non essere stato ucciso». Vero? Falso? Di certo, nella versione di Consorte, la politica, e in particolare il rapporto fraterno con l’ex Pci, ha un ruolo fondamentale nella vicenda che ha portato alla sua condanna. E l’ex manager delle assicurazioni rosse sembra intenzionato a non dimenticarlo. Tanto più che anche l’attuale ad di Unipol, Carlo Cimbri, è stato condannato a 3 anni e 7 mesi, più un milione di multa.

Del resto, la sentenza su Consorte richiama anche le famose telefonate con Piero Fassino, allora segretario del partito, e con il senatore Nicola Latorre. Il reato in questo caso è insider trading, non perché i tre si siano arricchiti sfruttando informazioni riservate, ma perché quelle informazioni, proprio perché potenzialmente idonee ad alterare il valore dei titoli in borsa, non potevano essere comunicate ad estranei. Se Consorte lo ha fatto, al di là dei rapporti di cortesia e di solidarietà politica, è perché evidentemente i Ds seguivano con particolare interesse l’operazione Bnl (è di quel periodo l’«abbiamo una banca?» del segretario Fassino).

L’intenzione di Consorte di vuotare il sacco, e raccontare «tutto» all’opinione pubblica, potrebbe dunque farne il vero rottamatore del Pd, altro che Matteo Renzi. Soprattutto perché non si tratta di un caso isolato. Le affinità con la vicenda Penati sono inquietanti (dal punto di vista politico, perché gli eventuali reati contano soltanto nei tribunali): in entrambi i casi, infatti, il legame con il vertice del partito è evidente (Consorte con Fassino, Penati con Bersani), e in entrambi i casi il partito ha fatto terra bruciata, derubricando l’incidente a caso isolato e additandone il responsabile come una mela marcia in un cesto altrimenti immacolato.

È proprio a questo schema che Consorte sembra non volersi piegare. Forse perché si sente umanamente tradito da un partito cui è legato da sempre, forse perché ha qualche sassolino nella scarpa, forse perché non ci sta a fare il capro espiatorio, il fatto è che l’ex manager sembra non rassegnarsi all’idea di essere additato (e condannato) come un criminale per quelle stesse azioni che in precedenza gli avevano meritato le lodi del suo partito.
È probabile che le rivelazioni di Consorte - se davvero verranno - non avranno un risvolto giudiziario diretto. Del resto, Fassino non è mai stato indagato dai pm che conducono l’inchiesta, e il Parlamento ha negato l’uso delle intercettazioni che coinvolgono Latorre. Ma l’impatto politico potrebbe essere molto forte, e persino devastante.

Per una bizzarra ironia della cronaca, è stato proprio il Pd a invocare più volte nel corso del tempo la «questione morale», e a schierarsi sempre e incondizionatamente dalla parte delle procure: per questo diventa sempre più difficile spiegare Tedesco, Delbono, Morichini, Pronzato, Penati e Consorte. La teoria della mela marcia rischia di non reggere, e il giustizialismo finisce col divorare se stesso.

giovedì 3 novembre 2011

Papandreou mostra i Muscoli su ordine della NATO = Terroristi





Da alcuni giorni tra Parigi e Berlino c’è un frenetico via vai dopo che in Grecia la situazione si è fatta bollente, le motivazioni del perché Sarkozy ha chiamato con urgenza la Merkel a una seduta straordinaria con la partecipazione di alti Ufficiali dell’esercito e della Nato stessa, è da associare all’imminente Colpo di Stato che i vecchi Generali greci hanno deciso di attuare per mandare all’Inferno Papandreou e i suoi scagnozzi.

Qualcuno ha spifferato quello che si stava preparando per il periodo in cui Papandreou sarebbe andato al Summit del G 20, un Colpo di Stato in piena regola da parte dei generali che hanno già dichiarato di non sopportare l’idea di svendere la Grecia ai banchieri, per questo in questi giorni c’è un cambio della guardia in tutto l’apparato Militare greco, la presenza di truppe straniere in Grecia (vedi Eurogendfor) e armati fino ai denti ha fatto scattare la scintilla di rabbia dei Generali che hanno manifestato il loro scontento nei confronti del Governo di Papandreou ormai incapace di gestire la situazione e ha lasciato che i Sciacalli della UE prendessero in mano le redini del Paese, di fretta e furia il Primo Ministro Papandreou ha deciso di mandare in pensione i più alti comandanti delle Forze Armate greche e sostituite con i giovani istruiti secondo l’ideologia della NATO, in questi giorni il caos regna e secondo voci indiscrete la Germania e la Francia sarebbero pronte a un intervento Militare in Grecia, (e L’Italia?) si notano movimenti navali nel mediterraneo composte da Navi Inglesi e Americane, anche lo stato di Israele è presente ma smentisce ogni partecipazione alle manovre.
Cosa avrà fatta scattare la molla per la quale avrà fatto decidere ai Generali di dare luogo a un Colpo di Stato?

Solamente la crisi finanziaria o le parole scaturite dalla bocca del solito Psicopatico Francese che minaccia tutti coloro che si rifiutano di salvare le sue Banche e quelle Francesi?

E’ chiaro che la Merkel vede un fallimento nell’arraffarsi le risorse Greche dopo aver fatto di tutto per riempire le casse dei suoi datori di lavoro e che secondo lei il popolo greco doveva pagare.

I datori di lavoro della Merkel, coloro che hanno svuotato le casse e le tasche del Popolo greco, lo stesso vuole fare Sarkozy con L’italia, vogliamo riempire le loro casse per morire di fame noi?

I cambiamenti che sono stati fatti al comando delle forze armate Greche:

Generale, Ioannis Giagkos, sostituito con il Tenente Generale Michalis Kostarakos;

Tenente Generale, Fragkos Fragkoulis, sostiutito con il Tenente Generale Kostantinos Zazias;

Tenente Generale, Vasilios Klokozas, Aviazione. Sostituito con il Maresciallo Antonis Tsantirakis;

Vice ammiraglio, Dimitrios Elefsionitis, sostituito con il Contrammiraglio Kosmas Christidis;

Già si notano fughe di ministri e apparteneti al Governo Papandreou.

Milena Apostolaki ha abbandonato il suo posto nella fazione dei parlamentari del partito PASOK.

Il ministro delle finanze Evangelos Venizes si è fatto ricoverare in Ospedale per un presunto mal di pancia e problemi allo stomaco, questo alcune ore prima di del Referendum Popolare, nel frattempo il referendum non viene accettato e si chiedono nuove Elezioni, cosa che ha messo in allarme la UE, Sarkozy e la Merkel.

Le nomine sono state scelte dal comando NATO dato che i nuovi generali e comandanti delle Forze Armate Greche sono stati istruiti nelle scuole Militari USA / Anglosassoni e la loro ideologia è basata sulla violenza contro popoli in rivolta e non al fine di servire il proprio popolo, dunque mercenari pagati per sopprimere qualsiasi richiesta di democrazia anche dentro la propria patria.

Come citato in un precedente Articolo, i carri armati che erano stazionati nelle basi USA in Germania si trovano già in Grecia, altri 370 sono già stati imbarcati direzione diversi porti della Grecia, chi dovrebbe far parte degli equipaggi dei Carri armati? La Merkel e Sarkozy hanno consigliato di usare equipaggi dei loro eserciti, a giorni si saprà quali altri Stati della UE prenderanno parte a una imminente aggressione alla Grecia che si rifiuta di pagare il debito-truffa che i banchieri = Rothschild hanno creato al fine di appropriarsi di un altro stato sovrano.

Il piano di distruzione che Henry Kissinger aveva studiato per sottomettere il Popolo greco si sta attuando, dopo toccherà all’Italia.

Corrado Belli

lunedì 24 ottobre 2011

Tutti gli scandali della Sanitaservice, la nuova creatura di Vendola


Inserito da Riccardo Ghezzi


Strano concetto di lotta alla precarietà, quello del presidente della regione Puglia Nichi Vendola. Ora sappiamo cosa si nasconde dietro le promesse di “stabilizzazioni” ed “internalizzazioni” sbandierate in campagna elettorale: fumo negli occhi, che però costa caro alle casse della Regione. Bocciate dalla Corte Costituzionale le leggi spot che aggiravano grossolanamente l’obbligatorietà di pubblici concorsi per pubbliche assunzioni, come già avevamo scritto qui ; sostituite aziende private con aziende altrettanto private, pur se a capitale pubblico, che in realtà non agevolano i precari in quanto i dipendenti di cooperative di servizio convenzionate con la Regione sono già garantiti dalla “clausola sociale”, cosa resta? Non rimane altro che constatare come il meccanismo vendoliano altro non faccia che agevolare gestioni partitiche. Ecco il reale obiettivo.
L’esempio della Sanitaservice, società in house della Asl, è lampante: della Sanitaservice di Brindisi avevamo già trattato in questo articolo, ma le assunzioni di raccomandati e figli di sindacalisti rappresentano solo una goccia nell’oceano Sanitaservice, vero e proprio Bengodi vendoliano.
A Foggia la società gestisce anche il Servizio 118, ma è priva di ambulanze: le affitta dagli affidatari, suoi predecessori. In compenso l’Amministratore delegato, Antonio Di Biase, è dotato di un appariscente Suv da 43 mila euro. I presunti e sbandierati risparmi che dovrebbero derivare dall’utilizzo di personale e strutture della Asl sottratti ad altri compiti (con spese e disagi conseguenti), sono vanificati dai costi non indifferenti della struttura, compreso il lauto compenso di 97.000 euro elargito al sopra citato Antonio Di Biase. Il quale è stato persino denunciato dalla Digos per aver capeggiato una spedizione squadrista all’interno della redazione del quotidiano “L’Attacco”, picchiando il giornalista Michele Iula che aveva pubblicato articoli ritenuti sgraditi proprio sul tema Sanitaservice. Solo qualche giornale locale ne ha parlato. E ai primi di settembre, ancora la Digos ha disposto il sequestro dell’auto BMW modello X3 di proprietà della Sanitaservice ma usata esclusivamente dallo stesso Di Biase. “Peculato d’uso continuato” è il reato a carico del manager ipotizzato dalla Digos, diretta dal vice questore aggiunto Antonio Caricato. In effetti le indagini avrebbero accertato l’utilizzo del veicolo principalmente per impieghi strettamente personali, “estranei a finalità di servizio”, come matrimoni, viaggi di piacere, shopping. Anche fuori dalla provincia di Foggia. Persino a Milano. In questi viaggi, Di Biase avrebbe portato con sé “familiari estranei alla Sanitaservice”.
Non ci sono solo denunce, pure arresti: è il caso di Vincenzo Nuzziello, imprenditore nonché fratello di una consigliera regionale candidatasi nella lista personale di Vendola, Anna Nuzziello. Finito in manette perché presunto promotore-beneficiario di acquisti di forniture troppo costose per la Asl. Un vizio, a Foggia: il precedente direttore generale della Asl locale, Donato Troiano, nel 2009 è stato condannato in primo grado ad 1 anno e 2 mesi di reclusione per tentato abuso d’ufficio. Pare che, assieme a due funzionari, abbia falsato la graduatoria di un concorso per logopedisti per favorire due candidate, tra cui la moglie dell’onorevole Michele Bordo, ultimo segretario regionale dei Ds ed attuale deputato Pd. Non c’è però ancora una condanna definitiva.
Il manager della Sanitaservice di Bari, invece, Massimo Novelli, è stato trovato morto lo scorso 25 agosto in circostanze poco chiare, tant’è che la Procura di Taranto ha addirittura disposto la riesumazione della salma per fare chiarezza. Il corpo è stato trovato nei pressi di Martina Franca, lontano sia da casa sua (il Salento), sia dal luogo di lavoro (Bari). Appena quarantenne, padre di due gemelli, si sarebbe suicidato ingerendo acido cloridricico, perché “era terrorizzato”. Ma da cosa? Non si sa.
Insomma, un eterno “magna magna” in cui l’intero apparato del centro-sinistra pugliese sguazza. E se i giornalisti ne parlano, vengono picchiati. Come Michele Iula.
Niente male per la Sanitaservice, una società che nell’ultima campagna elettorale s’è fatta notare per aver organizzato un pranzo con i candidati Vendola ed Arcangelo Sannicandro, quest’ultimo ex capogruppo alla Regione di Rifondazione Comunista prima e di Sinistra e Libertà poi, attualmente presidente della Commissione Bilancio. Una cena gratuita? Nient’affatto, il costo (30 euro a capo) è stato scaricato direttamente sulle già misere buste paga dei poveri dipendenti.

"Grazie a Dio non sono comunista"

domenica 23 ottobre 2011

Approda alla Camera la legge “anti-burqa”, ma per la sinistra è un attentato alla libertà




Inserito da Qelsi

Il ddl anti-burqa sarà all’esame dell’Aula della Camera la prossima settimana. “Sono molto contenta per questa decisione presa oggi dalla conferenza dei capigruppo di Montecitorio – commenta la parlamentare Pdl, Souad Sbai – perche’ l’Italia si metterà così al passo con il resto d’Europa dove e’ già vietato”. “Pensare a una donna con il burqa – aggiunge la Sbai – significa non pensare a una donna. E’ ora di smetterla con la segregazione della donna
musulmana”.
E’ fin troppo evidente che le dichiarazioni di Livia Turco sul disegno di legge contro il burqa, contraddistinte da irritante ipocrisia, non fossero sincere ma dettate dalla solita strategia di opporsi sempre alle proposte della maggioranza, anche quando queste suonano, sensate, ragionevoli, condivisibili.
Secondo Livia Turco, il voto contro il burqa sarebbe un attentato alla libertà di scelta della donna islamica. Non poteva pronunciare una frase più egoistica di questa. E’ la solita meschina, ignorante e vergognosa presunzione di chi ha avuto il privilegio di non aver mai sperimentato la condizione di schiava nel suo paese grazie a quel provvidenziale corso della storia italiana che, dal dopoguerra, ha concesso alle donne libertà, democrazia, emancipazione. Forse la sig.ra Turco confonde la libertà di scelta con la libertà di essere, di sentire, di sognare, di volare e soprattutto di guardare il mondo senza quel triste abito funereo che impedisce alla donna islamica di immergersi sorridente tra la gente, per le strade, nella natura.
E’ la solita battaglia strumentale, per colpire, per abbattere, per distruggere. Ma questa volta la Livia l’ha “sparata grossa” perché nessuna donna che si dichiari progressista, libera ed emancipata potrebbe condividere la sua opinione che nasce solo dall’obbligo politico di allinearsi alle direttive di partito anzi che obbedire alla sua coscienza.
E’ possibile che un parlamentare che si occupa di questioni sociali non abbia la sensibilità di immedesimarsi nella condizione delle altre donne siano esse islamiche , occidentali , asiatiche e via dicendo?
Dov’è quel sentimento di empatia che Jeremy Rifkin tanto decanta nel suo libro “La Civiltà dell’Empatia” come mezzo di unione e di salvezza delle società moderne? Certo che all’onorevole questo sentimento non sembra neanche sfiorarla tanto forte è in lei il sentimento opposto di ricacciare le donne islamiche, in occidente, sempre più nell’inferno del loro silenzio, della loro emarginazione, della loro ancora persistente schiavitù.
Cara Livia se fossi un giudice, ti condannerei a vivere tra i talebani almeno per un anno intero, avvolta naturalmente, nel lungo abito nero che ti copre il viso e sotto un sole cocente di 40 gradi all’ombra. Forse allora, distrutta nell’anima, implorerai l’occidente di venirti a salvare. E come potrebbe l’Italia salvarti se tu con il tuo giudizio avrai nel frattempo diffuso in ogni angolo del paese questo costume barbaro sì da non poter più tornare indietro?
Pensaci cara Livia, e vivi sonni tranquilli perché fortunatamente ci sono le donne del PDL a salvarti in primis l’onorevole Souad Sbai che tanto sta lavorando per far comprendere alle donne ostinate come te, che la libertà di scelta deve essere per amare la vita in pieno sole e non tra le sbarre di una stoffa grigliata.

venerdì 21 ottobre 2011

Dove finisce il buon senso incominciano loro


A Napoli vent’anni di agguati finiti nel vuoto.

Ecco la procura del fango che cerca visibilità
di Stefano Zurlo

I pm partenopei da tempo cercano visibilità mediatica con indagini "d’alto livello". Ma alla fine mancano sempre le prove e frana tutto. Come nell’inchiesta Lavitola. Già 492 cause nel 2009 per ingiusta detenzione: un record nazionale


L’ultimo mezzo flop è l’inchiesta sul duo Tarantini-Lavitola, con Berlusconi nella parte del pollo da spennare. Un’indagine strattonata da tutte le parti, ammaccata, rovesciata dal tribunale del Riesame, quindi tolta ai pm di Napoli per il solito problemino della competenza. E ora proseguita senza entusiasmo dalla magistratura di Bari che annuncia: l’ordine di custodia contro Valter Lavitola ha i giorni contati. La procura di Napoli ha ormai una visibilità altissima, ha superato perfino quella di rito ambrosiano, ma i risultati non sono all’altezza. Inchieste clamorose che si sgonfiano, ritardi intollerabili nella pur elastica Italia, scarcerazioni di boss per un cavillo.
I pm napoletani, sia chiaro, sono in prima linea e pure oltre nel combattere tutte le forme possibili di criminalità. Un quinto dei bersagli intercettati nella penisola viene spiato dal Centro direzionale del capoluogo campano, con una spesa - nel 2010 - di 11,6 milioni di euro. Siamo a livelli record. Ma fra errori, lungaggini e scivoloni una parte del lavoro evapora nel nulla. Capita che un boss di prima grandezza, Vincenzo Di Lauro, uno dei primi cinquecento ricercati d’Italia insieme al padre Paolo, venga infine catturato. Un’operazione vanificata da un incredibile passo falso della procura: nell’ordinanza di arresto mancano le motivazioni. Il paragrafo, quindici righe su otto pagine, è saltato e gli avvocati difensori lo fanno notare. Risultato: il giovane viene scarcerato.
I numeri degli errori giudiziari sono impressionanti. E non hanno riscontri in Italia, proprio come quelli delle intercettazioni. Solo nel 2007 a Napoli sono stati iscritti 335 procedimenti per ingiusta detenzione, per un totale (nel 2009) di 492 cause. Un’enormità. Per raggiungere una massa analoga bisogna sommare tutti i processi in corso a Roma, Milano, Torino, Palermo, Firenze, Genova, Catania, Bologna, Potenza, Cagliari e Trento. Napoli combina da sola gli errori di mezza Italia. E la memoria corre al peccato originale, il caso simbolo di una giustizia che non c’è: le manette a Enzo Tortora, le farneticanti accuse di contiguità alla camorra, la condanna in primo grado, prima della tardiva assoluzione.
La vicenda Tortora fa purtroppo parte della storia italiana, ma tanti altri nomi sono rotolati nella polvere del disprezzo per essere poi riabilitati dopo lunghissime odissee. Antonio Gava, il potente ex ministro dell’Interno, viene assolto nel 2000 dall’accusa infamante di concorso esterno in associazione camorristica. Per ridargli l’onore ci sono voluti 5 anni e 4 mesi, riempiti da 268 udienze.
Capita, capita spesso a non solo a Napoli, che la giustizia rimedi quando ormai è troppo tardi e i giochi sono fatti. Dalla politica allo spettacolo: Gioia Scola, bellissima attrice alla ricerca del film di successo, viene catturata nel 1995 per traffico internazionale di stupefacenti. La carriera s’infrange contro i titoloni dei giornali. La tengono 73 giorni in cella e 78 agli arresti domiciliari; poi si scopre che Napoli non è competente. Le carte traslocano a Roma e nella capitale Gioia Scola è assolta dodici anni dodici anni più tardi, nel 2007. Ormai è troppo tardi per tornare davanti alla telecamere.
Capita. Anche il processo per la Global service, altro capitolo apparentemente glorioso dell’investigazione napoletana, si conclude con un disastro. Si tratta di un’indagine importantissima, che ha portato alla decapitazione della giunta di Rosa Russo Iervolino. Una vicenda che s’intreccia con il suicidio di Giorgio Nugnes, impiccatosi in casa. Il tribunale emette una raffica di assoluzioni. Per la Procura è una Caporetto. E finisce anche sul binario morto dell’archiviazione l’indagine che aveva messo in fibrillazione il mondo della politica: quella delle giovani attricette raccomandate dal presidente del Consiglio. Un altro flop, autenticato dai giudici di Roma. È Napoli: grandi titoli all’inizio, ma titoli di coda da dimenticare.

martedì 18 ottobre 2011

In Molise si dissolve il Pd e la sinistra perde 20.000 voti




Inserito da Riccardo Ghezzi 18 OTT. 2011
Nell’indifferenza generale, in Molise si dissolve il Pd e la sinistra perde 20.000 voti
Non lo dice nessuno, allora lo diciamo noi. Le elezioni regionali molisane del 16-17 ottobre hanno emesso un verdetto forse più importante degli altri: il crollo del Pd. Si parla di elezioni regionali, le quali hanno una valenza e risvolti in ambito nazionale molto relativi, ma il dato è curioso soprattutto perché si tratta del soggetto politico che da tutti i sondaggi del momento è additato come nuovo primo partito d’Italia.
Il Pd di Pier Luigi Bersani, quello che un giorno sì e l’altro pure tira fuori la frase “Berlusconi si deve dimettere”, in Molise è invece sceso sotto il 10%, doppiato dal PdL e quasi raggiunto da Idv.
Un dato ignorato dai media, almeno per il momento, ed anche piuttosto allarmante, considerando che arriva nell’ambito di una sconfitta piuttosto netta del centro-sinistra. Una sconfitta destinata a spegnere entusiasmi post-referendum e post-amministrative, e che probabilmente regalerà un po’ di serenità alla coalizione di centro-destra.
La vittoria di Michele Iorio, nonostante le due legislature precedenti, non era affatto scontata. Anche perché il centro-sinistra, candidando un uomo di destra come Paolo Frattura, sperava nel voto disgiunto. Mossa che stava per costare cara al centro-destra, visto che Iorio ha sì vinto, ma con uno scarto di pochissimi voti: poco più di 1.000, tradotti in una percentuale pari allo 0.79%, ossia 46,94% Iorio e 46,15% Frattura.
Scampato il pericolo, reale, di una sconfitta di Iorio, i dati riguardanti i voti alle liste sono di gran lunga favorevoli al centro-destra: 56,37% il totale della coalizione a sostegno di Iorio, solo 40,49% per il centro-sinistra.
Un sonoro distacco di ben 16 punti. Cinque anni fa era stato solo di 5 punti: 52,93% il centro destra, 47,06% il centro-sinistra.
In senso assoluto, l’astensionismo è stato molto forte: solo il 59,79% degli aventi diritto si è recato alle urne, a fronte del 65,09% della precedente tornata. Il centro-destra ha perso 4.000 voti, il centro-sinistra ne ha persi più di 20.000: dai poco più di 93.000 di cinque anni fa ai 72.803 di oggi.
Una batosta. Una debacle evidente per Bersani e compagnia.
Forse un segnale che non bisogna credere ai sondaggi. Vero che la destra non sta bene, vero che l’astensionismo sta aumentando, ma il centro-sinistra certo non piace agli elettori.
Come già detto, il dato più importante è quello del Pd: il primo partito di opposizione ottiene la ridicola percentuale di 9,86%, 17.735 voti assoluti. Nelle precedenti elezioni i Ds da soli avevano ottenuto 21.767 voti, pari ad una percentuale del 10,90%. Meglio ancora era andata alla Margherita: 12,42%, voti totali 24.810. Dunque, Ds e Margherita sommati avevano ottenuto 46.577 voti. Cinque anni dopo, il Pd ha ben 28.842 voti in meno: quasi 30.000. In pratica, ha perso quasi 2/3 degli elettori.
Tiene invece Idv, pur perdendo 2.000 voti.
Se queste elezioni molisane hanno fornito segnali di crisi, sono tutti per il centro-sinistra. In un momento oltretutto difficile, dopo tre giorni consecutivi di figuracce in Aula e nelle piazze.
Ed ora, chi lo dice a Bersani?
Sappiamo già la risposta: “Uè ragassi, mo siam passi? non siamo qui a pettinare bambole, Berlusconi si deve dimettere”.
Ripetilo pure, caro Pier Luigi. Intanto in Molise il tuo partito è quasi sparito.

Piccola postilla. Da oggi il Molise ha un nuovo consigliere regionale, con relativo stipendio: Cristiano Di Pietro, figlio d’arte, diplomatosi alla veneranda età di 22 anni (!) come privatista presso l’istituto tecnico di Pratola Peligna. Voto 39 su 60, esame sostenuto a porte chiuse per inspiegabili motivi di sicurezza. Un nuovo “Trota” insomma. Se lo ricorderanno a sinistra quando faranno manifesti per difendere laureati precari o gruppi su fb per prendere in giro Renzo Bossi?

sabato 15 ottobre 2011

Le lettere, mai pubblicate, in cui Craxi diceva: “Fini è un compagno”




Inserito da Qelsi 14 OTT. 2011

Pubblichiamo tre lettere che Bettino Craxi ha inviato anche tramite fax alle redazioni di alcuni giornali italiani durante il suo esilio ad Hammamet, ma che non sono mai state pubblicate.

Nonostante siano tre lettere datate 1998, si può dire che l’ex segretario del Psi, scomparso da latitante il 19 gennaio 2000 dopo essere stato travolto dall’inchiesta Tangentopoli, abbia previsto alla perfezione l’attuale scenario politico, individuando con puntualità clamorosa la personalità di Gianfranco Fini.

Nella prima lettera lo definisce addirittura “compagno”, sia nel titolo della missiva sia nell’incipit che recita testualmente “Fini è un compagno come si deve”. L’ultima lettera che pubblichiamo è invece una lettera che Giuliano Amato, futuro premier, ha inviato a Bettino Craxi proprio prima che si dimettesse da segretario del partito. Anch’essa davvero interessante nei contenuti, ma mai pubblicata sui giornali. Fortunatamente i quattro documenti si possono trovare sulla rete, ad esempio li ha pubblicati il sito perdentipuntocom (perdentipuntocom.blogspot.com) da cui abbiamo attinto. Buona lettura.



Il compagno Fini (lettera mai pubblicata dai giornali, anche se a loro inviata tramite fax, come molte altre).
di Bettino Craxi

Fini è un compagno come si deve. Viene dall’estrema destra ma marcia, anzi corre, nella direzione giusta. Ha capito innanzitutto che il vero problema è Berlusconi. Via lui, tante cose si chiariranno anche tra di noi. Lui con il suo ruolo, noi con il nostro. In fondo siamo noi i veri perseguitati della Prima Repubblica.
Berlusconi in quegli anni si è solo fatto grosso. Fini, dobbiamo riconoscerlo, non perde un colpo. I magistrati infieriscono su Berlusconi? Lui non lascia cadere l’occasione e fa loro l’occhiolino. Berlusconi punta i piedi sulle non-riforme? Il compagno Fini si alza a difendere l’interesse della Nazione. Berlusconi distribuisce «Il libro nero sul comunismo», Fini provvede a seppellire il comunismo passato, presente e futuro.
Berlusconi allora si impressiona e corre ad abbracciarlo. Fini si guarda intorno e sembra che dica «ma questo che vuole?». Scoppia la polemica. Sono tanti che si preoccupano. E lui subito «Non preoccupatevi, l’aggiusto in un minuto».
Un colpo al cerchio e un colpo alla botte e quando verrà il momento un paio di telefonate, una a D’Alema e una a Caselli, e un calcio nel culo. Sarà una vera finezza.
Hammamet, marzo 1998

II lettera di Bettino Craxi

C’è una linea di Fini nei confronti di Berlusconi e di Forza Italia che è ormai assolutamente evidente. È figlia della furbizia e dell’ingratitudine prima ancora che dell’ambizione. La parola d’ordine è: «prendere le distanze».
Coerentemente egli lo fa in ogni occasione che si presenta. Il giorno dopo accetta di aggiustare le cose ma intanto ha lasciato il segno. Che cosa c’è al fondo di questa linea di condotta? Interessi rivali? No di certo. Fini non può aspirare ad alte cariche dello Stato né ad assumere la guida della coalizione di opposizione. Bisogno di identità e di autonomia di Alleanza Nazionale? Una cosa senza senso almeno nei confronti di Forza Italia, che ha compiuto a suo tempo, con tutti gli oneri relativi, e ha continuato a garantire sulla parola una operazione di sdoganamento interno ed internazionale in piena regola di una forza politica che, benché non più ghettizzata, permaneva ancora del tutto isolata. Insofferenze personali? La politica è fatta da esseri umani con i loro pregi, i loro difetti, le loro passioni e quindi anche di amori e di odi. Non parrebbe il caso visti i baci, gli abbracci e le effusioni che anche le immagini televisive hanno immortalato, anche se non è da escludere.
E allora? Prendere le distanze, nel modo come viene fatto, significa, nella realtà della politica, opportunismo bello e buono per non usare il parolone del tradimento. Berlusconi è oggetto di una aggressione politico-giudiziaria che potrebbe risultare devastante per lui, la sua famiglia, la sua azienda, il suo movimento politico. Bisognerebbe entrare in campo con grande decisione contro questa specie di «giustizia politica» che lo sta perseguitando. Bisognerebbe fare muro compatto contro quanti, nel sistema politico, blandiscono e assecondano l’arma giudiziaria.
Invece non si fa, qualche volta si fa il contrario, spesso si finge di non vedere, anche se, su questo fronte, non tutta Alleanza Nazionale pare perfettamente allineata con il suo leader. La linea ufficiale però sembra chiara. Non ci si scontra con i poteri forti, con il potere più forte degli
altri, e con quanti lo sostengono e si fanno sostenere. Se arriva una tempesta, noi mettiamoci al riparo anzi vediamo di approfittarne. La parola d’ordine è quindi: «prendere le distanze».
Hammamet, 1998

III lettera

«Ecco che, ancora, in questo drammatico panorama parrebbe ergersi una figura diversa, classica oserei dire, lineare, volutamente votata all’ordine, al rispetto delle regole (di quali però?), alla metabolizzazione frettolosa e
acritica delle coscienze, al ripristino di uno Stato etico che, comunque, si muove nella medesima altrui direzione; quella della restaurazione e dello stigma notarile della fine della democrazia. E costui risponde al nome di Fini.
Un nome che già nel suono nulla dice, nulla suggerisce (a parte lo spot sui tortellini), e che si può sussurrare in fretta. E dimenticare in fretta. Un nome senza echi, nella storia di un partito che la storia dovrebbe aver definitivamente segnato. Un personaggio che ammannisce apparente sicurezza, uno di quei nipotini di Almirante che, come tali, mai potranno essere legittimati a gestire una democrazia vera (…) Un individuo, questo Fini, che pare inamidato nella sua immobilità, anacronistico «residuo» di altri «residuati» la cui vacuità politica, sostanziale, è significata dal resoconto degli atti parlamentari che la dicono lunga sulla sua «vis» di uomo politico e di gran pensatore. Prendiamo in esame il decennio ’83-’92. Cosa ne vien fuori? La maggior parte, la quasi totalità anzi, dei suoi interventi ruota attorno ad un punto. L’osservanza dell’art. 77 della nostra Costituzione repubblicana(…) (Craxi elenca le sedute a partire dal 21 settembre 1983, e i temi su cui Fini è intervenuto)(…) Ma il deputato Fini raggiunge l’acme, riesce (se mi è permesso) a godere intensamente, ad avere il suo sacrosanto orgasmo quando, nella seduta del 12-2-’85, gli tocca di rievocare quelle giornate radiose in cui gli Italiani mostrarono il loro vero, profondo amore per il regime (naturalmente quello fascista!) facendo olocausto della loro più personale ed intima memoria. Dice difatti (p. 24097 e sg.): «La destra prima di chiedere i sacrifici… ha preferito dare l’esempio… Quando fu chiesto agli italiani dal capo di governo di allora, Mussolini, di dare il proprio oro alla patria. Tutto ciò farà sorridere, però quell’oro gli italiani lo hanno dato, quel sacrificio lo hanno fatto sia cittadini di umile condizione sia cittadini che erano di ben altro tenore sociale». Le parole del deputato Fini non abbisognano di commento.
Egli riesce a «pensare», a salir di tono, solo quando parla di «Mussolini» e degli italiani «di ben altro tenore sociale». E lo fa in un’aula parlamentare di quella Repubblica nata dalla resistenza e dall’antifascismo.
E questi è il medesimo Fini che, con cravatta e in doppiopetto, oggi si presenta agli italiani come faccia del «nuovo» e come candidato a guidare la destra, la nuova-vecchia destra, e magari un futuro governo. Un uomo della seconda Republica che, guarda caso, ha avuto i piedi ben piantati nella prima e il cuore, o la mente, radicati profondamente nel passato (…). Roba da sbellicarsi dalle risate… se non fosse che, data la drammacità dei momenti che stiamo vivendo, il dolore e il pianto avrebbero da sgorgare spontanei, e impetuosi. In tutta la sua vita parlamentare c’è un vuoto assoluto, anzi «il» vuoto assoluto, l’assenza di un’idea capace di contribuire al progresso degli uomini e delle istituzioni e di un’azione politica che tale progresso renda possibile, e visibile. E a costui, che da tempo si sta esercitando a guidare la destra e forse il nostro infelice Paese, gli italiani stanno forse correndo ad affidare il proprio destino e il futuro delle generazioni a venire! Chi avrebbe potuto immaginarlo? (…) Se la prima volta ci hanno tolto perfino le «fedi», stavolta che cosa si apprestano a toglierci? Ed oltre, cosa c’è? (…) Un seme di niente non può che darci un niente (…). Ma intanto un popolo di creduloni aspetta e spera, anche perché in una notte senza più luci o punti di riferimento visibili ci si riesce ad accontentare anche della luce più fievole della più fievole lucciola (…) Stiamo rischiando di sbattere col naso contro sventure inimmaginabili (…). Ci pensino, gli Italiani, finché si è in tempo.
E auguri.

Infine una lettera inviata da Amato, allora neo Capo del Governo a Craxi, già colpito da avviso di garanzia, Silvano Larini sta rivelando al Pool manipulite dei sette milioni di dollari versati su un conto Protezione da Licio Gelli che sono riferibili al Psi. Poco dopo Craxi si dimetterà da segretario, Martelli idem, e Amato cercherà di far approvare un decreto denominato SALVA LADRI, che poi sarà costretto a ritirare in fretta, ma che tutti avrebbero approvato se non avessero rischiato la faccia.

“Caro Segretario, prendo a calci i primi mattoni di un muro di silenzio che non vorrei calasse fra noi. E vorrei chiederti invece di avere fiducia in quel che io sto cercando di fare.
Occorre certo che passi qualche giorno, che la situazione delle imprese, e non solo della politica, appaia (come del resto già è) insostenibile.
E’ inoltre realisticamente utile che la macchia d’olio si allarghi.
Neppure a quel punto credo che sarà possibile estinguere reati di codice.
Ma credo che l’estensione per essi dei patteggiamenti e delle sospensioni condizionali sia una strada percorribile. Sto conquistando su questo preziosi consensi.
E ritengo che si ottengano così procedure non massacranti, che evitano la pubblicità devastante dei dibattimenti e forniscono possibilità di uscita (…). Claudio mi pare ormai in pericolo.
Apprendo che, se ci fosse un riscontro a ciò che ha detto Larini, già sarebbe partito un avviso per concorso in bancarotta fraudolenta.
Io sono qua. E continuo ad esserti grato ed amico. Giuliano”.

Naturalmente, a quel momento, tutto era in mano agli ex Dc e ex Pci, che
confluirono in breve nel Pds.
Quel Pd che ottiene il voto anche della borghesia proletaria, che se ne
infischia di chi perde il lavoro o di quei disperati dei Cococo eccetera. Un
blocco di potere che si è spalmato, con poche eccezioni tra Pdl e Pd, che
raccoglie la gente della classe piccolo e medio borghese, insegnanti,
parastatali, gente del servizio sanitario pubblico, dipendenti pubblici vari,
che nel complesso fanno milioni di persone, cui si aggiungono i grassi borghesi delle cooperative, del piccolo commercio e dell’artigianato. Quando ci sarà lo sfascio dei conti pubblici, cui siamo destinati, questa gente si salverà comunque, ma ci saranno allora almeno un cinque milioni di incacchiati, e incacchiati grosso! Altro che contratto di Mirafiori o Secondigliano o altra roba, che nell’insieme occupa 75mila posti.