di Filippo Giannini
Fine aprile 1945, giorno della Liberazione. Voglio iniziare (ma solo per iniziare) con il ricordo di un grande uomo, grande uomo, anche se partigiano. Siano i lettori a giudicarlo.
Questo articolo necessita, però, di una premessa, cioè richiamarne alla memoria un mio precedente apparso su “Nuovo Fronte” del novembre 2000, con il titolo: “FRANCESCO MONTANARI, PARTIGIANO, MA GRANDE UOMO”. Ritengo necessario rileggerlo.
Avevo scritto:
Sabato 17 febbraio 1996 “Cincino” Montanari affidò una lettera, che può essere considerata il suo testamento spirituale, ad un amico, l’avvocato Gustavo Raffi. Di quella lettera ricordiamo alcuni passi più significativi: “Sono certo che coloro i quali detengono le leve del potere faranno tutto il possibile per farmi passare per matto o anormale (…). Mi ammazzo perché so valutare la ‘sora’ morte nella maniera giusta, perché ho dignità, moralità, sensibilità e coraggio per cui, in questo letamaio pieno di miserie, ingiustizie e violenza – dove comandano i ladri, i delinquenti e i mafiosi – si potranno trovare bene i loro compari o le pecore, ma non il sottoscritto (…). Durante la guerra sono stato comandante partigiano (…). Non ho mai fatto scatenare terribili rappresaglie su gente innocente, non ho mai vigliaccamente giustiziato nessun fascista a guerra finita (…). Qui non c’è una sola cosa che funzioni per il verso giusto: si privilegiano gli stranieri illegali invece dei fratelli, si puniscono i ladri di galline e i piccoli evasori, ma mai i grossi: i sindacati insegnano solo i diritti (mai i doveri) (…). Provo ormai nausea a vivere in questa ripugnante società di ladri, di delinquenti e di pecore. Perciò vi dico ‘IO NON CI STO’ più e tolgo il disturbo!
Spero di avere sufficientemente chiarito che il mio non è un gesto inconsulto, ma un gesto di protesta nei riguardi dei principali responsabili di questo sfascio morale e materiale dell’Italia.
Vi saluto tutti, amici e nemici, e vi prometto che, se di là si sta peggio che di qua, vi scriverò. Ma se non riceverete niente, vuol dire che si sta meglio.
Francesco Montanari”>
Il mio articolo così continuava: P.S. Da perfetti vigliacchi, ma coerenti, a parte un paio di quotidiani, i “mass-media” ignorarono il “fatto Montanari”>.
Sin qui le parti più salienti di quanto scrissi nel novembre del 2000. A metà aprile di quell’anno ricevetti una lettera dalla Direzione di “Nuovo Fronte” a firma di Livio Valentini, nella quale, in merito al “caso Montanari”, si legge: <(…). Senonché, giunto alla storia di Otello Montanari (in arte “Cincino”), mi disse che (lo scrittore Gian Paolo Pansa, nda) non era stato lui a lanciare la famosa frase. Inoltre, in occasione di una prolusione pubblica, tenuta una quindicina di giorni prima in Emilia, riguardante il suo ultimo libro, aveva incontrato il Montanari (vecchio, ma vivo e vegeto) col quale aveva avuto anche una discussione. Insomma ho rimediato una figuraccia, perché quella nota errata poteva inficiare anche la verità delle altre cose che raccontavo. Quella storia non me la sono inventata; l’ho ripresa da un articolo apparso sul n° 205 (novembre 2000) di “Nuovo Fronte”, che allego in copia.
Conoscendo la serietà del giornale, mi pare difficile che il sig. Giannini si sia inventato tutto, penso ad una omonimia (ma in tal caso non si tratterebbe di Francesco Otello Montanari, né sarebbe stato deputato)>.
Confermo tutto quel che scrissi, a parte che Francesco Montanari (“Cincino”) non fu deputato comunista (anche se sul sito http://digilander.libero.it/tricolore1/comuitalia.htm, attesta essere stato deputato comunista), ma questo, ai fini del gesto del capo partigiano, ha poca importanza. La lettera di Livio Valentini dimostra, una volta di più, la capacità dei comunisti di nascondere la verità. Infatti il Montanari incontrato da Livio Valentini doveva essere Otello Montanari (non Francesco, tanto meno “Cincino”). Ma questi non poteva non sapere che era esistito un suo omonimo e che fu proprio lui a lanciare quella frase che incriminava la maggior parte della “Resistenza”, ma soprattutto che era stato autore di un gesto tanto eclatante.
Francesco “Cincino” Montanari aveva 76 anni, era nato a Ravenna, ma abitava a Cesena. La notte del 22 febbraio 1996 salì su una vecchia “Ritmo” acquistata pochi giorni prima e la parcheggiò in San Mauro in Valle (una frazione di Cesena) dove si dette fuoco. Il suo corpo fu divorato dalle fiamme, ma rimasero intatte alcune copie del suo libro dal titolo: “Qui il più pulito ha la rogna”, libri che aveva posto accanto alla macchina prima dello stoico gesto. A maggior documentazione riporto uno stralcio di una lettera inviata a “Il Giornale” il 15 marzo 1997 dal signor Italo Tassinari di Padova che aveva fatto parte della stessa brigata partigiana di Montanari:
Questa è la storia, per dovere di spazio molto concisa, di un grande uomo che è un onore avere avuto come avversario; non nemico. Perché poche cose ci dividevano da Lui.
Cosa voleva dire “Cincino” con quel gesto? Chi scrive queste note può intuirlo. Forse, per iniziare, voleva denunciare se stesso come fuori legge. Fuorilegge proprio in quanto ex partigiano, perché il partigiano, dalle Convenzioni Internazionali dell’epoca non era riconosciuto come legittimo combattente, di conseguenza ogni uccisione da parte del partigiano di un fascista, o di un supposto tale, era un assassinio. Quanti furono gli assassinati nel periodo delle gloriose giornate? La cifra esatta non si sa e, forse, non si conoscerà mai. Pino Romualdi ha scritto:
Ad ogni anniversario della “liberazione” si festeggia a San Paolo a Roma, in quanto dicono (sic!) che in quella località ebbe inizio la lotta di liberazione. Come al solito si dice mezza verità omettendo l’altra mezza. È vero che a Piazza San Paolo a Roma si sparò contro i tedeschi, ma è altrettanto vero che furono i granatieri del generale Solinas ad ingaggiare battaglia, come è vero che a battaglia terminata il generale Solinas e buona parte dei suoi granatieri aderirono alla sorgente Repubblica Sociale Italiana. E mentre i fascisti di Solinas si battevano contro i tedeschi, i partigiani dove erano? Bah!
Quali erano le finalità dell’eroico partigiano? Ce le illustra Giorgio Bocca (sì, sì lo so che era un fervente fascista, ma sapete, come vanno le cose del mondo? Giorgio Bocca ci spiega il perché degli attentati:
Come doveva svolgersi la lotta partigiana? Ce lo spiega Beppe Fenoglio ne Il partigiano Jhonny.
Evviva, sempre evviva la liberazione, che ci ha portato al governo i Berlusconi, i Fini, i Pertini, i Togliatti, i Secchia e mille e mille altri fior fiore di simili gentiluomini.
Ah, se tornassero in vita i martiri delle rappresaglie…
Ho ricevuto una mail da un caro amico, di cui indico solo le iniziali. Dato che espone il mio pensiero sulla “fausta data” , lo propongo anche ai miei amici lettori.
25 Aprile