venerdì 11 dicembre 2009

TRATTO DALLA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO-GLI INDAGATI






BARI – L'ex consigliere laico di centrosinistra del Csm, Gianni Di Cagno, e l’ex vicepresidente presidente della Provincia di Bari, Onofrio Sisto (Pd), entrambi avvocati, sono tra i professionisti baresi ai quali la magistratura ha notificato oggi provvedimenti interdittivi dall’attività professionale della durata di due mesi al termine delle indagini su clan malavitosi baresi. I due sono accusati di concorso nel reimpiego di danaro sporco per non aver rispettato gli obblighi di segnalare le attività sospette alle autorità competenti.

A Di Cagno e Sisto viene in particolare contestato di aver avuto rapporti professionali, per i quali avevano ricevuto regolare mandato, a rappresentare l’imprenditore Michele Labellarte (morto a settembre) nei rapporti con enti pubblici per curare la realizzazione di un campus universitario che avrebbe dovuto ospitare 3.500 studenti nei pressi di Bari. Labellarte – secondo la Guardia di Finanza – era colui che, avvalendosi di prestanome, riciclava i proventi illeciti del clan Parisi e quelli derivanti da una bancarotta che egli stesso aveva compiuto in passato. Il terzo professionista colpito dal provvedimento interdittivo della durata di due mesi è il notaio barese Francesco Mazza, indagato per un falso compiuto in relazione a un’asta giudiziaria.

Tra i nomi di assoluto primo piano l'on. Elvira Savino che risulta indagata per aver fatto da prestanome ad un boss per la realizzazione del campus universitario a Valenzano. L'on Savino (nata a Castellana Grotte nel '77) è stata eletta alla Camera dei deputati in forza al Pdl ed è salita all'onore delle cronache per il suo matrimonio celebrato nel settembre 2008 con Berlusconi come testimone di nozze.
La parlamentare è indagata per aver agevolato l’attività di riciclaggio del denaro proveniente dalla bancarotta della società 'New Memotech srl' per la quale l’imprenditore barese Michele Labellarte (ritenuto il riciclatore della mala, poi deceduto) era stato condannato per bancarotta fraudolenta.

Secondo l’accusa, la Savino ha agevolato l'attività illecita consentendo la fittizia intestazione di un conto corrente bancario. In cambio avrebbe ottenuto – sempre secondo l’accusa - «numerosi favori e regalie»: la concessione di una carta di credito collegata alla promozione di un vettore aereo con addebito sul conto di Labellarte (giugno 2007); il cambio di un assegno di 3.000 euro datole dal fratello Gianni (ottobre 2007); tre aiuti finanziari per complessivi 3.500 euro (nel 2008); il pagamento di un biglietto aereo Roma-Bari nel 2008; due ricariche telefoniche (nel 2008).

Gianni Di Cagno, invece, 58 anni, iscritto all'albodegli avvocati di Bari, è stato componente laico del Csm dal luglio 1998 al luglio 2002, designato da Democratici di sinistra (Ds). Dal dicembre 2002 è componente della Commissione di Garanzia per l’attuazione della legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Dal 1990 al 1994 è stato consigliere comunale Pci-Pds a Bari. Dal 1995 al 1998 consigliere alla Provincia di Bari e per un periodo anche vicepresidente. Tra le sue pubblicazioni, due volumi pubblicati tra il 1990 e il 1992 che raccolgono atti giudiziari riguardanti la criminalità di stampo mafioso a Bari. Nel 2004 ha pubblicato insieme con Gioacchino Natoli, che fu componente del Csm nello stesso periodo di Di Cagno, il libro 'Cosa nostra ieri, oggi, domani', un quadro dell’evoluzione di Cosa nostra dagli anni Cinquanta.

Onofrio Sisto, 51 anni, avvocato, è stato vicepresidente Ds-Pd alla Provincia di Bari dal 2004 al giugno scorso.

COINVOLTI ANCHE 6 DIRETTORI DI BANCA
Sono sei i direttori di filiali di banca indagati nell’inchiesta della procura antimafia di Bari per aver consentito l’accensione di conti correnti intestati a prestanome per agevolare l’attività di riciclaggio cui sarebbe stato dedito Michele Labellarte, presunto riciclatore di beni della mala barese e del clan mafioso di Savinuccio Parisi. I funzionari sono accusati di non aver segnalato all’Uif (Unità di informazione finanziaria) della Banca d’Italia la gestione dei conti correnti da parte di persone diverse dai titolari e di aver consentito che Labellarte tenesse “condotte espressamente tipizzate” e “sintomatiche di attività di riciclaggio".
I sei sono indagati perchè l’accusa ritiene di aver raccolto nei loro confronti prove dalle quali si evincerebbe che i funzionari sapevano della bancarotta di cui era stato protagonista Labellarte e di una ingente evasione Iva. Gli indagati sono Salvatore Biscozzi, Gaetano Barone, Grazia De Carne, Domenico Perrone, Beniamino Piombarolo e Francesco Lovecchio.

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