domenica 26 aprile 2015

25 aprile, Pansa attacca retorica e falsità della Resistenza

di Tano Canino. Giampaolo Pansa si arrabbia, ma pure si diverte. In realtà, non ci sta a guardare silente la marea montante di conformismo celebrativo in atto in prossimità di quest’altro 25 aprile. Tutta la sinistra strombazza. La sinistra comunista di ieri (residui), quella intellettuale e radical-chic (altri residui), quella acchiappatutto di Renzi e dei suoi supporter (un fiume in piena): tutti li a celebrare. A sorridere e ricordare e pure cantare (tipo la Boldrini). Ancora oggi stanno così: abbarbicati ad una data che è ormai una zattera. Zattera galleggiante in un mare di menzogne, di omissioni e di falsità raccontate per decenni. Un intero paginone di “Libero” serve perciò appena all’ottantenne giornalista e scrittore piemontese per ribadire quanto già spiegato nei suoi scritti più famosi e controversi sul tema: “Il Sangue dei Vinti” e “La Grande Bugia“. Scritti che ne hanno decretato una sorta di ostracismo, naturalmente democratico (non sia mai!) dal consesso dei resistenti in servizio permanente effettivo. E ciò semplicemente, per aver detto la verità sui crimini e sulle ottuse violenze pianificate con cieca obbedienza durante quella primavera di sangue di 70 anni fa. Le falsità della Resistenza Così incrocia di nuovo la penna, Giampaolo Pansa contro quello che definisce “un mare di retorica, uno tsunami strapieno anche di bugie dettate dall’opportunismo politico”. E che sia davvero così, ci vuol poco a capirlo, nota lo scrittore di Casale Monferrato. Basta dare un’occhiata, rileva, ai giornali di questi giorni: “È da un decennio che studio e scrivo della nostra guerra civile. Ma non avevo mai visto il serraglio di oggi. Una fiera dove tutto si confonde. Dove imperano le menzogne, le reticenze, le pagliacciate, le caricature. È vero che siamo una nazione in declino e che ha perso la dignità di se stessa. Però il troppo è troppo.” Così eccolo a snocciolare, per esempio, tutta una serie di fatti, di eventi, di verità che stridono e non poco con la elegiaca e romantica visione della Resistenza in onda in queste ore a reti unificate. Un servizio che Pansa probabilmente sente di dover rendere anzitutto alla sua coscienza di uomo libero, ma anche a tutti noi. Noi che non ci sogniamo neppure di sorbirci la sbobba nauseante delle “radiose giornate”.

mercoledì 22 aprile 2015

Boldrini e le sirene umanitarie, fastidiosa e immonda litania buonista

di ERNESTO MICETICH Ormai é fuor di dubbio che viviamo in una pozzanghera di stigia perfidia nella quale frammisto al dolore lancinante della miseria, della privazione che flagella ogni anno che passa sempre piú famiglie italiane, dobbiamo purtroppo sopportare anche l’oltraggio di quella fastidiosa e immonda litania buonista che piagnucola continuamente per le sventure non degli ultimi del nostro popolo, ma dei remoti del pianeta, cioé di quelli che arrivano da migliaia di chilometri e ancor piú lontane distanze culturali ed inoltre dover soggiacere al nugolo tenebroso di principi dispotici che esigono pure il rigoroso rispetto di un balzano galateo etico per il quale non deve interessarci se il nostro compatriota muore di fame, se il vicino dorme per strada o il nostro amico si suicida perché é disperato dalla mancanza di lavoro, ma di riservare solo agli estranei di altri popoli il sentimento della nostra pietá a dimostrazione che ormai per nostra disgrazia la Patria é precipitata in un perverso mondo che sembra impossibile che possa esistere sul serio…<> (Ferdinando Fontana)… e invece purtroppo é cosí! E che questa farsa di stato non sia nemmeno piú una repubblica fondata sul lavoro ma un mattatoio genocida del popolo italiano governato dal principio mentecatto e criminale dell’assistenzialismo al parassitume allogeno che ci costa ancor prima di funestare l’Italia con la sua dannosa presenza sia in termini economici che di prestigio nazionale con l’avvilente spettacolo quotidiano delle nostre navi militari declassate alla misera funzione di traghettatrici degli invasori, ne abbiamo avuta un’ulteriore dimostrazione proprio di recente da uno dei tanti cicalecci esalati di continuo dal bubbone infezioso della scellerata casta politica. Ecco infatti Laura Boldrini, la stessa che pur essendo giá la terza carica dello stato aveva illuminato il suo disinteresse per quello che dovrebbe essere il suo popolo dichiarando di non “immaginare” (perché per questa gente evidentemente lo spazio sociale nel quale vivono le persone comuni é una dimensione sconosciuta da percepire esclusivamente attraverso l’immaginazione e da depredare affidandosi al maligno servilismo ben razionale dei burocrati) la grave crisi economica nella quale agonizzavano giá due anni fa milioni di italiani (ve lo ricordate? Cronache Maceratesi 6 aprile 2013 Laura Boldrini abbraccia Civitanova. “Non immaginavo l’Italia cosí povera. < Non immaginavo che in Italia oggi ci fosse tanta povertá, tanto bisogno delle cose essenziali>) e ci aveva fatto capire di condurre inoltre un’esistenza beatamente comoda in quella verminosa Versailles dove galleggia la cafonesca masnada dei nobilucci della plutocrazia mondialista che ovattata dai privilegi del denaro non sente il “grido di dolore” e i gemiti funebri che s’innalzano lugubri e disperati dalla societá italiana, in questi giorni ha pontificato ancora per dare, tanto per cambiare, un suo ulteriore contributo a quello che sembra essere l’unico maledetto scopo della sua vita: distruggere l’Italia sommergendola in un diluvio di stranieri. E anche questa volta, rovistando in quella bislacca cianfrusaglia di parole gettate a vanvera che poi non é altro che il solito politichese con il quale la parte piú abietta della nostra nazione finge di comunicare qualcosa al popolo, appare un fioco barlume di iridescente veritá…(Imola Oggi 14 aprile 2015) < Non è una migrazione economica, chi vuole lavorare va nel Golfo. Chi viene qui fugge da una storia di guerra e violazione dei diritti > che splende gloriosamente una volta purificata dalla solita scoria retorica sui “poveretti che fuggono da…“ (i poveretti siamo noi che ce li mettiamo in casa)… SONO DEI PARASSITI CHE VENGONO A MANGIARE A SBAFO IN CASA NOSTRA! Quindi prima la scusa per farci invadere era che gli immigrati lavoravano per noi, sollevavano il pil e avrebbero pagato le nostre pensioni e adesso che questa favoletta delle prospere sorti economiche giá non regge perché a quell’idiota e torbida menzogna esalata dal chiacchierume fetido di tradimento dei babbei immigrazionisti ha risposto la realtá, allora ne hanno inventata un’altra secondo la quale l’Italia deve trasformarsi da gloriosa e meravigliosa nazione a letamaio di “profughi” africani e considerare pure come “progresso”, tanto per aggiungere al danno enorme una beffa ancor maggiore, questo sprofondamento nella peggior decadenza possibile. E noi popolo idiota ancora diamo retta a questa ripugnante casta politica che gioca a emulare san Francesco ma con stipendi da molte migliaia di euro, auto blu, vitalizi e privilegi principeschi schifosamente eccessivi e ha l’arroganza di esigere che l’italiano bisognoso si rassegni a veder scivolare la propria vita aspettando ad esempio le calende greche prima di riuscire a scalare la montagna dei morti di fame allogeni e vedere aperta la porta di una casa popolare ! Guillaume Faye “L’archeofuturismo” (Imola Oggi 18 aprile 2015)< crisi continua a mietere vittime. Tra il 2012 ed il 2014, infatti, sono raddoppiati i suicidi per motivi economici: in 439 si sono tolti la vita schiacciati da debiti, fallimenti, licenziamenti e disoccupazione, 201 nel 2014 in salita rispetto ai 149 del 2013 e agli 89 del 2012. E se il 45% sono imprenditori e titolari di aziende, il 42% sono disoccupati mentre aumenta il malessere giovanile che porta al 5,5% il numero di suicidi di chi ha tra i 25 e i 34 anni, il 4% solo nel 2014, e all’1,4% quelli di chi ha meno di 25 anni (era 0 nel 2012).>>> E voi pensate ai profughi? FATE SCHIFO! << Le case d’Italia son fatte per noi>> cantavano nel Risorgimento i nostri Padri con i cuori pervasi di sacro furore guerriero. Vedessero adesso a chi vanno le avrebbero lasciate agli austriaci. E purtroppo ormai non dobbiamo solamente tollerare che gli alloggi “popolari” vengano assegnati in percentuali sempre maggiori agli intrusi, ma addirittura un’iniziativa politica (che prima o poi sará superata da altre perché tanto a questo schifo non c’é mai fine) che nella drammatica situazione nella quale si trova il popolo ITALIANO avrebbe dovuto essere ricevuta con sdegno rivoluzionario e aver fatto suonare il primo rintocco di libertá per noi e pertanto di morte per questo turpe sistema che é, lo ripeto nuovamente, il piú viscido e pericoloso nemico mai avuto dalla nostra Patria in tutta la sua millenaria storia. P ensate al grave momento che stiamo vivendo, alle difficoltá, privazioni che dilaniano la vita di milioni di nostri compatrioti… ed ecco quello che si é inventato questo stato demoniaco in un articolo del Giornale del 23 febbraio 2015 che prende spunto da una proposta demenziale di un vescovo, cioé del rappresentante di un’altra mostruosa bestia avversa all’Italia e favorevole alla sua distruzione infettandola con la pestilenza immigratoria… “Ospitate i profughi nelle vostre case” << La proposta non è nuova: vi diamo novecento euro al mese e in cambio ospitate a casa vostra un profugo. Era l’ultimo settembre quando Ignazio Marino abbracciò, entusiasta, la proposta del Viminale, trovatosi a far fronte all’emergenza immigrati: trenta euro al giorno per aprire la porta al rifugiati. Soldi pagati dallo Stato, cioè da noi, corrispettivi di quanto costerebbe mantenere un ospite in una struttura ad hoc. E oggi, a mesi di distanza, la situazione è ancor più grave: decine di barconi e migliaia di profughi sono arrivati – e arriveranno – in Italia. I centri d’accoglienza, in tilt, strabordano di clandestini. Così l’ingegno prova ad aguzzarsi per trovare qualche raffazzonata soluzione. Soluzione che non può essere certo questo “affitto”. (…) Tra le tante città del settentrione chiamate dal Ministero dell’Interno ad accogliere gli immigrati in fuga c’è Mondovì, comune di oltre 20mila abitanti in provincia di Cuneo. Nella Granda, nei prossimi giorni, ne arriveranno più di trecento, che andranno a fare compagnia a chi – da tempo – è già ospite nei vari centri dislocati sul territorio, ormai al collasso. La Prefettura della città piemontese ha così sondato la Diocesi di Mondovì, che però non ha più le risorse per dare un tetto agli immigrati: le strutture parrocchiali sono tutte al completo. Così, senza più sapere dove sbattere la testa, il vescovo Luciano Pacomia ha lanciato un appello alla comunità, invitando le famiglie ad ospitare in casa i profughi: “Sarebbe un gesto importante e utile. Le pratiche per l’accoglienza verrebbero gestite dalla Caritas, che si occuperebbe di fare da tramite con la Prefettura e di stipulare i contratti”. Rimettersi alla solidarietà degli italiani (in questo caso dei monregalesi) pare ormai essere l’unica soluzione.>>. Avete visto dunque quanto é generoso lo stato nello spendere per gli allogeni i soldi strappati con gli artigli del fisco dalle tasche degli italiani e buono di cuore il vescovo che ci propone altrettanto facendo leva sulla solidarietá degli italiani che ovviamente deve riguardare solamente i “profughi” visto che ormai, come dicevo all’inizio, in questa strampalata societá alla rovescia il prossimo sono loro (sicuramente nelle nuove versioni del vangelo Gesú Cristo non dirá piú <> ma <>) e non i nostri connazionali che possono continuare a dormire per strada insultati nella loro dignitá di cittadini (ma sul serio, non nella ridicola accezione attuale del termine che é stata truffaldinamente ampliata fino a diventare un sinonimo di “chiunque”) dal menefreghismo di quello che dovrebbe essere lo Stato e invece é solo lo stato, cioé una nauseabonda eggregora di spregevoli animacce che di loro non si preoccupa minimamente e addirittura li maramaldeggia come se fosse un ignobile signorotto manzoniano. E infatti, emblematico della sua funesta natura di persecutore spietato degli italiani ecco questo squallido episodio documentato dal Mattino del 10 giugno 2013, nel quale si osserva come la sua malefica presenza non costituisca altro che un ulteriore dramma nella giá tragica vita di questi nostri poveri compatrioti. “L’auto è diventata la loro casa non è assicurata: gliela sequestrano” <> frasuccia finale <>… ma solo se sei un poveraccio italiano…

domenica 19 aprile 2015

25 aprile una data che divide un paese già diviso

Mi rendo conto che il 25 Aprile non è proprio vicino, ma ho deciso di ripetere l’invito fatto lo scorso anno per dare la possibilità a chiunque la legga di avere le motivazioni e le conoscenze per rifletterci su-. Lino Adamo 25 aprile una data che divide un paese già diviso Ho cercato di informarmi con tutti i mezzi a mia disposizione di Destra, di Sinistra o di Centro non importa, per comprendere perché il 25 aprile è una data che fraziona un paese già diviso. La Resistenza italiana (ma detta anche Resistenza Partigiana), fu l’insieme dei movimenti politici e militari che in Italia dopo l’8 settembre 1943 si opposero al nazifascismo. Il periodo documentato in cui il movimento fu attivo, comunemente indicato come “Resistenza”, termina nei primi giorni del maggio 1945, durarono quindi 20 mesi circa. La scelta di ricordare il 25 aprile 1945 fa riferimento alla data dell’appello diramato dal CLNAI per l’insurrezione armata sella città di Milano, sede del Comando Partigiano dell’Alta Italia. Invece di unire tutti gli italiani il 25 aprile inteso come festa della liberazione dal nazifascismo, continua a frazionare. Bisogna prenderne atto, non è diventato solida memoria collettiva dei suoi cittadini, perché? La festa del 25 aprile fu decisa nel 1946 dal premier democristiano Alcide De Gasperi, dietro la spinta poderosa del comunista Giorgio Amendola, dirigente pci e allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Sono anni che questa data viene brandito come una clava contro “qualcuno” ovvero contro il nemico di turno, che fino a ieri era Berlusconi. La data del 25 aprile, che avrebbe dovuto simboleggiare la festa della libertà, è diventata sempre di più una festa di parte e un ulteriore motivo di scontro tra fascisti e antifascisti, comunisti e democristiani: è lo spirito di divisione che ci portiamo dietro da secoli. Le grandi date, quelle che diventano sangue e carne di una nazione, non si possono imporre per decreto, ma si riconoscono dall’emozione e dal tormento che evocano. La Francia ha il 14 luglio, l’America il 4 luglio, il 12 ottobre la Spagna, sono tutte feste nazionali dove tutti si fermano e le festeggiano uniti sotto le proprie istituzioni, nessuno pensa che siano feste di parte o di divisione e nessuno le rivendica, ma tutti si sentono orgogliosi di far parte delle proprie nazioni in questi giorni di festa. In Italia invece da 67 anni il 25 aprile divide le persone, non le unisce perché? Il fascismo volendo rafforzare l’identità nazionale inventò la storia della “gloria militare perduta” e riempì il calendario di feste nazionali che, però erano tutte feste di regime. Feste che la Repubblica ha abolito senza trovarne una valida per tutti. Nel 25 aprile c’è ancora un sedimento di ideologia e retorica. E’ giusto riconoscere alla Resistenza i meriti che ha; ma senza attribuirne quelle che non ha. Il 25 aprile sa ancora di cellula di partito: risente dell’egemonia comunista che servì al pci per prendere parte alla spartizione del potere finita la guerra. Vorrei ragionare con voi sui tanti perché questo 25 aprile divide e non unisce, senza parlare di partigiani o di fascisti durante la guerra. Non mi interessa quello che hanno fatto i fascisti o i partigiani, non mi interessa perché chi pensa che i fascisti siano tutti bravi continuerà a pensarlo, chi pensa che siano tutti cattivi continuerà a pensarlo, chi pensa che erano sia buoni che cattivi idem, stessa cosa per i partigiani, quindi perché il 25 aprile divide e non unisce? A mio avviso è ancora una volta colpa della politica italiana che dal 46 ad oggi, con motivazioni diverse, ha voluto questo fino a tangentopoli, correggetemi se sbaglio, il 25 aprile era una festa nazionale che però era snobbata da molti partiti politici (DC PRI PLI PSI) ricordo che da bambino nei cortei del 25 aprile vedevo solo bandiere del pci, bandiere tricolore o bandiere di altri partiti politici. Questo ha fatto sì che detta festa si alterasse in una festa privata e non più nazionale. Prima di tangentopoli una grossa parte politica italiana non aveva interesse a prendere parte alle celebrazioni del 25 aprile per motivi loro (giusti o sbagliati non lo so) con tangentopoli cambia completamente lo scenario politico italiano. La destra e la Lega con Berlusconi vanno al governo e da quel momento, sempre per interesse politici si sono accese le polemiche sul 25 aprile. Chi dal 1946 ha sempre festeggiato detta festa (pci) non voleva che alla suddetta festa potessero parteciparvi altri che non fossero loro specie se facenti parte della Lega, AN o FI. Da tangentopoli ad oggi questo accade ogni anno, con una parte politica che rivendica a se detta festa, ed un’altra che a seconda della polemica locale o nazionale che si va ad innescare, non la riconosce o si dice vittima di non vuole che presenzi a detta festa. Tutto questo ha portato ad avere gli italiani divisi in 3 gruppi. Ecco la differenza tra il nostro 25 aprile e le feste sopra citate. Le ricorrenze sono un ponte, fra noi, il nostro passato e la nostra storia. Chi dimentica la propria storia rischia di ripeterne gli errori. Lino ADAMO