venerdì 21 ottobre 2011

Dove finisce il buon senso incominciano loro


A Napoli vent’anni di agguati finiti nel vuoto.

Ecco la procura del fango che cerca visibilità
di Stefano Zurlo

I pm partenopei da tempo cercano visibilità mediatica con indagini "d’alto livello". Ma alla fine mancano sempre le prove e frana tutto. Come nell’inchiesta Lavitola. Già 492 cause nel 2009 per ingiusta detenzione: un record nazionale


L’ultimo mezzo flop è l’inchiesta sul duo Tarantini-Lavitola, con Berlusconi nella parte del pollo da spennare. Un’indagine strattonata da tutte le parti, ammaccata, rovesciata dal tribunale del Riesame, quindi tolta ai pm di Napoli per il solito problemino della competenza. E ora proseguita senza entusiasmo dalla magistratura di Bari che annuncia: l’ordine di custodia contro Valter Lavitola ha i giorni contati. La procura di Napoli ha ormai una visibilità altissima, ha superato perfino quella di rito ambrosiano, ma i risultati non sono all’altezza. Inchieste clamorose che si sgonfiano, ritardi intollerabili nella pur elastica Italia, scarcerazioni di boss per un cavillo.
I pm napoletani, sia chiaro, sono in prima linea e pure oltre nel combattere tutte le forme possibili di criminalità. Un quinto dei bersagli intercettati nella penisola viene spiato dal Centro direzionale del capoluogo campano, con una spesa - nel 2010 - di 11,6 milioni di euro. Siamo a livelli record. Ma fra errori, lungaggini e scivoloni una parte del lavoro evapora nel nulla. Capita che un boss di prima grandezza, Vincenzo Di Lauro, uno dei primi cinquecento ricercati d’Italia insieme al padre Paolo, venga infine catturato. Un’operazione vanificata da un incredibile passo falso della procura: nell’ordinanza di arresto mancano le motivazioni. Il paragrafo, quindici righe su otto pagine, è saltato e gli avvocati difensori lo fanno notare. Risultato: il giovane viene scarcerato.
I numeri degli errori giudiziari sono impressionanti. E non hanno riscontri in Italia, proprio come quelli delle intercettazioni. Solo nel 2007 a Napoli sono stati iscritti 335 procedimenti per ingiusta detenzione, per un totale (nel 2009) di 492 cause. Un’enormità. Per raggiungere una massa analoga bisogna sommare tutti i processi in corso a Roma, Milano, Torino, Palermo, Firenze, Genova, Catania, Bologna, Potenza, Cagliari e Trento. Napoli combina da sola gli errori di mezza Italia. E la memoria corre al peccato originale, il caso simbolo di una giustizia che non c’è: le manette a Enzo Tortora, le farneticanti accuse di contiguità alla camorra, la condanna in primo grado, prima della tardiva assoluzione.
La vicenda Tortora fa purtroppo parte della storia italiana, ma tanti altri nomi sono rotolati nella polvere del disprezzo per essere poi riabilitati dopo lunghissime odissee. Antonio Gava, il potente ex ministro dell’Interno, viene assolto nel 2000 dall’accusa infamante di concorso esterno in associazione camorristica. Per ridargli l’onore ci sono voluti 5 anni e 4 mesi, riempiti da 268 udienze.
Capita, capita spesso a non solo a Napoli, che la giustizia rimedi quando ormai è troppo tardi e i giochi sono fatti. Dalla politica allo spettacolo: Gioia Scola, bellissima attrice alla ricerca del film di successo, viene catturata nel 1995 per traffico internazionale di stupefacenti. La carriera s’infrange contro i titoloni dei giornali. La tengono 73 giorni in cella e 78 agli arresti domiciliari; poi si scopre che Napoli non è competente. Le carte traslocano a Roma e nella capitale Gioia Scola è assolta dodici anni dodici anni più tardi, nel 2007. Ormai è troppo tardi per tornare davanti alla telecamere.
Capita. Anche il processo per la Global service, altro capitolo apparentemente glorioso dell’investigazione napoletana, si conclude con un disastro. Si tratta di un’indagine importantissima, che ha portato alla decapitazione della giunta di Rosa Russo Iervolino. Una vicenda che s’intreccia con il suicidio di Giorgio Nugnes, impiccatosi in casa. Il tribunale emette una raffica di assoluzioni. Per la Procura è una Caporetto. E finisce anche sul binario morto dell’archiviazione l’indagine che aveva messo in fibrillazione il mondo della politica: quella delle giovani attricette raccomandate dal presidente del Consiglio. Un altro flop, autenticato dai giudici di Roma. È Napoli: grandi titoli all’inizio, ma titoli di coda da dimenticare.

Nessun commento:

Posta un commento