mercoledì 6 ottobre 2010

Burqa e niqab, verso la legge per vietarli



Governo: «Ma senza mai citare l'Islam»

il parere dell'esecutivo inviato alla commissione Affari costituzionali della Camera che esamina le proposte di legge



ROMA (6 ottobre) - Più vicina la legge per vietare il burqa ed il niqab in Italia. Ma senza fare riferimento all'Islam, considerato che indossare il velo integrale non è un obbligo religioso. Non c'è infatti traccia di ciò nel Corano. Questo il parere che il governo ha inviato alla commissione Affari costituzionali della Camera che sta esaminando le proposte di legge in materia. Il documento, illustrato dal sottosegretario all'Interno, Alfredo Mantovano, è quello proposto dal Comitato per l'Islam italiano istituito presso il Viminale.

Le proposte all'esame della Camera puntano a modificare l'articolo 5 della legge 152 del 1975 che vieta l'uso di caschi protettivi o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in un luogo pubblico, senza giustificato motivo. Diversi di questi testi introducono tra i mezzi soggetti al divieto, «gli indumenti femminili in uso presso le donne di religione islamica denominati burqa e niqab». Una formulazione che non piace al Comitato composto da esperti di islam, perché ritenuta inesatta e a rischio di alimentare polemiche. Il parere, fatto proprio dal governo, ricorda infatti che l'uso del niqab (indumento che copre il capo e buona parte del busto lasciando scoperti soltanto gli occhi) e del burqa (che copre tutto il corpo compresi gli occhi) non ha un'origine coranica. Indumenti simili sono stati usati in diverse zone in epoca romana, bizantina, persiana. Portarli non è dunque «un obbligo religioso». Non c'è un «nesso causale» tra burqa e niqab da una parte e religione islamica dall'altro.

La legge in materia dovrà quindi, secondo il governo, tenere prioritariamente in conto «la considerazione di ordine pubblico secondo cui persone travisate in modo da non essere riconoscibili non possono essere identificate dalle forze dell'ordine, individuate dai conoscenti e, se del caso, descritte dai testimoni. La riconoscibilità delle persone deve essere garantita, tanto più a fronte del rischio internazionale collegato al terrorismo». Il documento raccomanda però di «omettere dai testi di legge ogni riferimento alla religione o all'islam, limitandosi alla formulazione secondo cui nel divieto devono intendersi ricompresi "gli indumenti denominati burqa e niqab", prescindendo dalle motivazioni che spingono le persone ad indossarli». L'obiettivo, si sottolinea, è quello di «deconfessionalizzare» la legge per non alimentare polemiche. Il parere suggerisce inoltre di modificare parallelamente l'articolo 85 del Testo unico di pubblico sicurezza con il riferimento ad un divieto incondizionato all'uso in luogo pubblico «di qualunque mezzo o indumento atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona»; inserendo quindi una norma per cui «l'autorità locale di pubblica sicurezza può con apposito manifesto prevedere deroghe al divieto», il che consentirebbe di autorizzare, ad esempio, l'uso del burqa o del niqab nelle moschee.

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