giovedì 9 aprile 2009

COM'E' POSSIBILE NON ESSERE DACCORDO

C'era una volta l'Atrium
di Giovanni M. De Paolini, 02.03.2009 - commenti (3)

Se vi è capitato negli ultimi dieci giorni di dover pagare una bolletta alle poste, o una di queste sere di fare un salto per panino e birretta alla Voglia, avrete di certo notato qualcosa di diverso. O meglio, qualcosa in meno. Lo sguardo non viene più bloccato da un vecchio palazzone in disuso, dove una volta gli adolescenti si scatenavano al ritmo della musica dance più in voga, ma viaggia senza ostacoli verso il cielo: l’Atrium ormai non c’è più. Rimane ancora vivido il ricordo di quelle lontane domeniche pomeriggio, quando frotte di adolescenti scendevano dal treno alla stazione di Villafranca. Una stazione ancora viva, forse anche grazie a loro, che la affollavano e la facevano sentire importante anche solo per un pomeriggio a settimana. Quei ragazzi invadevano poi le vie del centro, nel tragitto che li portava fino alla discoteca, tra schiamazzi e magari qualche parola di troppo, ma anche questo faceva sentire Villafranca un po’ più grande. E poi dentro, in quel tempio che per poche ore faceva dimenticare tutti quei “casini” adolescenziali, che magari erano sciocchezze ma a quell’età sconvolgevano la vita. E così se ne va un pezzo di storia. Con l’Atrium non viene abbattuto soltanto un edificio che tra l’altro negli ultimi anni è sempre rimasto silente, ma crolla anche un pezzetto dei nostri ricordi, sia per chi ci passava le domeniche, sia per chi non c’è mai stato ma gli bastava sapere che c’era. Chi magari, come me, passava le domeniche al pattinaggio di fianco la “cesa dei fràti”. Già, il pattinaggio, un altro simbolo della Villafranca che fu, quotidianamente invaso da ragazzi che dovevano arrivare anche un’ora prima, per prendersi il posto e scacciare via chi arrivava tardi. Quel pattinaggio improvvisamente distrutto per lasciare il posto alle auto, previa promessa di ricostruirlo a fianco. Ricostruzione fallimentare, disastrosa, inutile. In un altro articolo si potrebbe parlare della sala giochi, del Cinema Metropol o degli altri spazi verdi per tirare quattro calci al pallone, ormai inghiottiti dal cemento. Ora ci basta fare un minuto di silenzio in memoria dell’Atrium. Uno dei pochi simboli che ci era rimasto, pur abbandonato, per testimoniare che Villafranca un tempo era viva. Magari non eravamo città, mi viene più che spontaneo un chissenefrega, almeno noi sapevamo cosa fare la domenica pomeriggio.

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