mercoledì 1 luglio 2009

ALLE RADICI DELL'IDENTITA' ITALIANA: I COMITATI CIVICI

"[…] chi è che ha salvato l'Italia nel 1948? Il Comitato Civico.
Direte tutti i cattolici italiani e il partito che più di tutti gli
altri li rappresentava! D'accordo. Ma tutti i cattolici italiani
hanno avuto modo di essere orientati e il partito che più li
rappresentava ha potuto essere vittorioso perché c'è stata dietro
questa armatura, che si è dimostrata inattaccabile".




Fondati l'8 febbraio 1948 e costituitisi nel giro di due settimane
con una semplice articolazione che va dal Comitato Civico Nazionale
a livello centrale a quelli zonali e locali, corrispondenti alle
diocesi e alle parrocchie, i Comitati Civici attivano subito oltre
ventimila comitati di base, che riescono a drammatizzare la campagna
elettorale, impressionando soprattutto i comunisti — che devono
affrontare un contendente attivo sul territorio, in grado di
contrapporre alla cellula del Partito Comunista Italiano il Comitato
Civico Zonale — e riuscendo a portare fisicamente alle urne
centinaia di migliaia di anziani e di ammalati, che altrimenti non
avrebbero potuto votare.


1. Il Collegamento dei comitati civici


Un utile strumento per capire meglio le caratteristiche principali
dei Comitati Civici è Collegamento dei comitati civici, il giornale
mensile che esce a Roma a partire dal mese di giugno del 1948. E'
un "giornalone", cioè di grande formato, maggiore anche rispetto ai
quotidiani attuali, con molte fotografie. Collegamento serviva per
tenere appunto collegati i numerosi comitati locali, ma non era
soltanto rivolto all'interno perché affrontava temi di politica
estera e interna che avrebbero potuto interessare anche lettori
comuni. Il primo numero usciva dopo la "grande vittoria" elettorale.
Nell'editoriale di Gedda emerge la consapevolezza di una realtà
appena nata, anche se già molto affermata, e quindi bisognosa di
favorire la reciproca conoscenza fra i diversi comitati locali, di
scoprire in un certo senso "che cosa è" il Comitato Civico, anche
per giustificare il suo mantenimento di fronte ai molti che
avrebbero voluto ringraziare e accomiatare i Comitati Civici. In
effetti, sfogliando il giornale ci si accorge della volontà degli
estensori di spiegare, forse anzitutto a loro stessi, la natura di
questo organismo anomalo, sorto improvvisamente e immediatamente
balzato agli onori della cronaca, qualcosa che aveva a che fare
contemporaneamente con l'impegno elettorale, la formazione religiosa
e culturale, l'educazione civica e politica, ma che non era
riducibile a nessuna di queste espressioni della vita pubblica, come
dirà precisamente Papa Paolo VI nel 1965, in un discorso rivolto ai
dirigenti dei Comitati Civici che forse coglie meglio di ogni altro
la specificità dell'organismo fondato da Gedda. Tuttavia Gedda non è
uomo che si limiti alla riflessione. Appena usciti da una battaglia,
i Comitati Civici verranno chiamati a combatterne un'altra, quella
sindacale, per appoggiare la scissione della componente cattolica
dall'unità sindacale, analoga alla rottura dell'alleanza di governo
che fino al 1947 aveva tenuto insieme DC e i partiti della sinistra,
il PCI e il PSI. Ma prima ancora, i Comitati Civici vengono
sollecitati a un'altra cosa, molto indicativa della mentalità di
Gedda, dello spirito del suo modo di concepire la battaglia per
un "mondo migliore". Già nel primo numero, infatti, auspica la
conversione degli avversari e invita i suoi militanti a "collegarsi
con i nostri avversari, con quelli che abbiamo combattuto e che
combattiamo perché hanno in testa delle idee sbagliate ma che amiamo
come uomini perché Gesù benedetto ci ha insegnato ad amare i nostri
nemici". Nel modo di pensare di Gedda era questa la vera guerra, di
cui il 18 aprile era stata solo una battaglia. Questa considerazione
aiuta a capire la natura dei Comitati Civici, il loro interesse
primario per l'apostolato nella prospettiva della trasformazione in
senso cristiano della società, attraverso la formazione dei singoli –
come accadrà con i corsi che cominceranno nel novembre 1951 nella
casa di Casale Corte Cerro, in provincia di Novara — e per mezzo di
interventi pubblici, politici e umanitari, sempre a metà strada fra
l'intervento partitico e quello sociale, fra l'attenzione alla
battaglia delle idee e la concreta azione a sostegno delle persone
in difficoltà. I Comitati Civici si ritenevano in qualche modo come
un pezzo nella storia del movimento cattolico e già nel primo numero
di Collegamento Alceste Bozzuffi ricorda la storia dei cattolici
italiani dall'Opera dei Congressi fino alla riforma del 1905, quando
con l'enciclica Il fermo propositopapa san Pio X faceva nascere
accanto all'Unione popolare e all'Unione economico-sociale una
Unione elettorale che "può considerarsi quindi l'antenata degli
attuali Comitati Civici".


2. "Perché celebrare i funerali dei Comitati Civici?"


Questo interrogativo esprime la domanda che Luigi Gedda e molti con
lui si fecero dopo il 18 aprile, a cominciare dal Pontefice. Infatti
vi era chi voleva porre fine a un'esperienza che avrebbe potuto
creare dei problemi alla DC e mantenere un clima di elevata
conflittualità coi socialcomunisti, e chi invece riteneva utile ed
efficace la struttura creata per le elezioni e quindi sbagliato
disfarsene. Fra questi vi era Pio XII, il cui parere a favore del
mantenimento si può ragionevolmente ritenere decisivo per la loro
sopravvivenza. Con il Papa vi erano molti vescovi, più di cento dirà
Gedda, semplici fedeli, che espressero il loro incoraggiamento a non
smobilitare inviando decine di migliaia di lettere alla sede del
Comitato Civico Nazionale. Molti però erano ostili alla
continuazione dei Comitati Civici e non soltanto all'interno della
DC, ma anche nell'ambito dell'Azione Cattolica e questo spiega
l'ostilità che i Comitati Civici incontreranno già negli anni
Cinquanta del secolo scorso. Intanto però il loro principale
problema era quello di chiarire anche a loro stessi, ai dirigenti e
agli attivisti, così come erano chiamati i militanti dei Comitati
Civici, che cosa fossero. Organismo di quadri e non di massa, nato
senza statuti, senza regolamenti, nella disciplina di una direttiva
generale, i Comitati Civico non mira ad avere una propria base
associativa, ma propone ai dirigenti delle organizzazioni già
esistenti di collaborare alla formazione civica e alla mobilitazione
elettorale dei cattolici. Il Comitato Civico "è un'organizzazione di
quadri e solo straordinariamente una organizzazione di base. Vale a
dire: il Comitato Civico non è un'organizzazione di masse, di
tesserati", così si legge in un articolo di Giovanni Moruzzi (1890-
1966) sul primo numero di Collegamento, che ricostruisce la storia
della presenza dei cattolici italiani dopo il 1870, un po'
approssimativamente da un punto di vista storico, ma con la
coscienza che i Comitati Civici erano parte di quella storia. I
Comitati Civici avevano vinto una battaglia importante e da questa
volevano partire. Questo sembra essere il senso dell'invito ad
analizzare il voto, contenuto già dal primo numero di Collegamento,
per valutare la situazione sociale paese per paese, meglio in ogni
parrocchia che fosse sede di un Comitato locale. Nascevano già le
prime iniziative, come quella di un inno dei Comitati Civici,
scritto da Franco Turri e con musica di Mario Ruccione, mentre
soltanto nel 1951, in novembre, sarebbero cominciati i primi corsi
di formazione, quasi tutti tenuti nella Casa Getsemani di Casale
Corte Cerro, fatta costruire dallo stesso Gedda, ai quali
parteciperanno in venti anni circa cinquemila persone, di cui un
terzo donne. Dati relativi a questi corsi possono essere consultati
nell'Archivio Luigi Gedda conservato per decenni nella stessa casa
di Casale Corte Cerro e oggi raccolto presso la Fondazione Vittorino
Colombo di Milano. Si tratta di numerosi faldoni contenenti
soprattutto informazioni sui corsi, i nomi dei partecipanti e dei
docenti, i temi e gli orari. La documentazione contiene anche
lettere di Gedda e scritte a Gedda da diversi esponenti dell'Italia
dell'epoca, i manifesti dei Comitati Civici e anche notizie relative
ai Circoli Mario Fani, costituiti sempre da Gedda a partire dal
1970, e alla Società Operaia, l'organismo prediletto da Gedda e a
lui sopravvissuto, fondato nel 1942 per sostenere la vita spirituale
degli associati fondandola sulla spiritualità di Gesù agonizzante
nel Getsemani. Dalla lettura di Collegamento emerge anche
l'intenzione dei Comitati Civici di contribuire alla soluzione della
questione sociale, assai sentita nel dopoguerra, quando la povertà
colpiva tanta parte della popolazione e i poveri, i disoccupati per
mancanza di offerta di lavoro erano moltissimi. Nascevano anche un
ufficio psicologico, quello che avrebbe ideato i manifesti famosi ed
efficaci delle campagne elettorali, composto da Gedda, Turi Vasile e
Dino Bertolotti, un giornale murale quindicinale, Il cittadino,
mentre dal 1952 al 1974 uscirà anche un mensile, Azione. Il 15
giugno 1948 il dubbio circa il futuro dei Comitati Civici appariva
già risolto e la conferma definitiva: i Comitati Civici avrebbero
continuato a operare, dirà Gedda agli ispettori regionali riuniti a
Roma, come forma di collegamento fra le diverse forze cattoliche
operanti nel campo civile. La notizia verrà ripresa sul primo numero
di Collegamento. La presenza di una figura definita, l'ispettore
regionale, indicava che la fase di incertezza era superata e già
avviata quella dell'organizzazione. Una struttura che poneva una
grande attenzione a quanto accadeva nel paese, ai problemi della
ricostruzione, alla disoccupazione, agli emigrati, alla necessità
che i più benestanti si accollassero dei sacrifici per migliorare la
condizione del paese, per migliorare lo stato del debito pubblico,
tutti temi popolari che i Comitati Civici non volevano lasciare alla
propaganda delle sinistre (cfr. Collegamento, n. 2, luglio 1948).
Come già aveva notato il giornalista inglese Arnold Lunn (1888-1974)
durante la campagna elettorale, i Comitati Civici usavano spesso
l'ironia come forma di propaganda e il giornale era ricco di
vignette che cercavano di mettere in ridicolo le posizioni
dell'avversario, offrendo agli attivisti strumenti efficaci di
propaganda. Tuttavia, questa forma di propaganda non impediva la
drammatizzazione delle grandi battaglie, come quella per rompere
l'unità sindacale e aiutare la costituzione di un sindacato ispirato
ai principi della dottrina sociale della Chiesa, che poi diventerà
la CISL. Questa campagna cominciava già sul numero di agosto di
Collegamento, in un editoriale di Gedda, e continuerà fino alla
realizzazione dell'obiettivo, già annunciato nel numero di dicembre.
Intanto, il 7 novembre, si riuniva la prima assemblea dei Comitati
Civici, quando ancora non avevano celebrato il primo anniversario
della nascita.


3. I corsi di formazione a Casale Corte Cerro


Costruita dopo il 18 aprile al fine di assicurare un luogo dove
poter garantire una formazione costante, la Casa Getsemani di Casale
Corte Cerro, il piccolo paese nel novarese dove Gedda aveva
trascorso l'infanzia e iniziato l'itinerario nell'associazionismo
cattolico, diventerà il luogo principale dove si realizzeranno i
corsi di formazione degli attivisti nazionali, gli "a", come
verranno chiamati. Saranno una delle iniziative più significative
dei Comitati Civici e certamente una delle più seguite e curate sia
da Gedda sia da padre Lucio Migliaccio, l'assistente nazionale. La
documentazione raccolta e custodita nella casa di Casale Corte
Cerro, fino a quando nel 2004 verrà ritirata dalla Fondazione
Vittorino Colombo di Milano e inventariata sotto la direzione della
Sovraintendenza, conferma la grande attenzione posta
nell'organizzare questi corsi e l'importanza che venne loro
attribuita. Cominciarono appunto nel 1951 con un Corso intitolato al
Presidente ecuadoriano Garcia Moreno (1821-1875), assassinato per
volontà della massoneria, e si conclusero nel giugno 1972, quando fu
organizzato l'ultimo corso di cui l'archivio fornisce notizia. I
Corsi Nazionali erano una cosa seria, sia per la durata sia per le
modalità. Duravano circa quindici giorni, prevedevano quattro
lezioni giornaliere sui diversi argomenti politici e propagandistici
(anche se la documentazione disponibile sul punto è lacunosa perché
dice molto sui partecipanti, dei quali esistono fotografie e
generalità, e poco sul contenuto dei temi trattati e sui relatori),
messa e meditazione quotidiane, riunioni dei partecipanti divisi in
gruppi ai quali forse venivano richieste esercitazioni orali e
senz'altro scritte, in quanto di molti corsi esistono "i compiti"
svolti dai partecipanti. Questi ultimi erano cercati preferibilmente
fra gli universitari e lo scopo della formazione era di preparare
persone disponibili ad animare le più diverse situazioni,
parrocchiali, elettorali, ma anche dettate da battaglie episodiche
come saranno la scissione sindacale, il ritorno di Trieste
all'Italia, la battaglia a sostegno della Chiesa del silenzio nei
paesi comunisti, il ritorno in Italia dei soldati italiani reduci
dai campi di prigionia in URSS, il sostegno all'insurrezione
ungherese nel 1956 e tante altre battaglie propagandistiche e di
animazione che i Comitati Civici sostennero, come si evince dalla
lettura della loro stampa periodica. Né bisogna trascurare gli
interventi cosiddetti umanitari, come per esempio le alluvioni, a
cominciare da quella del Polesine, una vera e propria tragedia che
si verificò nel novembre 1951 e che vide il primo intervento
pubblico dei Comitati Civici. I candidati venivano scelti
accuratamente fra quelli segnalati dai responsabili dei Comitati
Civici locali (Comitati CiviciL) o zonali (Comitati CiviciZ); questi
ultimi inviavano alla sede romana le schede di presentazione dei
candidati, con fotografia, presentazione del parroco, spesso
certificato di buona condotta. Di ogni singolo corso verranno
accuratamente compilati gli elenchi dei partecipanti e anche degli
esclusi, sia per motivi di opportunità sia per esaurimento dei posti
e in alcuni casi verranno mantenuti anche gli elaborati dei
partecipanti. Nel 1955 verrà spedita una lettera ai vescovi italiani
che spiega la natura e gli scopi dei corsi; vale la pena riportarla
integralmente perché permette di comprendere il significato degli
stessi: "Eccellenza reverendissima, il Comitato Civico Nazionale
dall'anno 1951 ha organizzato l'Unione Nazionale Attivisti Civici
(UNAC) allo scopo di preparare giovani con particolari doti morali
ed intellettuali alla importante missione civica. I Corsi Nazionali
si svolgono al Getsemani di Casale Corte Cerro (Novara), ed a
tutt'oggi ne sono stati tenuti 16 della durata di circa 15 giorni
ciascuno, con la partecipazione di elementi segnalati da tutte le
Regioni d'Italia, ed accuratamente selezionati in considerazione
della serietà impegnativa dei Corsi stessi, al termine dei quali si
procede ad una triplice classificazione: Attivisti idonei –
Attivisti a disposizione – Attivisti locali. Gli idonei passano alle
dirette dipendenze dell'U.N.A.C. che li impiega a disposizione degli
Ispettorati Regionali, o li destina a compiti speciali fuori
Regione. Di qui le preferenze per studenti universitari o
neolaureati, ai quali si offre la possibilità di rispondere a una
vocazione per l'attività civica, attraverso una indipendenza
economica che il Centro corrisponde loro, agevolandoli talvolta per
continuare gli studi, oltre a non farli gravare sul bilancio
famigliare. I nostri Attivisti per lo spirito di sacrificio e la
generosa dedizione hanno raccolto unanimi consensi nei molteplici
impegni finora assolti a servizio delle organizzazioni Cattoliche,
specialmente nelle campagne elettorali amministrative e politiche,
nelle azioni di emergenza dall'alluvione del Polesine — che fu il
loro battesimo – sino all'ultima alluvione del Salernitano, oltreché
nei servizi specifici della organizzazione e nel compito precipuo
della propaganda capillare

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