giovedì 4 novembre 2010

Berlusconi è pronto a fondare un nuovo partito



di Adalberto Signore

La tentazione del presidente del Consiglio: recuperare lo spirito di Forza Italia del ’94 e cambiare nome e simbolo. Un "ufficio politico" affiancherebbe i tre coordinatori del partito. Il rischio dell'ostruzionismo da parte di Futuro e libertà. Il Cav: non darò pretesti polemici a Fini

Roma - «Del Pdl c’è rimasto solo il nome, sarebbe bene cambiare anche quello...». La battuta Berlusconi se l’è lasciata sfuggire qualche settimana fa, nei giorni di maggior tensione con Fini e quando le elezioni anticipate sembravano ad un passo. Non solo perché, questa la sua convinzione, «Po-po-lo-del-la-li-ber-tà ha un impatto mediatico piuttosto deludente e neanche lontanamente paragonabile alla più immediata Forza Italia» ma anche per rilanciare l’azione del partito e «recuperare lo spirito del ’94». D’altra parte, è proprio in quest’ottica che il Cavaliere continua a spingere l’acceleratore sui Team della libertà e sui Tea party, progetti di cui si stanno occupando Verdini e Santanché. Insomma, fosse per Berlusconi - lo ha ripetuto più volte nelle conversazioni degli ultimi giorni tra Arcore e Roma - la soluzione ideale sarebbe quella di tornare a quel Forza Italia che segnò la sua discesa. Una strada evidentemente non percorribile, perché anche il premier sa bene che gli ex An lo vivrebbero (giustamente) come un affronto.
La questione, però, è all’ordine del giorno. Al punto che c’è chi sostiene che Euromedia Research della Ghisleri si stia già occupando della pratica. Un nuovo nome, infatti, allo stato ancora non c’è. E le ipotesi che di tanto in tanto gli hanno buttato lì confidenti e collaboratori non sembrano aver convinto il Cavaliere. Di certo, non Forza Silvio che lo stesso Berlusconi ha definito «troppo autocelebrativo». Mentre pare che sia stato più cauto nel giudizio su Avanti Italia. Si vedrà, anche perché un cosa è la tentazione di cambiare nome una cosa è farlo davvero. Le intenzioni però ci sono tutte, tanto che il premier ha spiegato in diverse occasioni che il restyling dovrà passare pure per un nuovo simbolo. E chissà che sulla decisione non pesino anche alcuni delicati aspetti legali, visto che quello del Pdl è stato depositato davanti al notaio con le firme di Berlusconi e Fini. Insomma, nel caso di elezioni anticipate è possibile che il Fli tenti le vie legali per impedire al Pdl di presentarsi. E anche se alla fine il Cavaliere dovesse avere la ragione dalla sua - come sostengono i suoi legali - un’intervento dei Tar nella fase di presentazione delle liste sarebbe comunque un problema non di poco conto. Un rinnovamento non solo estetico se sul tavolo c’è anche l’ipotesi (concreta) di una sorta di partito «ombra»: la creazione di un ufficio politico con quattro-cinque componenti che si affianchi ai tre coordinatori Verdini, La Russa e Bondi e che si concentri sulla fase movimentista e su un’eventuale campagna elettorale. E già circola qualche nome, da Lupi alla Carfagna passando per la Santanché.
D’altra parte, che la strada battuta dal Cavaliere vada in questa direzione lo testimoniano anche le riunioni di ieri a Palazzo Grazioli. Dove con coordinatori, capigruppo e ministri si discute lungamente di come dovrà essere impostata la Direzione nazionale del Pdl in programma oggi. Con Berlusconi che non lascia dubbi: non voglio polemiche né un dibattito sullo stato del partito, ora abbiamo questioni più urgenti. Al centro della Direzione, dunque, ci sarà l’azione di governo. Anche se l’intervento del premier - che dovrebbe aprire la riunione - non sarà solo sui cinque punti programmatici. L’intenzione, infatti, è quella di allargarlo al decreto Tremonti sullo sviluppo e al Programma nazionale di riforma per Europa 2020 (su lavoro, formazione e sviluppo) che l’Italia deve presentare a Bruxelles entro il 12 novembre (se ne stanno occupando Tremonti, Ronchi e Frattini). Un discorso che potrebbe diventare una sorta di documento programmatico da usare come base di confronto quando si riuniranno le assemblee elettive dei nuovi coordinatori regionali e provinciali. Questione che però oggi non sarà affrontata e che è stata rinviata ad una Direzione che dovrebbe tenersi fra 15 giorni.
Quello del Cavaliere, assicura dunque Bonaiuti, non sarà un discorso di rottura. Ma un appello alla coesione. «Se qualcuno vuole strappare», spiega ai suoi il premier, «se ne deve assumere le responsabilità». Il cerino torna quindi a Fini. Anche se Berlusconi crede poco alla minaccia dell’appoggio esterno che, anche si concretizzasse, difficilmente porterebbe subito alla crisi visto che la via delle elezioni anticipate è decisamente più percorribile da gennaio. Un’ipotesi che il Cavaliere non scarta, altrimenti non si spiegherebbe la tentazione di rifondare il Pdl dalle fondamenta.

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