sabato 14 gennaio 2012

Scontro nel Carroccio: Bossi cancella Maroni



Il Senatùr vieta i comizi con la presenza dell’ex ministro. Che ribatte: "Mi viene da vomitare, andremo alla conta"
di Adalberto Signore -
Roma - Alla fine è guerra, guerra vera. Umberto Bossi ha rotto gli indugi e ieri sera ha messo alla porta della Lega Roberto Maroni con una lettera inviata alle segreterie provinciali del Carroccio e firmata di suo pugno: «È fatto divieto- si leggeva di organizzare incontri pubblici alla sua presenza ».In pratica è arrivata la resa dei conti dopo il caso Cosentino che ha spaccato il partito e la reazione dell’ex ministro non è tardata ad arrivare, via Facebook: «Non so perché, nessuno me lo ha spiegato, sono stupefatto, mi viene da vomitare: qualcuno vuole cacciarmi dalla Lega ma io non mollo» si leggeva sul suo profilo.
«Andremo alla conta» ha detto subito ai suoi, che proprio via social network hanno scatenato la rappresaglia: centinaia di profili di militanti sono stati modificati con la foto di Maroni, tra i quali quelli di parlamentari e dirigenti (anche Matteo Salvini), che hanno risposto all’immediato «passaparola» in rete. In molti hanno inserito l’immagine usata proprio da «Bobo»: una foto che lo ritrae in piedi mentre appoggia le mani sulle spalle di Umberto Bossi seduto a tavola, scattata prima della malattia del Senatùr. Moltissimi anche i «post» di solidarietà: «Non mollare», «Non fermeranno il cambiamento», «Adesso andiamo a congresso, forza Bobo».
Tutto questo dopo una giornata di tensione: che la reciproca in sofferenza tra gli schieramenti avesse ormai superato i limiti di guardia si era capito nel botta e risposta tra Roberto Maroni e Marco Reguzzoni. Nonostante le indicazioni iniziali di Umberto Bossi fossero piuttosto chiare nel senso di «chiudere almeno pubblicamente la vicenda» (per trovare traccia del caso Cosentino su la Padania di ieri bisognava arrivare fino a pagina 9) i due non erano riusciti proprio ad evitare lo scontro.
Tanto che già nell’accesissima riunione del gruppo parlamentare di giovedì l’exministro dell’Interno non aveva esitato ad usare la parola «dossier». Dopo che Bossi lo aveva accusato di aver malgestito il denaro della Lega quando nella scorsa legislatura era capogruppo alla Camera, Maroni aveva infatti replicato dicendo di sapere che girano «dossier» in questo senso (fatti da Reguzzoni) e di aver già preparato la documentazione per dimostrare la sua trasparenza. Insomma, il cosiddetto «cerchio magico» ha decisamente pigiato il piede sull’acceleratore per arrivare finalmente alla resa dei conti con Maroni. Una guerra da cui negli ultimi tempi si sarebbe chiamato fuori Roberto Calderoli, riavvicinandosi ai fedelissimi del Senatùr.
D’altra parte l’ex ministro dell’Interno paga lo scotto di uno scontro che è senza esclusione di colpi e che al più tardi tra un anno - passerà per le forche caudine delle elezioni politiche. Traducendo: restando questa legge elettorale, di qui a 12 mesi sarà Bossi a decidere le candidature. E il repulisti dei cosiddetti maroniani è già stato più volte minacciato. Anche perché, almeno per il momento, non v’è traccia di eventuali congressi che possano cambiare gli equilibri interni ai vertici di via Bellerio. E Maroni- nonostante i militanti siano sostanzialmente con lui - paga anche lo scotto di un rapporto non buonissimo con i veneti.
Il suo asse con il sindaco di Verona Flavio Tosi, infatti, non piace troppo né ai trevigiani (guidati dal segretario veneto Gianpaolo Gobbo) né ai vicentini (tra cui il capogruppo al Senato Federico Bricolo), mentre il presidente del Veneto Luca Zaia ha sempre preferito tenersi fuori visto che - ripeteva settimane fa - il «mio tempo lo dedico a governare». E quasi tutti i leghisti veneti in qualche modo considerano Maroni responsabile di aver «allargato» la faida della Lombardia al Veneto.
Insomma, dopo una prima avvisaglia («Sono amareggiato e un po’ deluso ma non smetto di lavorare per la Lega che ho contribuito a costruire in oltre 25 anni di attività politica», aveva scritto su Facebook Maroni; «Caro Roberto, chi è causa del suo mal pianga se stesso. Se Cosentino andava messo in galera perché non ce lo hai detto quando eravate tu ministro e lui sottosegretario?», ha replicato Reguzzoni), ecco che in serata la situazione è precipitata.E nella Lega adesso è guerra vera.

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