mercoledì 17 agosto 2011

Chi ruba con la sinistra è mancino ma resta ladro



di Marcello Veneziani

• Si capisce se uno è ladro dal furto che compie e non dalla mano che usa per rubare: chi ruba con la sinistra sarà pure mancino ma resta ladro

C’è stato un periodo che incontra¬vo ogni giorno Pier Luigi Bersa¬ni. Uscivo di casa e sentivo la sua voce tuonare nella piazzetta accanto, quella vociona da compagno in calore da co¬mizio; poi due giorni dopo un altro co¬mizio alle spalle di casa, stesso tono so¬vietico- emiliano in maniche di cami¬cia, poi perfino in un piccolo teatro a fianco a casa mia, chiamato Teatro dei Comici,insieme a D’Alema: sembrava¬no Frassica e Ferrini ai tempi di Quelli della Notte.
Ho pensato che facesse comizi con¬dominiali e poi, con le maniche rimboc¬cate, lavasse pure le scale. O che faces¬se la raccolta differenziata, passando tre volte a settimana.
Poi lo trovavo a far la spesa, una volta alla cassa mi ha rubato pure la busta di plastica. E lo vedevo fermo per strada, ma dal capannello intorno a lui non riu¬scivo a ca¬pire se avesse uno stand e ven¬desse qualcosa, che so, piadine e salsic¬ce.
Ora che vorrei tanto vederlo,non l’in¬contro più. Vorrei vedere se ha il bracci¬no amputato, considerando che Penati era suo braccio destro. Vorrei sapere se usa lo stesso vocione contro Tedesco, Pronzato e i 101 indagati del Pd. Vorrei chiedergli se anche il suo partito rien¬tra nella categoria dei beneficiati a loro insaputa. Vorrei sapere se ha voglia an¬cora di far la morale agli altri, di pulire le case altrui e di far lo spiritoso con Crozza, perché non stiamo qui a petti¬nare le scimmie e a spazzolar cinghiali. E si capisce se uno è ladro dal furto che compie e non dalla mano che usa per rubare: chi ruba con la sinistra sarà pure mancino ma resta ladro.

sabato 13 agosto 2011

Giuliano Amato e il paradosso della previdenza: gli italiani sono a dieta per i vitalizi agli stranieri



di Gabriele Villa

Una legge di Amato dà agli stranieri over 65, anche senza contributi, un assegno sociale che ci costa 50 milioni l’anno. Dal 2008 per riscuotere bisogna risiedere in Italia da dieci anni. L'Inps teme che sempre più nullafacenti se ne possano avvantaggiare

È un giochino che ci costa 50 milioni di euro all’anno. Centesimo più, centesimo meno. Un pacco, rifilato agli italiani di buona memoria, dal dottor Sottile, alias Giuliano Amato, nel 2000 e perfezionato qualche anno dopo, nel 2007, da Romano Prodi, un altro specialista in ecumeniche fregature per le nostre tasche. Ve la ricordiamo quella bella pensata, la legge 388 del 2000 (inserita nella finanziaria 2001) che stabiliva quanto segue: gli immigrati che hanno compiuto i 65 anni e non hanno redditi oppure sono sotto la soglia dei 5mila euro annui, hanno diritto all’assegno sociale (quella che fino al 1996 si chiamava pensione sociale). Inutile dire che, appena gli extracomunitari con carta di soggiorno in regola e residenza si sono accorti di questa manna che pioveva dai cieli italiani non hanno fatto altro che presentare domanda di ricongiungimento familiare e far arrivare genitori o parenti anziani. Come funziona il giochino? Semplice.
Gli extracomunitari con carta di soggiorno possono chiedere di farsi raggiungere dai propri genitori, dichiarando di averli «in carico». E questi, non appena varcati i nostri confini, hanno diritto a presentare la loro simpatica domanda per l’assegno sociale. Ecco dunque, approssimati per difetto almeno 50 milioni di euro che finiscono annualmente nelle tasche di stranieri che non hanno mai lavorato, né pagato tasse nel nostro Paese. Un esercito destinato a crescere in maniera esponenziale. All’Inps temono infatti soprattutto l’attacco alle già semivuote casse, da parte degli immigrati dell’Est, romeni e polacchi, in particolare. Paradossale è che, oltre a languire le casse, languono anche i dati perché l’Inps parla, sempre approssimando per difetto, di circa 19mila «percettori» di quest’assegno sociale nati in Paesi esteri, ma il dato sembrerebbe comprendere anche italiani nati fuori dai nostri confini. Tuttavia le dimensioni del pericolo sono sempre più preoccupanti considerato che gli stranieri residenti in Italia, al 1 gennaio 2011 erano 4 milioni 563mila, con un incremento di 328mila unità (per un saldo totale del 7,5 per cento) rispetto al 1 gennaio dell’anno scorso.
D’altra parte fa la sua anche l’Unione Europea che impone all’Italia di estendere a tutti i cittadini comunitari qualsiasi forma di welfare sia offerta agli italiani e quindi non c’è via d’uscita. Almeno apparentemente. Per la cronaca il nuovo importo per l’assegno sociale 2011 è stato fissato dall’Inps in 5.424,9 euro. Facciamo una moltiplicazione e soprattutto molte addizioni, visto che il numero dei «pensionati importati» sta crescendo vertiginosamente, e si può ben capire il malcontento di tanti, troppi pensionati nostrani che vivono sulla loro pelle questa drammatica incongruenza con le loro pensioni di 500 euro al mese dopo aver versato contributi e pagato tasse per una vita. E quando, altro caso emblematico, l’Inps dopo mille, sacrosanti controlli e verifiche, per carità arriva concedere a un invalido (un invalido stra-vero, non stra-finto) una pensione per una invalidità al 100 per cento che ammonta meno di 300 euro.
Certo ultimamente sono stati introdotti dei correttivi tipo quello previsto dalla circolare Inps 105 del 2 dicembre 2008 che impone o meglio imporrebbe almeno 10 anni di effettivo soggiorno in Italia, la residenza fissa e altre quisquilie che dovrebbero impedire ai furbetti stranieri di percepire l’assegno sociale senza mai aver lavorato e di andarselo a spendere nel loro Paese. Ma, come si sa, fatta la norma, trovata (anche dagli stranieri) la possibilità di aggirarla. Già, perché se vogliamo continuare a masticare fiele c’è di più. È vero che l’assegno sociale sulla carta è vincolato alla residenza sul territorio italiano e se il percettore torna a casa propria, il suo diritto decade. Ma se non lo segnala, o si «dimentica» di segnalare il suo trasloco, però, potrebbe continuare a incassare pur non avendone titolo. Controllare che questo non accada è di fatto impossibile visto e considerato che l’Inps può svolgere controlli solo tramite le anagrafi comunali, e non sono molte quelle in grado di segnalare all’ente previdenziale anomalie e abusi. Quindi se il genitore, il nonno, il parente straniero in Italia non si trova bene, può tranquillamente tornare in patria, tanto l’assegno continua a decorrere. E il Paese del Bengodi paga e spreca.

mercoledì 3 agosto 2011

L’ingordigia di Prodi: 5283 euro come ex presidente della Commissione Ue, 4725 come ex parlamentare e 4246 come ex universitario.


Il Prof ribatte: "Ridicoli"
di Mario Giordano
Prodi prende oltre 14mila euro di pensione al mese. Anzi: pensioni. Al plurale. Eh sì, perché il Professore di vitalizi ne incassa addirittura tre: uno da 5.283 euro come ex presiden¬te della Commissione europea, uno da 4.725 euro come ex parlamentare e uno da 4.246 come ex professore universitario. Totale 14.254 euro lor¬di. La somma lo deve imbarazzare non poco. E infatti poco tempo fa, in una dichiarazione Ansa del 24 no¬vembre 2010, si è abbassato l’asse¬gno previdenziale, esattamente co¬me le donne si abbassano l’età: cita¬va sì correttamente i 5.283 della com¬missione europea, ma poi parlava di 1.797 euro lordi da ex parlamentare e di 2.811 lordi come ex professore universitario, mostrando una prematura ma quantomai conveniente smemoratezza senile: in realtà quelle cifre cui lui si riferisce sono al netto. E al lordo corrispondono appunto a 4.725 (esattamente 4.725,04) e 4.246 (esattamente 4.246,43) euro mensili.

Tutti strameritati, per carità: non c’è trucco, non c’è inganno. Ma allora, perché, Professore, dire le bugie? A sfrucugliare nei meandri della previdenza italiana si fanno scoperte assai interessanti. Per esempio, il cumulo di vitalizi d’oro è una consuetudine piuttosto diffusa, anche fra coloro che fanno professione di pauperismo operaio. Prendete il vecchio Cossutta: l’uomo dei rubli incassa una pensione Inps dal 1980, cioè dall’anno in cui a Mosca c’era ancora Breznev, Aldo Maldera era il capitano del Milan e Bobby Solo a Sanremo cantava «Gelosia». E lo sapete perché incassa quella pensione? Grazie alla famosa legge Mosca, con cui l’odiato Stato borghese ha riconosciuto a dirigenti di partito e sindacalisti contributi mai versati. Dal 2008, poi, il tovarisc Armando di pensioni ne riceve due: all’assegno dell’Inps unisce infatti il sostanzioso vitalizio parlamentare, 9.604 euro lordi al mese, una cifra che è quasi una beffa per il compagno operaio.

Ma tant’è: per non farsi mancare nulla, al momento di lasciare il Parlamento, dove aveva piantato le tende da ben 10 legislature, Cossutta ha anche incassato una liquidazione monstre pari a 345.744 euro, pudicamente definita «assegno di solidarietà». Eccome no: solidarietà. Ma con chi? Con il suo conto corrente? Due pensioni riceve anche Luciano Violante: 9.363 euro lordi come ex parlamentare e 7.317 come ex magistrato, per un totale di 16.680 euro lordi al mese. Tre pensioni riceve l’economista finiano Mario Baldassarri, che con Prodi condivise la famosa seduta spiritica sui colli bolognesi durante il rapimento Moro: diventato presidente della Commissione finanze, non ha fatto un gran che per risanare i bilanci pubblici, ma per quel che riguarda i bilanci privati, beh, non si può certo lamentare. Due pensioni vanno in tasca al compagno Giovanni Russo Spena: quella parlamentare ( pari a 5.510 euro netti dal 2008) si va a sommare a quella da professore universitario (2.277 euro netti dal 2002, cioè da quando aveva 57 anni), per un totale di quasi 8mila euro netti.

Sommano una pensione all’indennità parlamentare sia Rocco Buttiglione (3.258 euro netti come professore universitario dal 2007) sia Franco Marini (circa 2.500 euro grazie alla legge Mosca dal 1991, cioè da quando aveva 57 anni). Ancor più giovane è andato in pensione Sergio D’Antoni, deputato del Pd, vicepresidente della commissione Finanza, già sindacalista assai favorevole ai rigori sulla previdenza altrui: prende una pensione Inpdap di 5.233 euro netti al mese (8.595 euro lordi al mese, 103.148 euro lordi l’anno) dal 1º aprile 2001, cioè da quando aveva 55 anni. Ma il bello è che la pensione è stata liquidata sulla base di (udite bene) 40 anni di servizio. 40 anni di servizio? A 55 anni? E dunque D’Antoni era in università a 15 anni? E faceva già il docente? Possibile? Forse siamo davanti a un genio precoce della scienza giuridica e non ce ne siamo mai accorti? Si badi bene: lo scandalo qui non sono tanto i 5.233 euro netti di pensione Inpdap (che pure non sono pochi per un sindacalista che ha sostenuto la necessità di tagliare le pensioni dei lavoratori) e nemmeno il fatto che essi vadano a sommarsi senza colpo ferire all’indennità parlamentare.