giovedì 30 giugno 2011

Manovra, giallo pensioni adesso sparisce la tassa sulle "sanguisughe"

Da il Giornale

Perché è sparito il contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro? Perché è sparita la «tassa sulle sanguisughe»? Nella manovra da 47 miliardi di euro varata l’altro giorno dalla maggioranza ci sono diverse misure sul fronte previdenziale, compreso anche l’innalzamento dell’età pensionabile, che colpisce tutti i cittadini. Manca invece una misura attesa: il balzello sui Paperoni della previdenza, che avrebbe colpito solo quelli che ogni mese incassano dall’Inps 40 o 50mila euro. E pensare che fino all’altra mattina, secondo quanto ci risulta, la misura era inserita in bozza. Poi è scomparsa all’ultimo minuto. Come mai? Chi l’ha tolta? E perché?
Come si dice: se ne vanno sempre i migliori.

E in effetti la «tassa sulle sanguisughe» non ci pareva un pessimo provvedimento. Anzi, al contrario: nel momento in cui si chiedono nuovi sacrifici ai cittadini in campo previdenziale, è doveroso cercare di dare un forte segno di cambiamento, andando a incidere, per la prima volta, in quelle sacche di privilegi che nessuna riforma Amato o Dini è mai riuscita a intaccare. La denuncia e la mobilitazione di queste ultime settimane avevano infatti portato alla luce dati impressionanti: da ex onorevoli che incassano 3108 euro al mese per essere stati in Parlamento appena un giorno (proprio un giorno solo!) a ex manager che sfruttando varie agevolazioni e fondi privilegiati arrivano a prendere 90mila euro al mese (come il recordman italiano, l’ex Telecom Mauro Sentinelli). E di fronte a questo scandalo la domanda, da più parti, era sorta spontanea come nelle vecchie trasmissioni di Lubrano: perché, se dobbiamo continuare a tagliare le pensioni, non cominciamo da quelle d’oro?
Così si erano messi in cantiere i provvedimenti necessari. Tre le misure studiate: l’abolizione dei vitalizi per parlamentari e consiglieri regionali, il contributo di solidarietà per gli assegni più ricchi e il blocco della rivalutazione automatica.

Delle tre misure nella bozza è rimasta solo l’ultima, la più light, cioè il blocco della rivalutazione automatica: nel biennio 2012-2013, infatti, non sarà concesso l’adeguamento alle pensioni 5 volte superiori al minimo, mentre è ridotto al 45 per cento l’adeguamento delle pensioni da 3 a 5 volte superiori al minimo. Si badi bene: si parla di blocco e non di taglio. E soprattutto non si parla di pensioni d’oro, ma di pensioni intorno ai 2mila euro mese. Non è certo questo il modo per colpire i veri privilegi.

Che fine hanno fatto, invece, le altre due misure? Per quanto riguarda l’abolizione dei vitalizi per parlamentari e consiglieri regionali bisogna aspettare il nuovo documento di Tremonti sui costi della politica, augurandosi che nel frattempo la reazione della casta non blocchi tutto. (Sarebbe un grave errore: è mai possibile, tanto per dire, che ogni mese paghiamo la baby pensione all’ex governatore Marrazzo, 52 anni appena compiuti e stipendio Rai assicurato? È mai possibile che paghiamo la pensione a Toni Negri, per i suoi 64 giorni in Parlamento? E che da novembre saremo costretti a pagarla a Cicciolina? È mai possibile che nel luglio 2010, in piena crisi economica, i consiglieri regionali della Puglia si siano aumentati il vitalizio di 1231 euro lordi al mese, da 8.840 a 10.070 euro)?


Resta l’ultima misura attesa: il contributo di solidarietà sulle pensioni d’oro.

E qui si apre il piccolo mistero di cui vi abbiamo parlato: ci risulta infatti che fino all’altra mattina la «tassa sulle sanguisughe» fosse inserita in bozza. Era stato ipotizzato, infatti, un contributo pari al 5 per mille su tutte le pensioni 20 volte superiori alla minima, cioè quelle dai 9mila euro in su. Era una vera e propria «tassa sulle sanguisughe» che avrebbe colpito un numero ristretto (circa 8mila) di Paperoni previdenziali, generando un gettito piuttosto significativo (oltre i 100 milioni di euro). Tutti i calcoli già fatti, tutti i pareri legali richiesti. Poi all’improvviso quella norma è sparita.
Sia chiaro: il contributo sulle pensioni d’oro non sarebbe stato sufficiente a correggere gli errori accumulati in anni di scandali e privilegi, ma se non altro avrebbe dato un segnale di svolta. Un segnale sicuramente più incisivo del blocco della rivalutazione.

E avrebbe reso più accettabili tutti gli altri (necessari) interventi in campo previdenziale, innalzamento dell’età pensionabile compreso. Invece, all’ultimo minuto, nottetempo, quella misura che avrebbe danneggiato 8mila sanguisughe e portato benefici a tutti gli altri italiani, è stata cancellata. Qualcuno sa spiegare perché? E qualcuno, per caso, può incaricarsi di reintrodurla, magari con un apposito emendamento?

martedì 28 giugno 2011

«Nessun taglio alle bollette dell'acqua»


Non è possibile quest’uomo (senza voler offendere l’uomo)rappresenta tutto ciò che fa schifare la politica

Vendola «cancella» referendum su tariffe
Il governatore: «Occorre fare i conti con la realtà
Perché non l'ho detto prima? Nessuno me lo ha chiesto
BARI - «È indispensabile fare i conti con la realtà per non precipitare nei burroni della demagogia: sull’Acquedotto Pugliese abbiamo deciso di intraprendere la strada dell’efficientamento e su quella proseguiremo. Per questo non abbasseremo le tariffe». È un Nichi Vendola con i piedi per terra quello che annuncia, a margine dell’assemblea dell’Acquedotto Pugliese (che ha approvato il bilancio 2010 - chiuso con 37 milioni di utili - e il piano industriale 2011-2014 che prevede investimenti per 674 milioni di euro con un indebitamento che raddoppierà da 219 a 402 milioni) l’impossibilità di adeguarsi a quanto deciso dal recente referendum sull’acqua appoggiato dallo stesso governatore pugliese: nonostante i «sì» abbiano abrogato la norma (riguardante non solo i gestori privati, ma anche quelli pubblici) che consente «al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio», il taglio del 7% delle tariffe non ci sarà mai.
IL TECNICISMO - Il motivo tecnico lo ha spiegato l’assessore alle Opere pubbliche Fabiano Amati con un ossimoro ragioneristico: «In Puglia la remunerazione del capitale investito del 7% è un costo: quello che pagheremo ogni anno fino al 2018 sul bond in sterline pari al 6,92% contratto durante la gestione dell’era Fitto». «In Puglia - aggiunge Vendola - in realtà non siamo di fronte alla scelta di abbassare la tariffa del 7% e di conseguenza gli investimenti perché quella remunerazione non è utilizzata, come dovrebbe, per gli stessi investimenti, ma rappresenta la copertura di un debito e quindi dal punto di vista finanziario un costo». Resta, però, il problema politico: perché queste cose non sono state spiegate agli utenti prima del referendum? Lapidaria la risposta di Vendola: «Nessuno me le ha chieste». Né erano scritte nel quesito.
Michelangelo Borrillo

sabato 25 giugno 2011

Il contrastatore

Il clima politico, sociale, ideologico ed economico che caratterizza la vita europea e italiana, e per molti aspetti opprimente oscurantista e cupo, ma dal torpore delle iniziative e di idealità, nasce, per reazione l’ideale romantico, Cultura e Politica.
D’altronde questo procedere di interventi contraddittori nell’interno del Governo nazionale fra le più alte cariche dello Stato condiziona fortemente l’evoluzione dello stato.
Poiché il problema nazionale é quello più acceso e sentito dal popolo, i politici devono rendersi coevi al nostro secolo, vi è la necessità di realizzare di creare un più stretto legame fra politica e cittadini.
Il tribuno contrastatore alla realizzazione al connubio fra finanza, giustizia e ideali patriottici non può nascondersi dietro il compiacente paravento dell’illegalità, dove si tratta meramente di contrattazione di potere politico.
Il tribuno, durante il periodo trascorso sullo scranno della terza carica dello Stato, dimentico dei doveri derivanti dalla sua carica di Presidente della Camera dei Deputati, incapace di contrastare la sua smisurata ambizione, incominciò ad accendere i tizzoni dei carbonari nelle due camere del potere.
Il crescente disagio della sua gente che rifiuta ormai apertamente la sua logica di potere, incapace di contrastare “la forza delle cose” attua fino in fondo il suo tradimento nel tentativo di attenuare gli effetti negativi della sua concezione di far politica.
Ma “la forza delle cose” diventa dirompente anche quando cerca di fronteggiare le situazioni.
Quando si rende conto che tanto il suo popolo, quanto i suoi colonnelli chiedono le sue dimissioni lascia il partito di cui era cofondatore per fondarne uno degno delle sue ambizioni, esiliandosi volontariamente, dove i partiti di rifiuto al governo legittimamente costituito lo accolgono con tutti gli onori, scordando l’errore che fece l’antica Troia quando trascinò il cavallo di legno nelle mura della sua città come simbolo della loro vittoria.
Lino ADAMO

venerdì 17 giugno 2011

SPIONI DAL CIELO



Un'immagine scattata(a risoluzione commerciale, quindi, più bassa)col siatema Cosmo-Skymed



Tra il 2007 e il 2010, lo Stato italiano ha speso 1,137 miliardi per acquistare da Thales Alenia Space 4 supersatelliti in grado di "vedere" anche di notte e oltre le nubi oggetti fino a 40 centimetri. Il ministro La Russa li ha affidati al Ris, il servizio militare di nuova istituzione che agisce senza regole e controlli. Nessuno sa cosa "osservano" e chi utilizza i dati
la Repubblica MISTERI ITALIANI di GIANLUCA DI FEO
Cosmo-Skymed, la spia perfetta
Vede tutto e nessuno la controlla

Un'immagine scattata (a risoluzione commerciale, quindi, più bassa) col sistema Cosmo-Skymed
Un sistema satellitare sofisticatissimo. La cui versione militare arriva a "vedere" dal cielo oggetti di un metro. Il nostro Paese è all'avanguardia e potrebbe servirsi di queste tecnologie a fin di bene. Ma il loro utilizzo è avvolto nell'ombra. Fa capo al Ris, il nuovo servizio segreto militare voluto da La Russa che, però, non ha regole né limiti. E desta non poche preoccupazioni
ROMA - Di giorno e di notte, anche con le nuvole più fitte, loro possono scrutare ovunque: hanno occhi radar che guardano persino attraverso le tempeste di sabbia, fotografando oggetti di 40 centimetri. Sono i satelliti spia italiani, gioielli tecnologici talmente avanzati da sorprendere persino gli americani, stupiti - come evidenzia uno dei cablo inediti di WikilLeaks - nello scoprire che l'Italia dispone di una rete spaziale di sorveglianza militare. A Washington erano convinti che il programma stellare tricolore avesse scopi essenzialmente civili e solo una limitata capacità di spionaggio: invece tutti gli alleati si sono resi conto che Roma stava mettendo in orbita prodigiosi sistemi di intelligence. Ma questi sensori che tutto possono controllare sfuggono invece al controllo delle istituzioni democratiche: sono gestiti da un apparato che fa capo solo ai vertici militari, esterno ai servizi segreti e alla vigilanza del Parlamento. E nessuno sa quali immagini catturino e che fine facciano.

La rete Cosmo-Skymed è uno delle realizzazioni più moderne e costose varata dai governi italiani del nuovo millennio. Per i quattro satelliti già operativi sono stati spesi un miliardo e 137 milioni di euro: una cifra decidamente siderale. Ma si è già deciso di investire altri 555 milioni nei prossimi anni per potenziare la costellazione spia, lanciando in orbita due occhi elettronici ancora più evoluti. Le spese ricadono sulla Difesa, sul ministero delle Attività produttive e su quello dell'Istruzione e Ricerca. Quando i parlamentari discutono di questi fondi non si chiedono cosa si nasconda dietro la sigla "duale": quale è la missione militare che compiono dallo spazio? "Finalità strategiche e tattiche", spiegano i generali senza entrare nei dettagli. Il progetto, nato come Finmeccanica e poi trasferito alla joint venture italo-francese Alenia Thales Space, fa affidamento sulle meraviglie di un radar di bordo che può fotografare mezzo continente, oppure concentrarsi su dettagli "tattici": un'auto, un gruppo di uomini, persino la canna di un pezzo d'artiglieria. Ovunque: nel mondo o anche in Italia.

Ad esempio i Cosmo-Skymed potrebbero concentrarsi sui porti tunisini e libici dove si imbarcano i profughi diretti verso Lampedusa, per lanciare l'allarme su quante navi e quante persone stanno per partire: ci sarebbe così il tempo per cercare di dissuadere gli scafisti intervenendo sulle autorità tunisine o mettere in allarme chi deve soccorrere o accogliere i disperati del Mediterraneo. Ma informazioni del genere ai pattugliatori della Finanza o della Capitaneria non arrivano. Spesso nemmeno i servizi segreti "istituzionali", creati con la riforma del 2007, sanno cosa stiano facendo i satelliti spia, che sono interamente nelle mani della Difesa.

In compenso, a Parigi sanno. I francesi sono rimasti così impressionati dalla potenza dei nostri sistemi stellari da creare un accordo di scambio, tutto tra generali. Loro cedono le foto dei loro satelliti con ottiche tradizionali, in pratica delle evolute macchine fotografiche che funzionano soprattutto di giorno e con condizioni meteo ottimali; noi gli forniamo le immagini dei Cosmo-Skymed, che con i loro radar guardano oltre le nuvole, incuranti della notte. Gli stati maggiori dei due paesi possono così avere una gamma completa di dati. Che tengono per sé, coperti dal massimo segreto.

EQUIVOCO DUALE. Il programma spaziale è "duale", ossia bifronte. C'è una parte civile, con attività che possono servire per molti scopi. In caso di disastri naturali - inondazioni o terremoti - i satelliti riescono a dare un quadro globale della situazione. In qualunque momento il radar riesce a scansire regioni molto vaste - una striscia larga 40 chilometri e lunga fino a 4000 chilometri - mostrando danni e trasformazioni del terreno. Sono stati utilizzati in occasione del sisma in Abruzzo e di quello di Haiti, ma anche per il Giappone. Gli apparati, poi, sono utilissimi in occasione di incidenti ecologici, soprattutto nei casi di inquinamento in mare: evidenziano le sostanze che Si disperdono e le dimensioni del problema. Infine possono servire per monitorare il traffico navale: censiscono i mercantili che affollanno zone di particolare interesse, come gli stretti. C'è poi un'applicazione commerciale: le immagini vengono vendute a privati o enti, per rilievi geologici o per progettare infrastrutture. Nel futuro prossimo potranno fare ancora di più: i due nuovi satelliti saranno in grado di guardare parzialmente sotto il terreno, aprendo prospettive nuove alla ricerca petrolifera ma anche agli studi archeologici.

La componente civile è gestita dall'Agenzia Spaziale Italiana, Asi, la Nasa tricolore che ha finanziato parte del programma Cosmo-Skymed. Tutto passa per il celebre quartier generale abruzzese di Telespazio nella Conca del Fucino, che con le sue colossali parabole dirige il movimento dei satelliti. I dati vengono poi trasmessi al Centro di Geodesia Spaziale di Matera, che li rende disponibili per gli enti o i privati. Ma si tratta di immagini a bassa risoluzione: sempre superiore al metro. Si può individuare una nave mercantile, mentre in quelle foto un peschereccio diventa poco più di un punto; si vede una villa, non un'automobile.

BASE SPAZIALE RIS. Soltanto i militari possono selezionare i radar sulla massima risoluzione e scagliare sul terreno impulsi che tirano fuori dettagli fino a 40 centimetri. Jeep, veicoli, ogive di missili o anche gruppi di persone ed automobili. Lo fanno da una base costruita all'interno dell'aeroporto di Pratica di Mare, alle porte di Roma. Si chiama Centro Interforze Telerilevamento Satellitare: un grande compound anonimo dal quale spuntano due antenne. Lì e solo lì arrivano le informazioni delicate, che vengono decifrate e analizzate. E lì si decide come sfruttare al meglio le capacità della rete e coordinarla con quella dei francesi. Il sistema operativo è stato inaugurato nello scorso settembre, con capacità fantascientifiche. I generali possono mandare i satelliti su un obiettivo in qualunque punto del pianeta ogni sei ore, ma nel Mediterraneo il passaggio avviene ogni tre: il bersaglio viene spiato anche otto volte al giorno. Il radar funziona sempre, forando nuvole e oscurità, tempeste e polveri. Alla fine della missione quotidiana se ne ricavano fino a 75 immagini a campo stretto ed alta risoluzione: in gergo la chiamano modalità "Spotlight 1". In una superficie di 45 chilometri quadrati ogni oggetto sarà scansito con dettagli di poco inferiori al mezzo metro. Certo, non si "vedono" singole persone e non si "leggono" numeri di targa, ma la quantità di informazioni raccolte è impressionante: ricostruzioni con elaborazioni tridimensionali, talvolta scrutando anche sotto la chioma gli alberi, che battono qualunque mimetizzazione o tentativo di occultamento. Anche perché il gioco di squadra con i francesi offre la possibilità di arricchire il quadro con foto tradizionali, dove compaiono scritte e dettagli. L'asse Roma-Parigi tesse così una ragnatela di controllo elettronico senza precedenti in Europa.

La passione dei generali per gli acronimi fa subito affiorare l'altra faccia del problema. La base di Pratica di Mare infatti si chiama CITS-RIS, dove la seconda sigla non indica gli investigatori scientifici dei carabinieri resi popolari dalla fiction tv ma l'intelligence militare rimasta ancorata alla riservatezza della Guerra Fredda. Il Ris è l'erede del Sios, ossia i servizi segreti interni alle Forze Armate. Come mostra lo stemma della base, comprende tutti i corpi - aeronautica, marina, esercito e carabinieri - ed è alle dirette dipendenze dello Stato maggiore Difesa: il Ris non risponde a nessuna altra autorità e tantomeno agli organi di controllo del Parlamento.

IL BUCO NERO. Quando, dopo gli scandali dello spionaggio parallelo di Telecom intrecciato agli 007 dell'era Pollari, le Camere decisero di riformare tutti i servizi segreti, quella sigla riuscì a nascondersi nei cavilli della legislazione. Si pensava che fosse destinata a un ruolo marginale: la legge assegnava al Ris "solo compiti di carattere tecnico e di polizia militare". L'attenzione era rivolta soprattutto alle spedizioni internazionali, Libano e Afghanistan, ossia "ogni attività informativa utile al fine della sicurezza dei presidi e delle attività delle forze armate all'estero". Quindi il Ris si dovrebbe limitare esclusivamente alla raccolta di notizie sul campo, lontano dalla madrepatria, cercando di proteggere i soldati impegnati sulla frontiera israeliana o nella regione di Herat. La legge era chiara nell'escludere qualunque attività di intelligence ed esplicitava che non dovesse avere nessuna delle funzioni dei servizi segreti. Lo scopo principale della riforma era proprio quello di affidare il totale controllo degli 007 alla presidenza del Consiglio, togliendo di mezzo le prerogative degli Interni sul vecchio Sisde e della Difesa sul Sismi. Veniva creato un apparato per l'attività informativa interna - l'Aisi - e uno per la sicurezza estera - Aise - diretti dal nuovo Dipartimento delle informazioni per la sicurezza Dis. Tutto smilitarizzato, tutto civile, tutto con regole nuove che chiudessero una volta per tutte con il passato di misteri e sospetti.

Allo Stato maggiore questo "addio alle spie" non è mai andato giù. E ha trovato un potente alleato in Ignazio La Russa, pronto a invocare la necessità di una intelligence militare autonoma che assista le missioni all'estero. Il ministro lo ha fatto con una serie di dichiarazioni pubbliche alla fine del 2009, poi di fronte alle polemiche, ha scelto il dietrofront: "È stato solo un pensierino natalizio, una cosa buttata lì. D'altronde di queste cose si occupa già una struttura apposita che è il Ris...". E questa frase, che sottolineava il ruolo del Ris, è apparsa come una ritirata tattica, in attesa del momento migliore di tornare alla carica.

GUERRIERI ELETTRONICI. Nel frattempo però i generali hanno potenziato quantitativamente e qualitativamente le attività del Ris, per renderlo pronto ai nuovi conflitti. È stato creato un reparto per le guerre informatiche, le cyberwar, che si combattono in segreto già oggi attaccando le reti informatiche con ondate di virus ed overdose di imput. Sbaragliando i computer, si possono paralizzare aeroporti, linee ferroviarie, banche, enti pubblici, centrali elettriche, centri di ricerca, reti di telecomunicazione: l'Italia appare come un bersaglio fin troppo facile. E i militari sono gli unici che si stanno seriamente preparando a questo scenario, con un battaglione che fa capo al solito Ris. Ma ancora più importante è l'investimento in un altro acronimo, diventato fondamentale nella lotta al terrorismo: Sigint, l'analisi dei segnali elettronici. Ossia di tutte le comunicazioni: il che significa anche conversazioni sui cellulari e scambi di dati su reti telematiche. È la sfida che si conduce tutti i giorni in Afghanistan e in Iraq: riuscire a individuare nel traffico di telefonate la voce o le mail dei capi di Al Qaeda o dei talebani, per localizzarli o anticiparne i movimenti. O per neutralizzare gli apparecchi con cui i guerriglieri fanno esplodere le bombe, che hanno provocato numerose vittime anche tra i soldati italiani. L'ultimo attacco del genere è avvenuto nel Sud del Libano proprio alla fine di maggio. Tutte queste attività dovrebbero essere condotte dal Ris solo all'estero, nel legittimo intento di proteggere e assistere gli uomini che il Parlamento ha spedito nel mondo per costruire e difendere la pace. Ma le esercitazioni per captare e analizzare i segnali avvengono in patria, in basi come quella laziale di Nettuno che nella loro sfera di intercettazione elettronica possono abbracciare gran parte della Capitale.

L'Italia poi ha anche deciso di acquistare due aerei specialissimi, due Grandi Fratelli dei cieli che costeranno 280 milioni di euro. Il prezzo non dipende dai jet - si tratterà di bireattori Gulfstream - ma dalla dotazione di bordo: un sistema chiamato Jamms che cattura e setaccia tutte le emissioni elettromagnetiche, una sorta di Echelon volante. È una spugna di dati, che vengono filtrati secondo infinite chiavi. Possono riconoscere il profilo di una voce, di un singolo telefonino, di una rete wifi: volano e assorbono onde, che decifrano fino a renderle conversazioni o testi di mail. Sono l'arma decisiva per stanare i miliziani islamici: si appropriano delle loro comunicazioni, che si tratti di cellulari o walkie-talkie.

Ma sulle loro missioni in patria di queste macro-spie c'è incertezza. Dovrebbero venire schierati anche nel nostro paese, ad esempio, per dare la caccia ai latitanti di mafia. L'aereo può restare per ore in alto sulla zona dove si ritiene siano nascosti il boss Matteo Messina Denaro o il padrino casalese Michele Zagaria, ascoltando tutto e tutti. Poi quando nell'etere si materializza la voce del ricercato, il sistema di bordo ne individua la posizione e il numero che usa, permettendo di seguirlo o fare scattare la trappola.

FUORI CONTROLLO. Gli aerei spia dovrebbero essere gestiti in condominio dai servizi segreti e dal solito Ris, che essendo interno alle forze armate ovviamente dispone già di piloti, hangar e tecnici. Ma il dilemma è lo stesso: poiché la legge non prevede che i militari si occupino di intelligence, nessun organismo parlamentare li controlla. Non ci sono sospetti di deviazioni da pare di questo reparto, resta però un problema fondamentale di regole: chi vigila sulle operazioni del Ris? Non sono stare definite regole e limiti per la sua attività. Mentre le informazioni a cui il Ris ha accesso diventano sempre più ampie. Lo dimostra la gestione dello scambio dati sui satelliti spia con la Francia, che non passa attraverso i servizi segreti istituzionali ma avviene tra intelligence militare. O l'accesso diretto del Ris ai dossier degli 007 americani in Afghanistan che - come rivelano i file di WikiLeaks - è stato concesso al ministro La Russa al fine di migliorare l'incisività dei nostri incursori. Tutto top secret.

Delle operazioni di Cosmo-Skymed si sa soltanto che in questi mesi i satelliti spesso scrutano la zona di Tripoli, per scoprire i movimenti delle truppe di Gheddafi. Una missione lecita, rivelata in modo anomalo. Ne ha parlato Marco Airaghi, il "consigliere spaziale" di La Russa e vicepresidente dell'Asi, svelando: "Cosmo-Skymed oggi può essere utilizzato nella sua funzione principe di supporto alle forze armate". La "funzione principe" quindi è quella militare. E gli italiani hanno pagato oltre un miliardo per mantenere nell'alto dei cieli un sistema che tutto controlla senza venire controllato: la spia perfetta

venerdì 10 giugno 2011

Chiedevano aiuto al boss della ‘ndrangheta: “Fai votare Fassino!”

IL FAZIOSO
…fieramente di parte


L’operazione Minotauro ha portato all’arresto di oltre 150 affiliati alla ‘ndrangheta, rappresentanti delle cosche in Piemonte. Nell’inchiesta emergono fatti inquietanti sul rapporto mafia-politica che coinvolgono direttamente il centrosinistra e indirettamente l’elezione a sindaco di Fassino. Nelle carte si legge di contatti tra un capo locale, il boss di Rivoli Salvatore Demasi con deputati, amministratori e funzionari pubblici. Molto significativa è la telefonata intercettata tra l’onorevole Lucà del Pd e il boss a proposito delle primarie di Torino
Lucà: «…Ascolta, ti volevo chiedere questo, tu sai che a Torino abbiamo le primarie».
Demasi:«Certo! Tu dimmi qualcosa che io mi interesso».
Lucà:«Io sto sostenendo Fassino».
Demasi: «Eh beh, anch’io avrei fatto la stessa cosa».
Lucà: «Obbiettivamente mi pare la persona più seria in questo momento (…) volevo chiederti se magari, perché la partita è molto dura con Gariglio
Demasi: «Sì, una mano».
Lucà: «Se magari hai qualche, amico a Torino».
Demasi: «Certo!… certo che ne ho!».
Lucà: «A cui passare la voce, perché possono votare tutti i residenti a Torino, che abbiano compiuto sedici anni. »
Demasi: «Tutti i residenti a Torino…esatto!».
Lucà: «Quindi insomma, se qualcuno riesce, se hai qualche amico da consigliar».
Demasi: «Come non nè ho… ne ho!… ne ho più di uno… grazie a Dio… ne ho più di uno».
Sempre nell’ordinanza di custodia cautelare si viene a sapere che tra la fine di gennaio e il febbraio 2011 Demasi si è incontrato direttamente o tramite intermediari con l’onorevole Gaetano Porcino dell’Idv, con l’onorevole Domenico Lucà del Pd, con il consigliere regionale del Pd Antonino Boeti, con l’assessore all’Istruzione di Alpignanno Carmelo Tromby, sempre dell’Idv. Un ombra pesantissima sui rapporti tra membri del centrosinistra e organizzazioni mafiose. L’elezione di Fassino, seppur enorme nelle percentuali, sembra aver avuto un aiutino di dubbia provenienza

La gioia silenziosa di Vendola e Pisapia per la liberazione di Battisti
Il Fazioso | 10 giugno 2011

Battisti libero, una vergogna. Ma non per i comunisti chic di Sinistra&Libertà che in pubblico non rilasciano dichiarazioni ma in privato godono come ricci al pensiero del “compagno che sbaglia liberato”. In tutti questi mesi di telenovela Battisti mai si è levato dalle parti di Sel un grido d’indignazione per le decisioni brasiliane, Vendola è sempre stato zitto ed è risultato l’unico leader del panorama italiano a non proferire critiche nei confronti di Lula&compagni. Ma d’altronde non è poi difficile capire il perchè: basta pensare che Pisapia da parlamentare propose l’indulto per i terroristi e che Cento (membro della presidenza) firmò l’appello pro Battisti. Altri componenti del partito come Fava si sono sempre scagliati contro questo desiderio di giustizia dopo 25 anni dai fatti come se degli omicidi si possano dimenticare e lasciare impuniti solo perchè avvenuti tempo fa. Questa è la sinistra tanto di moda in questo periodo, questa è la sinistra che fa comunella con gli assassini.

giovedì 2 giugno 2011

22 ANNI NON SONO BASTATI

DIPENDERA’ DA UNA MIA DIFFORMITA’
di Filippo Giannini
La mia difformità? Evidentemente dipende dalla mia romanità che risale a moltissime generazioni. Ora leggete e ne riparleremo più avanti.

Ho ricevuto questa mail:
Carissimi tutti,
Vi invio parte integrale di un piccolo articolo che ho spedito ai quotidiani locali di Latina, con richiesta di pubblicazione. L'ho reso pubblico solo oggi perchè ho voluto che la notizia non fosse stumentalizzata per fini elettorali.
Saluti istriani
SIV

22 ANNI NON SONO BASTATI
Mi chiamo Stefano Ingarao Venier, figlio di esuli istriani, nato a Latina, nel Villaggio Trieste,
delegato provinciale dell’ADES (Amici e Discendenti degli Esuli giuliani, istriani, fiumani e dalmati). Quella che sto per raccontare è una brutta storia che si ripete spesso negli uffici pubblici della nostra città. A me è capitato all’ufficio anagrafe del comune, ma sarebbe (è) lo stesso anche negli uffici ASL, INPS e via dicendo. Queste righe per dar voce con indignazione all’umiliazione che gli Italiani d’Istria, di Fiume e della Dalmazia, sono costretti a subire ancor oggi, nonostante un fioco raggio di luce sia riuscito a penetrare nell’oblio delle vicende legate al confine
orientale. Dopo questa dovuta premessa passo ad informarVi sui fatti avvenuti.
Qualche giorno fa, mia madre ha avuto la necessità di dover duplicare la propria carta d’identità a causa di un furto. Così, dopo aver effettuato tutto il normale iter burocratico previsto, alla consegna del documento leggeva sullo stesso che lei, era nata a Parenzo, in Croazia. Naturalmente mia madre non ha voluto ritirare il documento, e si è rivolta a me chiedendomi cosa si potesse fare per non ledere il nome di quella nazione che niente ha a che fare con la sua Italianità. Ascoltata la brutta vicenda da mia madre, vengo a sapere di situazioni tragicomiche successe negli uffici dell’anagrafe che, purtroppo, non mi hanno sorpreso; dall’impiegato che insiste nel sostenere che “il computer
conferma Croazia”, a quello che pensa bene di avallarsi dell’aiuto dell’addetto della questura che si occupa degli stranieri. Sentito ciò capisco che non mi rimane altro da fare che contattare un dirigente dell’anagrafe per risolvere la questione. Riesco a rintracciare un dirigente al quale comunico che nell’ufficio anagrafe qualcosa non funziona, e più precisamente che nel documento di mia madre, nata nel 1937 a Parenzo, in Istria, risultava invece nata in Croazia. Il dirigente mi guarda sorridendo e mi dice “e questo è un problema?”.
Ancora oggi, nel ricordare questa frase mi ribolle l’inchiostro della penna. Effettivamente, dov’è il
problema? A parte il fatto di aver dovuto abbandonare la propria terra, la propria casa, i propri beni ed i propri morti; a parte il fatto che poi l’Italia con la cessione di quei territori ci ha pagato i danni
guerra; a parte il fatto che (per chi li ha avuti) sono stati resi degli indennizzi ridicoli e tardivi; a parte il fatto di essere stati trattati come i peggiori degli stranieri e visti come un pericolo per la popolazione al di qua dell’Adriatico; a parte il fatto che di questa Storia d’Italia non ne se sia mai parlato prima, poi timidamente ammessa ed infine anche stravolta dalla realtà… a parte questo “è un problema?” Beh, si, è un problema e pure grosso. Infatti c’è una legge, la n’54 del 15.02.1989, in base alla quale tutte le Pubbliche Amministrazioni nel rilasciare attestazioni, dichiarazioni, documenti in genere a cittadini italiani nati in Comuni già sotto la sovranità italiana ed oggi compresi nei territori ceduti ad altri Stati, ai sensi del trattato di pace con le potenze alleate ed associate, hanno l’obbligo di riportare unicamente il nome italiano del Comune di nascita, senza alcun riferimento allo Stato cui attualmente appartiene. Legge che ho presentato in copia all’ignaro dirigente, il quale ha voluto anche controllare negli allegati alla stessa se effettivamente Parenzo facesse parte di quei comuni a cui la legge si riferisce. Trovandolo, ha
tentato di liquidarmi dicendomi che aveva bisogno di tempo per comunicare con la società che gestisce i sistemi informatici dell’anagrafe e che mi avrebbe fatto sapere qualcosa. La mia più naturale risposta è stata “22 anni non sono bastati per aggiornarvi? Ora pretendo il documento come da legge, e lo pretendo subito!”. La reazione del dirigente che ha cominciato ad urlare
cercando di trovare una ragione dove ragione non c’è e che mi ha indignato più di tutta la vicenda, è l’arroganza di chi è al servizio del cittadino, in ritardo da un ventennio sull’applicazione di una legge, che si permette anche di alzare la voce, avrei preferito un semplice e civile “ci scusi, provvediamo subito”.
Allora penso “a cosa serve il 10 Febbraio, Giorno del Ricordo, la presenza delle autorità nelle varie manifestazioni, con tanto di bei discorsi, se poi il cittadino istriano, fiumano o dalmata non viene rispettato all’atto pratico?”.

E l’intervento del bravo Roberto Bevilacqua
Al dirigente che ha cominciato ad urlare si sarebbe potuto ricordare, a parte l'educazione, che se ha un lavoro in quella città che quando fu fondata (dopo meno di un anno di lavori...) si chiamava Littoria, lo deve a "Qualcuno" e ai tanti Italiani (compresi giuliani, istriani, fiumani e dalmati) che hanno cercato di costruire la Nazione. E' superfluo ricordare quanto fu fatto in soli vent'anni, mentre adesso, in ventidue, non si riesce nemmeno ad applicare una legge che rappresenta una questione di giustizia, rispetto e dignità (sono a conoscenza di diversi episodi similari). Se esistesse uno Stato che si rispetti, se la società fosse altra e più equa e, soprattutto, se la mentalità fosse diversa, impostata su criteri di etica e correttezza, questo sarebbe stato "un problema" ma per quel dirigente!
Avrei piacere di incontrarla e scambiarci i ns. pareri (se vuole, mi lasci un recapito telefonico).
Saluti romani
Roberto Bevilacqua

E riprendiamo il discorso.
In questo caso ci troviamo di fronte a due personalità: la mamma di Stefano Ingarao Venier che pretende di mantenere la sua italianità, essendo nata a Parenzo (quando Parenzo era Italia), e il funzionario incazzilloso (e maleducato come l’ha bollato Bevilacqua), nato non in Italia, ma in itaglia, quindi nell’impossibilità di poter comprendere quali valori porta in sé la Signora Venier. Cosa può sapere il funzionario incazzilloso dell’enorme differenza fra l’Italia e l’itaglia? Nella prima c’era un Uomo a dirigerla che tutto il mondo ci invidiava, nella seconda, una serie infinita di spermatozoi sbagliati che tutt’al più fanno ridere il contesto internazionale.
Vede, caro (e povero) funzionario incazzilloso, il rimprovero che muovo a quell’Uomo assassinato e impiccato per i piedi è solo ed esclusivamente questo: AVERMI FATTO CREDERE CHE NASCERE ITALIANO FOSSE UNA DONO DIVINO. QUANDO POI HO AVUTO MODO DI VEDERE IL VERO (NON)VALORE DELL’itagliano, SONO PRECIPITATO DA UNA TALE ALTEZZA CHE ANCORA OGGI NE RISENTO LE CONSEGUENZE. CHE BOTTO HO FATTO!
La povera e brava Signora Venier, ancora si trova a quelle altezze, non so se invidiarla o compatirla. Chi sta meglio di tutti è il funzionario incazzilloso, che non capisce un cavolo dei valori che porta ancora in sé la Signora che non ne vuol sentir parlare di essere considerata cittadina croata. E di tutto ciò possiamo dare una colpa al povero funzionario incazzilloso? Anzi, io lo considererei una vittima del bunga bunga che l’itaglia balla da sessantacinque anni, cioè da quando la mia Patria è stata assassinata.
ORA CAMBIAMO DISCORSO (MA NON TROPPO)
Pochi giorni fa preparai un articolo che sottoposi all’attenzione dei miei lettori, articolo che riguardava un avvertimento dell’ex Primo Ministro australiano John Howard; un avvertimento rivolto agli islamici che hanno ottenuto la possibilità di vivere e lavorare in Australia. Io ho vissuto e lavorato in quel Paese per molti anni, quindi conosco bene il modo di pensare e di vivere degli australiani, o almeno di quei pochi che ancora si possono definire tali. Alla strafottenza e all’arroganza di molti maomettani che ora vivono in quel Paese, Howard ha posto dei paletti ammonendo fra l’altro: <(...). Noi accettiamo le vostre credenze senza fare domande. Tutto ciò che vi domandiamo è di accettare le nostre, e di vivere in armonia pacificamente con noi>. Poi Howard conclude: .
A seguito di quanto riportato, un paio di lettori mi hanno accusato di essere razzista. Accusa ridicola, ma che, sempre in questa sede contesto. Agli amici contestatori chiedo: vedreste con piacere che vostra figlia intraprenda una relazione con un islamico? Io mi opporrei per quanto possibile nel ricordo di quanto so e di quanto sono venuto a sapere. Saranno pure bravissime persone, ma la loro cultura coranica è troppo distante dalla nostra cultura. E a questa si somma il fanatismo religioso che li caratterizza..
Nel precedente articolo avevo anche ricordato l’arroganza di alcuni islamici nei confronti delle nostre convinzioni religiose. Purtroppo, lo debbo confessare, non sono un gran credente, però mi ha dato molto fastidio constatare le loro pretese anche nel pretendere, a volte con insistenza, di togliere il Crocifisso dalle aule scolastiche e dai luoghi pubblici. Si è giunti al punto che un islamico ha tolto un Crocefisso da una parete e lo ha gettato dalla finestra, accompagnando il gesto con queste sprezzanti parole: . Dove sono allora i razzisti?
Con Howard, scrivo e ripeto: SE NON VI STA BENE, SIETE LIBERI DI ANDARVENE!>.
Prima di terminare, per stabilire da che parte sono i razzisti, desidero ricordare: il Regio Decreto Legge 3 dicembre 1934 XIII e il Decreto Legge 8 aprile 1937 XV E.F. (Era Fascista) che sanciva (art. 4) il riconoscimento di . Le quattro province libiche erano. Tripoli, Bengasi, Barce e Misurata. In altre parole ai mussulmani veniva concesso la cittadinanza italiana, così da divenire gli Italiani della Quarta Sponda. Mai nulla di simile era stato realizzato da alcun Paese coloniale.
Concludo osservando, oggi che l’Italia, diventata itaglia e che partecipa alle guerre d’aggressione, su ordine dei gangsters d’oltre Oceano, oggi che i nostri aerei bombardano, distruggono, uccidono, martirizzano coloro che ancora oggi sono gli Italiani della Quarta Sponda, oggi, ripeto, o itaglioti, invece di sostenere accuse senza senso, come giustificate quel che sta accadendo?
E allora, ripeto: damose ‘na mossa. Anche se, forse, è troppo tardi!

mercoledì 1 giugno 2011

Ma per chi ha votato la Camorra?

DAW
daw-blog.com

Ma non era Lettieri l’uomo di Cosentino, e quindi della Camorra, capace di controllare pacchetti e pacconi di voti nei quartieri malfamati? Sapete chi ha vinto a Scampia? De Magistris, con il 66%. Eppure non se ne parla. La camorra non esiste più quando vince uno di sinistra. E attenzione che il prossimo anno si voterà a Palermo: scommettiamo che anche la mafia sparirà dalla Sicilia?

Per mesi da sinistra ci raccontavano che bisognava difendere Napoli con i denti e con le unghie, che non la si doveva lasciare nelle mani di Cosentino e dei Casalesi. Insomma, tutto ma non la Camorra a Palazzo municipale. Si sentiva il tanfo della criminalità organizzata, il Prefetto della città mandava agenti in borghese a sorvegliare i seggi, il clima era teso.

E qual è stato il risultato delle elezioni? Ovviamente ha vinto, o meglio, ha trionfato con percentuali degne di Bucarest ai tempi di Ceausescu, De Magistris. Ossia esattamente lo sfidante dell’ “uomo di Cosentino”, del “lacché dell’indagato per presunti contatti e legami con il clan dei Casalesi”. E ha vinto con oltre il 65% dei voti, segno tangibile che la popolazione, sempre quella che avrebbe dovuto votare in massa per l’uomo di Cosentino e per il candidato preferito dalla Camorra, ha incoronato per acclamazione il Masaniello manettaro come nuova guida della stanca Napoli.

Ma allora? Era o non era Lettieri l’uomo di Cosentino, capace di controllare pacchetti e pacconi di voti nei quartieri malfamati? Era o non era la città immersa in un clima torbido dove le mani della Camorra arruffavano tutto e mettevano addirittura la croce sul candidato del centrodestra? O per caso stanno meditando di dirci che De Magistris è riuscito nel miracolo di cancellare la malavita locale, di eliminare (ancor prima di indossare la fascia tricolore) ogni ramificazione camorristica a Napoli?

Ma come… non l’aveva già fatto cinque anni fa Rosetta Jervolino quando, tra lo sconcerto generale e l’incredulità del globo terracqueo, riuscì a confermarsi Sindaco al primo turno con oltre il 57% dei voti? Per tutta la campagna elettorale, l’ugola partenopea ci raccontava allarmata che la Camorra era in agguato, che i clan volevano cacciarla, che una strana aria aleggiava sul capoluogo campano. Sondaggisti ed esperti paventavano un sicuro ballottaggio, con la Jervolino a combattere voto su voto per la riconferma. La storia, come detto, andò in modo diverso. E la Camorra? Scomparsa, mai più una parola sulle infiltrazioni dei clan nelle urne. Anche perché sarebbe stato imbarazzante commentare il 66% ottenuto a Scampia.

Scene già viste, già sentite, e non solo a Napoli. Il prossimo anno si voterà a Palermo, per il Sindaco. Cinque anni fa vinse (al primo turno) il pidiellino Diego Cammarata: il suo sfidante, Leoluca Orlando, tuonò sconcertato per la mano di Cosa Nostra che si era infilata nell’urna, con le “schede non regolari”, con “elettori defunti”, e cose di questo tipo. Eh sì, perché la Mafia si era assentata da Palermo solo in un’occasione, nel 1993. Quando Orlando ottenne il 75,3% dei consensi.

Tacere, a volte, è la cosa migliore da fare.