lunedì 25 aprile 2011

ANCORA UNA VOLTA SUL “GRANDE PARTIGIANO”

EVVIVA (COME LA CHIAMANO?) LIBERAZIONE?
di Filippo Giannini

Fine aprile 1945, giorno della Liberazione. Voglio iniziare (ma solo per iniziare) con il ricordo di un grande uomo, grande uomo, anche se partigiano. Siano i lettori a giudicarlo.
Questo articolo necessita, però, di una premessa, cioè richiamarne alla memoria un mio precedente apparso su “Nuovo Fronte” del novembre 2000, con il titolo: “FRANCESCO MONTANARI, PARTIGIANO, MA GRANDE UOMO”. Ritengo necessario rileggerlo.
Avevo scritto: Superfluo aggiungere che dopo quella denuncia intorno a Montanari fu eretta una cortina di silenzio e di omertà. Il dado, però, era tratto e l’ex partigiano voleva lavarsi completamente la coscienza. Nel 1994, venuto a sapere che lo Stato era pronto ad assegnare all’A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) la somma di 20 miliardi, scrisse all’ex Presidente della Repubblica, Scalfaro minacciandolo: “Se consegnerete quei soldi, io mi brucerò vivo!”.
Sabato 17 febbraio 1996 “Cincino” Montanari affidò una lettera, che può essere considerata il suo testamento spirituale, ad un amico, l’avvocato Gustavo Raffi. Di quella lettera ricordiamo alcuni passi più significativi: “Sono certo che coloro i quali detengono le leve del potere faranno tutto il possibile per farmi passare per matto o anormale (…). Mi ammazzo perché so valutare la ‘sora’ morte nella maniera giusta, perché ho dignità, moralità, sensibilità e coraggio per cui, in questo letamaio pieno di miserie, ingiustizie e violenza – dove comandano i ladri, i delinquenti e i mafiosi – si potranno trovare bene i loro compari o le pecore, ma non il sottoscritto (…). Durante la guerra sono stato comandante partigiano (…). Non ho mai fatto scatenare terribili rappresaglie su gente innocente, non ho mai vigliaccamente giustiziato nessun fascista a guerra finita (…). Qui non c’è una sola cosa che funzioni per il verso giusto: si privilegiano gli stranieri illegali invece dei fratelli, si puniscono i ladri di galline e i piccoli evasori, ma mai i grossi: i sindacati insegnano solo i diritti (mai i doveri) (…). Provo ormai nausea a vivere in questa ripugnante società di ladri, di delinquenti e di pecore. Perciò vi dico ‘IO NON CI STO’ più e tolgo il disturbo!
Spero di avere sufficientemente chiarito che il mio non è un gesto inconsulto, ma un gesto di protesta nei riguardi dei principali responsabili di questo sfascio morale e materiale dell’Italia.
Vi saluto tutti, amici e nemici, e vi prometto che, se di là si sta peggio che di qua, vi scriverò. Ma se non riceverete niente, vuol dire che si sta meglio.
Francesco Montanari”>
Il mio articolo così continuava: P.S. Da perfetti vigliacchi, ma coerenti, a parte un paio di quotidiani, i “mass-media” ignorarono il “fatto Montanari”>.
Sin qui le parti più salienti di quanto scrissi nel novembre del 2000. A metà aprile di quell’anno ricevetti una lettera dalla Direzione di “Nuovo Fronte” a firma di Livio Valentini, nella quale, in merito al “caso Montanari”, si legge: <(…). Senonché, giunto alla storia di Otello Montanari (in arte “Cincino”), mi disse che (lo scrittore Gian Paolo Pansa, nda) non era stato lui a lanciare la famosa frase. Inoltre, in occasione di una prolusione pubblica, tenuta una quindicina di giorni prima in Emilia, riguardante il suo ultimo libro, aveva incontrato il Montanari (vecchio, ma vivo e vegeto) col quale aveva avuto anche una discussione. Insomma ho rimediato una figuraccia, perché quella nota errata poteva inficiare anche la verità delle altre cose che raccontavo. Quella storia non me la sono inventata; l’ho ripresa da un articolo apparso sul n° 205 (novembre 2000) di “Nuovo Fronte”, che allego in copia.
Conoscendo la serietà del giornale, mi pare difficile che il sig. Giannini si sia inventato tutto, penso ad una omonimia (ma in tal caso non si tratterebbe di Francesco Otello Montanari, né sarebbe stato deputato)>.
Confermo tutto quel che scrissi, a parte che Francesco Montanari (“Cincino”) non fu deputato comunista (anche se sul sito http://digilander.libero.it/tricolore1/comuitalia.htm, attesta essere stato deputato comunista), ma questo, ai fini del gesto del capo partigiano, ha poca importanza. La lettera di Livio Valentini dimostra, una volta di più, la capacità dei comunisti di nascondere la verità. Infatti il Montanari incontrato da Livio Valentini doveva essere Otello Montanari (non Francesco, tanto meno “Cincino”). Ma questi non poteva non sapere che era esistito un suo omonimo e che fu proprio lui a lanciare quella frase che incriminava la maggior parte della “Resistenza”, ma soprattutto che era stato autore di un gesto tanto eclatante.
Francesco “Cincino” Montanari aveva 76 anni, era nato a Ravenna, ma abitava a Cesena. La notte del 22 febbraio 1996 salì su una vecchia “Ritmo” acquistata pochi giorni prima e la parcheggiò in San Mauro in Valle (una frazione di Cesena) dove si dette fuoco. Il suo corpo fu divorato dalle fiamme, ma rimasero intatte alcune copie del suo libro dal titolo: “Qui il più pulito ha la rogna”, libri che aveva posto accanto alla macchina prima dello stoico gesto. A maggior documentazione riporto uno stralcio di una lettera inviata a “Il Giornale” il 15 marzo 1997 dal signor Italo Tassinari di Padova che aveva fatto parte della stessa brigata partigiana di Montanari: .
Questa è la storia, per dovere di spazio molto concisa, di un grande uomo che è un onore avere avuto come avversario; non nemico. Perché poche cose ci dividevano da Lui.
Cosa voleva dire “Cincino” con quel gesto? Chi scrive queste note può intuirlo. Forse, per iniziare, voleva denunciare se stesso come fuori legge. Fuorilegge proprio in quanto ex partigiano, perché il partigiano, dalle Convenzioni Internazionali dell’epoca non era riconosciuto come legittimo combattente, di conseguenza ogni uccisione da parte del partigiano di un fascista, o di un supposto tale, era un assassinio. Quanti furono gli assassinati nel periodo delle gloriose giornate? La cifra esatta non si sa e, forse, non si conoscerà mai. Pino Romualdi ha scritto: . Anch’io ricordo, ma ero un bambino, che si parlava di trecentoventimila assassinati. Ma se “il governo tace” qualcuno alla Camera parlò. In un verbale della Camera dei Deputati risulta che, nel corso di una seduta, l’onorevole Selvaggi si rivolse al Ministro degli Interni per chiarire, finalmente, quanti fascisti vennero uccisi dai partigiani a guerra conclusa. Si alzò imperiosamente l’onorevole Scotti del P.C.I. e, interrompendo il Ministro, urlò: .
Ad ogni anniversario della “liberazione” si festeggia a San Paolo a Roma, in quanto dicono (sic!) che in quella località ebbe inizio la lotta di liberazione. Come al solito si dice mezza verità omettendo l’altra mezza. È vero che a Piazza San Paolo a Roma si sparò contro i tedeschi, ma è altrettanto vero che furono i granatieri del generale Solinas ad ingaggiare battaglia, come è vero che a battaglia terminata il generale Solinas e buona parte dei suoi granatieri aderirono alla sorgente Repubblica Sociale Italiana. E mentre i fascisti di Solinas si battevano contro i tedeschi, i partigiani dove erano? Bah!
Quali erano le finalità dell’eroico partigiano? Ce le illustra Giorgio Bocca (sì, sì lo so che era un fervente fascista, ma sapete, come vanno le cose del mondo? Giorgio Bocca ci spiega il perché degli attentati: . Questo è confermato anche dal democristiano Zaccagnini che lasciò scritto: <(…). La rappresaglia che veniva compiuta era un mezzo per suscitare maggiore spirito di rivolta antinazista e antifascista, e quindi (l’assassinio) si giustificava>. Ecco il motivo per cui mai, e sottolineo mai nessuno si presentò per salvare dei poveri ostaggi che stavano per essere uccisi. Alt! Un momento, uno ci fu, Salvo D’Aquisto, ma era notoriamente fascista e non fece nessun attentato, ma si presentò, si fece fucilare per salvare una dozzina di innocenti ostaggi. È ovvio, qualcuno osserverà: quale fascista sabotò l’iniziativa partigiana che pretendeva dopo l’attentato, una giusta rappresaglia. Salvo D’Aquisto, presentandosi e facendosi fucilare fece in modo di non far godere agli illustri sabotatori, il giusto riconoscimento: la fucilazione degli ostaggi.
Come doveva svolgersi la lotta partigiana? Ce lo spiega Beppe Fenoglio ne Il partigiano Jhonny. . Eroico, vero? E voi andate a festeggiare simili persone? Avete un bel fegato!
Evviva, sempre evviva la liberazione, che ci ha portato al governo i Berlusconi, i Fini, i Pertini, i Togliatti, i Secchia e mille e mille altri fior fiore di simili gentiluomini.
Ah, se tornassero in vita i martiri delle rappresaglie…

Ho ricevuto una mail da un caro amico, di cui indico solo le iniziali. Dato che espone il mio pensiero sulla “fausta data” , lo propongo anche ai miei amici lettori.

25 Aprile

sabato 23 aprile 2011

Quando Benigni augurava la morte ad Almirante..in rima.



da "questa è la sinistra italiana"

Maledetta l'ora
il giorno il secondo, toh,
in cui du' merdaioli
ti misero al mondo.

Maledetta l'ora
il giorno e l'annata
che la tu' mamma ti dette
la su' prima poppata.

Maledetta l'ora buia
ancor di più la notte cupa
che un finocchio ti convinse
a esser figlio della lupa.

Se dovessi maledirti
poi non saprei come finirla,
maledetto sia quel giorno
che ti fecero balilla.

Maledetta l'ora
e tutto il calendario
in cui mille finocchi
ti fecero segretario.

Maledetta la persona,
che stesse sempre male,
che ti parlò per la prima volta
della Destra Nazionale.

S'aprisse la porta,
senza tu te ne sia accorto,
entrassero le mogli
di ogni partigiano morto.

Poi t'aprissero la bocca
e da maggio a carnevale
ti facessero be' le cose
e cantar l'Internazionale.

Poi arrivasse, come si chiama,
Terracini, no, Paietta, Natta e Ingrao
ti cacassero sugl'occhi
mentre cantan Bella Ciao.

Alla fine vanno via,
finalmente sei contento,
ma ti piscia addosso Lama
mentre canta Fischia il vento.

Ti venisse un colpo,
ti venisse un accidente,
gli uomini son tutti uguali,
ma te tu sei differente.

Ti scoppiasse la vescica (tum!),
ti scoppiassero i coglion (tum tum!)
ti scoppiassero in un mese
trentatré rivoluzioni.

Ti venisse la febbre,
ti venisse un ascesso,
ti scoppiassero in culo
tutte le bombe che tu ha' messo.

Ti chiavassero la moglie (ah!)
tutti i morti delle guerre,
e ti nascesse un figliolo
che assomiglia a Berlinguerre.

sabato 16 aprile 2011

REGIONE SALENTO PERCHE' SI



Nuovo Quotidiano di Puglia 08/11/2010
di Francesco Flascassovitti

Nel recente incontro promosso dall'ANDE, le affermazioni di chi si è dichiarato contrario alla proposta di istituire la Regione Salento, mi spingono ad intervenire per offrite elementi di riflessione a coloro i quali, in quel dibattito, hanno dichiarato che tale “proposta nasce storicamente debole, non nasce come un'idea storicamente condivisa” e che “in questo territorio non c'è mai stata la volontà di dividersi dal resto della Puglia, tant'è che quando era possibile farlo con la disposizionin finali della Costituzione non è avvenuto”.
Contrariamente a quanto si possa pensare, la “questione salentina” non è affato recente, giacchè fu affrontata già a metà del 1800, allorquando l'on.Gaetano Brunetti, nel presentare al Parlamento Subalpino il 20 marzo 1861 l'istanza per ottenere una Corte d'Appello in Lecce faceva presente che il Salento è un territorio che da un punto di vista linguistico e storico costituisce una parte a sé stante della Puglia.
Tale istanza, che era considerata il primo passo verso l'autonomia regionale, fu ripresa dal Consiglio Comunale di Lecce il 1 maggio 1862, che deliberò di inviare al Re una Commissione perchè rappresentasse al Sovrano le peculiarità della provincia di Lecce e del Salento tutto e, di poi, in più occasioni dal Consiglio Provinciale di Terra d'Otranto, con le le delibere adottate il 26 maggio 1884, il 24 aprile 1903 ed il 17 maggio 1904, ed infine nella seduta del 15 novembre 1906.
La questione della Regione salentina cioè di un territorio che aveva un proprio ruolo nel contesto della Puglia e perciò era meritevole di ottenere una propria autonomia, fu ben presente nella prima metà del secolo scorso anche in autorevoli uomini della cultura meridionale e di quella parte della cultura pugliese non salentina, libera da spirito campanilistico ed aperta a moderne istituzioni di decentramento come Michele Cifarelli, Tommaso ed Ilario Fiore, il gruppo dei meridionalisti discepoli di Benedetto Croce.
Non è esatto, così come è stato scritto, che fu il solo on.Codacci Pisanelli all'avvento della Repubblica a combattere per il riconoscimento dell'autonomia regionale, perchè la legittima aspirazione del Salento a diventare Regione autonoma fu oggetto di numerosi studi e interventi da parte di coloro i quali ritenevano, già negli anni '40, che ci si dovesse battere per il decentramento e per l'identità del Salento.
Il problema della Regione Salentina infatti fu affrontato autorevolmente da Sebastiano Grassi, il Principe Apostolico, in una pregevole monografia nella quale fu dimostrato che il Salento meritava di essere riconosciuto Regione.
I nostri conterranei proff. Attilio Biasco, Luigi Mariano, Liborio Salomi e Guglielmo Paladini studiarono attentamente la fattibilità della proposta di istituire una Regione Salentina ed esposero i risultati dell'indagine, nel 1946, nella monografia “La Regione Salentina”, consultabile presso la nostra Biblioteca provinciale.
Ma ancora nei primi anni post-bellici, prima che la Commissione c.d. “dei 75” incaricata di indicare le Regioni da inserire nella Carta Costituzionale (la quale bocciò la proposta della Regione Salento per un solo voto, pare dell'On.Moro), il federalismo e le autonomie regionali furono oggetto di discussione vivace ed appassionata.
Gaetano Salvemini in un articolo pubblicato in “Critica Politica” scriveva: “Molte delle provincie italiane sono regioni naturali. Per esempio le province di Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Potenza, Lecce, Bari, Foggia, Roma, Perugia, Genova, combaciavano prima di certe riforme fasciste, con vere e proprie regioni naturali: le tre Calabrie, la Basilicata, la Terra d'Otranto, la terra di Bari, la Capitanata, il Lazio, la Liguria, l'Umbria”.
Il Salvemini, identificando il Salento con l'antica provincia di Lecce e questa con la “Terra d'Otranto”, riconosceva che questa era una “regione naturale” distinta nettamente dalla Terra di Bari e dalla Capitanata.
Sempre il Salvemini si ribellava all'idea che si potesse attuare in Italia un autonomismo alla rovescia e cioè “creare le regioni per legge da parte dei signori che stanno a Roma siano essi un dittatore o alcune centinaia di parlamentari”.
Il problema dell'autonomismo regionale e del federalismo, a suo avviso doveva essere un processo di riconoscimento delle “regioni naturali” e quindi di creazione dal basso e non dall'alto per decisione libera e concorde di più provincie.
Ma perfino Don Sturzo del 1944 scriveva su “Le Autonomie regionali ed il Mezzogiorno”: “Il Salento costituisce indiscutibilmente una regione, perchè oltre ad essere circoscritta naturalmente, è una vera unità specifica di lingua, di storia, di costumi, di affinità, di interessi...”.
Sempre in quel tempo tra gli aderenti al Partito d'Azione, tra cui Nicola Flascassovitti, indomito sostenitore della Regione Salento, tornò a riaffacciarsi l'idea della ricomposizione della Terra d'Otranto col riaccorpamento delle tre provincie di Lecce, Brindisi e Taranto che il Fascismo aveva da poco disaggregate; un progetto che tutte le forze politiche salentine avevano messo al centro dei loro programmi, sin dalla loro ricostituzione.
Tant'è che si era formato un forte movimento popolare che culminò in una solenne adunanza in Taranto alla quale parteciparono i rappresentanti delle maggiori organizzazioni ed enti salentini ed in cui le tre provincie di Lecce, Brindisi e Taranto concordemente dichiararono di volersi dare un'autonomia regionale.
Scrisse allora Nicola Flascassovitti su “La Provincia di Lecce” che “in quella adunanza ha palpitato lo spirito della nostra Regione che si ribella all'accentramento statale il quale ha soffocato, se non distrutto l'economia, la storia e l'avvenire della nostra terra” ed auspicò “una grande, libera consociazione dei Comuni salentini, come la Lega dell'Umbria, che dia il via allo sviluppo dei Comuni medesimi e delle tre province”.
La battaglia per il riconoscimento della Regione Salento fu portata avanti da Flascassovitti sulle pagine de “Il Salento nostro” e del settimanale della domenica “La Provincia di Lecce”, poi divenuto”la Regione Salentina”, il quale in numerosi articoli apparsi negli anni dal 1946 al 1948 difese con forza il diritto dei salentini ad avere la loro Regione.
Scriveva Nicola Flascassovitti nel numero del 13 gennaio 1946 de “La Provincia di Lecce” a proposito della Commissione Ministeriale per l'elaborazione della “Legge elettorale politica per l'Assemblea Costituente”:
“Spesso le regioni comprendono territori e genti completamente distinte, anzi opposte tra loro. E' possibile ignorare che Lecce, Brindisi e Taranto hanno una propria storia, una propria tradizione, una lingua propria, oltre che interessi, costumi, economia in comune, diversi, distinti e sovente opposti alle rimanenti popolazioni e territori della Puglia e cioè Terra di Bari e di Capitanata?”
La mancata istituzione della Regione Salento non impedì a Nicola Flascassovitti di continuare negli anni successivi la sua costante ed appassionata attività intesa a richiamare l'attenzione dei responsabili della Cosa Pubblica sul problema della autonomia del Salento: tanto con articoli, interventi conferenze e dibattiti (l'ultimo il 16.9.1991 sul tema proposto da Domenico Faivre de La Gazzetta del Mezzogiorno: “Lecce dove sei?”).
Vale poi ricordare che nel 1986 l'on.le Meleleo, già Sindaco di Lecce, aveva promosso un convegno per la istituzione di una Regione Salentina.
Il convegno intitolato “Salento porta d'Italia” riaffermò l'importanza del Salento dal punto di vista storico, geografico e culturale, ribadita dagli autorevoli intervenuti: il prof.Moscati, il prof. Donato Valli, il prof. Marti, l'on.Giacinto Urso.
In quella sede l'on.Meleleo annunciò ufficialmente che avrebbe proposto in Parlamento un progetto di legge per la istituzione della Regione Salento.
Non va infine dimenticato che con atto per notar Paolo Dell'Anna del 30 aprile 1991 un gruppo di cittadini leccesi, capitanati da Ferdinando Doria, costituì un “Movimento per la costituzione della Regione Salento” (M.C.R.S.) il cui scopo, si legge nel suo statuto, era “la costituzione di una entità regionale formata dalle provincie di Lecce, Brindisi e della fascia jonica di Taranto; tale entità regionale quindi implica la separazione dalle provincie di Bari e Foggia” e “Il M.C.R.S. che non ha scopi di lucro, è apolitico e apartitico e si ispira ai principi della Democrazia Repubblicana”.
Di tale movimento, per la verità, si è persa ogni traccia.
Non credo sia stato inutile aggiungere al dibattito in corso elementi e riferimenti storici per ricordare che le istanze di autonomia delle popolazioni salentine e la rivendicazione del Salento a Regione non sono questioni di recente interesse, né di poco conto.
Merita più attenzione e considerazione la proposta portata avanti con entusiasmo, intensità e passione da Paolo Pagliaro Presidente del Movimento Regione Salento, anche in dissonanza da quanti, considerandola un'utopia, invocano una unità della Puglia che non è mai esistita tranne che sulla carta geografica della penisola.

Avv. Francesco Flascassovitti

giovedì 14 aprile 2011

Attenti, c'è una sinistra che incoraggia il golpe



di Giuliano Ferrara


Sono cento righe intrise di attacchi al governo e di analisi pessimistiche che più pessimistiche non si può e che si concludono con una ricetta che supera tutte quelle proposte fino a oggi dall’opposizione per abbattere il premier. Ciò che invocava ieri sul «Manifesto» lo storico di sinistra Alberto Asor Rosa è nientepopodimeno che un colpo di Stato, attuato con la collaborazione di carabinieri e polizia. Una minaccia alla quale ieri sera Giuliano Ferrara ha dedicato il suo «Radio Londra». Pronta la controreplica di Asor Rosa: «Faccio appello alle forze sane dello Stato perché evitino la crisi verticale della democrazia».

C’è chi pro­pone di fare un colpo di Stato contro il gover­no eletto, il go­verno eletto da­gli italiani, il go­verno Berlusco­ni.

Si chiama Al­berto Asor Rosa, è stato deputato della sinistra e professore universi­tario. Negli anni Settanta militava, diciamo, in quelle tendenze di pen­siero alla Toni Negri contigue cul­turalmente al terrorismo italiano. Ecco che cosa ha scritto sul quoti­diano comunista il manifesto di og­gi, , perché non vorrei che poi si di­cesse che io mi invento le cose che dico: «Ciò cui io penso è una prova di forza che, con l’autorevolezza e le ragioni... eccetera, scenda dal­­l’alto, instaura quello che io defini­rei un normale “stato di emergenza”, si avvale più che di manifestanti generosi, dei carabinieri e della polizia di Stato, congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari...» eccetera eccetera eccetera. Insomma, un colpo di Stato in piena regola contro il governo eletto dagli italiani.

Siamo finalmente alla piena, diciamo dispiegata chiarezza di un progetto politico che molti altri editorialisti, questa volta di Repubblica , avevano già definito anche nella famosa assemblea del Palasharp, dove un ragazzino di tredici anni fu convocato a recitare la litania dell’odio contro l’arcinemico. Che cosa dicono costoro? Dicono che siccome lui, Berlusconi, ha rimbecillito gli italiani con le televisioni, siccome con i voti non credono di essere in grado di batterlo alle elezioni, siccome in Parlamento non c’è una maggioranza alternativa e invece di lavorare per trovare una maggioranza alternativa nel Paese e nel Parlamento e varare un governo come sono stati i due governi Prodi - Prodi ha battuto due volte Berlusconi, no? - , bisogna fare qualcosa di extra istituzionale. E Asor Rosa, il professor Asor Rosa, quest’uomo con questi baffi sicuri di sé e questa prosa non proprio elegantissima, dice che cosa bisogna fare: un golpe con i carabinieri e la polizia di Stato,che venga dal-l’alto contro il basso popolo incapace di capire come stanno le cose.

Un golpe delle élite , un golpe favorito dagli intellettuali e dalle loro idee. Un golpe che, diciamo, sarebbe un esproprio di sovranità ai danni del popolo italiano. Guardate che non sto scherzando, Asor Rosa non è un passante, ripeto, è stato un dirigente po-litico della sinistra, fa parte diciamo di quella che potremmo definire la cricca Scalfari, cioè il gruppo di potere editoriale e, se posso consentirmi, lobbistico che in simbiosi con i magistrati cerca, non di portare Berlusconi ai processi, ma di abbattere Berlusconi in quanto capo politico del governo.L’Italia è una democrazia regolare, tra poco vedremo una partita e vogliamo stare tutti tranquilli e andare a dormire tranquilli, però c’è chi lavora per un colpo di Stato.

IL DISGUSTO MI IMPEDISCE DI COMMENTARE


Sull'Espresso di qualche settimana fa c'era un articoletto che spiega che recentemente il Parlamento ha votato all'UNANIMITA' e senza astenuti un aumento di stipendio per i parlamentari pari a circa € 1.135,00 al mese.

Inoltre la mozione e stata camuffata in modo tale da non risultare nei verbali ufficiali.


STIPENDIO Euro 19.150,00 AL MESE

STIPENDIO BASE circa Euro 9.980,00 al mese

PORTABORSE circa Euro 4.030,00 al mese (generalmente parente o familiare)

RIMBORSO SPESE AFFITTO circa Euro 2.900,00 al mese


INDENNITA' DI CARICA (da Euro 335,00 circa a Euro 6.455,00)
TUTTI ESENTASSE
+

TELEFONO CELLULARE gratis

TESSERA DEL CINEMA gratis

TESSERA TEATRO gratis

TESSERA AUTOBUS - METROPOLITANA gratis

FRANCOBOLLI gratis

VIAGGI AEREO NAZIONALI gratis

CIRCOLAZIONE AUTOSTRADE gratis

PISCINE E PALESTRE gratis

FS gratis

AEREO DI STATO gratis

AMBASCIATE gratis

CLINICHE gratis

ASSICURAZIONE INFORTUNI gratis

ASSICURAZIONE MORTE gratis

AUTO BLU CON AUTISTA gratis

RISTORANTE gratis (nel 1999 hanno mangiato e bevuto gratis per Euro 1.472.000,00). Intascano uno stipendio e hanno diritto alla pensione dopo 35 mesi in parlamento mentre obbligano i cittadini a 35 anni di contributi (41 anni per il pubblico impiego !!!)

Circa Euro 103.000,00 li incassano con il rimborso spese elettorali (in violazione alla legge sul finanziamento ai partiti), più i privilegi per quelli che sono stati Presidenti della Repubblica, del Senato o della Camera. (Es: la sig.ra Pivetti ha a disposizione e gratis un ufficio, una segretaria, l'auto blu ed una scorta sempre al suo servizio)

La classe politica ha causato al paese un danno di 1 MILIARDO e 255 MILIONI di EURO.

La sola camera dei deputati costa al cittadino Euro 2.215,00 al MINUTO !!

domenica 10 aprile 2011

FERMIAMO L’INVASIONE




QUANTO CI COSTANO I CLANDESTINI?

40 € AL GIORNO IVA INCLUSA

UN PAIO DI SCARPE, UNA TUTA, 2 PAIA DI SLIP, UN ASCIUGAMANO, 2 PAIA DI CALZINI
UNA MAGLIETTA (T-SHIRT O FELPA), DENTIFRICIO, SPAZZOLINO, PETTINE, CARTA IGIENICA
SAPONE, SHAMPOO, CARTA TELEFONICA DA 5€, UN PACCHETTO DI SIGARETTE OGNI DUE GIORNI,
DUE LENZUOLA E UNA FEDERA OGNI 3 GIORNI E DUE COPERTE.

PERSONALE:
80 PERSONE, UN MEDICO E UN INFERMIERE 24H/24H
OGNI SETTIMANA UNO PSICOLOGO PER 24H, UN ASSISTENTE SOCIALE PER 36H,
UN MEDIATORE SOCIO-CULTURALE PER 36H, UN INTERPRETE PER 72H

IN UN CENTRO D'ACCOGLIENZA CON 850 POSTI, ELEVABILI A 1200
IL COSTO COMPLESSIVO DI CLANDESTINI ED OPERATORI E' DI CIRCA

34.000€ AL GIORNO PER 1000 IMMIGRATI
1.020.000 € al mese
12.240.000 € all’anno
QUANTE COSE Si POTREBBERO FARE PER I
CITTADINI ITALIANI CON QUESTO DENARO???

SE ANCHE TU VUOI REAGIRE E FARE QUALCOSA DI CONCRETO UNISCITI A NOI!


AIUTACI A RESTARE ITALIANI
WWW linoadamoladestra.blogspot.com
E.Mail destrainmovimento@yahoo.it

mercoledì 6 aprile 2011

Il Carroccio presenta una proposta di legge per istituire delle milizie sul modello della Guardia nazionale Usa


Potrebbero anche mantenere l'ordine pubblico su ordine del presidente regionale

La Lega: un esercito per ogni Regione
La Russa: «Difesa non si parcellizza»

MILANO - Sfumato il sogno delle guardie padane arriva l'idea dell'esercito per ogni regione. E' questo l'obiettivo che si propone di raggiungere la Lega se venisse approvata la proposta di legge presentata alla Camera che prevede di costituire degli eserciti regionali, sul modello della Guardia nazionale americana, che siano pronti a intervenire in caso di calamità naturali, di gravi attentati, di incidenti alle infrastrutture o ai siti produttivi e per mantenere l'ordine pubblico qualora il consiglio dei ministri o i governatori regionali lo deliberino.

LE MILIZIE - Il provvedimento, che porta la firma di tutti i componenti del gruppo del Carroccio (ad eccezione del capogruppo Marco Reguzzoni) prevede che le «milizie» siano composte, tra l'altro, da cittadini italiani volontari cessati dal servizio senza demerito con età inferiore ai 40 anni. Il reclutamento, secondo la Pdl della Lega, avverrebbe su base regionale e «stante il carattere di milizia che si vorrebbe attribuire al corpo, è previsto che i battaglioni abbiano prevalentemente il carattere di strutture-quadro espandibili attraverso la mobilitazione». I volontari dovrebbero prestare servizio un mese all'anno e sarebbero risarciti con una retribuzione dei parigrado dell'esercito.

LA RUSSA - Bocciata dal ministro La Russa l'idea degli eserciti regionalizzati: «In ogni paese, anche il più federalista del mondo, l'esercito non viene mai regionalizzato o parcellizzato. È una delle caratteristiche dello stato unitario, ma anche dei Paesi federali», ha detto il ministro della Difesa. «Non conosciamo la proposta di legge - ha affermato La Russa - non so esattamente chi l'ha presentata e mi riservo di valutarla quando torno in Italia».

IDV E PD - «Gli eserciti regionali sono l'ultima follia leghista, l'evoluzione delle ronde padane, l'eterna tentazione del Carroccio di creare uno stato nello Stato» afferma il presidente del gruppo Idv alla Camera Massimo Donadi. Stesso allarme rosso da parte del Pd: «Gli esponenti della Lega non paghi di aver diffuso nel Paese un senso di divisione e di distanza tra i territori che sta portando a pericolosi estremismi, non paghi di aver fatto da untori di egoismi e razzismi di ogni sorta, non paghi di aver confuso il federalismo con il separatismo, ora propongono gli eserciti regionali? Per mantenere l'ordine pubblico, per intervenire in caso di calamità naturali o di gravi attentati o di incidenti alle infrastrutture abbiamo le forze dell'ordine, abbiamo i vigili del fuoco, la protezione civile? Ma La Russa lo sa? E che ne pensa? Se non è l'ennesima boutade o un'ultima trovata pre-elettorale di un partito in difficoltà nel governo dell' immigrazione, l'allarme è davvero alto» spiega Rosa Villecco Calipari, vicepresidente dei deputati Pd.

BURLANDO - «È una proposta senza senso, che segnala il fallimento della politica della Lega sui temi dell'ordine pubblico, è l'ennesima trovata». Così il presidente della Regione Liguria, Claudio Burlando, definisce la proposta della Lega. «Emergenze come quella attuale dei profughi nordafricani - spiega Burlando - in Europa si sono avute in passato, con le guerre nei Balcani, nel Kosovo, in Albania. Ma non sono state affrontate così come fa il governo italiano». «Per esempio, noi abbiamo detto che faremo la nostra parte nell'accoglienza dei profughi. Abbiamo dichiarato: ci prenderemo quelli che ci date. Non ci hanno indicato neanche un nome. Andiamo a Roma, spendiamo pure dei soldi, e poi non si fa nulla. Il fatto è che, per l'ennesima volta, la destra gioca sulla contrapposizione interna, in termini propagandistici, senza affrontare il problema. Non c'è la minima coerenza -prosegue Burlando- a Mineo e a Manduria definiscono i profughi clandestini e li mettono nei Cie, a Ventimiglia no, nella speranza che siano i francesi a risolvere il problema. Non ci si comporta così».
da "Il Corriere della Sera"

Ti piace il Kebab?

Lo trovi saporito, gustoso? Ecco che c'è dentro: polmoni, cuore, intestino, lingua, occhi, scarti di macelleria, ossa, sale e grasso animale. Non ci credi? Sei sorpreso? Ti domandi come sia possibile che una specialità così appetitosa contenga simili porcherie? Continua a leggere e lo scoprirai.

Una moda spopolata in tutta Europa, il kebab è diventato il fast food più diffuso, da Londra a Barcellona, Roma, Berlino, Parigi, milioni di persone lo mangiano ogni giorno, senza sapere che cos’è e quanto pericoloso è per la salute.

Mahmut Aygun, emigrato in Germania dalla Turchia negli anni Settanta è stato uno dei primi fautori della diffusione di questo alimento nel nostro continente. Pare che, originariamente, nei paesi arabi dove è nato, il kebab fosse un piatto artigianale e rustico di carne, anche abbastanza fresco e nutriente, servito con verdure e salse speziate. Il Doner Kebab (ovvero la versione “da passeggio”, diffusa dalla Germania in tutta Europa, ndr), invece, non ha niente di nutriente, né di buono, purtroppo.

Quel sapore anche “non male” e a volte appetitoso, che chiunque abbia mangiato un kebab conosce, non è nient’altro il risultato della lavorazione della carne con quantità spropositate di grasso animale e spezie: questo è quello che inganna il palato.

Chi è abituato a mangiare hamburger da McDonald od altre schifezze del genere, sa bene che il panino sembra buono: questo è solo un sapore indotto dal grasso utilizzato nel processo di lavorazione della carne.

Vi propongo i risultati di un’analisi condotta in Inghilterra da un equipe di scienziati e nutrizionisti (il testo integrale della ricerca è pubblicato di seguito in formato .pdf e spero che vi facciano cambiare idea al momento di decidere se entrare in un “ristorante” che offre kebab.

Più del 50% dei Doner Kebab contiene carne diversa da pollo o vitello, la maggioranza dei kebab sono un miscuglio di carni diverse, tra cui quella di pecora e di maiale.


A parte nei kebab realizzati con un’amalgama di carni di vitello, pollo, tacchino, pecora, maiale, in circa il 9% dei casi non si è potuta individuare con chiarezza la natura della carne utilizzata nel processo di triturazione.


Un kebab contiene tra il 98% (nel migliore dei casi analizzati) ed il 277% della quantità giornaliera di sale accettabile, oltre la quale la salute di un essere umano è a rischio.


Un singolo kebab contiene tra le 1.000 e le 1.990 calorie (senza considerare le verdure e le salse.

Un altro dato scandaloso è che ogni kebab contiene tra il 148% ed il 346% della quantità di grassi saturi assimilabili giornalmente da un essere umano (sempre considerando solo la carne.


La totalità dei kebab diffusi dalla Germania in tutta Europa, contengono una quantità elevatissima di conservanti ed additivi chimici, necessari per poter assicurare la conservazione del prodotto per mesi. Inoltre, durante il loro trasporto ed all’interno degli stessi stabilimenti dove sono venduti al pubblico, questi rotoloni di “carne” sono soggetti a gravi interruzioni della catena del freddo, in seguito a continui e ripetuti congelamenti e descongelamenti.

Buon appetito.