giovedì 30 settembre 2010

La fiducia patacca di Fini



di Alessandro Sallusti

L'ex leader di An vota sì al discorso di Berlusconi per prendere tempo: poi lo pugnalerà alle spalle. Martedì il presidente della Camera si fa il partito ma non vuole mollare la poltrona

La fiducia c’è ma si an­drà a votare perché la maggioranza nu­merica non corri­sponde a quella politica. Il «sì» al discorso di Berlusco­ni votato dal gruppo dei fi­niani è infatti una patacca, uno stratagemma per prendere ancora un po’ di tempo prima di pugnalare alle spalle la maggioran­za. Poco tempo, quello ne­cessario per trasformare il gruppo parlamentare in un partito. Il primo passo è già stato fissato per mar­tedì prossimo. Questa è la sintesi di quanto è accadu­to ieri alla Camera dove il governo ha superato l’ostacolo solo grazie ai vo­ti dei finiani ( e del governa­tore siciliano Lombardo). Ovvio che da oggi Pdl e Le­ga da soli non hanno i nu­meri per garantire che la le­gislatura vada avanti se­condo i patti stabiliti con gli elettori.

Berlusconi ha fatto un ul­timo tentativo, violentan­do la propria indole batta­gliera, forse un’ultima con­cessione al gruppo delle colombe che lo circonda. Ha parlato con tono paca­to di senso di responsabili­tà, ha spiegato la necessità di andare avanti, ha elen­cato le non poche cose fat­te, ha prospettato quelle da fare. Su quest’ultime è stato intransigente. Su quanto promesso agli ita­liani, ha detto, non si trat­ta, quindi «sì» senza condi­zi­oni alla riforma della giu­stizia (compresa la difesa della politica dagli attac­chi della magistratura) e «sì» al federalismo subito. Cose inaccettabili per Fi­ni, che nel rallentare ed an­nacquare entrambe le ri­forme vede un doppio gri­maldello: far cadere per via extraparlamentare Ber­lusconi e far saltare il patto di ferro tra questi e Bossi. La manovra a tenaglia era e resta il piano inconfessa­bile del presidente della Camera, che in questo ha buoni alleati: magistrati e opposizione.

Che Fini non possa più essere il presidente della Camera, da ieri è evidente a tutti. L’aver permesso a Di Pietro, contro ogni buon senso e regolamen­to, di insultare il premier, il suo malcelato compiaci­m­ento per quell’aggressio­ne fatta di ingiurie, sono solo il sintomo più eviden­te che non è più un arbitro imparziale. Non solo. An­nunciare la nascita del nuovo partito senza con­temporaneamente rimet­tere il mandato è l’ennesi­ma furberia che stride con la richiesta di etica e lealtà politica sbandierata dal Fli. Certo, se la legislatura dovesse proseguire, Fini, come abbiamo scritto ieri, difficilmente potrebbe re­stare al suo posto. Ma con l’avvicinarsi delle elezioni il calcolo cambia. E diven­ta: resto, così mi faccio pa­g­are la campagna elettora­le dalla Camera invece che dal partito, e sfrutto la carica istituzionale per una visibilità che altrimen­ti non avrei.

Un partito di imbroglio­ni, insomma, che dice di voler rimanere nella mag­gioranza ma non ha speso una parola contro Di Pie­tro, che vota una fiducia nella quale non crede, che per quindici anni ha condi­viso con entusiasmo ed enormi vantaggi scelte e strategie di Berlusconi e che ora scarica tutti i pro­blemi su di lui, come se fos­se stato da sempre all’op­posizione o sulla Luna.

Maroni ha tirato le som­me della giornata: si va a votare tra marzo e aprile. Credo che abbia ragione e che sia meglio così. Gli elettori capiranno chi ha tradito e perché.

lunedì 27 settembre 2010

Il presidente "super partes" cerca di fare acquisti


E adesso? E adesso è una parola... Il minimo che si può dire è che il videomessag­gio ha terremotato il piccolo mondo finiano, che si aspetta­va qualcosa di diverso, un di­scorso molto più duro - gli uni -, molto più chiarificatore sui misteri monegaschi - gli altri. Comunque lo si guardi, da fal­chi o da colombe, un messag­gio insoddisfacente, non riso­lutivo, debole. E nemmeno co­me viatico per la pace col Pdl le parole di Fini possono esse­­re ritenute sufficienti, perché­per accontentare l’ala bocchi­niana - ha comunque inserito elementi polemici contro il Cav nel discorso tanto atteso dopo quello di Mirabello; sul dissenso che non avrebbe do­micilio nel Pdl, su un rapporto con la magistratura sano ri­spetto a quello dei berlusco­niani, sulla riforma della giusti­zia per i cittadini e «non per ri­solvere i problemi personali» (una strizzatina d’occhio al­l’opposizione). Come parole di pace con il Pdl, non sono il massimo. E così, malgrado il barometro sia lievemente cambiato rispetto a prima, le nuvole nere all’orizzonte non sono ancora scomparse, anzi. Nel Pdl si fa notare un fatto non irrilevante, che pesa sulla credibilità di Gianfranco Fini come terza carica dello Stato, in una situazione di scontro co­sì aperto e violento che lo vede in prima linea. Un episodio che si è verificato giovedì, qual­che ora prima della conferen­za stampa della (ex) deputata finiana Souad Sbai per annun­ciare il suo passaggio (anzi, rientro) nelle file del Pdl. Fini, raccontano le fonti, ha convo­cato la Sbai nel suo ufficio per raccogliere le sue valutazioni e sondare la possibilità di non farla passare col Pdl. L’aritme­tica, in questa crisi della mag­gioranza, è diventata più deter­minante della politica, e Fini sa bene che una pedina in più o in meno può rafforzare o in­debolire il suo peso al tavolo delle trattative col Cav (o con l’opposizione). Ma il punto, che nel Pdl è un argomento di discussione seria in queste ore, è il seguente: può un presi­dente della Camera essere considerato imparziale se poi è la stessa persona che si spen­de per convincere un deputa­to a stare in un gruppo alla Ca­mera invece che in un altro? La risposta che si danno tutti è negativa. Fini si trova nella situazio­ne, eccezionale nella storia della nostra Repubblica, di es­s­ere il capo di un gruppo parla­mentare che non esisteva al momento del voto e che è sta­to eletto con un partito con cui ora è in polemica, e contempo­raneamente a rappresentare la totalità del Parlamento pur parteggiando per una sola par­te di esso, che vorrebbe - è na­turale- più nutrita e forte possi­bile. Torna, insomma, il tema dell’opportunità che Finilasci la presidenza della Camera, per dedicarsi senza più ambi­guità al suo ruolo di fondatore di una nuova ala, nei fatti di un nuovo partito di centrodestra. Il rischio è ovviamente tutto per Fini, che però non è tipo che ama rischiare. Il ruolo di presidente della Camera gli as­sicura uno standing istituzio­nale- e un rapporto privilegia­to con il Colle, determinante in caso di crisi di governo- che non potrebbe mai avere come semplice leader del Fli. Non so­lo, ma il Fli è un pianetino ap­pena formatosi, dove si molti­plicano le scosse di assesta­mento e le tempeste. Al di là delle costanti voci di addii e passaggi al Pdl, la spaccatura interna è sempre più eviden­te. Si racconta di una fortissi­ma irritazione tra i futurist-fi­niani per le parole del deputa­to Fli Giuseppe Consolo, che ha assicurato preventivamen­te il suo appoggio ai cinque punti di Berlusconi. Ci sareb­bero state pressioni per fargli correggere il tiro specificando che quella è una sua persona­le posizione, e non quella del Fli. Un finiano invece di quelli anti-Cav racconta anonima­mente di prepararsi ad «uscire dall’aula nel momento in cui Berlusconi prenderà la paro­la », il 29 settembre. Ma il prota­gonismo troppo polemico di Bocchino & Co sta creando problemi. Il sottosegretario fi­niano Roberto Menia tira un dardo all’indirizzo di Bocchi­no dicendo che «sono finiano, ma non obbedisco a Bocchi­no ». Il senatore Menardi con­fessa un «malessere», perché «ci sono colleghi che parlano a sproposito», e anche il capo­gruppo al Senato Viespoli du­bita che la tattica mediatica ­orchestrata dalla banda Boc­chino, Granata e Farefuturo ­sia stata giusta. Un settembre «nero» per Gianfranco Fini.

venerdì 24 settembre 2010

CULTURA POLITICA, DIBATTITO PUBBLICO




Uno spettacolo desolante


Se s i s o l l e v a l o sguardo dalla congiuntura delle cronache giornalistiche quotidiane, e si guarda al quadro d’insieme, lo spettacolo sovrastante gli avvenimenti degli ultimi mesi — crisi della maggioranza di governo, eventualità di elezioni anticipate, prospettive di evoluzione della situazione — è desolante. Solo l’insipienza della classe politica, la programmatica malafede di certi media, un’opinione pubblica frastornata, e ormai incapace di discernere, potevano ridurre a una questione fra berlusconismo e a n t i b e r l u s c o n i s m o l’inattualità delle istituzioni, l’inconsistenza della cultura politica nazionale, la fragilità del sistema politico che ne sono emersi. L’intero spettro delle regole, dei principi e degli istituti che sono a fondamento della nostra vita politica si sono sfarinati, mentre troppi italiani si comportano come degli ultras in uno stadio di calcio. Non si illudano berlusconiani e antiberlusconiani di far uscire il Paese dal tunnel nel quale lo hanno cacciato semplicemente prevalendo gli uni sugli altri.

martedì 21 settembre 2010

Sigonella ospita il primo Global Hawh delle FFAA USA



.Note di INFORMAZIONE SCORRETTA
Da oggi volare sulla Sicilia sarà come giocare alla roulette russa. La notte del 16 settembre, nella base aeronavale di Sigonella è atterrato il primo dei 5 velivoli senza pilota UAV “Global Hawk” RQ-4B dell’US Air Force previsti nell’isola nell’ambito di un accordo top secret stipulato tra Italia e Stati Uniti nell’aprile del 2008. Alla vigilia dell’arrivo del micidiale aereo-spia, le autorità preposte alla sicurezza dei voli avevano emesso il NOTAM (NOtice To AirMen) W3788/10 in cui si annunciava che dall’una alle ore quattro di giovedì 16 sarebbero state sospesi gli approcci strumentali e le procedure per l’avvicinamento di aerei ed elicotteri allo scalo di Catania-Fontanarossa, il terzo come volume di traffico passeggeri in Italia, distante meno di dieci chilometri in linea d’area dalla base USA di Sigonella. Una misura necessaria ad evitare che il Global Hawk potesse interferire con il traffico aereo, a riprova della pericolosità di questo nuovo sistema di guerra il cui transito nei corridoi riservati al trasporto civile è fortemente osteggiato dalle due maggiori associazioni piloti degli Stati Uniti d’America, la Air Line Pilots Association (ALPA) e la Aircraft Owners and Pilots Association (AOPA).



Il Global Hawk è un aereo con elevate capacità nel settore d’intelligence, sorveglianza e ricognizione. La sua apertura alare è di 40 metri, quasi come quella di un 737, ha un peso di oltre 14 tonnellate e può volare fino a 36 ore consecutive a circa 600 chilometri all’ora a quote di oltre 20.000 metri. Prodotto dall’industria statunitense Northrop Grumman, il Global Hawk è in grado di monitorare un'area di 103,600 chilometri quadrati grazie ad un potentissimo radar e all’utilizzo di telecamere a bande infrarosse. Le immagini registrate vengono poi trasmesse per via satellitare ai comandi terrestri. La sua rotta è fissata da mappe predeterminate, un po’ come accade con i missili da crociera Cruise, ma gli operatori da terra possono tuttavia cambiare le missioni in qualsiasi momento.



Il prototipo giunto a Sigonella è stato assegnato al “9th Operations Group/Detachment 4”, il distaccamento dell’US Air Force operativo sin dallo scorso anno per coordinare e gestire le missioni di spionaggio e guerra dello squadrone RQ-4B in Europa, Africa e Medio oriente. Il distaccamento USA dipende direttamente dal 9th Reconnaissance Wing del Comando per la guerra aerea con sede a Beale (California), anche centro dell’Agenzia d’intelligence dell’aeronautica statunitense. Secondo quanto affermato dal portavoce del Comando della base di Sigonella, l’inizio delle operazioni dell’UAV è previsto per il prossimo mese di novembre. «Il veicolo – si aggiunge - sarà utilizzato in acque internazionali per la sorveglianza delle linee di comunicazione, per il supporto a operazioni umanitarie e, su richiesta dello stato Italiano, per operazioni di soccorso sul territorio nazionale in caso di calamità naturali, pratica dove l’apparecchio è già stato impiegato con successo ad Haiti e negli incendi della California». Finalità inverosimili, del tutto in contrasto con quelle degli otto Global Hawk che la NATO assegnerà entro il 2012 ancora a Sigonella nell’ambito del nuovo programma di sorveglianza terrestre AGS (Alliance Ground Surveillance). Secondo quanto dichiarato da Ludwig Decamps, capo della Sezione di supporto dei programmi di armamento della Divisione difesa dell’Alleanza Atlantica, i velivoli senza pilota «saranno fondamentali per le missioni alleate nell’area mediterranea ed in Afghanistan, così come per assistere i compiti della coalizione navale contro la pirateria a largo delle coste della Somalia e nel Golfo di Aden». Operazioni, pertanto, tutt’altro che umanitarie.



Il semi-segreto atterraggio del primo Global Hawk è stato duramente contestato dai rappresentanti della Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella, che già nel 2006 aveva denunciato il piano di rischiaramento in Sicilia dei velivoli-spia. «Quasi tutti i mezzi di comunicazione definiscono “provvidenziale” l’arrivo delle “sentinelle dei cieli”, che con la loro presenza garantirebbero la nostra sicurezza con operazioni di soccorso in caso di calamità naturali», affermano gli attivisti No-war. «Evitiamo la facile ironia sulle motovedette donate al governo libico per “salvare molte vite umane” e poi usate per mitragliare pescherecci e/o barconi di migranti. Quel che ci preoccupa è la quasi totale assenza di voci critiche, nonostante non manchino le circostanziate denunce relative ai crescenti pericoli della militarizzazione dei nostri territori». La Campagna per la smilitarizzazione di Sigonella ricorda che il dislocamento o il passaggio degli UAV dalla base siciliana accade perlomeno dal 2001 con l’avvio delle operazioni di guerra in Afghanistan. «Come confermato dall’allora segretario della difesa Donald Rumsfeld ad UsaToday il 24 maggio 2002, il primo trasferimento del Global Hawk al teatro afgano avvenne utilizzando proprio Sigonella come base logistica. Da allora, lo strumento cardine per l’individuazione degli obiettivi e il coordinamento degli attacchi da parte dei mezzi aerei, terrestri e navali ha eseguito missioni di guerra per oltre 24.000 ore in Iraq, Afghanistan e Pakistan. Impossibile che in tutto questo tempo non ci sia stata una sosta tecnica in Sicilia, non fosse altro per testare le piste e le infrastrutture di quella che sarà una delle due maggiori basi operative dei velivoli dell’Air Force al di fuori del territorio degli Stati Uniti».



Secondo il periodico statunitense Defense News, Sigonella è destinata a divenire una vera e propria capitale internazionale dei Global Hawk prodotti dalla transnazionale Northrop Grumman. Oltre all’US Air Force e alla NATO, anche l’US Navy è intenzionata a installare nella base alcuni degli UAV recentemente acquistati, portando ad una ventina il numero dei velivoli che troverebbe sede fissa nella stazione aeronavale siciliana. Sempre Defense News rivela che le autorità governative statunitensi e quelle italiane si sarebbero già incontrate in vista della creazione «di corridoi negli spazi aerei italiani per i decolli e gli atterraggi dei Global Hawk». «Del tutto ignoto è l’esito di queste discussioni», commentano gli attivisti della Campagna per la smilitarizzazione, «ma è forte il sospetto che gli enti civili responsabili del traffico aereo, ENAC ed ENAV, siano stati del tutto bypassati, anche se le operazioni degli UAV incideranno pericolosamente sulla sicurezza dello scalo di Catania-Fontanarossa, dove nel 2008 sono transitati oltre sei milioni di passeggeri. L’altissimo rischio rappresentato dai Global Hawk non sembra aver mai preoccupato il governo italiano. Negli Stati Uniti, invece, è tema di discussione e conflitto tra forze armate, autorità federali e statali».



Nel documento The U.S. Air Force Remotely Piloted Aircraft and Unmanned Aerial Vehicle - Strategic Vision, in cui l’aeronautica militare statunitense delinea la “visione strategica” sul futuro utilizzo dei sistemi di guerra, si ammette che «i velivoli senza pilota sono sensibili alle condizioni ambientali estreme e vulnerabili alle minacce rappresentate da armi cinetiche e non cinetiche». «Il rischio d’incidente del Predator e del Global Hawk è d’intensità maggiore di quello dei velivoli con pilota dell’US Air Force», si legge ancora, anche se, «al di sotto dei parametri stabiliti nei documenti di previsione operativa per questi sistemi». Secondo alcuni ricercatori indipendenti, il rischio d’incidente per i Global Hawk, a parità di ore di volo, sarebbe invece 100 volte superiore a quello registrato con i cacciabombardiere F-16.



L’US Air Force ha intanto ordinato lo schieramento di altri tre velivoli Global Hawk nello scalo aereo di Guam, un’isola dell’arcipelago delle Marianne (Oceano Pacifico), di proprietà degli Stati Uniti d’America. Il loro compito prioritario sarà quello di spiare Cina e Corea del Nord.

giovedì 16 settembre 2010

Ecco perchè da Washington attaccano il Governo italiano



.Note di INFORMAZIONE SCORRETTA

Pubblicata da INFORMAZIONE SCORRETTA il giorno martedì 14 settembre 2010 alle ore 22.46.Il maggiore motivo per cui inglesi e americani attaccano continuamente l'italia pilotando l'opinione pubblica, è un minimo di sovranità nella politica estera che questa si sta ritagliando, grazie ad aziende come l'Eni. E infatti ecco che si lamentano per gli affari che facciamo con l'Iran, affari pubblici che servono a migliorare la vita a cittadini persiani e italiani...ma americani e ai loro servi italioti (di destra o di sinistra) questo non interesse... gli unici interessi che gli importano sono quelli degli Stati Uniti

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Sanzioni sulla carta

Le dichiarazioni sono una cosa, ma le azioni sono un altro paio di maniche: sei mesi dopo il suo ritorno da una visita in Israel, durante la quale il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha promesso di impegnarsi per diminuire l'interscambio Italia-Iran, risulta che, di fatto, anche quest'anno Roma è un'avida sostenitrice dell'economia iraniana.


È vero che Berlusconi ed il Ministro degli Esteri Franco Frattini hanno dichiarato in passato di comprendere la necessità di erodere l'abilità di Teheran a sviluppare armi nucleari che mettono a repentaglio la sicurezza e l'esistenza dello Stato d'Israele ma, di fatto, la politica del loro governo indica una promozione dell'interscambio con Teheran, il che aiuta il regime degli Aiatollah ad ottenere stabilità.Yediot Aharonot ha fatto la verifica: dai dati ISTAT risulta che le importazioni italiane dall'Iran nella prima metà del 2010 sono più che raddoppiate, ammontando ad una somma di oltre 2 miliardi di euro. Trattasi di una cifra veramente mostruosa: solo per fare il paragone, nel periodo analogo del 2009, le importazioni sono ammontate a 847 milioni di euro. Anche le esportazioni verso l'Iran sono cresciute notevolmente. Da 892 milioni di euro nella prima metà del 2009, quest'anno le esportazioni italiane verso l'Iran sono ammontate ad oltre un miliardo di euro. Nonostante non siano ancora stati pubblicati dati precisi sulle tendenze dell'interscambio, non si tratta di un commercio basato su generi alimentari basilari. Dai dati ISTAT emerge chiaramente che, anche quest'anno, l'interscambio tra i due Paesi è caratterizzato da prodotti industriali, lavori di infrastruttura, energia, satelliti per le comunicazioni e prodotti scientifici e tecnologici. In passato era già emerso da indagini giornalistiche che aziende italiane hanno fornito appoggio all'esercito iraniano. All'inizio dell'anno, l'Amministratore Delegato dell'ENI era stato convocato dal Dipartimento di Stato statunitense per spiegare le dimensioni enormi dell'interscambio tra i due Paesi. Va sottolineato che questo è il quarto anno consecutivo in cui detto interscambio dimostra di crescere, nonostante le sanzioni imposte all'Iran dall'ONU, nonostante tutte le promesse fatte all'Amministrazione di Washington e nonostante i calorosi abbracci profusi da Berlusconi durante la sua visita in Israele. Il Ministero degli Esteri a Roma ha ieri confermato i dati, spiegando: "La forte crescita delle importazioni dall'Iran dipende dalle variazioni del tasso di cambio euro-dollaro e dai prezzi del petrolio. Le esportazioni verso l'Iran non violano le sanzioni imposte dall'ONU. Le grandi aziende italiane hanno fermato le proprie transazioni, e non vi è alcun uso doppio, civile-militare, della loro attività. Nel contempo, imprese medio-piccole, che sentono l'accelerazione dell'economia italiana, commerciano con l'Iran correndo rischi, in assenza di assicurazione governativa per la loro attività". Dalla Presidenza del Consiglio hanno risposto che sono ancora nel processo di studiare i dati.

NEMO PROFETA IN PATRIA




Oggi tratto un argomento un po’ fuori le righe ma che da qualche giorno è diventato argomento pubblico, tanto da essere citato spesso e volentieri anche in televisione, grazie ad una dichiarazione dell’On. Giorgio Stracquadanio sulla “prostituzione” parlamentare.
Ma, caro lettore, l’onorevole citato ha detto, nella sua prima stesura, quello che da anni è solo, soltanto e null’altro che la verità, e cioè che per arrivare a sedere sulle calde poltrone del potere non è strettamente necessario avere doti politiche eccelse (certo se uno le ha, molto meglio) ma che è lecito anche ricorrere a metodi sui generis come la personale prostituzione, che non è solo e soltanto l’atto della vendita del proprio corpo ad altro essere umano ma anche tutte quelle situazioni in cui mercifico me stesso per arrivare ad un determinato obiettivo che mi gratifichi personalmente.
Infatti il termine prostituzione deriva dal latino prostituere (pro=davanti e statuere=porre), che, nell’accezione moderna, viene solo usata per indicare la vendita del proprio corpo per beneficiare di compensi in denaro, ma che non è l’unico ed esclusivo significato del termine. Infatti da Wikipedia (enciclopedia online famosissima) ho tratto questa interessante definizione:
“Con il termine prostituzione si indica l'attività di chi offre prestazioni sessuali, dietro pagamento di un corrispettivo in denaro. L'attività, fornita da persone di qualsiasi orientamento sessuale, può avere carattere autonomo, professionale, abituale o saltuario.
L'uso del termine non è univoco e a seconda del Paese, del periodo storico o del contesto socio-culturale può includere qualsiasi atto sessuale e qualsiasi tipo di compenso (anche non in denaro) o indicare, moralisticamente ed erroneamente, coloro che intrattengono atti sessuali fuori dal matrimonio, o uno stile di vita simile a coloro che offrono le prestazioni o chi intrattiene atti sessuali disapprovati. Può indicare anche un comportamento zelante più del dovuto nei confronti di un superiore, finalizzato all'ottenimento di gratifiche lavorative o economiche.“
La parte riportata in grassetto e sottolineata, a mio modestissimo parere, esplica in modo inequivocabile quello che l’onorevole Stracquadanio intendeva dire e che forse, per pudore, non ha detto e cioè che per il potere chiunque di noi sarebbe disposto a tutto.
L’europarlamentare On. Borghezio, durante un comizio, usò una terminologia forte che ebbe un ampio risalto in quel tempo: parlò infatti, citando il mondo politico italiano, di “Leccaculismo diffuso”. Mai definizione fu migliore e più azzeccata di questa per fotografare quello che da decenni sta succedendo in Italia! Infatti prostituzione e leccaculismo vanno di pari passo, sono le due facce della stessa medaglia e sono davanti agli occhi di noi tutti, quando non siamo accecati dalla retorica politica che non ci fa vedere al di là della punta del nostro naso.
Poi sarebbe necessario anche chiarire che il prostituirsi non è solo il modo più facile per fare carriera dandosi al potente di turno ma si attua anche quando il potente di turno, in un momento di contingente difficoltà, sfrutta con le sue doti dialettiche e con la effimera, e magari ricostruita, bellezza l’ingenuità del popolo. E la cosiddetta “prostituzione indotta” o “prostituzione passiva”: e qui potrei fare esempi millenari!




Oggi si massacra l’onorevole Stracquadanio solo per aver detto la verità: e a chi mente sapendo di mentire che cosa si dovrebbe fare? Ghigliottina o impiccagione? Sedia elettrica o siringata? Lapidazione o fucilazione? Per favore non facciano i falsi moralisti e neanche i falsi moralizzatori, invece troviamo una soluzione politica per uscire dal baratro in cui sta cadendo l’Italia. Basti pensare che l’evasione fiscale in Italia è di ben 120 miliardi di euro l’anno, cioè circa 4 manovre finanziarie! E qualsiasi governo, invece di combattere seriamente e pesantemente gli evasori, fa gli scudi fiscali, i condoni, gli indulti.
In Francia, dove l’evasione e di 15 miliardi di euro anno (pari a circa il 10% rispetto all’Italia), hanno un sistema fiscale semplificato al massimo, tant’è che il singolo contribuente si fa la dichiarazione fiscale online, ed è talmente pro cittadino che in pratica evadere non conviene a nessuno. Quei pochi che evadono, una volta scoperti (e li scoprono per davvero, statene certi) vanno in galera fino a fine pena, che può raggiungere anche i 3-5 anni! Questi sono dati che non mi invento io ma che ho ascoltato attraverso la trasmissione PRESA DIRETTA di domenica scorsa: sarà pure una trasmissioni antiberlusconiana, ma sono stati raccontati fatti, ed i fatti non hanno colore politico!
Caro Stracquadanio, sono con te solidale: chi dice la verità merita solidarietà e tu hai la mia (ma io non sono nulla….). Però ricordati la citazione latina che è il capitolo di questo articolo: NEMO PROFETA IN PATRIA!

Giacomo Bianchi

martedì 7 settembre 2010

Carceri,lavoro per tutti i detenuti. E parte dei proventi vada a pagare nuovi poliziotti.




Lasciare che in carcere circa 56 mila disoccupati gravino totalmente sui contribuenti, anche attraverso 20 milioni di euro di sussidio Inps, è una delle peggiori contraddizioni del sistema penitenziario. È per questo che Leo Beneduci, segretario generale dell’Osapp, l’Organizzazione sindacale autonoma della polizia penitenziaria, lancia una proposta «rivoluzionaria» per l’Italia: «Proponiamo la massiccia e diretta partecipazione delle imprese private alla gestione delle attività lavorative in carcere, a condizioni di reale vantaggio per tutti» annuncia Beneduci «mediante contratti che prevedano la corresponsione, oltre che dei contributi di legge, di retribuzioni pari alle somme che i detenuti possono effettivamente spendere in carcere (il cosiddetto «peculio») e il versamento di ulteriori quote da destinare all’assunzione dei 10 mila agenti penitenziari che mancano, nonché per il risarcimento delle vittime dei reati».
Oggi, su un totale di detenuti che arriva a 68.468, sono meno di 12 mila quelli che svolgono un’attività lavorativa per almeno un’ora al giorno (circa 10.500 all’interno degli istituti di pena): il 17,5 per cento. E questo nonostante che la legge prescriva che il lavoro in carcere sia obbligatorio, almeno per chi sconta una condanna definitiva.
Beneduci è molto scettico sul piano-carceri da 9 mila posti tra 11 nuovi istituti e 22 padiglioni: «Se mai vedrà la luce» sostiene «ci si renderà presto conto che i circa 600 milioni di euro previsti costituiscono solo la tranche iniziale di una spesa che, nel tempo, insieme ai costi già esistenti, renderà del tutto ineconomico mantenere in piedi il sistema penitenziario alle attuali condizioni».

domenica 5 settembre 2010

Fratelli D'Italia (completo + testo nel video)-Mameli

Ieri ennesima pena capitale negli Usa. (Come mai tanto chiasso per Sakineh e niente per costoro?)



INFORMAZIONE SCORRETTA Un americano, condannato per furto e omicidio nel 1994, è stato messo a morte ieri sera con un'iniezione letale a Parchman, nel Mississippi.



Lo hanno annunciato le autorità penitenziarie dello stato del sud degli Stati Uniti. Joseph Burns, 42 anni, è stato dichiarato morto 34 minuti dopo il rifiuto della Corte suprema americana di rinviare l'esecuzione. Burns era stato condannato per il furto e l'uccisione nel settembre 1994 del proprietario di un motel, Floyd Melvin McBride, che aveva pugnalato con un cacciavite mentre i suoi complici ne stavano svaligiando l'ufficio. E' la terza condanna a morte eseguita quest'anno nel Mississippi e la 33/a negli Usa.



(L'articolo è di un mese fa, quindi "ieri" è riferito a luglio... poco cambia anzi non avendo nel frattempo sentito assolutamente niente, il problema si pone ancora di più)