domenica 29 novembre 2009



In occasione della prossimità del S. Natale e Capodanno, avremmo l'intenzione di cogliere l’occasione per ritrovarsi con i propri cari in una cena conviviale.
Venerdi 11 dicembre alle ore 19:30
Presso il ristorante pizzeria Porto2
Via Fratelli Stevani N° 76 Zevio

sabato 28 novembre 2009

LA FORZA DELLE COSE

La nascita di un pur piccolo Movimento Politico, porta con se la forza delle cose.La necessità di uscire dagli angusti confini, dalle proprie particolaristiche trincee territoriali, conseguentemente all’uscita dal nostro partito storico, ha portato noi militanti pur avendo origine da realtà territoriali differenti a metterci insieme per poter armonizzare gli interessi individuali con quelli della cittadinanza.Con la consapevolezza di aver intrapreso una via anfrattuosa di gravoso percorso, non ci impedisce di intravedere l’obiettivo prefissato.La forza congiunta alla determinazione che ci sostiene ci porta a soverchiare quegli impedimenti che si contrappongono fra noi e il realizzare un sostanziale collegamento fra il cittadino e i governi locali.La sconfitta rende tutto più difficoltoso, ce ne rendiamo benissimo conto di trovarci in un contesto di inquietudine diffuso, ma non vorrei che i sorteggiati non si rendessero conto di aver vinto la guerra e persa la pace.La generale inquietudine ha creato quel simbionismo che porta ad una necessaria compattezza.La palpabile tensione sfuggente è riscontrabile da chiunque viva in questo spirito.Dovremmo tutti sgombrarci dai rancori mal controllati, cercando di essere più noi stessi che lasciarci guidare dalla grande ipocrisia diplomatica.

venerdì 27 novembre 2009

LA POLONIA METTE FUORILEGGE IDEOLOGIA E SIMBOLI COMUNISTI

la nuova norma, se approvata, dovrebbe entrare in vigore a partire dal prossimo anno
Polonia: presentata una legge per mettere al bando tutti i simboli del comunismo
Chiunque li utilizza o ne è in possesso potrebbe rischiare fino a 2 anni di carcere

Le bandiere rosse potrebbero essere vietate in Polonia a partire dal prossimo anno (Ap)
MILANO - Vent'anni fa, dopo la caduta del Muro di Berlino, decisero di buttare giù le statue di Lenin e di Marx e di seguire le democrazie occidentali. Adesso i politici polacchi hanno presentato un breve emendamento che mette al bando qualsiasi simbolo comunista dal paese dell'Est europeo. Il Senato ha infatti approvato una modifica all'articolo 256 del codice penale che dichiara illegali tutti i simboli comunisti. Chiunque li utilizza o ne è in possesso rischia fino a due anni di carcere per aver commesso il reato di «glorificazione del comunismo». Il Presidente della Repubblica Leck Kaczynski lunedì prossimo dovrebbe firmare la legge che probabilmente entrerà in vigore dal prossimo anno. A questo punto anche indossare t-shirt con l'immagine di Che Guevara o solamente canticchiare l'Internazionale nelle strade di Varsavia sarà considerato un crimine in Polonia.

EMENDAMENTO – La nuova legge infatti proibisce espressamente tutte le immagini che inneggiano a sistemi antidemocratici: l'articolo afferma che è vietata «la produzione, la distribuzione, la vendita o il solo possesso di oggetti che richiamano al fascismo, al comunismo o ad altri simboli di totalitarismi». Uno dei principali promotori della norma è Jaroslaw Kaczynski, fratello gemello del Presidente della Repubblica e capo del partito di opposizione «Legge e Giustizia». Secondo Kaczynski questa legge è sacrosanta perché il comunismo è uno dei simboli negativi del '900: «Nessuna immagine del comunismo ha diritto di esistere in Polonia - ha spiegato ai media locali il leader dell'opposizione - Il comunismo e il suo sistema genocida deve essere comparato al nazismo». Molti storici polacchi condividono la tesi di Kaczynski: «Quello comunista era un sistema terribile e omicida che ha causato la morte di milioni di vite» ha dichiarato lo storico Wojciech Roszkowski. «Non è sbagliata la comparazione con il nazismo - sottolinea lo studioso polacco - e per questo i due sistemi e i loro simboli devono essere trattati allo stesso modo».

PASSATO CHE NON PASSA - Sebbene i comunisti non abbiano più alcuna influenza politica, in Polonia sembra che il passato non voglia proprio passare. Nelle scorse settimane la Polonia infatti è stato il Paese che più si è battuto contro la candidatura di Massimo D'Alema a Ministro degli Esteri dell'Ue. L'ambasciatore della Polonia presso la Ue Tombinski definì D'Alema «un problema» per il suo passato comunista e precisò che era più adatto a quest'incarico «una persona la cui autorità non può essere contestata a causa delle sue appartenenze politiche passate». Recentemente l'uscita dell'ultimo film del famoso regista Andrzej Wajda che racconta il massacro di Katyn durante la Seconda Guerra Mondiale ( i sovietici uccisero oltre 20.000 tra civili e soldati polacchi) ha suscitato un rinnovato odio contro gli oppressori russi.

LIBERTA' D'ESPRESSIONE - Come sottolinea il Times di Londra lo scopo dei politici polacchi è chiaro: «rendere invisibile il comunismo». Il ministro degli Esteri Radoslaw Sikorski ha ribadito che il Palazzo della Cultura e della Scienza, il più alto grattacielo in Polonia, deve essere abbattuto solo perché è un regalo fatto da Stalin ai cittadini di Varsavia. Non importa che, nel corso degli anni, sia diventato una delle strutture simbolo della città: «Se lo abbattessimo, anche la Polonia avrebbe il simbolo della fine del comunismo come la Germania ha i resti del muro di Berlino. Poi in termini ecologici è anche una costruzione molto inquinante». La battaglia contro il comunismo ha comunque il sostegno della popolazione e della stampa: «Il punto centrale è dimostrare che non vi è nulla di romantico o di divertente nel comunismo» dichiara un cronista polacco al Times. «Il comunismo - prosegue il giornalista - non è stato un gioco. E neppure un’ideologia che riscaldava il cuore. Il comunismo invece fermava i cuori, li faceva appassire e li rendeva freddi».

Francesco Tortora
27 novembre 2009

sabato 21 novembre 2009



COMUNICATO STAMPA PER LA NASCITA DELL’ASSOCIAZIONE
“DESTRA IN MOVIMENTO – POLITICA E CULTURA”

Il giorno 13 novembre 2009 presso la sede sociale in Verona – VICOLO CIECO PARIGINO 13 (già sede dell’associazione “L’Officina” si è costituita con il voto unanime del direttivo l’Associazione“DESTRA IN MOVIMENTO – CULTURA E POLITICA”.
Nata dall’iniziativa del suo Presidente Angelo “detto Lino” ADAMO. L’associazione ha nei suoi scopi primari, come recita un passo importante del suo Statuto :“ La Discussione delle tematiche politiche e culturali che riguardano il cittadino finalizzate ad un impulso della partecipazione dei cittadini alla vita politica attiva, favorendo l’aggregazione e il confronto per l’ampliamento degli spazi democratici. Approfondire le tematiche della cultura politica, il tutto attraverso l’affermazione dei principi di democrazia, libertà, eguaglianza, rispetto delle leggi, identità nazionale e cristianità dello Stato. Rinnovare la Destra italiana attraverso convegni, dibattiti, aperti a tutti i cittadini nonché attraverso il confronto con associazioni, movimenti, centri studi, partiti politici, nonché tutti quei soggetti sia di rilievo locale che nazionale ed internazionale, interessati ad approfondire questi aspetti culturali. L’associazione riconosce altresì l’esigenza di mettere al centro la persona, i suoi diritti, la difesa delle libertà individuali e collettive nel rispetto delle leggi e delle normative in vigore.
Altresì Tutte le attività non conformi agli scopi meramente culturali sono espressamente vietate.
Le attività dell'associazione e le sue finalità sono ispirate a principi di pari opportunità tra uomini e donne e rispettose dei diritti inviolabili della persona.”
I membri del Direttivo, nonché soci fondatori dell’Associazione, sono:
• Lino Adamo – Presidente
• Massimo Musarella – Vicepresidente
• Daniele Tacchini; - Vicepresidente
• Davide Rossignoli – Segretario e addetto stampa
• Ivan Gioffrè - Politiche Giovanili
• Michele Cannavò - Politiche Giovanili
• Elena Ferlini - Politiche Giovanili
• Gianpaolo Rossignoli; - Consigliere
• Margherita Fiore…… - Tesoriere
• Giuseppe cottone - Tesoriere
La campagna di tesseramento 2010 per “ Destra in movimento – Cultura e Politica” è già iniziata.
Chi fosse interessato al progetto, chi volesse iscriversi e dare il suo contributo umano all’Associazione può contattare il referente di zona :
al num. o all’indirizzo mail:

lunedì 16 novembre 2009

CONVEGNO DI FONDAZIONE- BOLOGNA 29 NOVEMBRE 2009

VISITATE IL SITO: www.areadestra.it e le nostre Pagine Regionali su Facebook.

tra le ultime notizie....... La Liguria abbandona in massa il partito di storace; Comunicato di Tomaso Staiti di Cuddia a storace; apertura di nuovi circoli in liguria.





AREA DESTRA




Si comunica a tutti gli interessati che il Convegno di Fondazione del Movimento Politico AREA DESTRA si terrà – come annunciato – a Bologna (per la precisione nel limitrofo comune di Bentivoglio, appena usciti dal casello Bologna Interporto), il prossimo 29 novembre, dalle ore 9 alle ore 18, presso l’hotel CENTERGROSS.


Chiunque desiderasse pernottare a Bologna nell’antecedente giornata di sabato 28 o nella stessa serata di domenica 29 può farlo comodamente nello stesso Hotel CENTERGROSS, col quale è stata stipulata apposita convenzione, con le seguenti modalità:

- camera doppia uso singola euro 99
- camera doppia euro 119


Per agevolare i lavori, per il pranzo di domenica mattina, è stato organizzato un buffet in piedi, al costo di euro 20, sempre all’interno dell’area congressuale.


Per le serate di sabato e domenica, invece, sono state organizzate due differenti cene, in ristoranti tipici bolognesi, però, con un numero necessariamente limitato di posti.


Per la prenotazione dell’albergo, gli interessati sono pregati di mettersi direttamente in contatto con l’albergo, di cui si forniscono, qui di seguito, gli indirizzi di contatto:


ZANHOTEL & MEETING CENTERGROSS
Via Saliceto, 8
40010 - Bentivoglio (Bologna)
Tel.: +39-051-86 58 911
Fax: +39-051-99 14 203
e-mail: meeting1hotelcentergross@zanhotel.it
web: http://www.facebook.com/l/5e450;www.zanhotel.it



La prenotazione del pranzo di Domenica 29 Novembre, dovrà essere effettuata al banco ricevimento del Convegno il giorno stesso dell’evento.

Per partecipare alle cene tipiche bolognesi, contattare:

Massimiliano Mazzanti ai seguenti indirizzi:
obiettivosubologna@libero.it

Cell.339 2552783




AVVISO: per qualsiasi richiesta o informazione sul Convegno, rivolgersi a:

ferretti@areadestra.it mazzanti@areadestra.it pucci@areadestra.it urso@areadestra.it

martedì 10 novembre 2009

LA FAVOLA DI PIERFREGO E GIANFREGO

C’era una volta un Re che si cresceva due delfini, Pierfrego e Gianfrego. Crebbero allo stesso modo, con la stessa statura, emiliani entrambi, anche la loro specialità era comune: la politica, e nemmeno il governo o l’amministrazione, ma proprio la politica parlante, tutta video e partito. Non avevano mai fatto altro nella vita che quello, la politica. Ma per il Re erano i suoi pupi e le sue pupille politiche, erano come per Cornelia i suoi Gracchi e lo affiancavano come due colonnine altoparlanti che sovrastavano lo stereo.
Trovatelli ambedue, Pierfrego aveva perduto la sua famiglia Diccì nel terremoto del ’92, denominato Mani Pulite; Gianfrego, orfano della famiglia Missì, aveva dato alle fiamme la casa paterna, ormai fatiscente. Furono adottati dal Re e portati alla reggia dove in un primo tempo concorsero ad accrescerla e in un secondo si fecero accidiosi, fino a remare contro. Dopo aver fatto le scuole materne insieme a un privatista irrequieto di nome Umberto, Pier e Gian in età scolare furono mandati a presiedere i parlamenti. Poi Pier decise di far fortuna lasciando la Casa e Gian decise di mettersi in proprio ma senza perdere le comodità della Casa.
Fu la prima volta che si separarono, e bisticciarono pure, ma come siamesi vissero la separazione come un trauma contronatura. Da tempo si mormora che marciano divisi ma colpiscono uniti, che hanno trescato con altri, Paolo il Mieloso, Luca il Montezuma e perfino Ciccio il Rutello, per far le scarpe al sovrano o più cautamente per succedere a lui. Sarà ma il problema è che le aspirazioni di entrambi si intralciano a vicenda. Però temono ambedue il Terzo Incomodo, dal Gran Ciambellano del Re al Gran Tesoriere di corte, ai gran governatori del Reame.
È comprensibile, più che comprensibile, il loro ammutinamento al Re che li ha cresciuti e adottati. I due ragazzi sono stanchi di fare i ragazzi, vogliono le chiavi di casa e magari sfrattare il padrone di casa; sono stanchi di dire grazie a chi li ha portati alla reggia, vogliono fare per conto loro e sentirsi Capi e non solo Capetti, sovrani e non principi azzurri o promessi sposi. E sono molto pressati e blanditi da amichetti volpini e istruttori potenti, che li portano in cielo ad ogni sberleffo che fanno nei confronti del Re e li riempiono di complimenti.
Tra i due, a dir la verità, c’è qualche differenza di metodo. In fondo Pier non è stato carino con il Sovrano ma è stato leale ad andarsene, perlomeno, mettendosi in proprio. E poi è stato leale con la sua famiglia di origine, non si è mai scordato di essere uno di loro, anzi. Gian, invece, spernacchia il Sovrano ma vive largamente a suo carico, e non è stato leale nemmeno con la sua famiglia d’origine; sarà perché viveva in una casa più povera e malandata, ma ha scontentato sia il sovrano che i suoi stessi parenti.
E ancora: Pier in fondo non ha cambiato le sue opinioni (dai, non chiamiamole idee) e la sua mentalità cristiana (su, non parliamo di valori). Gian, invece, ha cambiato radicalmente anche quelle e querela il se stesso di venti, di dieci ma anche di due anni fa. Dico le opinioni e le posizioni, mica le idee e i valori (dai non scherziamo). Ma è la politica, ragazzi, ed è inutile star lì a menarsela. È inutile invocare la gratitudine, che non è una categoria umana, figuriamoci se può essere una categoria della politica; ma se è inutile invocare la riconoscenza, superfluo è pure pretendere il riconoscimento, cioè la considerazione dei fatti e dei meriti.
La politica non è abituata a questo, non si correla con la giustizia e nemmeno con la solidarietà o, per essere più ridicoli, con gli interessi supremi del paese. L’unica cosa che si può chiedere alla politica è un po’ di intelligenza applicata all’efficacia, quel che in versione plebea è la furbizia o l’opportunismo.
Beh, in nome di quella cosa lì, vorrei dire ai due ragazzi: giocate almeno la partita doppia, ovvero fate pure i vostri conti per il dopo, attrezzatevi per il nuovo giro. Ma in questi tre anni e mezzo che ci separano dalle votazioni politiche, lasciatelo governare, il vostro Re o il vostro Ex, se preferite. E sapendo che governa con un largo consenso popolare, cercate di non soffiare sulla fronda, di non trescare con i suoi nemici; cercate di capire, nel vostro interesse, e non nel suo, che per ereditare un domani il suo consenso dovete cercare più i motivi di continuità che di frattura e ora stargli più vicini.
Poi vi farete il vostro centro senza più il bipolarismo, o la vostra destra senza più la destra, insomma farete il vostro gioco. Ma nell’interesse vostro, non giocate questa partita contro di lui perché si ritorcerebbe contro di voi. Dispiace dirvelo, cari Pierfrego e Gianfrego, ma l’interesse vostro coincide con quello dell’Italia.

sabato 7 novembre 2009

SE LO POTETE, SBUGIARDATEMI

Se il comunismo è morto (dicono), i comunisti sono sempre vivi
di Filippo Giannini
Da il Corriere della Sera del 31 ottobre scorso: “Il Garko dei record: diventò un violento con la camicia nera”; è un articolo che anticipa una nuova fiction dal titolo: “Il peccato e la vergogna”. Anche se lo ritengo superfluo, riporto alcune frasi ricavate dal pezzo: <(…). Gli ingredienti del romanzo popolare ci sono tutti. Osserva Giancarlo Scheri, responsabile fiction Mediaset: “In questo momento in cui esiste qualcuno che nega l’Olocausto (!?), è un modo per contribuire a non dimenticare”. Ma rappresentando la storia di un criminale, che nella divisa nera corona la sua natura perversa (e te pareva…,nda), non si rischia di creare il binomio fascisti tutti delinquenti? Assicura il produttore Alberto Tarallo: “Ci siamo affidati alla consulenza di storici (e mò sò tranquillo, nda). Non raccontiamo solo il fascino oscuro del fascismo (quanto erano imbecilli i nostri padri e nonni e quanto sono acuti sia Tarallo che i suoi storici, nda), ma anche la generosità di alcuni italiani che, pur essendo inseriti nel regime, contrastarono le leggi razziali, nascondendo ebrei in casa, salvandoli dai campi di concentramento>. Anche se questo (la persecuzione degli ebrei) non è l’argomento che desidero trattare, chiedo al Signor Tarallo – e ai suoi storici – spiegatemi come mai gli ebrei, a migliaia e migliaia, in quel periodo, invece di fuggire in Usa, in Svizzera, in Gran Bretagna, in Russia, si rifugiavano in Italia; eppure in Italia vigevano le famigerate leggi razziali.
Attendo risposta (che non arriverà mai, perché vige la regola del vermetto furbetto).
IL FASCISMO NACQUE VIOLENTO E I ROSSI LO SUBIRONO?
Ma quando mai! E vediamo da quale parte fosse la violenza, almeno chi la originò. E come è nel mio modo di fare, citerò Autori non fascisti.
Partiamo da una data fondamentale: 23 marzo 1919: quella della fondazione dei Fasci di Combattimento e i motivi che ne determinarono l’origine.
Ha scritto il giornalista inglese William Phillips (e siamo solo nel 1923): (Domenico Settembrini, Fascismo, controrivoluzione imperfetta, pag. 91). Ciò premesso, vediamo quali erano le direttive di Antonio Gramsci, il più accreditato pensatore comunista. Il programma del nascente Partito Comunista d’Italia, dettato proprio da Gramsci è sintetizzato su Il Comunista, che in data 20 gennaio 1920 titolava: . Antonio Gramsci era tutt’altro che un democratico e un pacifista, egli spingeva le masse verso una rivolta . Caratterizzante è una massima demoniaca: .
In questa campagna al massacro, Antonio Gramsci non era solo; il cattolico filocomunista (oggi diremmo cattocomunista) Giovanni Miglioli (Attilio Tamaro, Vent’anni di storia, pag. 174n.): . Riconosce Settembrini, pag. 70: . Ancora Settembrini (pag. 150): . Allora trova conferma quanto ho ripetutamente scritto:le prime azioni squadristiche portavano il vessillo rosso! Ma non è davvero finito (Zumino Pier Giorgio, La questione cattolica nella sinistra italiana, pagg. 31-33): .
Gli episodi di violenza si esauriscono in questi pochi casi? No davvero. Ad esempio ecco quanto ricorda lo scienziato Ardito Desio che, ad una domanda di un giornalista, così rispose: . Un altro giornalista inglese, Percival Phillips, corrispondente del Daily Mail, ha scritto: .
Sarebbe opportuno ricordare le violenze perpetrate a danno di militari che avevano già tanto sofferto nelle trincee, violenze che si verificarono principalmente nelle grandi città. Sarebbe bene ricordare anche quel che si verificò tra il 10 e il 15 aprile 1919 a Roma e a Milano, quando socialisti e anarchici scesero in piazza con l’intento di dimostrare che le forze bolsceviche dominavano ormai la piazza. Anche se in quei giorni di aprile il fascismo come forza organizzata non esisteva ancora, tuttavia la manifestazione rossa fece esplodere il fenomeno fascista. A luglio del 1919 i socialisti scatenarono una serie di violenze che provocarono ventisei morti, oltre trecento feriti e il saccheggio di 1200 negozi. Sempre in quell’anno vennero costituiti i Soviet. In Val Bisenzio addirittura venne proclamata una Repubblica sovietica. A giustificazione del saccheggio dei negozi, sull’Avanti! del 5 luglio si poteva leggere: . Il movimento insurrezionale, appunto sulla falsariga di quella di Mosca, si sviluppò a Forlì dove venne emesso il primo decreto del Soviet, Milano, Genova, Torino hanno fatto seguito. Il Corriere della Sera del 7 luglio riporta: . A questi atti, che ormai erano di prassi quotidiana, il 20 e 21 luglio fu organizzato uno sciopero generale in segno di solidarietà verso i compagni rivoluzionari russi e ungheresi che si concluse con disordini e pestaggi. Questi avvenimenti dettero vita al movimento fascista, che fu così giustificato da Alcide De Gasperi (Il Nuovo Trentino del 7 aprile 1921): .
Allora qualcuno mi potrebbe chiedere: "I fascisti tutti angioletti?". Certamente no! Primo: quando la violenza viene scatenata la colpa di questa ricade su coloro che la scatenano, e una volta che ciò accade, la violenza è difficile controllarla. Secondo: c’è violenza e violenza; questa distinzione viene spiegata oltre che dal già citato giornalista inglese Percival Phillips, anche dallo storico Antonio Falcone, il quale su Storia Verità ha scritto: "In un certo senso si può dire che i fascisti la violenza non tanto la imposero quanto la subirono. Lo dimostra il numero dei loro caduti, che fu di gran lunga superiore a quello degli avversari. Secondo Roberto Forges-Davanzati (nazionalista siciliano, nda), le vittime fasciste, tra morti e feriti, si contano a centinaia, mentre quelle avversarie si contano a decine. Nel 1924, uno degli anni più “caldi”, specialmente nei mesi che precedettero e seguirono le elezioni legislative, caddero una ventina di fascisti e ne furono feriti almeno 140, mentre nella parte avversa si ebbe un solo morto (…). La sproporzione si spiega col fatto che, mentre gli squadristi cercavano lo scontro frontale e aperto, i rossi conducevano la loro lotta a forza di imboscate e di attentati. Se poi opponendo violenza a violenza, furono i fascisti ad avere il sopravvento, ciò non fu perché fossero più violenti, o numericamente più forti ( anzi era tutto il contrario), ma solo perché erano meglio organizzati e quindi più efficienti". E questo è tanto vero che in moltissimi casi il fascista rispondeva all’agguato con il manganello o con l’olio di ricino. Per coloro che volessero provare, accerteranno che fa meno male l’olio di ricino che un colpo di pistola alla nuca. Quanto sopra scritto si ripeterà in forma più violenta e vile al termine del secondo conflitto mondiale.
Quindi se il comunismo ateo fu “intrinsecamente perverso”, come fu definito dal Pontefice Pio XI nella Enciclica Divini Redeptoris, la sua sconfitta va attribuita all’”Uomo della Provvidenza”. Dello stesso parere è Winston Churchill, il quale nel 1947 ha scritto: .

mercoledì 4 novembre 2009

I PERCHE' DI ADRIANO

I PERCHÉ DI ADRIANO
Troppe volte nell’arco della giornata, nel vedere il costante bombardamento mediatico, mi sorgono spontanei dei perché. Le risposte il più delle volte sono drammatiche e nascondono delle verità inconfessabili, difficili da credere, perché ancora mi illudo che in questa società bacata non si giochi con la vita delle persone e ci siano dei punti fermi oltre i quali nessuno osa andare per quanti soldi ci siano in ballo.

Da giorni la stampa, le televisioni, quasi facessero un bollettino di guerra ci annunciano che a Canicattì di Sotto o a Bassano di Sopra c’è stato un morto per influenza, e ci parlano in continuazione dello stesso morto fino al morto successivo, quasi a convincerci che ogni giorno ce ne è uno o più di uno. Questo crea allarme e paura ed a niente vale che i vari medici ci dicano che la mortalità è più bassa degli altri anni, che è causata da cause altre già presenti nei pazienti e via di questo passo.

Allora tutti corriamo a farci il vaccino con esborsi miliardari a favore delle casse delle multinazionali dei farmaci.

Perché ci parlano dei pochi morti per presunta influenza e non ci parlano delle tante quotidiane morti bianche sui posti di lavoro? Perché non fanno l’elenco quotidiano dei morti per incidenti stradali, questi sì dei veri e propri bollettini di guerra? Perché non ci danno le statistiche vere dei morti per tumore, dei colpiti da infarto? Forse perché tutte queste cose potrebbero incentivare la ricerca che uno stato civile dovrebbe mettere al primo posto nelle sue finanziarie? Eviteremmo in tal modo di regalare agli stati stranieri le nostre migliori intelligenze che, anche fuori dal territorio nazionale e nonostante le varie difficoltà per essere stranieri, riescono a farsi valere, anche se il più delle volte si devono accontentare di vivere nell’ombra di chi sfrutta la loro capacità di ricerca.

Invece per l’influenza A, B o C che sia c’è già il vaccino pronto, magari comprato a due lire in Cina e tutti, per paura, devono correre a farlo non sapendo a cosa si va incontro; mentre i soliti noti lo sanno.

Le società farmaceutiche lucrano tanto ed un po’ di questo benessere va ai politici di turno, agli spacciatori di notizie e ai vari intermediari. Sono i mezzi di oggi.

Le notizie pilotate, la paura indotta, l’informazione prezzolata e tanti, tanti miliardi.

L’unico augurio che ci facciamo è che il vaccino sia acqua fresca almeno, insieme alla paura, non ci regalano altro.

Una consolazione però ce l’abbiamo: non siamo soli. Infatti anche le altre nazioni europee sono sotto il ricatto della paura; visto che il tutto è gestito dagli organismi internazionali.

Tutto questo mi fa disperare e mi impegna ancora di più nella lotta politica: ci dobbiamo liberare di questi immorali malfattori o per lo meno dobbiamo riacquistare la fiducia in qualcuno. Questo qualcuno possiamo essere solo noi stessi.

Rimbocchiamoci le maniche e … avanti.

Adriano Tilgher