domenica 30 agosto 2009

SOLO PER FAR RIFLETTERE

In democrazia, un partito dedica sempre il grosso delle proprie energie a cercare di dimostrare che l'altro partito è inadatto a governare; e in genere tutti e due ci riescono, e hanno ragione.

venerdì 28 agosto 2009

PARLO A TE

QUESTO ARTICOLO E’ DEDICATO ALL’UNICO, VERO, GRANDE SOCIALISTA DEL XX SECOLO. IL BENE CHE EGLI HA FATTO ALLA CLASSE PROLETARIA E’ INCOMMENSURABILE, TUTTAVIA FU TRADITO (NON DA TUTTI), ASSASSINATO E IL SUO CORPO VITUPERATO. ANCOR OGGI CALUNNIATO.
P.S. NON STO PARLANDO DI GESU’ CRISTO.


PARLO A TE, LAVORATORE SFRUTTATO, TRUFFATO, TRADITO
di Filippo Giannini

Ho ricevuto una lettera da persona che ha un orientamento politico simile al mio e che, fra l’altro, ha scritto: .
I lavoratori italiani non e non il patrimonio che fu a loro lasciato da Benito Mussolini, per il semplice motivo che non potevano “rifiutare” ciò che non conoscevano, dato che sono stati ingannati da personaggi che hanno la cupidigia come prodotto e la menzogna come metodo.
Tu, lavoratore italiano – e lo posso affermare con la massima sicurezza – da sessanta anni (e forse da qualche anno in più) – sei stato ingannato, truffato e derubato dei diritti (quelli reali) che Mussolini ti aveva assicurato.
Per illustrare il mio asserto voglio avvalermi di un comunicato, rilasciato alcuni giorni fa, dal Presidente Provinciale dell’Anpi (Associazione Nazionale Partigiani Italiani) del Veneto, pubblicato su “Il Giornale di Vicenza”. Il comunicato, a firma dell’on. Franco Bussetto, Presidente dell’Associazione, chiede scusa per l’eccidio di Schio commesso nel 1945 da . Non è questo l’argomento che voglio trattare (provvederò in altro momento), ma mi voglio avvalere di una frase, contenuta nel comunicato, molto in uso in “quell”’ambiente, cioè la raccomandazione: .
Secondo te, lavoratore, cos’è questo terrore della “revisone storica”? D’altra parte la Storia è soggetta ad una continua “revisione”, come attestano i più seri studiosi.
Si può “revisionare” la storia di Mazzini o Garibaldi, anche di Napoleone; addirittura, recentemente è stata “revisionata” la storia di Nerone; insomma, la storia di tutti i Grandi può essere “revisionata”, ma non di Mussolini e del Fascismo. Per questi, appena si pone qualche dubbio sull’autenticità dell’asserto che “la storia ha emesso la condanna definitiva e senza appello”, sorgono come anime dannate i “furbastri” i quali, per chiudere quelle corbellerie in cassaforte e renderle inattaccabili hanno posto a sentinella le leggi liberticide di Scelba, di Reale e di Mancino. Ma in quella cassaforte è rinchiusa anche la truffa che è stata perpetrata contro di te, lavoratore e ne garantisce la continuità.
Provo a spiegare i motivi del terrore che la parola “revisionismo” crea in un certo ambiente.
Tu, lavoratore, hai idea di quanto percepisce un parlamentare o senatore italiano, “un eletto dal popolo” e che dovrebbe essere al “servizio del popolo”? E le altre prebende che si sono “autoriconosciute”? I miei dati sono ripresi da un lavoro di Umberto Scaroni. E’ recente la notizia che il Parlamento ha votato all’unanimità (senza astenuti), un aumento di stipendio per i parlamentari pari a circa 1.135 Euro al mese. Inoltre la mozione è stata camuffata in modo tale da non risultare nei verbali ufficiali. Operazione da banditi. I nostri “rappresentanti” percepiscono le seguenti somme: Stipendio base Euro 9.980 x 15 mensilità; “portaborse” (generalmente parente o familiare): Euro 4.030 al mese; rimborso spese affitto: 2.900 Euro al mese; indennità di carica: da Euro 335 circa a Euro 6.455 al mese. Biglietti stadio (tribuna d’onore, è ovvio); telefono cellulare, teatro, assicurazione infortuni ecc., tutto gratis e così a seguire, senza remora alcuna. Con Mussolini tutto ciò era impensabile: il deputato o il senatore di allora, percepiva un “gettone di presenza”, perché era considerato un “onore essere al servizio del popolo”. E Mussolini, se andava allo stadio, si pagava il biglietto come qualsiasi altro spettatore. Vogliamo ricordare che “il tiranno” morì poverissimo e lasciò la famiglia tutta nella miseria?
Cominci a capire perché “la storia ha condannato Mussolini e il Fascismo senza appello”?
E questa è solo una parte, anzi una frazione.
Ti hanno mai parlato di come i tuoi diritti fossero garantiti dalla “Carta del Lavoro” (1927), dalla “Camera dei Fasci e delle Corporazioni” (1939) e, infine, dal “Manifesto di Verona” (1943)? Ti hanno mai parlato della legge sulla “Socializzazione”? Certamente no, o, tutt’al più, per rinnovare la truffa ai tuoi danni ti hanno descritto il tutto per quello che non fu, celando, invece, quello che è stato.
Con la “Socializzazione delle Imprese” (primo passo per “Socializzare lo Stato”) Mussolini poneva come base ed oggetto primario il lavoro in tutte le sue manifestazioni, con una differenza sostanziale rispetto a quanto sancisce la Costituzione “nata dalla Resistenza”; infatti questa lascia voi lavoratori alla mercé del sistema capitalista perché rimangono inalterati i rapporti fra capitale e lavoro. Invece lo “Stato del Lavoro Fascista” conferiva una assoluta preminenza del lavoro rispetto al capitale. Per maggior chiarezza, il capitale veniva accettato solamente quale strumento del lavoro.
Cos’è, allora, una “Azienda socializzata”? . Ne consegue che il lavoratore potrà godere della ripartizione degli utili, come fu previsto nel citato “Manifesto di Verona”.
Il “capitalista” che per produrre ricchezza per sé sfrutta al massimo il lavoro altrui, spinto da questa sua volontà di ottenere i massimi guadagni con minime spese, costringe il lavoratore al massimo rendimento riconoscendogli il minimo salario.
Tutto ciò era inaccettabile per Mussolini.
E’ spiegato, quindi, perché il grande capitalista, i grandi industriali, la grande finanza internazionale abbiano foraggiato i movimenti antifascisti, pagandoli centinaia di milioni (del valore di allora) per assicurarsi, a guerra finita, la soppressione di quelle leggi a loro tanto invise.
Cosa che avvenne: ancora si sparava quando i partiti antifascisti, come primo atto (25 aprile 1945) con legge a firma di Mario Berlinguer (padre di Enrico) decretarono la fine delle leggi sulla Socializzazione.
Benito Mussolini era un vero rivoluzionario, era l’uomo che i lavoratori attendevano da secoli, ma ha avuto la sventura di cozzare contro la pochezza di alcuni uomini e, soprattutto contro le invincibili lobbies economiche e finanziarie internazionali.
Brevemente vediamo come e perché queste “potenze” si coalizzarono.
Pochissimi italiani hanno letto l’indegno “Trattato di Pace” che ci fu imposto (Diktat) nel 1947 dai “liberatori” e i cui tentacoli sono ancor oggi attivissimi. L’art. 17 di questo “diktat” proibisce tassativamente la ricostituzione di partiti o organizzazioni “fasciste”.
Anche ad un lettore poco smaliziato un impedimento così chiaramente antidemocratico può apparire incomprensibile. “Può apparire”, ma per i “grandi manovratori del mondo” è una preclusione che li salvaguarda. Il Fascismo nella sua spinta rivoluzionaria stava investendo quei settori, come abbiamo poco sopra accennato, i cui poteri sono inattaccabili. Tutti sanno che, almeno all’epoca, il valore del denaro era vincolato all’oro. Mussolini aveva “osato” mettere in discussione questo dogma e si apprestava a capovolgerlo; cioè il valore della moneta sarebbe stato vincolato al potere del lavoro e della produzione. Dato che i principi del fascismo si stavano espandendo in ogni angolo del mondo (Mussolini negli anni ’30 era l’uomo più popolare della terra), i possessori dell’oro, per parare il pericolo mortale, esercitarono il loro potere sull’apparato politico.
Assistiamo da anni ai grandi festeggiamenti per gli “anniversari dell’abbattimento del nazifascismo”. A prescindere che la Germania nazista poteva essere considerata solo un pericoloso concorrente commerciale – certamente a livello mondiale – ma niente di più, il vero nemico dei Paesi plutocratici (cioè dove le classi ricche sono egemoni nella vita pubblica) era il Fascismo: perciò ne fu decretata la morte.
Dal 1935 al giugno 1940 i “paesi democratici” misero in atto nei nostri confronti una serie di provocazioni per costringerci alla guerra, argomento che in questa sede non posso trattare perché esula dal tema, ma sulla cui esistenza ho ampia documentazione, e nella quale anche l’attestazione dello stesso Churchill.
E con la guerra fu la fine del Fascismo e l’inizio della grande truffa ai tuoi danni, lavoratore, perché fu bloccata una grande rivoluzione che poteva rappresentare un nuovo Rinascimento: “Il Rinascimento del Lavoro”.
E la truffa è ancora in atto; e affinché non perda di smalto, da ogni dove, di giorno, di notte, da destra, da sinistra, su “quell’uomo”, su “quel regime” vengono rovesciate menzogne: perché, come disse “qualcuno”,: ci sono uomini che debbono morire mille volte.
Quel che rende la cosa ancora più triste è che i profittatori, gli sfruttatori del tuo lavoro, per garantirsi la propria dorata esistenza, si sono avvalsi proprio di te, lavoratore.

8 SETTEMBRE 1943

Alberto B. Mariantoni ©


Sono passati moltissimi anni da quel nefasto 8 Settembre del 1943: giorno dell’accettazione ufficiale, da parte della Monarchia sabauda, della resa militare senza condizioni (ingannevolmente fatta passare, agli occhi dei nostri compatrioti, per “armistizio” …) della nostra Nazione, di fronte agli eserciti anglo-americani invasori. Accettazione, per altro, già segretamente avvenuta il 3 Settembre 1943, a Cassibile (Siracusa, Sicilia), sotto una tenda militare, con la firma accreditata, per l’Italia, del Generale Giuseppe Castellano, e quella del Generale americano Walter Bedell Smith, per la coalizione USA-GB; spavaldamente rivelata al mondo, in anteprima, alle 17:30 (18:30 ora italiana) dell’8 Settembre 1943, dal Generale Dwight David "Ike" Eisenhower (Comandante in capo delle Forze Alleate in Europa), dai microfoni di Radio Algeri ; ed in fine – alle 19:42 dello stesso giorno – parimenti confermata dal Maresciallo Pietro Badoglio (Capo del Governo italiano, dopo l’arresto di Mussolini, il 25 Luglio 1943), a partire dalle antenne dell’EIAR (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) di Roma.

Sono passati tanti anni da allora… Ma il destino dell’Italia continua ancora oggi ad essere legato e cristallizzato a quell’infausto e catastrofico avvenimento.

Inutile nascondercelo. Quella resa – nei termini e nelle condizioni in cui avvenne – non fu soltanto un’ignobile e vergognosa capitolazione militare. Fu soprattutto il peggiore dei flagelli che gli allora responsabili dello Stato e del Governo del nostro Paese potessero infliggere alla Storia della nostra Nazione ed all’avvenire del nostro Popolo.

Quel giorno, infatti, non si accettò soltanto di venir meno alla parola data e di tradire con viltà (to badogliate) tutti coloro che fino a quel momento avevano caparbiamente lottato fianco a fianco, nella medesima trincea, per cercare di liberare i Popoli “numerosi di braccia” dagli “affamatori che (ieri, come oggi) continuano ferocemente a detenere il monopolio di tutte le ricchezze della Terra”. Non si accettò unicamente di deporre momentaneamente le armi, per poi immediatamente ed illogicamente riprenderle in sottordine agli ex nemici del giorno prima, nella fallace ed ipocrita illusione di potersi trasformare in co-belligeranti e, quindi, “co-vincitori” di quella guerra. Non si accettò esclusivamente di cancellare, con un banale tratto di penna, l’appena ritrovata dignità di un popolo che – grazie al Governo Mussolini (1922-1943) – era miracolosamente risorto dalle sue ceneri, dopo essere stato ininterrottamente assoggettato, calpestato e deriso dall’insieme delle Nazioni d’Europa e del Mediterraneo, per ben 16 secoli.

Quel giorno, insomma, gli ideatori ed artefici di quella resa – ingiungendo scelleratamente alla Flotta italiana di consegnarsi volontariamente agli anglo-americani e lasciando proditoriamente allo sbando e senza ordini il resto delle nostre Forze armate che erano schierate, a fianco dei Tedeschi, sui diversi fronti di guerra (situazione che permise ai soldati del Reich di disarmare e catturare facilmente la quasi totalità dei nostri militari) – non avevano soltanto infangato la Storia e l’Onore di tutto un Popolo. Avevano, soprattutto, intenzionalmente e perversamente accettato – senza nessun genere di mandato da parte del Popolo italiano – di rinunciare alla libertà, all’indipendenza, all’autodeterminazione ed alla sovranità politica, economica, culturale e militare della nostra Patria.

Il tutto, ovviamente, per permettere all’ultimo Re traditore e fuggiasco (e, da allora, fortunatamente, cancellato dalla Storia, con la sua dinastia!), a suo figlio il Principe ereditario (soprannominato “Stellassa” o “U’ ricchione con gli stivali”), al fellone Capo del suo Governo (già “Marchese del Sabotino”: leggi, del sabotaggio), ad una banda di Ammiragli, Generali e politici opportunisti o voltagabbana , a diversi banchieri massoni notoriamente collusi con la Mafia , ed a qualche sparuto e ben pasciuto oppositore dell’appena spodestato Regime fascista, di salvarsi fisicamente le “chiappe” dalle immancabili e legittime rappresaglie dell’ex alleato germanico ingannato e tradito, mettendosi “coraggiosamente” al sicuro, dietro le linee di fronte dell’ex nemico, con l’accondiscendente e interessata complicità e protezione degli eserciti anglo-americani invasori.

Insomma, è su questa “celeberrima”, “gloriosa” ed “esaltante” pagina della nostra Storia che si fonda la cosiddetta Resistenza e la successiva restaurazione della democrazia parlamentare rappresentativa. Nonché l’ulteriore nascita dell’attuale Repubblica antifascista.

E, poi, ci si meraviglia che, in Italia, non ci sia più, da allora, una memoria storica condivisa; una Patria comune; un senso ordinario dello Stato; una visione generalizzata e partecipata del dovere sociale; una volontà collettiva di vivere insieme e di portare, ognuno, la sua “pietra” al cantiere della Nazione, per il bene comune!

Ci si sbalordisce, inoltre, ad esempio, che la politica – da “interesse generale di una società nei confronti, nei riguardi o nell’indifferenza di altre società” (Aristotele) – si sia trasformata, da allora, nel mio interesse di parte, contro il tuo; il tuo, contro il mio; il nostro, contro il loro; il vostro, contro il nostro o contro il loro, e così via, tutti facenti parte della stessa società. Che l’economia – da “arte di bene amministrare o di ben gestire quello che già posseggo, senza entrare in conflitto o contraddizione con l’interesse generale del popolo o della nazione di cui faccio parte” – sia diventata l’arte di arricchirsi individualmente, anche a discapito dell’interesse generale della società o, nella più parte dei casi, semplice sinonimo di fare esclusivamente i “propri affari” personali... ignorando, contrastando o sopraffacendo l’interesse economico generale del popolo e/o della nazione di cui si fa parte. Che il sociale – da “spazio di autocoscienza collettiva che, individualmente e collettivamente alimentato, permetteva ad ogni cittadino di essere, di esistere e di ricevere, senza per altro doversi mai umiliare o genuflettere nei confronti di nessuno” – si sia trasfigurato in quella giungla di egoismi reciproci, all’interno della quale, nella speranza di essere e di esistere, si cerca semplicemente di arraffare ciò che si può agguantare o abbrancare, e ci si rifiuta di dare o si fa finta di non potere accordare (o si tende a resistere con tutti i mezzi, per evitare di dover concedere) ciò che, invece, ognuno potrebbe senz’altro condividere, elargire o offrire.

Ci si stupisce, altresì, che i nostri “liberatori” del 1943-1945, abbiano, da allora, ampiamente dimostrato di essere i nostri più biechi ed invadenti colonizzatori politici, economici e “culturali”; che il nostro territorio nazionale continui, dal 1945, ad essere praticamente occupato da più di 100 basi ed istallazioni militari e logistiche Usa e Nato; che i nostri soldati siano diventati dei semplici meharisti/ausiliari di Us-Israel, a completa disposizione dei loro inconfessabili interessi e “ruschi” in Palestina, nei Balcani, in Iraq e/o in Afghanistan; che i partiti politici italiani (di Destra, di Sinistra, di Centro, di Centro-Destra e di Centro-Sinistra) siano tutti indistintamente asserviti al “partito americano”; che a seguito di due G-20 (Londra e L’Aquila) – espressamente convocati per far fronte alla crisi economica in corso e tentare di mettere un freno agli imbrogli ed ai “tours de passe-passe” della Finanza internazionale (per evitare – così, ogni volta, ci viene assicurato! – che possano avvenire ulteriori e più catastrofiche rapine organizzate o nuove e più assurde “socializzazioni delle perdite” alla faccia e sulla schiena del contribuente) – non sia avvenuto nulla che lasci sperare in un migliore avvenire (al contrario, in Borsa – nonostante le recenti “sparate” del pigmeo dell’Eliseo – tutto continua a svolgersi come prima della crisi, se non peggio di prima!).

Ci si sorprende ugualmente che le uniche notizie dal mondo che ci è ancora concesso di conoscere sui media, sono quelle che interessano esclusivamente Washington e Tel-Aviv; che il “Signoraggio” ed i relativi arbitrari interessi, illegalmente pretesi dalle Banche di emissione sugli ordinari tiraggi di carta-moneta, continuino a rappresentare i nove decimi del nostro debito interno; che quando l’attuale Ministro dell'Economia e delle Finanze si era permesso il lusso (vista la crisi economica in corso) di proporre di tassare straordinariamente gli enormi guadagni della Banca d’Italia che erano stati automaticamente registrati da quest’ultima attraverso la rivalutazione borsistica dell’oro/metallo delle sue riserve (da 300 dollari l’oncia agli attuali all’incirca 950 dollari!), gli sia stato semplicemente risposto “picche”, con l’istantanea ed automatica “levata di scudi” ed il qualificato ed insindacabile avallo della Caryatis quirinalensis, degli abituali leccapiedi dei poteri forti di Bruxelles e degli gnomi della BCE.

Ci si sbigottisce, in fine, che quando il Berluska si era pubblicamente cosparso la “testa di cenere” nei confronti del leader libico Gheddafi e l’aveva ricevuto in pompa magna a Roma, per cercare di assicurare un minimo di autonomia energetica all’Italia ed un po’ di lavoro per le nostre imprese in fallimento o in estrema difficoltà, sia stato immediatamente convocato (il pomeriggio stesso della partenza dall’Urbe del Beduino della Sirte!) a Washington, per la rituale “tiratina d’orecchi” (ah no, caro mio, così non va! Il Vicino e Medio Oriente, come lei sa, è una nostra “riserva di caccia”…) e, da quel momento – nonostante la sua infaticabile e volenterosa fedeltà ad Us-Israel – ugualmente sottoposto al sadico e vizioso “pilotto” della stampa (di centro, di centro sinistra e di sinistra), per le sue “innocenti” scappatine pecorecce, con sfacciati ed insistenti argomenti “calvinisti”… (tanto cari ai “puritani” di Londra e d’oltre Atlantico!) e l’implicito e premeditato (e… mal calcolato!) intento di costringerlo a dimissionare, per farlo rimpiazzare, come Primo ministro, dall’attuale Governatore di Bankitalia (un fedelissimo della Goldman Sachs: un nome, una garanzia!); che il problema degli immigrati extra-comunitari provenienti dal Sud del Mediterraneo – Commissione europea dixit… – debba invariabilmente continuare ad essere risolto, solo ed esclusivamente dall’Italia (come se “l’oceano di miseria” del mondo o soltanto dell’Africa e del Vicino-Oriente, potesse essere unicamente “digerito” ed assimilato dalla limitata capienza del “bicchiere” Italia!); ecc.

Il lettore potrebbe dire: ma che c’entra tutto ciò, con la capitolazione italiana dell’8 Settembre 1943?

C’entra, c’entra… Altrochè se c’entra!

Proviamo ad immaginare, per un attimo, quale avrebbe potuto essere l’avvenire dell’Italia, se – tra il 25 Luglio e l’8 Settembre 1943, invece di gettare frettolosamente e criminalmente, con “l’acqua sporca” di certi errori del Fascismo, anche il “bambino” dei suoi indiscutibili successi politico-economici e delle sue, ancora oggi, insuperate conquiste sociali – si fosse realisticamente tentato di realizzare un’assennata e doverosa sintesi tra Fascismo ed Antifascismo, e tutti assieme, si fosse giunti alla sana ed equilibrata decisione di impiegare le comuni energie, per far fronte agli eserciti anglo-americani invasori (ed eventualmente – perché no! – anche per contrastare, ridimensionare o infirmare una certa arroganza tedesca), per avere comunque la speranza di potere ottenere, non dico una vittoria o un “pareggio” ma, quantomeno, una pace più ragionevole, con un minimo d’onore.

“Del senno del poi – direbbe Alessandro Manzoni – ne son piene le fosse”!

Certo, e conosciamo ugualmente come andarono effettivamente le cose.

Quel maledetto 8 Settembre, purtroppo – contro ogni umana logica ed ogni ordinario buon senso, e dimenticando che la Libertà, ad un Popolo, non la regala mai nessuno! – si preferì la “fazione”, alla Nazione. E tra i due “litiganti” (fascisti ed antifascisti), vinse l’imperialismo USA (da sempre, fedele mercenario della Finanzia internazionale cosmopolita). Un cancro che ancora oggi – in nome del libero mercato e della democrazia del numero – continua immutabilmente ad ammorbare, corrodere e consumare – oltre alla dignità dell’insieme dei popoli del mondo – i resti dell’antico tessuto connettivo della nostra Nazione.

Come la Storia ci insegna, però, sappiamo altresì che “non è mai troppo tardi” …

Smettiamola, pertanto, di nasconderci dietro ad un dito. Sappiamo benissimo che la libertà, l’indipendenza, l’autodeterminazione e la sovranità politica, economica, culturale e militare dell’Italia e dell’Europa dipendono soltanto da noi e dalla volontà che avremo, in un prossimo futuro, di volerle collettivamente ed irriducibilmente riconquistare. Il va sans dire: senza distinzioni politiche o partitiche di sorta!

Nella Storia di un Popolo, infatti, non è mai veramente tardi… per riuscire a liberarsi dal tradimento e, con esso, da tutte quelle “comparse” che, ieri come oggi – in veste da valvassini o da valvassori (o da aspiranti tali…) ed in nome di quell’immondo e riprovevole 8 Settembre – continuano impunemente a governarci per conto terzi ed a gozzovigliare sadicamente sulle nostre spalle, come se l’Italia dovesse rimanere per sempre una Colonia statunitense e la Seconda guerra mondiale si fosse conclusa soltanto ieri.

Alberto B. Mariantoni ©

mercoledì 19 agosto 2009

PER IL RILANCIO de LA DESTRA

Sabato, 8 Agosto 2009
IL DOCUMENTO “PER IL RILANCIO DE LA DESTRA”, AVENTE IL SOLO SCOPO DI DARE INGRESSO A PROPOSTE COSTRUTTIVE ALL’INTERNO DEL PARTITO PUR INTERPRETANDO LA INSOFFERENZA DI ISCRITTI, MILITANTI E DIRIGENTI, HA RACCOLTO NUMEROSISSIMI CONSENSI TESTIMONIATI DALLE TANTE SOTTOSCRIZIONI REGISTRATE. SI CONFIDAVA CHE A TALE DOCUMENTO ED ALL’INCONTRO AVUTO TRA IL SEGRETARIO NAZIONALE ED UNA DELEGAZIONE DI FIRMATARI MEMBRI DEL COMITATO CENTRALE, SEGUISSERO INIZIATIVE CONCRETE , VOLTE A RACCOGLIERE LE ISTANZE E LE PROPOSTE FORMULATE. PURTROPPO SI DEVE CONSTATARE CHE CIO’ NON E’ AVVENUTO E CHE IL PARTITO CONTINUA AD ESSERE CONDOTTO SECONDO UNA LOGICA DIAMETRALMENTE OPPOSTA ALLO SPIRITO DEL DOCUMENTO STESSO. PER QUESTO LO RIPROPONIAMO, LIEVEMENTE MODIFICATO, MA SOSTANZIALMENTE INALTERATO NEL SUO IMPIANTO, PER RIBADIRE LA NOSTRA POSIZIONE E LA NOSTRA VOLONTA’ DI CONTINUARE A DARE VOCE A TUTTI COLORO CHE IN TALE DOCUMENTO E NEI PRINCIPI IVI AFFERMATI SI RICONOSCONO. RINNOVIAMO ALTRESI’ TUTTE LE ISTANZE IN ESSO CONTENUTE, PIENAMENTE COERENTI CON I PRINCIPI DEMOCRTICI CHE ISPIRANO IL NOSTRO MOVIMENTO ED IN ARMONIA CON LO STATUTO DEL QUALE CHIEDIAMO LA PIENA APPLICAZIONE

Andremo avanti con le adesioni almeno fino al CC e pubblichiamo sul sito gli aderenti Aggiornati, qualora qualcuno avra´esigenza di revocare l´adesione bastera' mandare una mail Scritta con le motivazioni ad info@areadestra.it


All’indomani dei deludenti risultati conseguiti dal partito nelle diverse consultazioni elettorali che si sono susseguite dalla costituzione del movimento ad oggi, si è aperto un vivace dibattito tra i tanti militanti e dirigenti, scaturito dalla mancata convocazione del Comitato Centrale la cui riunione, dapprima fissata per i giorni 4 e 5 luglio, è stata di seguito rinviata a data da destinarsi, con ciò di fatto impedendo la necessaria analisi che avrebbe dovuto svolgersi all’interno dell’organo di indirizzo politico del partito.

In molti hanno ritenuto che la situazione che si è venuta a creare dovesse costituire spunto per l’apertura di un dibattito costruttivo all’interno del partito stesso, avente lo scopo di rilanciare la nostra comunità politica ed umana .

E’ stato allora elaborato il documento denominato “Per il rilancio de La Destra” per dare voce a tutti coloro che ritengono che si debba porre fine alla politica dell’emergenza, cui le ripetute consultazioni elettorali ci hanno costretto, riconsiderare la gestione del partito, da più parti avvertita deficitaria, esaminare le ragioni del malcontento che si è creato nella base militante e nei dirigenti, che ha causato numerose defezioni, impegnarci finalmente alla organizzazione sul territorio.

I numerosi firmatari del documento si sono dichiarati fortemente convinti che sia urgente giungere alla definizione del nostro progetto politico, ripartendo in buona sostanza dallo spirito che animò la Costituente, mediante la corretta applicazione dei principi fondanti il nostro movimento.

Si è ritenuta imprescindibile una siffatta analisi e ristrutturazione , per recuperare l’entusiasmo di tutti coloro che oggi appaiono sfiduciati e per creare sempre nuovi consensi attorno ad un progetto che apparve da subito ambizioso ed affascinante e che oggi risulta appannato e poco convincente.

Occorre a questo punto applicare in maniera ferrea il criterio meritocratico del quale tanto si è parlato, ma che non abbiamo mai visto applicato.

Diventa pertanto imprescindibile coinvolgere ai massimi livelli del partito coloro che si sono sin qui impegnati a vario livello con profitto e senza risparmiarsi.

Ciò è pregiudiziale alla prosecuzione della vita stessa de “La Destra”.

Non è accettabile né rispettoso proseguire un cammino che, ad oggi, non ha quasi prodotto risultati, nella convinzione che i militanti andrebbero comunque avanti lavorando nel partito e per il partito.

E’ giunta l’ora che i militanti ed i quadri dirigenti siano maggiormente coinvolti nelle scelte e nella conduzione del partito che non è e non può essere affare di pochi.

Ribadiamo con fermezza come non sia accettabile che si proceda nella gestione del movimento senza alcun rispetto delle norme statutarie, con la istituzione di organi (quali i dipartimenti) e la nomina di dirigenti in modo assolutamente unilaterale, né che si ventili l’ipotesi di vere e proprie “epurazioni” lesive della reputazione delle federazioni coinvolte oltre che fortemente destabilizzanti per il partito stesso.

Per questo chiediamo che l’Ufficio Politico Nazionale e l’Esecutivo Politico Nazionale, ( organi i cui componenti sono nominati su base fiduciaria e che sono di fondamentale importanza per i compiti che sono chiamati a svolgere ) subiscano un radicale rinnovamento con l’introduzione di elementi che abbiano dimostrato capacità e specifiche competenze, tenuto anche conto delle richieste che, nelle opportune sedi, saranno ribadite dai firmatari di questo documento.

Parimenti ciò deve avvenire per tutte le altre cariche fiduciarie, affinché sia garantita ai vertici la massima rappresentatività di tutti.

Riteniamo inoltre che non sia più differibile la compiuta attuazione del nostro statuto e che sia giunta l’ora di rispettare le regole per cui i regionali devono essere eletti dai congressi e, dunque, su base democratica ed applicare il principio per cui, nel frattempo, vengano nominate persone capaci, che verosimilmente possano spendersi per la costruzione del partito sul territorio.

Laddove poi dovessero imporsi legittimi commissariamenti (come è avvenuto ad esempio per la Federazione Romana), andranno al più presto convocati i relativi congressi per l’elezione su basi democratiche del Segretario.

Abbiamo maturato la convinzione che il Segretario nazionale debba essere messo nelle condizioni di liberare e dedicare ogni energia all’attuazione della linea politica del partito indicata dagli organi a tale scopo preposti, tralasciando i compiti organizzativi a coloro che di essi hanno la responsabilità.

Il Comitato Centrale deve divenire, in armonia ed in attuazione del dettato dello statuto, l’organo propulsivo del partito, luogo di dibattito e di confronto affinché possa concretamente giungere a coadiuvare Il Segretario nazionale e l’Esecutivo Politico nella conduzione politica ed organizzativa del movimento.

Esso pertanto deve essere convocato con le cadenze stabilite (minimo ogni quattro mesi) e compiere effettivamente le funzioni statutariamente previste e dunque spetterà solo al Comitato Centrale la nomina e la revoca dei responsabili di attività e l’approvazione della istituzione dei dipartimenti.

Il Segretario Amministrativo dovrà con la necessaria urgenza presentare al più presto al Comitato Centrale i bilanci del partito.

Poiché riteniamo che rinnovare e mettere alla prova sia un dovere, proponiamo la istituzione di una DIREZIONE CENTRALE, eletta dal Comitato Centrale, chiamata a rendere parere vincolante su tutte le determinazioni che riguardano la vita del partito, ivi comprese quelle di natura economica e finanziaria, allo scopo di porre fine ad una gestione verticistica e personalistica come quella attuale.

Una volta concluso l’iter organizzativo che perfezioni una struttura solida ed affidabile, indispensabile per l’attuazione di qualunque programma politico, dovrà essere indetta in tempi necessariamente brevi una Conferenza Programmatica che delinei il progetto strategico alla luce della nuova realtà politica ed indichi i temi per noi caratterizzanti del confronto politico, quali il concetto di identità, la caratterizzazione dello Stato Sociale, la lotta all’usura bancaria, la politica monetaria e quella estera.

Fino ad oggi non vi è stata alcuna chiarezza, non si è seguita alcuna linea politica: di fatto si è passati dagli attacchi pesanti alla Pdl ad accordi locali nelle elezioni amministrative, con un andamento ondivago e poco trasparente che ha disorientato l’elettorato e gli iscritti.

In alcuni casi si è giunti a trascurare il risultato delle elezioni Europee per non danneggiare l’accordo locale con la Pdl, attuando così un vergognoso voto di scambio.

Avuto poi riguardo proprio alle elezioni europee, le alleanze strette senza alcuna attenzione alla nostra identità ed alle istanze del’elettorato che vorremmo avvicinare al nostro progetto, hanno comportato il noto e scadente risultato che ha avuto come diretta conseguenza l’ulteriore indebolimento del partito .

E’ indifferibile a questo punto affrontare le seguenti questioni:

1. La collocazione politica. La destra in Italia è uno spazio politico affollatissimo: nell’immaginario collettivo è rappresentata dalla Pdl (i politici del PD e le altre sinistre definiscono il Pdl di destra), sui temi dell’immigrazione è rappresentata dalla Lega e nel campo della moralizzazione e della legalità è identificata nell’IDV di Di Pietro e De Magistris. Noi dobbiamo ribadire con forza che a destra del PDL solo il nostro partito è in grado di presentare un vero progetto e proporci come vera destra in modo da divenire riferimento certo per militanti e potenziale elettorato. Dobbiamo divenire espressione autentica di quei valori morali, identitari e sociali che già ora, ma ancor più con la inevitabile fine dell’era Berlusconiana ed i prevedibili sconvolgimenti che tale fine comporterà, nessuno è e sarà più in grado di rappresentare.

2. Lo stile. La moralizzazione della politica deve essere un impegno preciso di tutti noi. Questo non vuol dire solo colpire il fenomeno della corruzione ma anche liberarsi dal malcostume imperante. La raccomandazione, il voto di scambio, i favoritismi, gli accordi sotto banco, le promesse personali, i privilegi della casta, l’arroganza del ruolo, sono manifestazioni di un degrado morale dal quale bisogna totalmente prendere le distanze. Il che vuol dire che si deve tornare a parlare di stile nella politica con la necessità di organizzare delle vere e proprie “scuole di politica” che abbiano la finalità della formazione culturale e della elaborazione di un vero e proprio decalogo comportamentale, a partire dal nostro interno!

3. L’unità dell’area. Come precedentemente evidenziato, è basilare lavorare sull’idea di una unica entità politica che si ponga alla destra della PDL. Dobbiamo pertanto farci promotori di una grande iniziativa politica aperta a tutti coloro che in essa possano riconoscersi e nella quale tutti possano confluire apportando il proprio contributo di idee aderendo al nostro progetto ed arricchendolo. Un progetto nuovo, capace finalmente di tendere alla riunificazione di tutta l’area destra della politica italiana con il suo bagaglio di cultura, valori e tradizione. Niente più cartelli elettorali né somme di partiti eterogenei, ma una vera unità d’area: questo l’obiettivo primario, se vogliamo giungere ad essere attori nello scenario politico nazionale e giustificare il rifiuto di scioglierci nel PDL. Guardare al futuro oltre il Berlusconismo, prepararci al futuro con un’azione incisiva nella società attuale, innovare ed aprirci al popolo, oggi di fatto inascoltato, colmare il vuoto che i partiti attuali hanno procurato nella società abbandonando i parametri partitocratici.

4. Le alleanze. Solo una volta costruita una struttura solida e dopo aver dato vita ad un progetto condiviso potremo valutare le alleanze da stringere per far emergere le nostre idee ed i nostri progetti, senza alcuna preclusione se non quella di avere pari dignità e il riconoscimento della nostra storia, delle nostre radici e del nostro percorso. Ove ciò non fosse possibile dovremo essere pronti a costruire un partito forte che possa agire in autonomia e che si possa presentare da solo, forte d’identità e valori, alle varie competizioni elettorali, in modo da far comprendere al mondo esterno che ci siamo e che vogliamo battere un forte colpo politico.

Per concludere, se si riescono a superare le divaricazioni del secolo scorso, un’ampia prospettiva si apre per chi intende proporre soluzioni ai due grandi problemi di questo secolo: l’identità ed il lavoro. Queste prospettive si allargano sempre più se consideriamo la crisi irreversibile in cui versa il sistema di potere attuale basato sul neoliberismo e sulla “pura” finanza. Le fasce di malessere, composte dai nuovi poveri, possono divenire classe dirigente di una nuova rivoluzione sociale che, animata da un forte senso di appartenenza, ponga il lavoro al centro della valutazione sociale, una strategia tesa ad interpretare, dare voce ed organizzare queste nuove esigenze sociali può diventare lo strumento utile di un nuovo più ampio percorso per il bene e la ricostruzione della comunità nazionale.

giovedì 13 agosto 2009

UNA DECISIONE VERGOGNOSA:i vescovi contro i giudici

aiuto RomaUna decisione «vergognosa», «pretestuosa», «povera di motivazioni», ispirata al «più bieco illuminismo». La reazione delle gerarchie cattoliche alla sentenza del Tar del Lazio sull’ora di religione, che esclude i docenti della materia facoltativa dagli scrutini, è durissima. Un volume di fuoco impressionante: in poche ore scendono in campo la Cei, la Radio Vaticana, l’Avvenire, l’Osservatore romano.
«Dietro quelle pretestuose motivazioni - afferma monsignor Diego Coletti, presidente della Commissione episcopale per l’educazione cattolica - c’è un pregiudizio, a partire dal quale si arriva a sentenze che rischiano di incrementare il sospetto e la diffidenza verso la magistratura, che è già fin troppo alto in Italia». Secondo il prelato, «la laicità è danneggiata da questa sentenza perché per laicità si intende la giusta neutralità di una comunità civile che però dovrebbe valorizzare tutte le identità, ciascuna secondo il proprio peso e rilevanza culturale». Così invece, accusa, «si cade nel più bieco e negativo risvolto dell’illuminismo che prevede che la pace sociale sia garantita dalla cancellazione delle diversità e delle identità». L’Avvenire intanto denuncia «il tentativo di emarginare l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche», mentre per l’Osservatore Romano «discrimina di fatto quei sei milioni di studenti che hanno scelto la religione come materia scolastica».
Monsignor Coletti, però, smentisce che la Cei abbia intenzione di opporsi alla sentenza nelle sedi previste: «Non credo che tocchi alla Chiesa come tale fare ricorso, credo che lo stesso ministero della Pubblica istruzione dovrà farlo, che siano questi gli organismi che devono muoversi». Una previsione lungimirante, o quanto meno un’argomentazione convincente visto che di lì a poco, dal ministero di Viale Trastevere, fanno sapere che il ministro Gelmini ha deciso proprio di far ricorso al Consiglio di Stato.
Se le gerarchie cattoliche vanno all’attacco, tutte le altre confessioni religiose (Tavola valdese, Chiese evangeliche e protestanti, Comunità ebraiche) esprimono la propria soddisfazione per una sentenza che «onora il principio di laicità» e che rappresenta una «corretta applicazione del dettato costituzionale in merito all’uguaglianza tra tutti i cittadini, credenti vari o non credenti». La moderatrice della Tavola Valdese, Maria Bonafede, ricorda che «non è equa la possibilità di avere dei crediti formativi solo perché si appartiene ad una determinata religione: questo va a vantaggio di alcuni, ma a discapito di altri».
La polemica politica intanto infuria. A destra Maurizio Gasparri denuncia niente meno che una «deriva anticattolica» da fermare al più presto; Gaetano Quagliariello paventa una «capitolazione dello Stato» se la sentenza venisse accettata; per Maurizio Lupi si tratta di «una discriminazione oggettiva». Ma sempre dal Pdl si levano anche voci diverse: Lucio Malan ricorda che «sei confessioni religiose attendono da oltre dieci anni le intese previste dalla Costituzione» e sottolinea: «Senza un pieno riconoscimento delle prerogative delle minoranze religiose sarà difficile anche per la maggioranza cattolica vedere tutelati quelli che percepisce come diritti». Benedetto Della Vedova si dice stupito che la Cei voglia «mischiare Dio e Cesare, la chiesa e lo stato». Protesta l’Anm contro le «critiche generiche nei confronti di tutta la magistratura»; i radicali plaudono alla sentenza, il Pd si divide tra anima cattolica che attacca la sentenza e anima laica che la approva. Netto Antonio Di Pietro: «Da cattolico non posso che condividere la decisione del Tar: in uno Stato laico tutti i cittadini, cattolici e non cattolici, hanno uguali diritti. Non ci può essere una discriminazione nel profitto scolastico su base religiosa».

mercoledì 12 agosto 2009

SU BERLUSCONI SI E SU VENDOLA NO

Agosto 8th, 2009 Posted in Uncategorized
Dopo più di tre mesi di pagine e pagine di attacchi di una volgarità e violenza inaudita da parte di Repubblica nei confronti di Berlusconi – per dare un’idea, oggi si poteva leggere, testuale: “A incontrarlo al bar, un bauscia di questa incontinenza (bauscia è bava, saliva: e anche il bavante, il salivante, il moccioso) si chiederebbe al barista di azzittirlo o allontanarlo, ma quel bauscia è il nostro capo del governo” – dopo mesi in cui grazie a Repubblica la stampa internazionale ci ha vomitato addosso tutta la anti-italianità che ci è ben nota, dopo mesi in cui Repubblica ha cercato in tutti i modi di far condannare Berlusconi dai vescovi (quando da sempre, per definizione, Repubblica attacca gli stessi vescovi un giorno sì e l’altro pure perché si impicciano troppo della vita privata della gente), insomma, dopo questi mesi pieni di tutti questi avvenimenti, si è giunti a una conclusione: probabilmente – diciamo “probabilmente” perché pure Beppe Grillo ha espresso i suoi dubbi sulle registrazioni della D’Addario, e ho detto tutto – Berlusconi, a casa sua, ha avuto un rapporto sessuale con una donna di 42 anni, consenziente.

L’aggravante sarebbe quella che in altre sue case – personali – da anni dà periodicamente delle feste, a cui sono invitate anche belle donne.

Tutto qua.

Non è manco adulterio, visto che è separato nei fatti da sua moglie da diversi anni, e sua moglie sta da altrettanti anni con la guardia del corpo.

Intanto oggi il governatore della Puglia Nichi Vendola, ex- Rifondazione e adesso Sinistra e Libertà, ha attaccato in una durissima lettera il magistrato che sta indagando sulla corruzione della sua giunta regionale, insinuando anomalie nell’inchiesta stessa e attaccando, tra l’altro “l’incredibile e permanente spettacolarizzazione dell’inchiesta”.

Vendola parla di “una campagna politica e mediatica che mira a colpire la mia persona pur non essendo accusato di nulla”.

E Felice Casson, un ex magistrato passato alla politica, ovviamente nel Partito Democratico, dichiara “Vendola non è indagato ma, nonostante questo, tutte le mattine è sui giornali. Non essendo indagato, nel processo non può difendersi e quindi comprendo la sua esasperazione”.

Ma va’? Ma chi l’avrebbe mai detto? Una tale crudeltà, mai vista prima! Ma pensa un po’…. il povero Vendola, povero Vendoluccio nostro, tutti i giorni sui giornali senza uno straccio di accusa, insomma, che figura, che dolore, c’è da protestare, e pure forte, e pure tanto …. mica è Berlusconi, lui, che lo si può massacrare gratis sulla stampa di tutto il mondo perché è andato a letto a casa sua con una donna di 42 anni, consenziente.

Nel frattempo, nel Pd si guardano l’ombelico e parlano fra loro sul futuro del partito, in attesa delle primarie e del congresso. Chissà perché qualcosa ci dice che non andranno lontano.

lunedì 10 agosto 2009

COMUNICATO STAMPA DI "AREA DESTRA"

Sabato, 8 Agosto 2009
LA DESTRA: NASCE LA CORRENTE “AREA DESTRA”, LABORATORIO DI IDEE E DI AZIONE NEL SOLCO DEI PRINCIPI AFFERMATI ALLA COSTITUENTE
Nasce AREA DESTRA (www.areadestra.it) , “corrente” interna a La Destra. Nel solco dei principi affermati durante la Costituente del partito, un gruppo di decine di dirigenti e militanti di tutta Italia hanno preso l’iniziativa di far partire “dal basso” un’azione politica mirante a restituire a La Destra le regole basilari di democrazia interna, di meritocrazia, di rispetto dello Statuto e per il rilancio di un movimento a destra del PdL per il quale non solo c’è spazio politico ma che rappresenta una vera necessità per tutti coloro i quali, senza nostalgie di sorta, credono che l’Italia abbia bisogno di una destra vera, moderna ed impegnata soprattutto sui fronti della famiglia, del sociale, della sicurezza e dello sviluppo compatibile all’interno una Nazione sempre più disgregata e povera nonostante le belle promesse del governo Berlusconi.

Una corrente quindi che non nasce per dividere ma come stimolo per il partito e per tutta quell’area di pensiero che non vuole arrendersi a quella che viene definita la “semplificazione della politica” ma che in realtà rappresenta la “desertificazione della politica” ormai in mano a ristrette lobbies simili nel modo di pensare e di agire che si tutelano tramite “trucchi elettorali” fatti di sbarramenti e vere e proprie “truffe” ai danni degli italiani.

AREA DESTRA dunque come corrente de La Destra ma anche come un vero e proprio "think tank": un laboratorio di idee e di azione aperta a tutta un'area di pensiero che può e deve riconquistare spazi e rappresentanza in nome di una identità che, soprattutto oggi, può e deve tornare ad essere protagonista.

INCONTRO CON IL SEGRETARIO DE LA DESTRA

Mercoledì, 22 Luglio 2009
Presso la sede nazionale del partito si è avuto l'incontro tra il Segretario Nazionale ed una delegazione di dirigenti membri del CC firmatari del documento "proposta per il rilancio della destra".

Nel corso della riunione si è ampiamente dibattuto su tutti i temi oggetto del documento.

Il Segretario ha mostrato attenzione alle problematiche sollevate ed ha convenuto sulla opportunità di giungere ad una riorganizzazione del partito. A tale proposito, pur non assumendo alcuna determinazione immediata, ha informato i presenti del lavoro che i vertici stanno portando avanti in queste ore per la formulazione di un nuovo organigramma da sottoporre al Comitato Centrale previsto per il prossimo mese di settembre.

Nell'ambito della riunione poi si è anche dibattuto sulla necessità, tramite apposita commissione, di porre mano allo Statuto per apportare modifiche o integrazioni allo stesso e per attuare l'emanazione dei regolamenti in esso previsti, ciò allo scopo di perfezionare il funzionamento dell'organizzazione del partito.

Alla luce di quanto sopra riteniamo di dover attendere le determinazioni della Segreteria sui punti trattati, fiduciosi che il dibattito in essere stimoli la positiva soluzione delle problematiche affrontate.

LA DESTRA VUOLE UN CAMBIAMENTO

Pubblicato il giorno: 11/07/09 Quotidiano Libero
La Destra

Divisioni in arrivo ne La Destra di Francesco Storace. Graziano Cecchini, il futurista che si è fatto notare in tutto il mondo per aver tinto di rosso la Fontana di Trevi, si è fatto sottoscrittore e portabandiera del malcontento registrato all’interno di una parte della base militante.

«La mancata analisi delle elezioni e della situazione interna fa salire la temperatura ne La Destra, il partito di Francesco Storace diventa il partito dei militanti e di tutti coloro che in questi 2 anni hanno lavorato con dedizione ed impegno soltanto per il partito ed ora “Urlano” il loro dissenso verso la segreteria», dice Cecchini in una lettera aperta. E continua: «L’Urlo de La Destra sarà forte ed efficace, molti stanno sottoscrivendo il documento-proposta e nessuno torna indietro, se qualcuno vorrà battaglia noi siamo pronti», conclude Rosso Trevi. La lettera firmata da Andrea Urso e Alessandro Pucci, sottoscritta da molti militanti del partito di Storace è molto chiara. «A pochi giorni dal lancio di questo documento, che sta suscitando tanto interesse fra la base ed i dirigenti tutti, pubblichiamo le prime firme di adesione, fra cui anche quella di Graziano Cecchini (neo iscritto de La Destra e benvenuto fra i leader di questa proposta) e lo sottoponiamo nuovamente e in maniera formale ai vertici del partito con la richiesta di convocare urgentemente il Cc per aprire il confronto interno. Con l’occasione», prosegue, «evidenziamo alcune importanti funzioni da articolo 12 dello statuto del partito, che recita: Il comitato centrale approva annualmente, su proposta del segretario nazionale amministrativo, il bilancio preventivo e consuntivo del movimento. Il comitato centrale coadiuva il segretario nazionale e l’esecutivo politico nella conduzione politica ed organizzativa del movimento. Le riunioni del comitato centrale si tengono di norma almeno una volta ogni 4 mesi e vengono convocate e presiedute dal presidente del movimento. Il comitato centrale nella prima riunione di insediamento elegge il presidente ed i componenti del comitato etico su proposta del presidente del movimento».

PER UN RILANCIO DE LA DESTRA

Sabato, 8 Agosto 2009
IL DOCUMENTO “PER IL RILANCIO DE LA DESTRA”, AVENTE IL SOLO SCOPO DI DARE INGRESSO A PROPOSTE COSTRUTTIVE ALL’INTERNO DEL PARTITO PUR INTERPRETANDO LA INSOFFERENZA DI ISCRITTI, MILITANTI E DIRIGENTI, HA RACCOLTO NUMEROSISSIMI CONSENSI TESTIMONIATI DALLE TANTE SOTTOSCRIZIONI REGISTRATE. SI CONFIDAVA CHE A TALE DOCUMENTO ED ALL’INCONTRO AVUTO TRA IL SEGRETARIO NAZIONALE ED UNA DELEGAZIONE DI FIRMATARI MEMBRI DEL COMITATO CENTRALE, SEGUISSERO INIZIATIVE CONCRETE , VOLTE A RACCOGLIERE LE ISTANZE E LE PROPOSTE FORMULATE. PURTROPPO SI DEVE CONSTATARE CHE CIO’ NON E’ AVVENUTO E CHE IL PARTITO CONTINUA AD ESSERE CONDOTTO SECONDO UNA LOGICA DIAMETRALMENTE OPPOSTA ALLO SPIRITO DEL DOCUMENTO STESSO. PER QUESTO LO RIPROPONIAMO, LIEVEMENTE MODIFICATO, MA SOSTANZIALMENTE INALTERATO NEL SUO IMPIANTO, PER RIBADIRE LA NOSTRA POSIZIONE E LA NOSTRA VOLONTA’ DI CONTINUARE A DARE VOCE A TUTTI COLORO CHE IN TALE DOCUMENTO E NEI PRINCIPI IVI AFFERMATI SI RICONOSCONO. RINNOVIAMO ALTRESI’ TUTTE LE ISTANZE IN ESSO CONTENUTE, PIENAMENTE COERENTI CON I PRINCIPI DEMOCRTICI CHE ISPIRANO IL NOSTRO MOVIMENTO ED IN ARMONIA CON LO STATUTO DEL QUALE CHIEDIAMO LA PIENA APPLICAZIONE

Andremo avanti con le adesioni almeno fino al CC e pubblichiamo sul sito gli aderenti Aggiornati, qualora qualcuno avra´esigenza di revocare l´adesione bastera' mandare una mail Scritta con le motivazioni ad info@areadestra.it


All’indomani dei deludenti risultati conseguiti dal partito nelle diverse consultazioni elettorali che si sono susseguite dalla costituzione del movimento ad oggi, si è aperto un vivace dibattito tra i tanti militanti e dirigenti, scaturito dalla mancata convocazione del Comitato Centrale la cui riunione, dapprima fissata per i giorni 4 e 5 luglio, è stata di seguito rinviata a data da destinarsi, con ciò di fatto impedendo la necessaria analisi che avrebbe dovuto svolgersi all’interno dell’organo di indirizzo politico del partito.

In molti hanno ritenuto che la situazione che si è venuta a creare dovesse costituire spunto per l’apertura di un dibattito costruttivo all’interno del partito stesso, avente lo scopo di rilanciare la nostra comunità politica ed umana .

E’ stato allora elaborato il documento denominato “Per il rilancio de La Destra” per dare voce a tutti coloro che ritengono che si debba porre fine alla politica dell’emergenza, cui le ripetute consultazioni elettorali ci hanno costretto, riconsiderare la gestione del partito, da più parti avvertita deficitaria, esaminare le ragioni del malcontento che si è creato nella base militante e nei dirigenti, che ha causato numerose defezioni, impegnarci finalmente alla organizzazione sul territorio.

I numerosi firmatari del documento si sono dichiarati fortemente convinti che sia urgente giungere alla definizione del nostro progetto politico, ripartendo in buona sostanza dallo spirito che animò la Costituente, mediante la corretta applicazione dei principi fondanti il nostro movimento.

Si è ritenuta imprescindibile una siffatta analisi e ristrutturazione , per recuperare l’entusiasmo di tutti coloro che oggi appaiono sfiduciati e per creare sempre nuovi consensi attorno ad un progetto che apparve da subito ambizioso ed affascinante e che oggi risulta appannato e poco convincente.

Occorre a questo punto applicare in maniera ferrea il criterio meritocratico del quale tanto si è parlato, ma che non abbiamo mai visto applicato.

Diventa pertanto imprescindibile coinvolgere ai massimi livelli del partito coloro che si sono sin qui impegnati a vario livello con profitto e senza risparmiarsi.

Ciò è pregiudiziale alla prosecuzione della vita stessa de “La Destra”.

Non è accettabile né rispettoso proseguire un cammino che, ad oggi, non ha quasi prodotto risultati, nella convinzione che i militanti andrebbero comunque avanti lavorando nel partito e per il partito.

E’ giunta l’ora che i militanti ed i quadri dirigenti siano maggiormente coinvolti nelle scelte e nella conduzione del partito che non è e non può essere affare di pochi.

Ribadiamo con fermezza come non sia accettabile che si proceda nella gestione del movimento senza alcun rispetto delle norme statutarie, con la istituzione di organi (quali i dipartimenti) e la nomina di dirigenti in modo assolutamente unilaterale, né che si ventili l’ipotesi di vere e proprie “epurazioni” lesive della reputazione delle federazioni coinvolte oltre che fortemente destabilizzanti per il partito stesso.

Per questo chiediamo che l’Ufficio Politico Nazionale e l’Esecutivo Politico Nazionale, ( organi i cui componenti sono nominati su base fiduciaria e che sono di fondamentale importanza per i compiti che sono chiamati a svolgere ) subiscano un radicale rinnovamento con l’introduzione di elementi che abbiano dimostrato capacità e specifiche competenze, tenuto anche conto delle richieste che, nelle opportune sedi, saranno ribadite dai firmatari di questo documento.

Parimenti ciò deve avvenire per tutte le altre cariche fiduciarie, affinché sia garantita ai vertici la massima rappresentatività di tutti.

Riteniamo inoltre che non sia più differibile la compiuta attuazione del nostro statuto e che sia giunta l’ora di rispettare le regole per cui i regionali devono essere eletti dai congressi e, dunque, su base democratica ed applicare il principio per cui, nel frattempo, vengano nominate persone capaci, che verosimilmente possano spendersi per la costruzione del partito sul territorio.

Laddove poi dovessero imporsi legittimi commissariamenti (come è avvenuto ad esempio per la Federazione Romana), andranno al più presto convocati i relativi congressi per l’elezione su basi democratiche del Segretario.

Abbiamo maturato la convinzione che il Segretario nazionale debba essere messo nelle condizioni di liberare e dedicare ogni energia all’attuazione della linea politica del partito indicata dagli organi a tale scopo preposti, tralasciando i compiti organizzativi a coloro che di essi hanno la responsabilità.

Il Comitato Centrale deve divenire, in armonia ed in attuazione del dettato dello statuto, l’organo propulsivo del partito, luogo di dibattito e di confronto affinché possa concretamente giungere a coadiuvare Il Segretario nazionale e l’Esecutivo Politico nella conduzione politica ed organizzativa del movimento.

Esso pertanto deve essere convocato con le cadenze stabilite (minimo ogni quattro mesi) e compiere effettivamente le funzioni statutariamente previste e dunque spetterà solo al Comitato Centrale la nomina e la revoca dei responsabili di attività e l’approvazione della istituzione dei dipartimenti.

Il Segretario Amministrativo dovrà con la necessaria urgenza presentare al più presto al Comitato Centrale i bilanci del partito.

Poiché riteniamo che rinnovare e mettere alla prova sia un dovere, proponiamo la istituzione di una DIREZIONE CENTRALE, eletta dal Comitato Centrale, chiamata a rendere parere vincolante su tutte le determinazioni che riguardano la vita del partito, ivi comprese quelle di natura economica e finanziaria, allo scopo di porre fine ad una gestione verticistica e personalistica come quella attuale.

Una volta concluso l’iter organizzativo che perfezioni una struttura solida ed affidabile, indispensabile per l’attuazione di qualunque programma politico, dovrà essere indetta in tempi necessariamente brevi una Conferenza Programmatica che delinei il progetto strategico alla luce della nuova realtà politica ed indichi i temi per noi caratterizzanti del confronto politico, quali il concetto di identità, la caratterizzazione dello Stato Sociale, la lotta all’usura bancaria, la politica monetaria e quella estera.

Fino ad oggi non vi è stata alcuna chiarezza, non si è seguita alcuna linea politica: di fatto si è passati dagli attacchi pesanti alla Pdl ad accordi locali nelle elezioni amministrative, con un andamento ondivago e poco trasparente che ha disorientato l’elettorato e gli iscritti.

In alcuni casi si è giunti a trascurare il risultato delle elezioni Europee per non danneggiare l’accordo locale con la Pdl, attuando così un vergognoso voto di scambio.

Avuto poi riguardo proprio alle elezioni europee, le alleanze strette senza alcuna attenzione alla nostra identità ed alle istanze del’elettorato che vorremmo avvicinare al nostro progetto, hanno comportato il noto e scadente risultato che ha avuto come diretta conseguenza l’ulteriore indebolimento del partito .

E’ indifferibile a questo punto affrontare le seguenti questioni:

1. La collocazione politica. La destra in Italia è uno spazio politico affollatissimo: nell’immaginario collettivo è rappresentata dalla Pdl (i politici del PD e le altre sinistre definiscono il Pdl di destra), sui temi dell’immigrazione è rappresentata dalla Lega e nel campo della moralizzazione e della legalità è identificata nell’IDV di Di Pietro e De Magistris. Noi dobbiamo ribadire con forza che a destra del PDL solo il nostro partito è in grado di presentare un vero progetto e proporci come vera destra in modo da divenire riferimento certo per militanti e potenziale elettorato. Dobbiamo divenire espressione autentica di quei valori morali, identitari e sociali che già ora, ma ancor più con la inevitabile fine dell’era Berlusconiana ed i prevedibili sconvolgimenti che tale fine comporterà, nessuno è e sarà più in grado di rappresentare.

2. Lo stile. La moralizzazione della politica deve essere un impegno preciso di tutti noi. Questo non vuol dire solo colpire il fenomeno della corruzione ma anche liberarsi dal malcostume imperante. La raccomandazione, il voto di scambio, i favoritismi, gli accordi sotto banco, le promesse personali, i privilegi della casta, l’arroganza del ruolo, sono manifestazioni di un degrado morale dal quale bisogna totalmente prendere le distanze. Il che vuol dire che si deve tornare a parlare di stile nella politica con la necessità di organizzare delle vere e proprie “scuole di politica” che abbiano la finalità della formazione culturale e della elaborazione di un vero e proprio decalogo comportamentale, a partire dal nostro interno!

3. L’unità dell’area. Come precedentemente evidenziato, è basilare lavorare sull’idea di una unica entità politica che si ponga alla destra della PDL. Dobbiamo pertanto farci promotori di una grande iniziativa politica aperta a tutti coloro che in essa possano riconoscersi e nella quale tutti possano confluire apportando il proprio contributo di idee aderendo al nostro progetto ed arricchendolo. Un progetto nuovo, capace finalmente di tendere alla riunificazione di tutta l’area destra della politica italiana con il suo bagaglio di cultura, valori e tradizione. Niente più cartelli elettorali né somme di partiti eterogenei, ma una vera unità d’area: questo l’obiettivo primario, se vogliamo giungere ad essere attori nello scenario politico nazionale e giustificare il rifiuto di scioglierci nel PDL. Guardare al futuro oltre il Berlusconismo, prepararci al futuro con un’azione incisiva nella società attuale, innovare ed aprirci al popolo, oggi di fatto inascoltato, colmare il vuoto che i partiti attuali hanno procurato nella società abbandonando i parametri partitocratici.

4. Le alleanze. Solo una volta costruita una struttura solida e dopo aver dato vita ad un progetto condiviso potremo valutare le alleanze da stringere per far emergere le nostre idee ed i nostri progetti, senza alcuna preclusione se non quella di avere pari dignità e il riconoscimento della nostra storia, delle nostre radici e del nostro percorso. Ove ciò non fosse possibile dovremo essere pronti a costruire un partito forte che possa agire in autonomia e che si possa presentare da solo, forte d’identità e valori, alle varie competizioni elettorali, in modo da far comprendere al mondo esterno che ci siamo e che vogliamo battere un forte colpo politico.

Per concludere, se si riescono a superare le divaricazioni del secolo scorso, un’ampia prospettiva si apre per chi intende proporre soluzioni ai due grandi problemi di questo secolo: l’identità ed il lavoro. Queste prospettive si allargano sempre più se consideriamo la crisi irreversibile in cui versa il sistema di potere attuale basato sul neoliberismo e sulla “pura” finanza. Le fasce di malessere, composte dai nuovi poveri, possono divenire classe dirigente di una nuova rivoluzione sociale che, animata da un forte senso di appartenenza, ponga il lavoro al centro della valutazione sociale, una strategia tesa ad interpretare, dare voce ed organizzare queste nuove esigenze sociali può diventare lo strumento utile di un nuovo più ampio percorso per il bene e la ricostruzione della comunità nazionale.

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AREA DESTRA:Corrente ufficiale de "La Destra"

Il Credo


Credo nei valori del radicamento, della identità e della libertà; nei valori che nascono nella tutela della dignità personale. Sono convinto che la vita non può ridursi allo scambio, alla produzione e al mercato, ma necessita di dimensioni più alte e diverse. Penso che l’apertura al Sacro e al Bello non siano solo problemi individuali. Credo nella dimensione etica della vita che si riassume nel senso dell’Onore, nel rispetto fondamentale verso se stessi, nel rifiuto del compromesso sistematico e nella certezza che esistono beni superiori alla vita e alla libertà per i quali a volte è giusto sacrificare vita e libertà.


Marzio Tremaglia

AREA DESTRA:Corrente ufficiale de "La Destra"

Radice Dottrinale


"Dinnanzi all'adulterazione del linguaggio per cui la destra è associata spesso al gretto conservatorismo di interessi economici che nega lo sviluppo civile e sociale, mentre alla sinistra si attribuisce il monopolio del progresso vitale, intendiamo riscattare il valore semantico del termine, assimilato dalla saggezza perenne dei popoli antichi al significato di diritto, ordine, sicurezza e tramandato fino a noi con la fusione dei vocaboli latini dexter, rectus-directus (dirittura, rettitudine morale e civica). Con la destra ci richiamiamo quindi apertamente alla classica destra metapolitica che fu greca, romana e cristiana nei suoi millenari sviluppi , per cui non sentiano vergogna o rossore nel proclamarla, bensì l'alto onore del passato per proiettarla, caricandola di nuove potenzialità, verso l'avvenire".

Prof. Primo Siena

domenica 9 agosto 2009

DA: FRANCESCO STORACE

PILLOLA RU486: IL GRAZIE DEL CARDINAL POLETTO
“I politici tacciono sulla pillola abortiva“. E’ il titolo dell’intervista al cardinale di Torino, Severino Poletto, pubblicata oggi sul quotidiano la Stampa (che vi proponiamo).
Poletto ha formato un cartello di associazioni contro la Ru486, perché “non potevo tacere né assistere inerme alla banalizzazione dell’aborto”. Il fatto è che “lo Stato, il governo, il Parlamento non possono far finta di niente e lavarsene le mani. Già quattro anni fa – afferma Poletto – l’allora ministro della Salute, Francesco Storace, intervenne per bloccare a Torino la sperimentazione della pillola abortiva”.
E’ chi fa le leggi, ammonisce il cardinale, “che deve discutere e giudicare su una materia eticamente sensibile quanto nessun’altra”.
A preoccupare Poletto è soprattutto “l’afasia dei cattolici impegnati in politica. La loro voce è quasi impercettibile, eppure dovrebbero difendere la vita…”.

lunedì 3 agosto 2009

TERREMOTO NE LA DESTRA, ANCHE IL FUTURISTA CECCHINI TRA I DISSIDENTI DEL SEGRETARIO STORACE

"La mancata analisi delle elezioni e della situazione interna fa salire la temperatura nella DESTRA, il partito di Storace diventa il partito dei militanti e di tutti coloro che in questi due anni hanno lavorato con dedizione ed impegno soltanto per il partito ed ora urlano il loro dissenso verso la segretaria."
Lo dichiara in una nota alla stampa Graziano Cecchini, il futurista passato alle cronache dopo aver colorato di rosso le acque di fontana di Trevi e che è stato candidato alle ultime Europee ne la Destra di Francesco Storace.


"Il segretario - affonda Cecchini - adotta le vecchie ed obsolete tecniche delle dimissioni respinte e fa la voce grossa, telefonando nelle federazioni e nelle sezioni del partito minacciando commissariamenti delle cariche ma non era proprio questo che Storace rimproverava a Fini? Quantum mutates abillo. "L´urlo della Destra sarà forte ed efficace - ha concluso il futurista - e molti stanno sottoscrivendo il documento 'PROPOSTA', (presentanto oggi alla stampa attraverso nota, ndr) - e nessuno torna indietro, se qualcuno vorra´ battaglia noi siamo pronti."

(Di seguito pubblichiamo il documento redatto dai dissidenti della linea Storace e gli attuali firmatari, ndr) continua...

DI PIETRO apre al "Movimento di Liberazione"

«Spero di trovare un
valido interlocutore». De Magistris:
«E' ora di raccogliere le forze e dare
voce alla democrazia partecipativa»
ROMA
«Finalmente, caro Beppe, ti sei convinto di quanto ti segnalai qualche anno fa: ’Per cambiare il Paese bisogna metterci la faccià lo dico con sincerità e senza compiacimento: finalmente anche tu sei sceso nell’arena, deluso da questa classe politica al tramonto, predatrice ed incapace contro cui l’IdV si scontra un giorno si e l’altro pure». Lo afferma il leader dell’Idv Antonio Di Pietro dal suo blog, rivolgendosi a Beppe Grillo. «Ho accolto la notizia con grande entusiasmo e nessuna preoccupazione - prosegue - un sentimento, il mio, molto lontano dalle parole con cui i notabili del Pd ti hanno liquidato appena qualche settimana fa definendoti "membro di un movimento ostile"».

Ora quel "movimento ostile" dietro cui si muovono qualche milione di cittadini, che in realtà, a mio avviso, costituisce una manifestazione esemplare di democrazia diretta, nata e cresciuta all’ombra della Rete - aggiunge - può trovare un’identità alle urne delle prossime elezioni». «Mi auguro di avere nel nuovo Movimento di Liberazione Nazionale, così come lo hai definito, - conclude - un valido interlocutore per l’Italia dei Valori affinchè, insieme, si possa innescare il cambiamento che gli italiani aspettano da molti governi, una ’rivoluzione democraticà per rinnovare il Paese mobilitando le coscienze del primo partito nazionale: quello degli sfiduciati, degli astenuti, delle schede bianche».

Reazioni favorevoli anche dall'eurodeputato dell'Idv Luigi De Magistris che in una nota scrive: «Insieme a Grillo, con le forme che troveremo più idonee, daremo voce a chi vuole un altro mondo, un’altra Italia. Insieme per realizzare il fresco profumo di libertà. Questa è già stata la grande intuizione di Antonio Di Pietro ed in questa direzione anche io sto lavorando». Già dalle prossime regionali esponenti di primo piano della società civile radicati nel territorio e con una storia chiara ed inequivoca dovranno rappresentare la testa di ponte di questo entusiasmante progetto politico. È il momento di unire le forze democratiche del nostro Paese e dare sempre più voce, senza ridicolizzarla come fa la "casta", alla democrazia partecipativa: quella della rete, delle piazze, dei movimenti, delle assemblee. Questa anche è politica e Beppe è una risorsa straordinaria della nostra Italia», conclude.

MASTELLA SI LAMENTA DELLA PAGA E LO DICE A REPUBBLICA

mercoledì 15 luglio 2009 alle ore 9.09STRASBURGO - "Una diaria di 290 euro! 'Sta miseria. Non ci si sta dentro. Questi non sanno cosa si prende al Parlamento italiano". Clemente Mastella esterna il suo disappunto per le nuove "durezze" a cui sono sottoposti i 736 eurodeputati. "Si prende meno che in Italia". Lo urla in ascensore, sventolando furioso le carte che via via gli porgono i suoi assistenti. Studia i chilometraggi. Chiede a Cristiana Muscardini, storica eurodeputata di An, ora nel Pdl assieme all'ex ministro di Prodi, come funzionino le firme-presenze per essere pagati.
Per albergo e vitto la Ue paga ai deputati 295 euro al giorno. Più una correzione legata alla durata del viaggio e alla distanza fra casa e aeroporto (tre euro al chilometro). Fino a questa legislatura gli euro erano 250: l'aumento è legato alla nuova normativa scattata all'Europarlamento. Da quest'anno tutti i deputati guadagnano uguale: 7.666,31 lordi al mese, indicizzati sull'inflazione. Al netto, sono 5.700 euro. Con pensione dopo cinque anni, finito il mandato. Finora invece gli stipendi erano equiparati a quelli dei parlamentari nazionali: gli italiani erano i Paperoni e adesso prendono meno; ma per lituani, bulgari, e molti altri è una pacchia.
Nel conto, poi, ci sono 4.402 euro al mese per spese generali: vere o no, non si deve dimostrare nulla. Solo essere presenti in aula almeno sette volte all'anno. Altri 17.570 euro mensili, invece, sono per l'indennità di segreteria: stipendi e spese degli assistenti scelti dal deputato. Finora anche questa cifra era intascata senza ricevute, magari per collaboratori condivisi fra deputati.
I biglietti aerei per la prima volta non sono rimborsati a forfait: i rimborsi di business class per biglietti low cost o per viaggi di gruppo in auto erano prassi diffusa. Così ora è obbligatoria la ricevuta. Idem per la benzina: 0,49 euro al km. Infine, 4.148 euro sono destinati a viaggi fuori dai rispettivi Stati e 149 euro al giorno, hotel escluso, per missioni extra-Ue. Finisce così l'escamotage di incassare 1.500 euro in nero a settimana per i viaggi aerei che i deputati compiono per le tre settimane mensili di sedute a Bruxelles o Strasburgo. Alcuni, peraltro, si facevano vedere all'Europarlamento anche la quarta settimana, quella destinata al collegio di casa. Altri 1.500 euro.

FRANCESCO STORACE: COSA ROSSA E L'OMERTA'

Se fossi in Parlamento un’interrogazione la presenterei molto volentieri.
Impressiona il silenzio – in altri casi si chiamerebbe omertà – attorno a Cosa Rossa.
Ieri abbiamo denunciato che non puo’ passare nell’indifferenza la frase pronunciata da un senatore del Pd – mi ero sbagliato definendolo deputato, ma non credo che si sia offeso per questo… - che, presentando la propria candidatura alla guida del suo partito in Sicilia, ha testualmente detto che intende fare pulizia di “chi, all’interno del partito democratico, ha avuto un sistema di collusioni, anche solo relazionali, al di la’ del fatto penale, con ambienti mafiosi”.
Nessuno ne parla, Giuseppe Lumia – questo il nome del parlamentare siciliano – tace, nessuno gli chiede conto del significato di un’affermazione devastante.
Per anni abbiamo sentito parlare della trincea comunista nella lotta alla mafia; ora arriva un senatore, proveniente da quella esperienza, impegnato in piu’ legislature nella commissione parlamentare antimafia, che con una frase mette a nudo tanta propaganda.
Eppure, deve spiegare. Deve chiarire all’opinione pubblica, e magari anche al magistrato, che cosa vuol dire con un concetto come quello che ha espresso a corredo della sua candidatura.
Stiamo parlando della Sicilia e della forza principale dell’opposizione della regione e nel Paese. Se l’antimafia e’ inquinata dalla mafia – e a dirlo e’ uno che dovrebbe intendersi di lotta alle cosche, stando alle sue numerose dichiarazioni sul tema – perde credibilita’ ogni presa di posizione. Soprattutto se chi accusa il proprio partito – apparentemente con coraggio – poi tace di fronte alla richiesta di nomi e cognomi.
E’ questo il momento in cui Lumia deve dimostrare coraggio. Se nel suo partito ci sono forze compromesse, ha il dovere di denunciarle. Altrimenti nessuno ci togliera’ dalla mente il dubbio che voglia solo intimidire i suoi avversari interni. Chi vincera’ il congresso siciliano del Pd? L’antimafia o gli anti-antimafia? Non c’e’ un magistrato che chieda al senatore Lumia che cosa intende con quella frase? Cosa rossa la trionfera’…..

sabato 1 agosto 2009

MARCELLO VENEZIANI: I valori nella cultura di destra

Veneziani: Provengo da studi filosofici e ho scritto alcuni libri di filosofia politica e di storia delle idee. Mi occupo del Novecento, ma sono anche giornalista, ed ho fondato alcune riviste. Ho però un "vizio incurabile": sono liberamente, ma profondamente, di destra.

Introduzione: In dextro tempore era un'espressione usata nell'età classica, per indicare tempi buoni e augurali, poiché la parola destra si identificava sempre con la pienezza dell'essere, con il bene, con l'Alto. Se il linguaggio della classicità era abbastanza chiaro su questo concetto, come su quello opposto di sinistra, negli ultimi due secoli si giunge al rovesciamento del significato della coppia destra-sinistra, cosicché oggi ci si trova nella quasi impossibilità di definire con chiarezza, considerando la realtà e la storia italiana di questo secolo, proprio uno dei due termini, che sembrava il più semplice: la destra, e con essa i suoi valori di ieri, ma soprattutto di oggi.



Con il superamento delle ideologie politiche e con il capitalismo come unico modello economico, quali sono, al giorno d'oggi, le differenze tra destra e sinistra e quali quelle tra la destra italiana e la nuova destra dei valori, di cui Lei è il banditore?

Diciamo subito che in effetti si sono confuse destra e sinistra, negli ultimi tempi. Però, a voler essere più precisi, quello che distingue oggi la destra dalla sinistra è che la destra crede molto alle radici, ai valori di un radicamento, mentre la sinistra crede molto ai valori di liberazione, di emancipazione. Credo che questo sia lo spartiacque.
Indubbiamente nel paesaggio di oggi il grande problema è il dominio del capitalismo, che sembra triturare tutto e non lasciare spazio né alla destra né alla sinistra. Io credo all'importanza di una destra dei valori e dei principi e per questo mi differenzio da una destra troppo elettorale, che pensa soltanto a fare voti e non a prendere, come dire, a pensare la politica. Quindi credo che sia importante affrontare la destra sia sul piano politico sia sul piano culturale. Il mio è un discorso di civiltà, di società, non è un discorso partitico e quindi credo che sia importante.



Esiste una destra razionale ed una irrazionale o mistica? Quali sono i valori che le differenziano?

Sì. Io parlerei, più che di destra razionale e irrazionale, di una destra realista, che fa i conti con la realtà, che ha i piedi per terra, e di una destra invece romantica, a cui piacciono le grandi passioni. Io credo che sia un errore separarle, perché il romanticismo è il grande carburante per far andare avanti le idee, mentre il realismo è il necessario ingrediente per poi farle calzare alla realtà. Quindi credo che siano due aspetti di una stessa medaglia.



La destra viene spesso considerata "conservatrice". "Conservare", per definizione, vuol dire mantenere qualcosa in maniera tale che non cambi. Di conseguenza il conservatore è colui che tende a non cambiare. E' possibile, in una società come la nostra, in continuo movimento e di conseguenza in continua mutazione, mantenere il proprio istinto, per così dire, di conservazione?

Io credo che una delle parole più impronunciate in Italia sia quella di "conservatore". Sembra quasi un insulto o un'offesa. Io invece sostengo che bisogna riprendere questo termine, non perché sia bene che una società non cambi, ma perché, accanto proprio alla vertigine del cambiamento, è necessario avere dei valori di ancoraggio, perché, proprio perché si accelera il mutamento, è necessario dall'altra parte avere la possibilità di aggrapparsi a qualcosa che non cambia. Io mi definisco un rivoluzionario conservatore - e ho scritto anche un libro su questo - ritenendo che sia importante da una parte modernizzare, assecondare il cambiamento tecnologico, ma dall'altra parte tener presente che il cambiamento serve all'uomo e l'uomo, fino a prova contraria, ha delle radici che non cambiano: il bisogno religioso, il bisogno di comunità; il bisogno di pensare ad alcuni principi, ad alcuni valori di solidarietà e di identità collettiva. Quindi credo che sia importante che si sia anche conservatori, non solo conservatori.



Nei valori di destra entra anche l'idea di nazione. Lei non crede che in una società cosmopolita come la nostra, che tende a farsi globale, sia comunque inutile parlare ancora di nazione?

Oggi viviamo due fenomeni opposti: quello di globalizzazione e quello di tribalizzazione. Man mano che cresce il villaggio globale, cresce anche il villaggio delle tribù: i localismi, le leghe. Io credo che sia necessario un termine medio, che possa equilibrare tra questa voglia di disperdersi nel cosmo e questa voglia di chiudersi in casa e di trincerarsi nella tribù. E' perciò utile che ci sia la nazione, ma oltre che utile è giusto, perché tutti noi abbiamo un repertorio di immagini, di radici, di memorie collettive, abbiamo un linguaggio che parliamo ed è un linguaggio da italiani. Io credo che questo sia un valore, che non possiamo cancellare. Noi dobbiamo imparare a convivere con l'idea di patria, ma coniugandola non più con l'idea di aggressività verso le altre patrie, ma con un'idea positiva, cioè di riconoscimento della propria patria e anche delle altre patrie.



Secondo Lei perché nasce il villaggio globale? Per un sentire comunitario reale o per coltivare interessi politico-economici?

Il villaggio globale nasce soprattutto per due fattori: la tecnologia e l'economia. La tecnologia e l'economia portano ad abbattere le barriere, a superarle a creare una società in cui tutto si trova da per tutto e tutti sono uguali da per tutto. Io credo che questo possa essere un bene per certi versi, ma un male per altri versi. Ritengo che sia importante, proprio perché andiamo verso questa società che non ha confini, riuscire a riconoscere il valore delle radici, perché altrimenti finisce che non riusciamo più a distinguere non solo la realtà di popoli, ma anche di persone, perché diventiamo tutti intercambiabili. Quando noi possiamo mangiare le stesse cose, qui come in India, noi abbiamo perso una ricchezza, che è la diversità. Senza diversità non c'è possibilità di vivere a fondo la propria umanità. Quindi credo che sia un fatto che dobbiamo leggere criticamente, senza toni apocalittici, però molto criticamente.



Crede sia giusto fare una differenza fra valori di destra e di sinistra?

Io credo che ci siano dei valori condivisi, cioè dei valori che comunque accomunano destra e sinistra, che devono essere il rispetto della persona, il rispetto della libertà, della democrazia, e così via. Però accanto a questi valori, che comunque dovrebbero essere comuni, ci sono anche altri che sono valori specifici della destra e valori specifici della sinistra. Io credo che sia un fatto positivo che in una società democratica, in una società che abbia cioè capacità di trasmettere le diversità, che ci sia anche la possibilità di scegliere tra opzioni diverse, tra culture diverse, tra valori diversi. A questo proposito io credo che sia importante capire la biografia della destra e della sinistra, capire perché nasce questa passione di destra. Io ho portato qui con me un libro che ho letto alla vostra età, che si chiama Così parlò Zarathusthra, un libro molto noto, un libro di Nietzsche, un libro per tutti e per nessuno. Credo che questo libro sia stato un po' un libro importante per i valori della destra, anche se Nietzsche è stato una specie di autore che ha fatto da cerniera tra destra e sinistra, anzi ha mandato in corto circuito i valori di destra e i valori di sinistra.
A questo proposito, proprio del corto circuito di destra e sinistra, vorrei sottoporre alla vostra attenzione un'intervista ad Alain De Benoist, che è un filosofo della nuova destra francese, e che è proprio uno di quelli che sostiene che destra e sinistra sono andate in corto circuito dopo Nietzsche.



Domanda a Alain De Benoist: Tutti la conoscono come teorico e pensatore dcella Nuova destra. Lei accetta questa etichetta che altri Le hanno attribuito?

De Benoist: Questa etichetta non è stata inventata da me. E' stata inventata dai mass media per designare una corrente di pensiero intellettuale, culturale, ma non un movimento politico. I media hanno pensato che questa corrente si situasse piuttosto a destra e così hanno detto: ecco la nuova destra. Da allora l'etichetta è rimasta. Ma non mi piace molto questa etichetta. Certo preferisco la nuova destra alla vecchia, ma l'etichetta è equivoca, soprattutto perché dà una risonanza direttamente politica ad una corrente di pensiero che è piuttosto culturale e filosofica. Inoltre trovo che oggi le nozioni di "sinistra" e di "destra" siano, se non addirittura obsolete, in ogni caso polisemiche. Fino al punto che se uno dice oggi: "Sono di destra", oppure "di sinistra", non sappiamo ancora nulla sulle sue concrete opinioni. Consideriamo il mio caso personale, le mie idee. Se si è "di sinistra" perché si è contro i disastri dovuti alla concorrenza generalizzata, all'individualismo sfrenato, alla legge della giungla liberale, eccetera, ebbene allora io sono "di sinistra". D'altro canto però credo molto alla vita comune , alle comunità tradizionali, alle solidarietà organiche. E questo è un tratto tipico della destra. Ma alla fine, se riunite i due punti di vista, cosiddetti di destra e di sinistra, troverete anche il punto in comune. Si tratta di sapere se il centro della società sia l' individuo oppure ammettere che l'individuo è, sin dall'inizio, un cittadino. La grande lotta del futuro non è la lotta destra-sinistra, sarà la lotta tra il centro e la periferia, tra le persone che vogliono un mondo dove tutto abbia un prezzo e coloro che credono che il mondo debba avere un senso e quindi un valore.





Veneziani: De Benoist ha ragione a dire che in effetti "destra" e "sinistra" sono categorie un po' ballanti, sono delle bucce, però dobbiamo pur definirci per chiarirci, altrimenti creiamo la Babele, la confusione. Quindi, pur con questa relatività di espressioni, credo che sia utile ancora usare, per quel che è possibile, l'espressione di "destra" e di "sinistra".



Non crede che ultimamente certi valori di destra e di sinistra si stiano confondendo?

Sicuramente sì, si stanno confondendo. Credo anzi che si stiano creando due aggregazioni diverse: c'è un'aggregazione tra una destra e una sinistra moderate e un'aggregazione tra una sinistra e una destra non moderate. In particolare si sta andando verso un nuovo tipo di pensiero bipolare. Questo avviene in molte democrazie occidentali, cioè da una parte c'è una specie di pensiero liberale, che punta molto sull'individuo e sulla società mondiale, e dall'altra parte c'è invece una visione comunitaria, il pensiero comunitario, che invece punta non sull'idea liberale dell'individuo e della società globale, ma sull'idea della collettività, del vivere insieme, della solidarietà tra le persone. Ecco questi due nuovi schieramenti in effetti stanno ridisegnando le categorie di "destra" e di "sinistra". Quindi ci sono in effetti degli attraversamenti.



Prima si è parlato di sentimento comunitario, come presupposto del villaggio globale. Volevo chiedere se, con l'affermarsi di questo sentimento unitario e quindi il sentirsi parte di una unica tipologia di pensiero e di comportamento, non si lede la libertà individuale e quindi non si condiziona il comportamento, il pensiero di ogni individuo e del modo di relazionarsi agli altri?

Io ne sono convinto. In effetti sono convinto che andiamo verso la società globale, ma non andiamo verso un sentire comunitario. Andiamo verso una società di monadi, cioè di persone del tutto isolate dal resto del mondo, e una società senza frontiere. Il pensiero comunitario invece è un pensiero che valorizza lo stare insieme, ma non la società uguale, la società uniforme. A me preoccupa un fenomeno che viene oggi definito di "pensiero unico". Cioè si sta creando un unico pensiero, che va bene da per tutto e che praticamente sfascia le categorie di destra, sinistra, di religioso e irreligioso. Ecco credo che sia questo un pensiero pericoloso. E quindi sono perfettamente d'accordo. C'è questo pericolo che si perdano, direi più che i valori dell'individuo, i valori della persona; perché la persona è l'individuo con un volto, con un'anima, con una storia, e vale di più di un individuo, che è soltanto una entità nuda e insignificante.



L'idea di nazione può essere considerato come un valore fine a se stesso, con l'intento quindi di creare un divario tra questa idea di nazione e il nazionalismo vero e proprio?

Noi dobbiamo liberarci dal nazionalismo, che è la caricatura scimmiesca dell'idea di nazione. Il nazionalismo ha un'idea aggressiva dell'idea di nazione, cioè è convinto che la mia nazione sia migliore della tua, e quindi nasce da un'idea di darwinismo politico e sociale, cioè vince il più forte. Invece noi dobbiamo arrivare a un'idea di nazione - io preferisco l'espressione "patria" -, in cui sia salvato il valore positivo, cioè il legame con le proprie origini, con la propria comunità, con la propria lingua, cultura, tradizione, ma non sia giocata contro gli altri, ma sia vista al contrario come una forma di riconoscimento delle diversità. Quindi la tua patria non è nemica della mia patria, ma anzi la tua patria e la salvezza della tua patria è necessaria per salvare anche la mia, perché solo se riconosciamo valore alle patrie, possiamo riconoscere valore anche alla mia patria. Quindi, diciamo, l'avversario della patria non è la patria degli altri, ma è l'assenza di patria, cioè la convinzione che il mondo sia fatto da esseri apolidi, individui spostabili, intercambiabili, del tutto neutrali, che rispondono solo alle leggi del mercato e della tecnica.



Lei sostiene che noi siamo schiacciati da una struttura globale e dalle tribù locali. Questa globalizzazione non riguarda soltanto i bisogni e i consumi? Ci sarà posto per un sentire comunitario soltanto quando ci saranno, ci sarà anche una globalizzazione dei valori, che mettono l'uomo al centro delle scelte politiche e sociali?

Io attualmente vedo una globalizzazione delle merci più che dei valori, o dei valori trattati come merci. E quindi mi preoccupa questa forma di globalizzazione. Io credo che ci debbano essere dei valori comuni all'umanità, perché altrimenti non potremmo vivere insieme, però accanto a questi valori comuni è bene che ci siano le diversità, perché le diversità sono il sale del mondo ed è necessario che queste diversità siano tutelate. Quando io sento dire che il messaggio planetario è quello di pace: tutti fratelli, nessuno deve avere più, come dire, valori specifici, mi preoccupa, perché ho l'impressione che sia soltanto un rivestimento di una specie di supermercato universale. Invece è necessario recuperare il bagaglio di passioni, il bagaglio di tradizioni, il bagaglio anche di miti. Il bisogno di mito, il bisogno di grandi passioni, di grandi sogni, è forte, e credo che non riguardi soltanto i giovani di destra.
Credo che sia importante sottolinearlo, perché abbiamo bisogno anche di quest'altra realtà, oltre quella che ci dà il mercato. Non bastano le merci: vi è anche lanecessità di avere miti. Noi dobbiamo anche saper sognare. Non possiamo accontentarci soltanto del conto in banca e del posto fisso. E' necessario guardare anche oltre.



L'idea di nazione è imprescindibile dalla concezione dello Stato come un valore?

Io credo che oggi ci sia davvero la necessità di ripensare all'idea di Stato, perché noi viviamo da tanto tempo una specie di denigrazione continua dell'idea di Stato. Lo Stato va tagliato, lo Stato va ridotto. Finché si parla di statalismo è giusto far dimagrire questo Stato. Però, quando si parla dell'idea di Stato, si parla del luogo in cui sono tutelati e rappresentati gli interessi e i valori collettivi, quindi gli interessi di una collettività. Di fronte ai grandi gruppi finanziari, che comandano, di fronte alle esigenze del mercato, è necessario che ci sia un contrappeso. Questo contrappeso è dato dall'idea di Stato. Credo che sia importante salvare lo Stato dallo statalismo e far rinascere nel nostro paese il senso dello Stato, che è poi il senso del legame con gli altri, il rapporto fiduciario con le istituzioni, la coscienza pubblica. Da noi non c'è sufficiente coscienza pubblica.
Io credo che una destra moderna debba porsi anche questo problema. Quindi non liberismo selvaggio, ma tentare anche di pensare alla realtà, diciamo così, collettiva, attraverso lo Stato.



Secondo Lei cosa cerca l'individuo nella tentazione per la cultura new age?

Io credo che sia insoddisfatto da una parte della realtà sociale e civile del nostro paese e in generale del nostro Occidente, che è piuttosto avaro di valori e di spiritualità, e quindi ha voglia di uscire da questo materialismo goffo, edonista, che ci caratterizza a livello planetario. Dall'altra parte forse ha bisogno di dare maggiore smalto alle religioni tradizionali, perché si accorge che spesso le religioni tradizionali, come dire, alimentano discorsi di fede, ma non grandi passioni di fede. Oggi c'è indubbiamente un ateismo strisciante nella nostra epoca, allora cerchiamo surrogati, persino gli oroscopi sono dei surrogati. Però non è soltanto un bisogno marginale, superficiale, non è soltanto moda. C'è qualcosa di sostanzioso, dietro questi fenomeni new age. Quindi credo che sia importate scavare dietro il fenomeno che "fa tendenza", per vedere qual è il malessere profondo che ci portiamo appresso e che cerchiamo in qualche modo di rappresentare attraverso questi, queste passioni di spiritualità e di religiosità esotiche, che vengono un po' a buon mercato.



Quindi Lei sostiene che questo ritrovamento della spiritualità new age non sia altro che un'evasione dalla spiritualità ordinaria?

No, credo che sia una risposta insufficiente a una domanda vera. Cioè la risposta è insufficiente, perché spesso ci attacchiamo, o si attaccano, ad alcuni riti, non so il vestirsi arancione, il raparsi i capelli, il cercare cioè, creare simbolicamente alcuni passaggi, per arrivare ad un'altra concezione, a un'altra visione del mondo. Comprensibili, ma insufficienti per far nascere una nuova religione. Quello che invece resta di profondamente inevaso è il bisogno di spiritualità, cioè questa voglia di sacro, il rapporto con la morte che noi abbiamo superato, abbiamo eluso, a cui non rispondiamo. E quindi, non avendo avuto delle risposte sociali, anzi avendo dalla società sempre una visone ottimista, fondata anche dai messaggi televisivi, il bell'applauso per il quiz, il giochino, eccetera, cerchiamo poi di dare fondamento, sostanza, a questi nostri pensieri e a queste nostre pulsioni. E allora ci attacchiamo a quello che passa il convento, e spesso i conventi sono rappresentati appunto da fenomeni di neo-spiritualità, questi fenomeni un po' passeggeri. Ma credo che siano fenomeni con cui debbono fare i conti sia la destra che la sinistra, soprattutto se credono ad una dimensione comunitaria, se credono ad una visione che, in qualche modo, rappresenti lo stare insieme, l'essere insieme, il pensare insieme a ciò che ci aspetta. Ecco, da questo punto di vista credo che sia importante recuperare la dimensione del sacro, perché l'uomo non può vivere senza la dimensione del sacro. Può declinarla diversamente, in modo differente rispetto alle religioni del passato. Ma l'uomo ha bisogno di religione. Oserei dire che l'uomo ha bisogno di santi, anche.



Credere nel mito non è solamente una moda, soprattutto oggi giorno?

C'è anche il fenomeno di moda. Anzi molto spesso fenomeni che non sono miti, lo diventano grazie alle mode. Spesso ci attacchiamo a miti di secondo piano, o, se vogliamo, di seconda mano. Spesso ci attacchiamo anche a personaggi, che vengono mitizzati e che in realtà miti non sono. Quindi indubbiamente, quando non c'è la realtà, poi ci si attacca anche ai surrogati. Quindi bisogna avere anche capacità critica. Ecco, una cosa che forse dobbiamo acquisire, e qui rientra in gioco il discorso della destra e della sinistra, è questa: cioè che avvicinarsi al mito non vuol dire liberarsi della ragione, e quindi avvicinarsi in modo cieco, passivo, irrazionale. Dobbiamo avvicinarci al mito anche con senso critico, per sapere distinguere ciò che è caricatura da ciò che è realtà, ciò che è sostanza. Quindi non è vero che il mito sia contrapposto al logos, come dicevano gli antichi, cioè che si contrapponga alla ragione. E' necessario invece che il mito si sposi anche alla ragione. E forse da questo punto di vista credo che a destra si debba ripensare criticamente all'approccio solo emozionale, emotivo, che ha avuto il mito.



Lei come esponente di destra come si pone davanti agli episodi di razzismo che avvengono in Italia? Rappresentano valori di destra?

Io credo innanzi tutto che il fenomeno del razzismo nelle nostre società sia più pronunciato proprio perché andiamo verso l'uniformità. Cioè, quando non si riconosce la diversità delle persone, la giusta diversità delle persone, allora si creano fenomeni di reazione, come può essere il razzismo. Non è un caso che nella società multirazziale più forte, quella americana, il razzismo abbia mietuto vittime molto più che altrove, nei nostri anni. E quindi credo che sia importante recuperare il valore e la cultura delle differenze e rispettare le altre culture in quanto tali. Perché un grande errore è credere che tutto sia intercambiabile. Come le culture che appartengono al mondo orientale o al mondo nero, per intenderci, non sono rappresentate, perché ormai viviamo in un'unica cultura. Invece solo riconoscendo valore alle altre culture, noi possiamo riconoscere valore anche alle persone, che sono di razza differente. E quindi è importante acquisire questo. Credo che l'argine più forte al razzismo non sia l'idea di una società mondiale, ma sia, al contrario, di un società che rispetti le differenze e che quindi rispetti un uomo nero perché nero, rispetti un uomo indiano perché indiano, con la sua cultura, con la sua tradizione. Il vero nemico del rispetto delle differenze è proprio la società uniforme.



Comunemente pensiamo che sia l'ideologia politica a nascere dai valori, ma non è possibile che, alcune volte, sia l'ideologia politica a far nascere dei valori e ad affermarli?

Io ho l'impressione che le ideologie siano una specie di sottoprodotto dei valori. Cioè l'ideologia è il tentativo di sottomettere i valori alle esigenze di partito, perché l'ideologia in sé come espressione vuol dire un sistema di valori. Quindi dal punto di vista, diciamo, formale è una cosa di cui tutti si devono augurare, cioè è giusto che le forze politiche abbiano un sistema di valori. Però vediamo come ha funzionato l'ideologia nei nostri anni Settanta, per esempio. Ha funzionato come sacca di intolleranza, innanzi tutto, quindi come aggressioni, violenze, devo dire da entrambi le parti, e dall'altra parte ha funzionato anche da esaurimento dei valori della ricerca dei principi e da subordinazione dei valori alle esigenze di partito. Per questo è necessario che valorizziamo le idee rispetto alle ideologie e i valori rispetto ai contenitori ideologici, nei quali sono stati spesso costretti a convivere idee anche diverse. Credo che sia necessario superare questa fase. Però dobbiamo anche aggiungere un'altra cosa, cioè che noi ci siamo liberati dalla società ideologica, che era la società che vedeva tutto in funzione di contrapposizioni politiche, ma siamo entrati in una società che non è migliore della precedente, in cui ci sono altre forme di barbarie, altre forme di intolleranza, di noncuranza degli altri. Quindi non credo che, liberandosi dalle ideologie, ci si debba per forza, come dire, sposare ad una società finalmente affrancata da tutto, finalmente libera di esprimersi. Credo che nascano altre preoccupazioni ed altri impoverimenti. Quindi è necessario recuperare il senso dei valori, nonostante le ideologie del passato.



Come mai Lei è di destra, visto che non sembra? Quali sono i valori in cui crede?

Io debbo dire subito che spesso la parola "destra" viene associata a una connotazione negativa. Oggi "destra" è un insulto. Devo dire che, fino a vent'anni fa, lo era ancora di più: oggi un po' di meno. C'è però ancora l'idea che "destra" voglia dire qualcosa di negativo. Perché? Perché il potere culturale della nostra società, delle società occidentali ma di quella italiana in modo particolare, è nelle mani di fabbricanti di opinione che sono in prevalenza orientati o a sinistra o nei paraggi. Di conseguenza tutto ciò che è destra è visto come negativo.
Ora io ho avuto la possibilità di andare in televisione, ho avuto la possibilità di scrivere anche su giornali a circolazione diversa, e molti si sono accorti che in fondo non mordevo, in fondo ero uno di destra, ma non mangiavo le persone. Allora hanno pensato che fossi io la anormalità, diciamo così, del paesaggio, fossi uno di destra, ma un po' di sinistra. In realtà non è così. In realtà c'è un difetto di conoscenza delle persone di destra. Se si conoscessero le persone di destra si troverebbero persone con i pregi e i difetti delle altre persone, ma persone che hanno, diciamo così, sia curiosità e sensibilità culturali, sia insensibilità culturali, esattamente come quelle di sinistra.
Perché io sono di destra? Ma, diciamo, che lo sono diventato un po' per anticonformismo, perché negli anni in cui ho cominciato a pensare politicamente, a quindici anni, sedici anni, essere di sinistra era quasi un obbligo, un dovere. Si aveva difficoltà anche ad andare a scuola. Ecco, e a me, che piace un po' essere bastian contrario, ho preferito andare dall'altra parte. Poi mi piaceva anche, come dire, essere trasgressivo, rispetto a alcune esperienze del nostro presente.
E poi non mi piaceva la società nella quale vivevo, nella quale vivo. Non mi piace il materialismo di questa società, non mi piace il pensare ognuno ai fatti propri, non mi piace l'insensibilità verso l'idea di patria, l'insensibilità verso alcuni valori comunitari, non mi piace la convinzione tutto sommato che la nostra società possa vivere soltanto funzionando, cioè rispondendo a degli imperativi economici. E' per questo che sono diventato di destra e poi, man mano ho acuito, come dire, il mio antagonismo rispetto alla sinistra, anche perché i toni che usavano erano di una tale intolleranza, che alle volte, ecco, ci si irrigidiva sulle proprie posizioni. E quindi anche per questo ho rafforzato la mia idea di destra, proprio attraverso le difficoltà che ho incontrato nel rappresentare le mie idee di destra.



Lei come si pone davanti all'atteggiamento che la destra ha avuto da vent'anni a questa parte e al tono violento che tutt'oggi continua ad assumere di fronte ad alcune situazioni e, diciamo, anche nelle sue espressioni?

Ma io credo che ci possano essere stati toni violenti da parte di una destra, ma non dimentichiamo che oggi viviamo in un sistema bipolare, in cui in un polo, sia di destra che di sinistra, convivono sia destre civili che destre incivili, così come convivono sia sinistre civili che sinistre incivili. Quindi credo che bisogna innanzi tutto fare questa tara. Poi bisogna vedere che cosa si intende per aggressività, perché se si intende l'aggressività nel senso di toni, come dire, non giusti usati, si può essere d'accordo. Ma se per esempio si intende un'idea diversa rispetto a quella comune su alcune opinioni, non vedo perché debba essere considerata aggressiva. Prendiamo per esempio il problema dell'immigrazione. Ecco il problema dell'immigrazione; io credo che sia un grave errore sia la intolleranza, il dire: "Cacciate fuori tutti gli immigrati", sia l'idea opposta, cioè: "Sfondiamo le frontiere e facciamo entrare tutti". Perché, facendo entrare tutti, noi innanzi tutto creiamo caos sociale, in secondo luogo non garantiamo quelli che vengono, perché diventano soltanto una massa di manovra per la droga, per il racket clandestino, per la prostituzione. Mentre, se noi riusciamo a filtrare, nei limiti del possibile, l'immigrazione, cioè a garantire che entrino non in tanti, ma fare in modo che quelli che entrano abbiano pari diritti dei cittadini italiani, allora forse riusciamo ad assumere un atteggiamento diverso.
Quando la destra dice: "Andiamo piano con l'immigrazione", non lancia un messaggio aggressivo, lancia un messaggio che alcune destre magari considerano aggressivamente, ma che altre destre considerano un modo per temperare questo passaggio ad una società più aperta, ma per temperarla con un certo equilibrio, cioè senza esagerare e senza creare danni. Oltre tutto c'è il Vangelo che dice; "Bussate e vi sarà aperto", ma non dice: "Sfondate la porta ed entrate tutti". Qualcuno entra e gli diamo posto, ma se entrano in duecento non abbiamo più post, e si crea una società invivibile. Quindi quando si dice: "Filtriamo l'immigrazione, regoliamo immigrazione e rimandiamo gli immigrati clandestini", io credo che si esprima una proposta di buon senso.



Secondo Lei si può essere tradizionalisti e rivoluzionari allo stesso tempo? Se sì, come è possibile?

Io vivo questa contraddizione. E probabilmente si vede. Vivo questa contraddizione, ma il problema è che è una contraddizione che non è radicale come si può pensare., perché si può essere tradizionalisti, nel senso che si crede ad alcuni principi e alla immutabilità di alcuni valori, però poi, sul piano sociale, sul piano politico, ci accorgiamo tutti che dobbiamo vivere la modernità, che dobbiamo usare il cellulare, che dobbiamo comunque usare la tecnologia. E allora si può essere innovatori, dal punto di vista delle situazioni sociali e si può essere conservatori dal punto di vista dei principi. Anzi io credo che l'unica rivoluzione possibile sia proprio questa, cioè quella di modernizzare il sistema sociale, modernizzare lo Stato, la macchina della pubblica amministrazione e tutto il resto, ma dall'altra parte lo si può fare soltanto se si vive una certa continuità con il nostro passato, altrimenti diventiamo figli di nessuno e andiamo verso nessuno. Quindi rivoluzione e tradizione per me convivono. E' una bella tensione, ma è l'unica scommessa che secondo me vale la pena praticare, perché è l'unica scommessa che ci può portare lontano.